TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2014-12-15, n. 201412625

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2014-12-15, n. 201412625
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201412625
Data del deposito : 15 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09074/2014 REG.RIC.

N. 12625/2014 REG.PROV.COLL.

N. 09074/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9074 del 2014, proposto da:
A A, rappresentato e difeso dagli avv.ti U M, F M e G P, con domicilio eletto presso Studio Legale Morcavallo in Roma, Via Luigi Settembrini n. 28;

contro

Ufficio Elettorale Nazionale - Elezione Membri Parlamento Europeo, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti di

M B;
Piernicola Pedicini, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Pedicini, con domicilio eletto presso Giovanni Romano in Roma, Via Valadier n. 43;
Giovanni La Via, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Cerulli Irelli e Luigi Guerrieri, con domicilio eletto presso Vincenzo Cerulli Irelli in Roma, Via Dora n. 1;

per l'annullamento

degli atti di proclamazione degli eletti, segnatamente con riferimento a quello relativo alla circoscrizione "Italia meridionale", in ragione della mancata attribuzione di un seggio alla lista "Lega Nord" e alla conseguente mancata proclamazione del ricorrente, nonché con riguardo alla proclamazione, nella circoscrizione "Italia centrale" e per la lista "Lega Nord", del candidato M B - tornata elettorale 2014 - elezione membri Parlamento Europeo spettanti all'Italia, e di ogni altro atto presupposto, connesso o collegato;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ufficio Elettorale Nazionale - Elezione Membri Parlamento Europeo, Piernicola Pedicini e Giovanni La Via;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 il Consigliere A M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con il ricorso indicato in epigrafe, l'istante - premesso che in data 25 maggio 2014 si sono svolte le elezioni dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo - espone di aver partecipato alle predette elezioni come candidato nella lista “Lega Nord” per la circoscrizione “Italia Meridionale”, conseguendo “il maggior numero di preferenze nell’ambito della predetta lista, dopo il capolista S, presente in tutte le circoscrizioni ed optante per l’elezione nella circoscrizione Italia Nord-Occidentale”, ma di non essere stato eletto in quanto – in sede di ripartizione dei seggi, conseguiti complessivamente dalla lista - alcun seggio è stato attribuito alla circoscrizione su indicata (posto che il quinto seggio spettante alla lista Lega Nord è stato assegnato alla circoscrizione Italia Centrale, “anziché nella circoscrizione Italia Meridionale”).

In particolare, il ricorrente afferma che la distribuzione dei seggi – così come operata dall’Ufficio Elettorale Nazionale - sarebbe avvenuta, precipuamente, in violazione dell'art. 21 della legge n. 18 del 1979, e ciò in quanto le modalità di assegnazione dei seggi nelle circoscrizioni elettorali sarebbe stata operata facendo illegittimo ricorso ai criteri di computo di cui alle normativa delle elezioni politiche nazionali.

A conforto della posizione vantata, il ricorrente evidenzia che le modifiche apportate alla su indicata legge n. 18 del 1979 non avrebbero inciso sul criterio della c.d. “proporzionalità politica”, tenuto conto che – come si ricaverebbe anche dalla sentenza n. 271 del 2010 della Corte Costituzionale – l’integrazione della disciplina elettorale europea con la disciplina elettorale nazionale “rappresenta soltanto uno dei diversi possibili meccanismi in grado di ridurre l’effetto di slittamento dei seggi da una circoscrizione all’altra” e “non può che spettare al legislatore individuare, con specifico riferimento all’organo legislativo preso in considerazione, la soluzione più idonea a porre rimedio alla [potenziale] incongruenza della disciplina censurata”.

Da qui il ricorrente sostiene l'inappropriato richiamo all'art. 83 della legge elettorale per la Camera dei Deputati in forza dell'art. 51, l. n. 18 del 1979, poiché tale norma stabilirebbe, essa stessa, un limite al rinvio con l'espressione "in quanto applicabile". Ne deriverebbe la difficoltà di applicazione ad un sistema elettorale proporzionale con preferenze in cui le circoscrizioni costituiscono un "collegio unico nazionale" di una norma prevista per una elezione con collegi uninominali ed una parte proporzionale senza preferenze.

Ciò detto, il ricorrente afferma che “il quoziente elettorale di ciascuna di ciascuna lista in ambito circoscrizionale … deve costituire il criterio per l’assegnazione dei seggi nei limiti di disponibilità in ciascun ambito territoriale … e non deve essere invece utilizzato come riferimento ai fini dello slittamento di seggi da una circoscrizione all’altra, come invece consentito dall’art. 21 cit. anteriormente all’innovazione legislativa riguardante l’art. 2 .. e l’introduzione del numero fisso di seggi per circoscrizione”, atteso che l’integrazione tra le discipline elettorali, per quanto attiene alla distribuzione dei seggi nelle circoscrizioni, “non determina la sostituzione del metodo di calcolo dei quozienti circoscrizionali contemplato nella disciplina elettorale interna al metodo di calcolo contemplato nella disciplina elettorale per il Parlamento europeo”, bensì “la mera interpolazione della disciplina elettorale comunitaria con la regola, dettata dalla disciplina sulle elezioni interne, per cui i seggi sono attribuiti alle liste nelle circoscrizioni fino a concorrenza dei seggi da assegnarsi nella circoscrizione medesima, secondo il criterio dell’attribuzione alle liste che abbiano conseguito un quoziente intero e della successiva attribuzione alle liste che abbiano conseguito, nel calcolo del quoziente dettato dalla normativa di riferimento, i maggiori resti decimali, con la conseguenza che detti migliori resti vanno via via individuati – una volta esauriti i riparti dei seggi per quozienti interi – tra quelli ottenuti nelle circoscrizioni in cui residuino seggi da assegnare”.

A supporto di quanto sostenuto, il ricorrente richiama, ancora, la sentenza del Consiglio di Stato n. 2886 del 2011, in cui si evidenzia “come i contenuti di cui al numero 3 dell’art. 21 cit. restino applicabili laddove non confliggenti con il precetto di necessaria assegnazione in ciascuna circoscrizione del numero di seggi di cui all’art. 2 cit..”

Avallata la piena armonizzabilità della disciplina sulle elezioni europee con l’esigenza di attribuzione di un numero fisso di seggi per circoscrizione, intendendo “che il riparto dei seggi nella circoscrizione debba essere svolto in relazione al solo quoziente circoscrizionale e non, invece, con attribuzione dei seggi sulla base dei quozienti conseguiti dalla lista in altre circoscrizioni”, il ricorrente rivendica, dunque, che – tenuto anche conto dei seggi di spettanti alle altre liste - “la lista Lega Nord avrebbe dovuto conseguito il proprio quinto seggio nella circoscrizione Italia Meridionale, in cui aveva ottenuto, in ordine decrescente, il proprio quarto resto decimale” e, pertanto, chiede a questo Tribunale di annullare, per la parte di interesse, gli atti del procedimento elettorale menzionato e di correggere l’esito delle operazioni elettorali secondo il criterio su indicato, con conseguente attribuzione – in esito ad una ben definita rivisitazione dei seggi da attribuire alle diverse liste nelle circoscrizioni - di un seggio alla Lega Nord nella circoscrizione “Italia Meridionale”, da assegnare al predetto “quale destinatario del maggior numero di preferenze individuali dopo il capolista S, eletto in altra circoscrizione”.

Si sono costituiti il Ministero dell'Interno e l'Ufficio elettorale nazionale presso la Corte di Cassazione, per sostenere la correttezza del proprio operato anche in virtù del richiamo della sentenza n. 2886 del 13 maggio 2011 e del parere n. 4748 del 5 dicembre 2013, entrambi emessi dal Consiglio di Stato.

Si sono, altresì, costituiti i controinteressati Pedicini Piernicola e Giovanni La Via, sollevando eccezioni di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso e confutando i motivi di diritto formulati.

All'udienza di discussione del 4 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione, con contestuale pubblicazione del dispositivo.

DIRITTO

I - Osserva il Collegio, in via preliminare, che si può soprassedere sull'eccezioni di inammissibilità/improcedibilità sollevate dalle parti resistenti, perché il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

II – La questione prospettata dalla parte ricorrente ha già trovato esame – seppure in termini non del tutto sovrapponibili, almeno sotto il profilo degli effetti - dinanzi a questo Tribunale e successivamente davanti al Consiglio di Stato in sede di appello.

Nella fattispecie (procedimento N.R.G. 6378 del 2009) allora sottoposta all'esame del Collegio, il ricorrente si doleva del contrasto dell'art. 21 della L. n. 18/79, nella parte in cui non prevedeva meccanismi di salvaguardia del riparto dei seggi per ogni singola circoscrizione, con i principi comunitari che tutelano la rappresentatività territoriale proporzionale sulla base della popolazione residente e con il principio della cd. "proporzionalità degressiva", attuato con il d.P.R. del 1 aprile 2009.

Questo Tribunale, pertanto, riteneva di dover deferire la questione all'esame di legittimità costituzionale delle norme in questione della Corte Costituzionale.

Il giudice delle leggi, tuttavia, con la sentenza n. 271 del 2010, nel dichiarare inammissibile la questione, affermava quanto segue:

- "il legislatore italiano, cui, come chiarito, spetta disciplinare la materia in attesa che l'Unione europea introduca una procedura uniforme, ha optato per un sistema elettorale proporzionale a collegio unico nazionale, articolato in circoscrizioni, nell'ambito delle quali devono essere presentate le liste. Peraltro, la legge n. 18 del 1979, nella sua versione originaria, non assegnava a ciascuna circoscrizione un determinato numero di seggi in base alla popolazione residente, limitandosi ad indicare il numero minimo e massimo di candidati per lista. Nelle elezioni del 1979, quindi, la distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni avvenne in ragione dei voti espressi in ciascuna di esse, secondo la disciplina oggi censurata. Le liste presentate nelle circoscrizioni meridionali e insulari, a causa anche della minore partecipazione alla votazione, ottennero un numero di seggi inferiore a quello che ad esse sarebbe spettato in proporzione alla popolazione residente nelle medesime circoscrizioni. Per tentare di rimediare a questo inconveniente, con la legge n. 61 del 1984, il legislatore ha modificato l'art. 2 della legge n. 18 del 1979, prevedendo espressamente che a ciascuna circoscrizione venga assegnato un numero di seggi proporzionale alla popolazione in essa residente. La legge n. 61 del 1984, però, non ha tratto tutte le conseguenze dalla assegnazione dei seggi alle circoscrizioni in base alla popolazione. Essa, infatti, ha lasciato inalterata la disciplina censurata, che, ai fini della distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni, considera il rapporto fra la cifra elettorale circoscrizionale della lista e il quoziente elettorale nazionale di lista, anziché il quoziente circoscrizionale";

- "dal 1984 in poi, pertanto, nella disciplina elettorale italiana per il Parlamento europeo, convivono due ordini di esigenze: da un lato, l'assegnazione dei seggi nel collegio unico nazionale in proporzione ai voti validamente espressi;
dall'altro, la distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni in proporzione alla popolazione. Il primo riflette il criterio della proporzionalità politica e premia la partecipazione alle consultazioni elettorali e l'esercizio del diritto di voto. Il secondo riflette il principio della rappresentanza c.d. territoriale, determinata in base alla popolazione (ma astrattamente determinabile anche in base ai cittadini, o agli elettori, o in base a una combinazione di tali criteri). Tali ordini di esigenze, però, sono difficilmente armonizzabili e, anzi, non possono essere fra loro perfettamente conciliati. Esistono, tuttavia, diversi possibili meccanismi correttivi che, senza modificare la ripartizione proporzionale dei seggi in sede di collegio unico nazionale, riducono l'effetto traslativo lamentato dal rimettente, cioè lo scarto fra seggi conseguiti nelle circoscrizioni in base ai voti validamente espressi e seggi ad esse spettanti in base alla popolazione. Questi meccanismi, peraltro, conseguono tale obiettivo al prezzo di alterare, in maggiore o minore misura, il rapporto proporzionale fra voti conseguiti e seggi attribuiti a ciascuna lista nell'ambito della singola circoscrizione. Ma il legislatore, sia nel 1984 che nelle successive occasioni in cui ha riesaminato la disciplina elettorale in questione, non ha introdotto un meccanismo correttivo, con la conseguenza che, nonostante il disposto dell'art. 2 della legge n. 18 del 1979, come modificato nel 1984, il riparto dei seggi fra le circoscrizioni ha continuato ad avvenire, come in precedenza, in proporzione ai voti validi, a prescindere dalla previa assegnazione in ragione della popolazione. Anche dai lavori preparatori della legge n. 61 del 1984 emerge la consapevolezza, da parte del legislatore, che la finalità di rispettare la previa assegnazione dei seggi in proporzione alla popolazione avrebbe richiesto una più ampia revisione della disciplina contenuta negli artt. 21 e 22 della legge n. 18 del 1979. Ciò non è però avvenuto, né allora, né successivamente, quando, con la legge n. 10 del 2009, il legislatore si è limitato ad introdurre la soglia di sbarramento, oltretutto calcolandola «sul piano nazionale»";

- "il Collegio rimettente sollecita una pronuncia che abbia come effetto l'introduzione, ad opera di questa Corte, di un sistema di distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni che, a differenza di quello previsto dalla disposizione censurata, sia rispettoso del riparto previamente effettuato in base alla popolazione ai sensi dell'art. 2 della legge n. 18 del 1979. Ma il giudice a quo non precisa quale dei possibili sistemi dovrebbe essere introdotto per contemperare il principio della proporzionalità politica con quello della rappresentanza territoriale. Alla disciplina prevista, per la Camera dei deputati, dall'art. 83, comma 1, n. 8, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), che secondo alcune parti private intervenute nel giudizio costituzionale potrebbe applicarsi in virtù del rinvio di cui all'art. 51 della legge n. 18 del 1979, il Collegio rimettente, in realtà, riserva solo un breve cenno, in quella parte dell'ordinanza di rimessione in cui riferisce le tesi dei ricorrenti nei giudizi principali. In ogni caso, va detto che tale disciplina rappresenta soltanto uno dei diversi possibili meccanismi in grado di ridurre l'effetto di slittamento di seggi da una circoscrizione all'altra. Ma non può che spettare al legislatore individuare, con specifico riferimento all'organo rappresentativo preso in considerazione, la soluzione più idonea a porre rimedio alla lamentata incongruenza della disciplina censurata. In presenza di una pluralità di soluzioni, nessuna delle quali costituzionalmente obbligata, questa Corte non potrebbe sostituirsi al legislatore in una scelta ad esso riservata (fra le più recenti, sentenza n. 58 del 2010;
ordinanze n. 59 e n. 22 del 2010)".

In esito alla decisione della Corte, il Tribunale adito non riteneva di poter condividere la pretesa di parte ricorrente nel senso di ottenere un'interpretazione conforme ai richiamati principi comunitari recepiti anche dall'art. 2 della L. n. 18/79 (come modificata dalla L. n. 61/84), con la contestuale applicazione, per la medesima parte, del sistema previsto per la Camera dei Deputati, sulla base del rinvio sopra prospettato, al fine di rendere reciprocamente tra loro compatibili l'art. 2 e l'art. 21 della L. n. 18/79, salvaguardando contestualmente sia la rappresentanza politica proporzionale (dato che il numero dei seggi attribuito a ciascuna lista resterebbe inalterato) sia il principio della rappresentanza proporzionale territoriale.

Tuttavia, in riforma della decisione assunta con la sentenza n. 68636 del 2010, il Consiglio di Stato, con la già ricordata sentenza n. 2886 del 2011, ha evidenziato la portata innovatrice dell'art. 2, l. n. 18 del 1979 , come riformulato dall'art. 1 della legge 9 aprile 1984 n. 61.

Infatti, al riguardo il giudice d'appello evidenziava che, mentre "la disciplina recata dall'art. 21 faceva … dipendere interamente l'assegnazione e la distribuzione dei seggi da un criterio di proporzionalità puramente politica, basata cioè sul numero dei voti conseguiti, senza accordare alcun effettivo spazio alla proporzionalità territoriale, che invece tende ad assicurare un'adeguata corrispondenza con il numero dei residenti nei territori interessati", dunque, privilegiando, "le aree territoriali che esprimono una maggiore affluenza al voto, e per contro conduce ad una sotto -rappresentazione di quelle più colpite dall'astensionismo", il nuovo testo del menzionato art. 2, attraverso l'aggiunta di due nuovi commi, ha previsto che: "L'assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni, di cui alla tabella A, è effettuata, sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla più recente pubblicazione ufficiale dell'Istituto centrale di statistica, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, da emanarsi contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi." E che:"La ripartizione dei seggi di cui al precedente comma si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica per il numero dei membri spettante all'Italia e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti".

Il significato di tale novella e della volontà del legislatore era individuato dal Consiglio di Stato attraverso la lettura degli atti parlamentari ed, in particolare del disegno presentato dall'allora Ministro dell'Interno il 15 marzo 1984 alla Camera dei Deputati (n. 1427).

Sottolineava, la sentenza richiamata, che: "La relazione, nel segnalare le principali disposizioni innovatrici proposte, partiva proprio dall'illustrazione di quella in esame, recata dall'art. 1 del testo, osservando come questa "disciplina, in via permanente, l'assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni, prevedendo un meccanismo identico a quello delle elezioni politiche, e cioè la ripartizione dei seggi in ragione proporzionale della popolazione di ogni circoscrizione".

Nella seduta della Camera del 4 aprile 1984 il relatore Vernola, analogamente, avvertiva: "Particolarmente importante è l'articolo 1 del provvedimento, che modifica il sistema di assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni, sulla base di un meccanismo identico a quello delle elezioni politiche, stabilendo che la ripartizione dei seggi avvenga in ragione proporzionale alla popolazione di ogni circoscrizione e non più in relazione al numero dei voti espressi". E poco dopo il Ministro proponente ribadiva il "notevole miglioramento apportato dal provvedimento nell'attribuzione dei seggi alle singole circoscrizioni" (inoltre, poiché da taluno si era paventato che la presenza delle previsioni degli artt. 21 e 22 della legge potesse far riprodurre anche nel futuro il meccanismo che si intendeva invece modificare, aveva ammesso la possibilità che venisse presentato un apposito emendamento tecnico).

Presso il Senato, similmente, il successivo 5 aprile, il relatore M rilevava in sede di Commissione (dis. n. 653) che (allora) "il riparto dei seggi, essendo determinato sulla base dei votanti e non degli iscritti nelle liste elettorali, viene a penalizzare le regioni meridionali ove il rilevante fenomeno migratorio si traduce in una affluenza alle urne inferiore a quella che si registra nel resto d'Italia"."

Di tal ché, "la funzione di incardinare sulla proporzionalità territoriale la determinazione del numero dei seggi da assegnare a ciascuna circoscrizione (e perciò la misura di rappresentanza dei singoli territori), lasciando invece integralmente alle dinamiche della proporzionalità politica la fissazione del numero dei seggi riconoscibili a ciascuna lista nell'ambito nazionale".

Da quanto evidenziato, sia nella disciplina nazionale, che nella disciplina delle elezioni europee - che alla prima rinvia – dunque, sono individuabili le due esigenze, che tuttavia ora sono fonte di contestazione da parte del ricorrente: da un lato, l'assegnazione dei seggi nel collegio unico nazionale in proporzione ai voti validamente espressi, quale riflesso del criterio della proporzionalità politica;
dall'altro, la distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni in proporzione alla popolazione, che è espressione del criterio di rappresentanza c.d. territoriale.

Conseguentemente, il Consiglio di Stato evidenziava che "la riformulazione dell'art. 2 ha la funzione (espressa con chiarezza sia dalla lettera della legge che dai suoi lavori preparatori) di incardinare sulla proporzionalità territoriale la determinazione del numero dei seggi da assegnare a ciascuna circoscrizione", con la conseguenza che "la distribuzione concreta dei seggi in tal modo assegnati alle varie liste, nelle singole circoscrizioni, non può prescindere dalla sopravvenuta opzione legislativa per la proporzionalità territoriale".

A tale conclusione il Consiglio di Stato è pervenuto sulla base dell'applicazione dei canoni ermeneutici relativi alla successione delle leggi nel tempo, in forza dei quali: la soluzione dell'antinomia deve essere affidata al principio della prevalenza della lex posterior, di cui al novellato art. 2 della l. n. 18 del 1979, che ha operato un temperamento del criterio puro della proporzionalità politica.

III – Sulla base della ricostruzione ermeneutica sin qui richiamata e consolidatasi attraverso l'orientamento espresso dal Consiglio di Stato – in sede consultiva - con il parere n. 4748 del 2013, dalla quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi, in ragione delle esposte complesse argomentazioni interpretative - pur rimanendo auspicabile, come espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 271 del 2010, un intervento del legislatore volto ad individuare la soluzione più idonea a porre rimedio, in sede generale ed astratta e con piena certezza giuridica, alla riscontrata incongruenza della disciplina sin qui evidenziata – il sistema di assegnazione dei seggi comporta che, fermo restando il numero dei seggi complessivamente attribuiti a ciascuna lista in forza della prima parte dell'art. 21 della legge n. 18 del 1979, deve rinviarsi alle specifiche norme del d.P.R. n. 361 del 1957 che hanno la funzione di assicurare che la distribuzione effettiva dei seggi nell'ambito di ciascuna circoscrizione abbia luogo nel rispetto della dotazione che a ciascuna di esse è a monte assegnata, al fine di ottenere il bilanciamento con il diverso principio della rappresentanza territoriale, attraverso il ricorso al meccanismo matematico di riequilibrio costituito dall'indice relativo di circoscrizione previsto dall'art. 83, comma 1, n. 8, del decreto.

IV – Per le considerazioni sin qui esposte, il ricorso deve essere respinto.

La complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi