TAR Bari, sez. I, sentenza 2023-02-07, n. 202300263

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2023-02-07, n. 202300263
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202300263
Data del deposito : 7 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2023

N. 00263/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00391/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 391 del 2022, proposto da
A L, rappresentato e difeso dagli avvocati F L, A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Istruzione, Ufficio Scolastico Regionale Puglia, Uff Scolastico Reg Puglia - Uff III Ambito Terr per la Provincia di Bari, Circolo Didattico 1 C D Gramsci - Noicattaro, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ragioneria Territoriale dello Stato di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, n.97;

per l'ottemperanza

alla sentenza n. 1028/2016 della Corte di Appello di Bari, Sezione Lavoro, pubblicata in data 20.5.2016, in n.r.g. 64/2013;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione;
dell’Ufficio Scolastico Regionale Puglia;
dell’Ufficio Scolastico Reg Puglia – Uff. III Ambito Terr. per la provincia di Bari;
Circolo Didattico 1 C D Gramsci – Noicattaro;
della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Ragioneria Territoriale dello Stato di Bari;

Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25.1.2023 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame l’istante espone:

- di aver ottenuto la sentenza in epigrafe indicata con la quale Corte di Appello di Bari, Sezione Lavoro, ha (genericamente) dichiarato il diritto della parte ricorrente a percepire la retribuzione professionale docenti in relazione alla prestazione lavorativa prestata con contratti a termine e condannato il MIUR al pagamento, in suo favore, di quanto spettante, oltre accessori (così testualmente in dispositivo: “… 1) accoglie l’appello per quanto di ragione e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara il diritto degli appellanti al riconoscimento, ai fini della progressione stipendiale dell’anzianità di servizio maturata durante i rapporti di lavoro a termine dalla data della loro prima assunzione;

2) per l’effetto condanna il Ministero al pagamento in favore degli appellanti ed a tale titolo, delle differenze stipendiali maturate a decorrere dal quinquennio antecedente la notifica del ricorso introduttivo, oltre accessori di legge ”);

- che la sentenza è passata in giudicato (pur se in atti non risulta ciò documentato);

- che il Ministero resistente non ha ancora provveduto ad eseguire correttamente il giudicato di cui sopra.

Agisce, in questa sede per ottenere la esatta esecuzione della sentenza de qua, proponendo ricorso per l’ottemperanza.

In particolare –ed in questo il punto nodale della questione proposta in ricorso- l’amministrazione scolastica avrebbe- in tesi erroneamente – considerato, ai fini della quantificazione del servizio c.d. “pre-ruolo” prestato dal ricorrente, la durata dell’anno scolastico in 365 giorni, sì da non riconoscere (in quanto la durata del servizio concretamente prestato si è sviluppata in un arco temporale inferiore) anni di “pre-ruolo”, a suo dire, spettanti nella ricostruzione della sua anzianità di servizio e del conseguente trattamento economico.

In altri termini, la resistente p.a. ha parametrato l’anzianità di servizio pre-ruolo del ricorrente ad anni lavorativi composti, ciascuno, da 365 giorni.

Laddove, invece, in tesi, un anno di servizio non potrebbe corrispondere algebricamente ad un anno solare. Tanto in ragione della considerazione che nessun lavoratore presta la propria opera per 365 giorni l’anno, non foss’altro perché in un anno debbono contarsi 52 domeniche, nonchè, per il personale scolastico, i mesi di luglio e agosto, in cui vengono sospese le attività didattiche.

L’interpretazione del dictum giudiziale seguita dall’amministrazione comporterebbe, dunque, in capo al ricorrente, un pregiudizio in termini di anzianità di servizio, decurtata rispetto a quella pretesa, con conseguente pregiudizio anche in termini di progressione di carriera, progressione stipendiale, detrimento della base previdenziale e, non ultimo, mancato riconoscimento delle differenze retributive che conseguono il tardivo accesso alla posizione stipendiale successiva.

Il Ministero intimato si è costituito in giudizio, svolgendo plurime difese sia in rito (eccependo l’inammissibilità del ricorso, in quanto non dimostrata la notifica della sentenza in forma esecutiva, necessaria ex art. 14 DL n.669/1994), sia nel merito, sostenendo la correttezza del calcolo operato dall’amministrazione.

All’udienza camerale del 21.9.2022 la causa, dopo il rilievo, ex art. 73 cpa, di possibile inammissibilità dell’ottemperanza per essere la sentenza portata in esecuzione di contenuto e condanna generici, sì da richiedere attività integrativa in materia che, per giunta, esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, è stata rinviata a quella del 25.1.2023 (per consentire il deposito di memoria scritta, come richiesto dalla difesa di parte ricorrente), allorquando è stata tratta in decisione, letta la memoria del 13.1.2023.

Il ricorso è inammissibile, come da giurisprudenza della sezione (v. decisioni 1585;
1585;
1602;
1603;
1604;
1653;
1654;
1655/2022).

In via del tutto preliminare, osserva il collegio che la pretesa è stata azionata ai sensi dell'art. 112, secondo comma lett. c), cpa, secondo cui il giudizio di ottemperanza è esperibile per conseguire l'attuazione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario.

Sul punto deve precisarsi che il giudizio di ottemperanza è limitato alla stretta esecuzione del giudicato del quale si domanda l'attuazione ed esula dal suo ambito la cognizione di qualsiasi altra domanda, comunque, correlata al giudicato stesso.

Sulla base di quanto premesso, si ritiene che nel caso di specie la richiesta di esecuzione del giudicato del giudice ordinario vada dichiarata inammissibile, in quanto il riconoscimento dei servizi pre-ruolo cui è conseguente la condanna al pagamento delle differenze stipendiali e, quindi, da un lato, la somma da corrispondere a parte ricorrente in forza dell'azionata sentenza, dall’altro gli anni di servizio - non sono stati determinati nel loro ammontare nel titolo giudiziale e “non sono determinabili in modo pacifico” in questa sede, mediante una semplice operazione aritmetica, posto che né la motivazione, né il dispositivo dell'azionata sentenza recano l'indicazione analitica dell’inquadramento giuridico/economico, né degli importi dovuti a titolo di differenze stipendiali, in modo da poter addivenire all'esatta determinazione di quanto dovuto, sia in ordine alla reclamata ricostruzione di carriera, sia in ordine al pagamento delle somme dovute.

Vale osservare, in relazione a quanto argomentato in occasione dell’udienza in camera di consiglio dal difensore della ricorrente, che in alcun modo dai passaggi della decisione è possibile ricavare, con sufficiente determinazione, quanto dovuto: è sufficiente il richiamo testuale della sentenza (cui si rinvia), ripetuta pedissequamente nel ricorso, in cui si fa generico riferimento al “diritto degli appellanti al riconoscimento, ai fini della progressione stipendiale dell’anzianità di servizio maturata durante i rapporti di lavoro a termine dalla data della loro prima assunzione”, condannando il Ministero “al pagamento in favore degli appellanti ed a tale titolo, delle differenze stipendiali maturate a decorrere dal quinquennio antecedente la notifica del ricorso introduttivo, oltre accessori di legge”.

D’altro canto, proprio l’oggetto del tema controverso proposto in ricorso esclude inconfutabilmente la possibilità di determinazione di quanto reclamato in modo pacifico o mediante semplici calcoli aritmetici, in quanto postula la necessità di definire una questione controversa, rappresentata dal metodo di computo degli anni di servizio da valutare.

In definitiva, la sentenza finisce per recare una condanna generica o, comunque, non suscettibile di essere portata ad esecuzione mediante il rimedio dell'ottemperanza: invero, tale tipo di sentenza non solo non costituisce valido titolo esecutivo per difetto del requisito di liquidità del diritto portato dal titolo ex art. 474 c.p.c., ma implica, altresì, che per la sua attuazione dovrebbe essere svolto un accertamento nel merito del rapporto sottostante (oggetto della cognizione del giudice ordinario), che non può, tuttavia, essere effettuato nell'ambito del giudizio di ottemperanza da parte del giudice amministrativo, essendo quest'ultimo sprovvisto di giurisdizione su tale rapporto (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 30.10.2015 n. 4977;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 21.12.2011 n. 6773;
TAR Campania Napoli, Sez. II, 25.9.2019, n. 4568;
TAR Puglia Bari, Sez. II, 23.3.2016, n. 359).

E’ utile richiamare in proposito le condivisibili osservazioni rese al riguardo dal giudice di appello secondo cui “…l'ottemperanza davanti al giudice amministrativo di sentenze definitive del giudice civile, secondo quanto previsto dall'art. 112, comma 2 lett. c), del c.p.a., può essere richiesta "al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato" e, quindi, per dare esecuzione a specifiche statuizioni rimaste non eseguite e non anche per introdurre nuove questioni di cognizione che sono riservate alla giurisdizione del giudice ordinario. In particolare, con riferimento alla richiesta di pagamento di somme di denaro, per giurisprudenza consolidata, il creditore può certamente agire davanti al giudice amministrativo per l'ottemperanza di una sentenza di condanna, non generica, del giudice civile passata in giudicato. Mentre la sentenza di condanna che non contiene l'esatta determinazione della somma dovuta, costituisce titolo esecutivo solo a condizione che dal complesso delle informazioni rinvenibili nel dispositivo e nella motivazione possa procedersi alla quantificazione con un'operazione meramente matematica. In assenza di tali requisiti, la domanda di esecuzione davanti al giudice amministrativo di una condanna generica, relativa cioè al pagamento di una somma non determinata nel suo ammontare e non determinabile in modo pacifico, risulta inammissibile, trattandosi di sentenza che non costituisce valido titolo esecutivo. Deve, infatti, ritenersi precluso al giudice amministrativo, investito dell'ottemperanza, effettuare nuove valutazioni in fatto e in diritto su questioni che non sono state specificamente dedotte o trattate nel giudizio definito con la sentenza del giudice civile da ottemperare, la cui cognizione, nel caso di perdurante contrasto fra le parti, spetta al giudice ordinario. Anche questa Sezione ha affermato che, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione in materia, la sentenza, con la quale il giudice abbia dichiarato il diritto del lavoratore o dell'assicurato a ottenere spettanze retributive o pensionistiche e abbia condannato il datore di lavoro o l'ente previdenziale al pagamento dei relativi arretrati "nei modi e nella misura di legge" oppure "con la decorrenza di legge", senza precisare in termini monetari l'ammontare del credito complessivo già scaduto o quello dei singoli ratei già maturati, deve essere definita generica e non costituisce valido titolo esecutivo (per difetto del requisito di liquidità del diritto portato dal titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.), qualora la misura della prestazione spettante all'interessato non sia suscettibile di quantificazione mediante semplici operazioni aritmetiche, eseguibili sulla base di elementi di fatto contenuti nella medesima sentenza, e debba essere effettuata per mezzo di ulteriori accertamenti giudiziali, previa acquisizione dei dati istruttori all'uopo necessari, non potendo il creditore, in tal caso, agire in executivis ma dovendo richiedere la liquidazione in un distinto giudizio dinanzi al giudice munito di giurisdizione (Consiglio di Stato, Sez. VI, 21.12.2011 n. 6773)” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.5.2016 n.1952).

In conclusione, considerato che nella fattispecie in esame, in conseguenza del dissidio in ordine agli anni di servizio pre-ruolo da computarsi, neppure la effettiva misura del quantum debeatur, in ordine alle differenze retributive spettanti, è suscettibile di determinazione mediante semplici operazioni di calcolo, integralmente desumibili dal complesso delle informazioni rinvenibili nel dispositivo e nella motivazione della pronuncia, deve essere ribadita l'inammissibilità del ricorso.

Né del resto questo giudice può sostituirsi al giudice investito di giurisdizione nella determinazione del corretto inquadramento giuridico ed economico scaturente dalla predetta decisione del giudice ordinario, atteso anche il difetto di giurisdizione sulla materia.

Quanto alle spese del giudizio queste seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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