TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2021-03-02, n. 202102512
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Pubblicato il 02/03/2021
N. 02512/2021 REG.PROV.COLL.
N. 08636/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8636 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Takeda Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F C, A L, D V, C G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio D V in Roma, Lungotevere Marzio 3;
contro
Aifa - Agenzia Italiana del Farmaco non costituita in giudizio;
Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Regione Lazio non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
:
Farmindustria - Associazione delle Imprese del Farmaco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Franco Ferrari, A L, D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio D V in Roma, Lungotevere Marzio 3;
per l'annullamento, previa sospensiva
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
- del Decreto del Ministro della Salute 2 agosto 2019, pubblicato in G.U. in data 24 luglio 2020, n. 185, recante “ Criteri e modalità con cui l'Agenzia Italiana del farmaco determina, mediante negoziazione i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale ”, nei limiti nei quali e nelle parti in cui esso sarà oggetto di censura nei motivi di ricorso;
- ove occorrer possa, delle Linee guida per la compilazione del Dossier a supporto della domanda di rimborsabilità e prezzo di un medicinale, parimenti nei limiti nei quali e nelle parti in cui esso sarà oggetto di censura nei motivi di ricorso;
- di qualsiasi altro atto presupposto, connesso e/o conseguente a quelli sopra indicati.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Takeda Italia S.P.A. il 26\1\2021:
- ove occorrer possa, della Determina del Direttore Generale dell'AIFA prot. n. DG/1372/2020, pubblicata sul sito istituzionale della predetta Agenzia in data 30 dicembre 2020, e delle definitive Linee guida per la compilazione del Dossier a supporto della domanda di rimborsabilità e prezzo di un medicinale ai sensi del D.M. 2 agosto 2019, adottate con la predetta determina, nelle parti in cui saranno oggetto di censura nel ricorso;
oltre che
- del Decreto del Ministero della Salute 2 agosto 2019, pubblicato in G.U. in data 24 luglio 2020, n. 185, recante “ Criteri e modalità con cui l'Agenzia Italiana del farmaco determina, mediante negoziazione i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale ”, già impugnato con il ricorso principale;
- di qualsiasi altro atto presupposto, connesso e/o conseguente a quelli sopra indicati.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Salute e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2021 la dott.ssa F F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La problematica da affrontare nel giudizio in esame è quella della disciplina della negoziazione tra AIFA e aziende produttrici del prezzo dei farmaci.
L’art. 48 del D.L. 30.09.2003 n. 269, nell’istituire, al comma 2, l’AIFA, aveva previsto, al comma 33, che dal 1° gennaio 2004 i prezzi dei prodotti rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale fossero “ determinati mediante contrattazione tra Agenzia e Produttori secondo le modalità e i criteri indicati nella Delibera Cipe 1° febbraio 2001, n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28 marzo 2001 ”.
La L. 30.12.2018 n. 148, all’art. 1, comma 553, ha poi previsto che, “ tenuto conto che il farmaco rappresenta uno strumento di tutela della salute e che i medicinali sono erogati dal Servizio sanitario nazionale in quanto inclusi nei livelli essenziali di assistenza, al fine di garantire criteri aggiornati all'evoluzione della politica farmaceutica nella fase di negoziazione del prezzo dei farmaci tra l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e l'azienda farmaceutica titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), entro il 15 marzo 2019, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono dettati i criteri e le modalità a cui l'AIFA si attiene nel determinare, mediante negoziazione, i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale ”.
Il comma 554 ha anche previsto che “ dal 1° gennaio 2019, l'AIFA può riavviare, prima della scadenza dell'accordo negoziale con l'azienda farmaceutica titolare di AIC, le procedure negoziali per riconsiderare le condizioni dell'accordo in essere, nel caso in cui intervengano medio tempore variazioni del mercato tali da far prevedere un incremento del livello di utilizzo del medicinale ovvero da configurare un rapporto costo-terapia sfavorevole rispetto alle alternative presenti nel prontuario farmaceutico nazionale ”.
Con il ricorso in esame è stato impugnato il Decreto del Ministro della Salute del 2 agosto 2019 (pubblicato in G.U. n. 185 del 24 luglio 2020), adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle Finanze per dare applicazione al citato art. 1, comma 553, che abroga la delibera CIPE 1° febbraio 2001.
L’art. 1 del citato decreto precisa che le sue disposizioni “ si applicano nella fase di negoziazione della rimborsabilità e del prezzo dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, tra l’AIFA e le aziende farmaceutiche. Esse riguardano la negoziazione della rimborsabilità e del prezzo dei medicinali autorizzati all’immissione in commercio secondo le procedure centralizzata, di mutuo riconoscimento, decentrata e nazionale dei medicinali idonei ad essere inseriti nella lista dei medicinali rimborsati dal Servizio sanitario nazionale ”.
Inoltre, le sue disposizioni “ si applicano altresì ai fini dell’inserimento dei medicinali nell’elenco di cui al decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, nonché ad alcune specifiche categorie di medicinali di fascia C e Cnn acquistati dagli enti del Servizio sanitario nazionale per esigenze di salute pubblica. L’inserimento nel menzionato elenco dei medicinali non ancora in commercio in Italia, o di indicazioni terapeutiche non autorizzate di medicinali già in commercio in Italia per altre indicazioni, è subordinato alla negoziazione del prezzo, seppur con procedura semplificata e accelerata ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 3, comma 10 ”.
L’art. 2, comma 1, del decreto affida inoltre all’AIFA il compito di definire, con una determinazione del Direttore Generale da adottarsi entro 30 giorni dalla pubblicazione dello stesso, le “ indicazioni ” per l’inoltro della domanda di rimborsabilità e prezzo.
A tali fini, l’AIFA ha adottato e pubblicato sul proprio sito istituzionale, in data 16 settembre 2020, il documento recante “ Linee guida per la compilazione del Dossier a supporto della domanda di rimborsabilità e prezzo di un medicinale ”.
Le Linee Guida sono state sottoposte a una fase di consultazione pubblica che si è svolta nel periodo dal 16 al 30 settembre e che si è conclusa con l’adozione delle Linee guida finali, approvate con determina del Direttore Generale prot. n. DG/1372/2020, pubblicata sul sito istituzionale dell’AIFA in data 30 dicembre 2020, impugnata con motivi aggiunti notificati il 25 gennaio 2021.
Ha spiegato intervento ad adiuvandum Farmaindustria.
Alla pubblica udienza del 16.02.2021, nel corso della quale l’Amministrazione ha espressamente rinunciato ai termini a difesa di cui agli articoli 55 e 73 c.p.a., la causa è stata posta in decisione.
2. Il problema giuridico che per il Collegio viene in rilievo come aspetto pregiudiziale da risolvere, anche perché è stata sollevata espressa eccezione del Ministero sul punto, riguarda la natura del D.M. impugnato, nonché la sua stessa impugnabilità.
3. Al fine di valutare, in particolare, tale secondo aspetto, appare utile l’esame specifico dei singoli motivi fatti valere dalla società esponente nel ricorso introduttivo, e riproposti nei confronti delle Linee guide con i motivi aggiunti.
3.1 Col 1° motivo di ricorso, il ricorrente deduce “ violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 553, l. n. 145/2018 per abdicazione dall’esercizio della potestà normativa delegata ”, e “ illegittimità dell’art. 2, comma 1, del decreto se interpretato nel senso di rimettere all’AIFA una potestà regolamentare integrativa e conseguente illegittimità delle linee guida dell’AIFA ”.
Secondo il ricorrente, il D.M. 2 agosto 2019 “ non contiene alcuna disposizione specificamente dedicata ai criteri per la contrattazione dei farmaci erogati a carico del S.S.N., tantomeno di criteri aggiornati all’evoluzione del mercato farmaceutico così come richiesto dall’art. 1, comma 533, L. 145/2018”, e “non fornisce alcun elemento idoneo a orientare e vincolare l’AIFA nel processo negoziale e garantire che la negoziazione si svolga sulla base di criteri chiari, obiettivi e verificabili ”.
Il D.M. avrebbe dunque “ sostanzialmente abdicato dall’esercizio della potestà regolatoria attribuitagli dall’art. 1, comma 553, l. n. 145/2018, così violando la disposizione in pretesa applicazione della quale è stato adottato”, e ciò ne costituirebbe “il vizio di fondo, da solo idoneo e sufficiente a determinarne l’annullamento ”.
Il Decreto “ sarebbe nondimeno, ed a maggior ragione, illegittimo ove avesse inteso rimettere all’AIFA la regolazione dei criteri e delle modalità di contrattazione del farmaco, così da integrare e sviluppare la scarna disciplina ministeriale ”, nel senso che qualora il Decreto – nella parte in cui affida all’AIFA il compito di definire, tramite l’adozione di una determinazione del Direttore Generale, le “ indicazioni ” per l’inoltro della domanda di rimborsabilità e prezzo – “ abbia inteso in tal modo delegare all’AIFA una potestà regolatoria integrativa, sussisterebbe un ulteriore profilo di violazione dell’art. 1, comma 553, della L. n. 145/2018 ”.
3.2 Con il 2° motivo di ricorso, il ricorrente fa valere “ illegittimità dell’art. 1, comma 2, del d.m. 2 agosto 2019 recante estensione dell’ambito di applicazione ai medicinali di fascia c e c-nn, per violazione dell’art. 1, comma 3, d.l. n. 87/2005 e dell’art. 48, comma 33, del d.l. n. 269/2003 ”, “ violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 553, della legge n. 145/2018 ”, “ violazione dell’art. 12, commi 5 e 5-ter, del d.l. n. 158/2012 ”, nonché “ eccesso di potere per carenza di potere e difetto dei presupposti ”.
Per il ricorrente, la previsione, contenuta nell’art. 1, comma 2, del D.M. 2 agosto 2019, secondo cui le disposizioni da esso dettate si applicano, tra l’altro, ad alcune specifiche categorie di medicinali di fascia C e Cnn acquistati dagli enti del Servizio sanitario nazionale per esigenze di salute pubblica, sarebbe contra legem e comunque indeterminata.
Ciò perché mentre il prezzo dei farmaci di classe “A” a “H” viene stabilito mediante contrattazione tra il titolare e l’AIFA, il prezzo dei farmaci di classe “C” (che comprende i farmaci che non rientrano nella categoria precedente e che non sono a carico del S.S.N.) è invece stabilito liberamente dal produttore, per cui su tali medicinali non sarebbe ammissibile “ alcuna negoziazione ”.
Nell’ambito dello stesso motivo di ricorso, vengono anche censurate le linee guida, nella parte in cui viene in esse precisato che per i medicinali, presenti all’interno della fascia C-nn, per i quali non venga presentata domanda di rimborsabilità e prezzo entro un periodo di trenta giorni decorrenti dal rilascio dell’AIC, AIFA trasmetterà al titolare un sollecito ad attivarsi entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali sarà adottato un provvedimento con il quale sarà “ disposta la decadenza del farmaco dalla collocazione in fascia Cnn, con la conseguenza che lo stesso – salvo eccezioni dovute a interessi di salute pubblica – non potrà essere ulteriormente commercializzato sul territorio nazionale ”.
Secondo il ricorrente, le Linee guida non sarebbero conformi con quanto disposto dall’art. 12, comma 5 ter, del d.l. n. 158/2012, secondo cui “ in caso di mancata presentazione entro trenta giorni dal rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale di cui al comma 3, l'AIFA sollecita l'azienda titolare della relativa autorizzazione all'immissione in commercio a presentare la domanda di classificazione di cui al comma 1 entro i successivi trenta giorni. Decorso inutilmente tale termine, viene data informativa nel sito istituzionale dell'AIFA e viene meno la collocazione nell'apposita sezione di cui al comma 5 ”.
In sostanza, precisa il ricorrente, “ anzitutto, la possibilità di inviare un sollecito è prevista unicamente con riferimento ai "medicinali di cui al comma 3" della disposizione di cui al medesimo art. 12 d.l. 158/2012, che riguarda i "farmaci orfani", i "farmaci di eccezionale rilevanza terapeutica e sociale previsti in una specifica deliberazione dell’AIFA" ed i “medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture ad esso assimilabili" ”.
E pertanto, conclude il ricorrente, non soltanto per tale aspetto le Linee guida sono inficiate per eccesso, ma “ quel che è più grave, tuttavia, è che esse stabiliscono una conseguenza sanzionatoria particolarmente severa senza alcuna base legislativa, prevedendo che il farmaco in questione "non potrà essere ulteriormente commercializzato sul territorio nazionale" ”.
3.3 Con il 3° motivo, viene fatta valere “ l’illegittimità dell’estensione dell’ambito di applicazione del decreto ai farmaci inseriti nella c.d. lista di cui alla legge n. 648/1996 (art. 1, comma 2) per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 553, della legge n. 145/2018 ”, la “ violazione e falsa applicazione art. 1, comma 4, d.l. n. 536/96, conv. in legge n. 648/1996 ”, nonché “ eccesso di potere per difetto dei presupposti e irragionevolezza ”.
Secondo il ricorrente, nella parte in cui ha preteso di dettare i criteri al ricorrere dei quali i farmaci non ancora in commercio in Italia, ovvero già in commercio in Italia per indicazioni terapeutiche diverse, possono essere inseriti nella Lista 648 (cioè l'elenco di cui al D.L. 21 ottobre 1996 n. 536, convertito dalla L. 23 dicembre 1996 n. 648), avrebbe illegittimamente introdotto un nuovo ed ulteriore requisito necessario affinché i suddetti farmaci entrino in tale lista, non previsto dal citato art. 1, commi 4 e 4 bis, del d.l. n. 536/1996, con conseguente violazione anche di tali disposizioni.
3.4 Secondo il 4° motivo, sussisterebbe anche la “ violazione e falsa applicazione degli artt. 46 e 47 del d.p.r. n. 445/2000 ”, “ violazione e falsa applicazione dell’articolo 267 del trattato UE ”, “ violazione della direttiva UE/2016/943 sui segreti industriali, recepita con d.lgs. 11 maggio 2018 n. 63 ”, “ violazione dei principi di proporzionalità e non aggravamento”, “eccesso di potere per irragionevolezza ”.
Il vizio da cui il Decreto sarebbe inficiato “ riguarda la richiesta rivolta agli organi societari delle aziende farmaceutiche coinvolte nella negoziazione di presentare delle autocertificazioni - con quel che ne consegue dal punto di vista delle responsabilità anche penali ad esse correlate - in ordine a fatti e circostanze dei quali gli organi societari non sono materialmente a conoscenza ”.
3.5 E ancora, con il 5° motivo si sostiene la “ Violazione dei principi di legalità dell’azione amministrativa e di effettività della tutela dei diritti e degli interessi legittimi ex artt. 24, 113 Cost e 6 CEDU per l’eccessiva ampiezza della discrezionalità che viene rimessa dalla normativa regolamentare all’organo amministrativo competente ad assumere le relative decisioni. Violazione della direttiva 89/105/EEC, che richiede che le decisioni che vengono prese dagli Stati membri in tema di rimborsabilità dei farmaci siano adottate sulla base di criteri oggettivi e resi pubblici ”.
In sostanza, secondo il ricorrente il D.M. 2 agosto 2019 non conterrebbe una specifica disposizione sui criteri per la contrattazione dei farmaci erogati a carico del S.S.N., tantomeno di criteri aggiornati all’evoluzione del mercato farmaceutico ai sensi dell’art. 1, comma 533, L. 145/2010, perché solo nell’ambito degli artt. 2 (" Modalità per l’inoltro dell’istanza di negoziazione ") e 3 (" Procedura negoziale ") verrebbe enunciato il criterio di massima del “ valore terapeutico aggiunto rispetto ai medicinali indicati quali medicinali comparatori di riferimento ”, ma senza fornire alcun elemento idoneo a orientare e vincolare l’AIFA nel processo negoziale e garantire che la negoziazione si svolga sulla base di criteri chiari, obiettivi e verificabili.
3.6 Con il sesto motivo, viene dedotta la “ Violazione, sotto altro profilo, della direttiva 89/105/EEC. Violazione dell’art. 9 Cost., che promuove e tutela la ricerca scientifica e tecnica. Violazione degli artt. 45 e 66 del d.lgs. n. 30/2005. Eccesso di potere per irragionevolezza e difetto dei presupposti ”.
Il decreto autorizzerebbe l’AIFA “ ad utilizzare come farmaci comparatori principi attivi che, in quanto usati off label (rimborsati o meno ex lege 648), non hanno affatto le medesime indicazioni del farmaco oggetto del procedimento di negoziazione, che possono non avere in comune con questo alcun livello di ATC e il cui prezzo dipenderà, evidentemente, dal differente contesto di mercato nel quale sono principalmente utilizzati per le indicazioni autorizzate ”.
Sotto questo profilo, secondo la prospettiva della ricorrente, “ l’applicazione delle nuove regole di determinazione del prezzo dei farmaci rimborsati dal SSN, in assenza di criteri idonei a conformare la discrezionalità dell’AIFA, è tale da comportare effetti sostanzialmente distorsivi a livello di sistema e di dinamiche di mercato ”.
Inoltre il nuovo decreto risulterebbe illegittimo nella parte in cui “ non ha escluso che possano essere comunque operati confronti comparativi tra prodotti coperti da brevetto sul principio attivo e prodotti che assumono a propria base, viceversa, principi attivi a brevetto ormai scaduto ”.
3.7 Infine, è censurata la “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 554, della legge n. 145/2018. Eccesso di potere per eccessiva genericità e irragionevolezza. Violazione del principio di stabilità degli accordi tra privati e pubbliche amministrazioni sancito dall’art. 11, comma 4, della legge n. 241/1990 ”.
In particolare, vengono contestati i presupposti al ricorrere dei quali il decreto ministeriale attribuisce all’AIFA la facoltà di riaprire anticipatamente rispetto alla scadenza dell’accordo il procedimento di negoziazione delle condizioni di prezzo e rimborso.
4. Ora, dall’esame di tutti i singoli motivi di ricorso il Collegio ritiene di poter trarre la conclusione che il ricorso sia inammissibile, per carenza dell’imprescindibile requisito di attualità e concretezza della lesione lamentata.
Al fine di motivare tale conclusione, appare opportuno, innanzitutto, precisare le caratteristiche dell’impugnato D.M., che il Collegio ritiene abbia natura regolamentare.
Come è noto, i caratteri che, sul piano del contenuto sostanziale, valgono a differenziare i regolamenti dagli atti e provvedimenti amministrativi generali, vanno individuati in ciò, che questi ultimi costituiscono espressione di una semplice potestà amministrativa e sono diretti alla cura concreta di interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralità di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili.
I regolamenti, invece, sono espressione di una potestà normativa attribuita all'Amministrazione – ovviamente dal legislatore, come nel caso in esame – secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente, con precetti che presentano appunto i caratteri della generalità e dell'astrattezza, intesi essenzialmente come ripetibilità nel tempo dell'applicazione delle norme e non determinabilità dei soggetti cui si riferiscono (cfr., ex multis , Cons. St., sez. VI, 18/02/2015 n. 823).
Al fine di meglio comprendere le ragioni della anticipata inammissibilità del ricorso, a sua volta legata alla tipologia di norme contenute nell’impugnato D.M., è opportuno richiamare la risalente distinzione delle disposizioni regolamentari, di origine dottrinale e recepita in giurisprudenza, in due tipi diversi per caratteristiche ed efficacia, di cui uno incide direttamente nella sfera giuridica dei soggetti cui tali disposizioni sono applicabili, mentre l’altro tipo regola in genere la condotta che la stessa Amministrazione dovrà tenere in futuro nei confronti dei destinatari delle norme, condotta che si esplicherà attraverso l’emanazione di atti amministrativi che incideranno sulle situazioni giuridiche soggettive.
È ovvio che solo nel primo caso si avrà una lesione di interessi con caratteristiche tali (immediatezza, attualità, ecc.) da legittimare al ricorso, mentre nel secondo tipo di disposizioni non soltanto la lesione sarà futura, perché rinviata all’emanazione degli atti applicativi delle disposizioni regolamentari, ma, cosa più importante, sarà anche eventuale, perché sarà eventuale – anche nei casi in cui l’Amministrazione sia obbligata in tal senso – la stessa emanazione degli atti applicativi.
Perciò, mentre per il primo tipo di disposizioni un ricorso al giudice amministrativo potrà e dovrà essere proposto immediatamente, cioè al momento di emanazione della norma, per la seconda serie di norme, invece, un ricorso immediato non sarà proponibile, essendo comunque necessaria una già avvenuta modificazione della sfera giuridica del ricorrente.
Nella citata impostazione dottrinale, la prima categoria di norme corrisponde a quelle che sono definite volizioni azioni, cioè quelle disposizioni che, al verificarsi della fattispecie concreta da esse prevista, incidono automaticamente nella sfera giuridica del privato, mentre la seconda categoria, invece, alle volizioni preliminari, cioè a quelle disposizioni che necessitano, per incidere su di un rapporto, di una successiva manifestazione di volontà della pubblica Amministrazione, il cosiddetto atto applicativo.
Le volizioni preliminari, peraltro, anche se consistono in una determinazione dettagliata della successiva volizione-azione, tanto da far apparire questa come una attività completamente vincolata, vanno comunque sempre distinte dagli atti successivi.
Un aspetto molto importante nell’esame delle disposizioni regolamentari è dato dal fatto che sono molto frequenti gli esempi di disposizioni che, pur essendo potenzialmente capaci di incidere immediatamente nella sfera giuridica dei privati, tuttavia non possono ritenersi, al momento della loro emanazione, immediatamente lesive di interessi per tutti i soggetti cui sono applicabili, per il motivo che non si è ancora verificata la fattispecie concreta cui va rapportata la prevista regolamentazione del rapporto di specie.
In sostanza, l’unico modo per accertare che un determinato atto costituisce una volizione preliminare, cioè che non incide direttamente in qualche sfera giuridica, consiste nel rilevare la necessità di una successiva volizione-azione, cioè di un successivo provvedimento, per raggiungere l’effetto giuridico desiderato;così come, viceversa, l’unico modo per accertare che una volizione è concreta ed efficace consiste nel rilevare che essa raggiunge immediatamente l’effetto giuridico voluto, cioè la modificazione di situazioni giuridiche prevista.
Va però precisato che questa stessa distinzione può comunque essere considerata relativa, nel senso che un determinato atto, che rispetto a un certo effetto giuridico si pone come volizione-azione, perché lo provoca immediatamente, rispetto a un altro effetto giuridico può essere considerato come una volizione preliminare, perché si limita a prefissare i criteri cui ci si dovrà attenere nell’emissione di successivo atto che lo raggiunga direttamente.
In definitiva, una volizione preliminare può essere allo stesso tempo una volizione-azione, ma soltanto in ordine a effetti giuridici diversi (in proposito può citarsi l’esempio del bando di concorso, che per la successiva procedura da seguirsi nello svolgimento del concorso si pone come volizione preliminare, mentre costituisce una volizione-azione per quanto riguarda le categorie di soggetti da ammettere al concorso).
Ciò premesso, il Collegio ritiene di poter affermare che il D.M. impugnato contenga solo disposizioni riconducibili alla categoria delle volizioni preliminari, poiché necessitano, per poter produrre una effettiva lesione degli interessi del ricorrente, di successivi, futuri ed eventuali atti applicativi dell’Amministrazione.
E le Linee Guida hanno natura di circolare interpretativa e attuativa della fonte normativa di secondo grado data dal D.M., e perciò non sono, a loro volta, direttamente lesive degli interessi del ricorrente.
Saranno, piuttosto, i provvedimenti che – nell’ambito dei nuovi procedimenti di negoziazione avviati successivamente alla pubblicazione delle Linee Guida – daranno applicazione al nuovo quadro normativo, a presentare quell’idoneità lesiva che renderanno attuale l’interesse al ricorso, che evidentemente, allo stato, non sussiste.
Infatti, nel descrivere le violazioni di legge lamentate, il ricorrente si proietta nel momento futuro in cui tra sé stesso e l’AIFA dovrà essere avviata la prevista negoziazione, e quindi fa inevitabilmente riferimento a situazioni, circostanze, atti e, in definitiva, a lesioni e pregiudizi dei propri interessi non soltanto futuri ma, inevitabilmente, perfino eventuali, potendo astrattamente verificarsi che, in sede di negoziazione, l’AIFA accolga tutte le richieste dell’azienda produttrice, e che quindi nessun pregiudizio concreto questa riceva dalle presunte illegittimità da cui l’impugnato D.M. sarebbe affetto.
Ora, come è noto, uno dei presupposti di ammissibilità di ogni ricorso giurisdizionale amministrativo è che (anche) la lesione lamentata sia concreta e attuale, vale a dire che non può essere eventuale o potenziale e deve sussistere sia al momento della proposizione del ricorso che in quello della decisione.
Motivo per il quale si precisa di solito che ai fini dell’onere di diretta impugnazione del regolamento immediatamente lesivo, il requisito dell’attualità della lesione dell'interesse dedotto in giudizio va accertato in concreto, con riferimento, cioè, all'entità e alle modalità dell'incidenza effettuale, e non semplicemente ipotetica ed eventuale, dell'atto regolamentare nella sfera giuridica dei ricorrenti (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 19 ottobre 1993 n. 897).
Vale a dire che, in sintesi, può avere titolo a che un giudice amministrativo si pronunci sul merito di un ricorso soltanto chi faccia valere una lesione recata in modo diretto e attuale a un proprio interesse personale e attuale, protetto dall’ordinamento, e abbia un interesse – anch’esso personale e attuale – alla pronuncia richiesta.
Poiché, per tutto quanto sopra precisato, nel caso in esame non sussiste il requisito della attualità della lesione, il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile, unitamente ai motivi aggiunti.
In considerazione delle incertezze interpretative sulla natura ed effettiva portata dell’impugnato D.M., le spese possono essere compensate.