TAR Roma, sez. I, sentenza 2012-02-15, n. 201201569

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2012-02-15, n. 201201569
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201201569
Data del deposito : 15 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05805/2011 REG.RIC.

N. 01569/2012 REG.PROV.COLL.

N. 05805/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 5805 del 2011, proposto da C S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti G F, C M, S C e F B, presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata, in Roma, via Giulio Caccini n. 1;

contro

l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliata, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12

per l'annullamento

- del provvedimento AGCM n. 22453 del 7 giugno 2011, che ha ritenuto che la presentazione dei prodotti Misura “soia – senza colesterolo”, modificata in “soia 0,001% di colesterolo” nel corso della preistruttoria e in “Misura senza colesterolo – con ingredienti contenenti steroli vegetali” (attualmente fuori commercio) riportata sulla confezione dei prodotti in commercio e veicolati nel sito internet dell’azienda nel primo semestre del 2010, costituiscano due pratiche commerciali scorrette ai sensi degli artt. 20, comma 2, 21, comma 1, lett. b) e 22 del Codice del Consumo, applicando alla prima la sanzione di € 80.000,00 ed alla seconda la sanzione di € 20.000,00;

- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Autorità intimata;

Visto l’atto di costituzione in giudizio, nella qualità di interventrice ad adiuvandum, di AIDEPI – Associazione Italiana del dolce e della pasta italiane, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti G F, C M, S C e F B, presso lo studio di questi ultimi elettivamente domiciliata, in Roma, alla via Giulio Caccini n. 1;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2012 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A seguito della segnalazione di un consumatore, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato chiedeva alla Società ricorrente talune informazioni in ordine alla linea di prodotti “Misura – soia senza colesterolo”, dalla medesima commercializzata dal primo semestre 2010.

C informava l’Autorità che le indicazioni contenute nel sito web della stessa recavano indicazioni non corrette che, per un errore tecnico, non erano state rimosse;
al contempo evidenziando di aver provveduto a riformulare tali informazioni sulle caratteristiche dei prodotti commercializzati.

Parte ricorrente proponeva ad AGCM, a seguito del persistere di talune perplessità da quest’ultima manifestate, anche la possibilità di espungere l’indicazione contestata riguardante la dicitura “senza colesterolo”.

Nondimeno, l’Autorità disponeva il formale avvio del procedimento, con il quale venivano ipotizzate due distinte pratiche commerciali scorrette, consistenti:

- la prima, nella presentazione della linea di prodotti “soia – senza colesterolo”, commercializzata dal primo semestre 2010 e successivamente modificata in “Misura – Soia 0,001% di colesterolo” (pratica A);

- la seconda, nella presentazione della linea di prodotti “Misura – senza colesterolo – con ingredienti contenenti steroli vegetali”, commercializzati fino al luglio 2010 (pratica B).

Nel corso del procedimento parte ricorrente produceva memoria e veniva ascoltata in sede di audizione.

Conclusa la fase istruttoria, interveniva l’irrogazione delle misure sanzionatorie precedentemente indicate, la cui legittimità viene con il presente mezzo di tutela contestata.

I dedotti profili di doglianze vengono dalla parte ricorrente articolati separatamente per ciascuna delle due pratiche commerciali oggetto di sanzione, giusta quanto infra precisato.

A) “Misura – soia senza colesterolo” e “Misura – 0,001% di colesterolo”

A1) “Misura – 0,001% di colesterolo”

1) Eccesso di potere sotto il profilo della omessa valutazione di fati rilevanti. Illogicità ed irrazionalità manifeste. Errore nei presupposti. Omessa ed insufficiente motivazione. Violazione e falsa applicazione di legge: art. 3 della legge 241/1990.

Nel ribadire di aver proposto all’Autorità in fase preistruttoria la modificazione degli incarti dei prodotti correggendo l’originaria dicitura “senza colesterolo” in “0,001% di colesterolo”, parte ricorrente evidenzia come AGCM non abbia tenuto in alcuna considerazioni tale intervento, estendendo l’originario procedimento alla modificata indicazione di cui sopra.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 Reg. CE 1924/06 e 3 del D.Lgs. 77/1993

L’indicazione “0,001% di colesterolo” non sarebbe un claim nutrizionale soggetto all’applicazione dell’epigrafato regolamento comunitario, ma costituirebbe esclusivamente l’estrapolazione del dato inserito nella tabella nutrizionale prevista dal D.Lgs. 77/1993.

Vanno, a tale proposito, tenuti distinti i concetti di “etichettatura nutrizionale” ex D.Lgs. 77/1993e di “informazione nutrizionale” ex Reg. CE 1924/06.

3) Omessa motivazione circa la non accettabilità dell’indicazione “0,001% di colesterolo”. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990.

Né l’Autorità avrebbe espresso alcun conforto motivazionale a sostegno della scelta di non condividere la suindicata modificazione apportata dalla Società ricorrente.

A2) “Misura – soia senza colesterolo” e “Misura 0,001% di colesterolo”.

1) Eccesso di potere per falsità e/o travisamento dei presupposti

L’errore dal quale muoverebbe il percorso logico dell’Autorità consisterebbe nel considerare il colesterolo una sub-categoria dei grassi, con la conseguenza che ogni informazione su tale sostanza sarebbe ad essi vincolata;
tale presupposto rivelandosi, al contrario, scientificamente errato.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del Reg. CE 1924/06

Sostiene parte ricorrente che l’inammissibilità del claim, dall’Autorità sostenuta con riferimento alla presenza, nel prodotto, di grassi saturi, implicherebbe l’effettuazione di una valutazione, da parte dell’operatore commerciale, in ordine al profilo nutrizionale del prodotto: al contrario sostenendosi che, in assenza di univoche indicazioni in ordine ai suddetti profili nutrizionali, ben sarebbe consentita l’enfatizzazione di un aspetto positivo – quale la trascurabile presenza di colesterolo – indipendentemente dalle altre caratteristiche del prodotto stesso.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.Lgs. 77/1993

Anche il carattere inscindibile dell’indicazione grassi/colesterolo non troverebbe fondamento nell’epigrafato decreto, che considera separatamente tali componenti.

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 8 e 10 del Reg. CE 1924/06

L’Autorità avrebbe inoltre confuso il concetto di “indicazione nutrizionale” con quello di “indicazione salutistica”: sostenendosi, in proposito, che il claim “senza colesterolo” sia sussumibile nella prima categoria.

B) “Misura – biscotti senza colesterolo – con ingredienti contenenti steroli vegetali”

1) Eccesso di potere per travisamento dei fatti. Errore nei presupposti. Erronea e falsa applicazione dell’art. 28, comma 3, del Reg. CE 1924/06.

Quanto alla deroga prevista dall’epigrafata disposizione regolamentare – dall’Autorità ritenuta inapplicabile in quanto la commercializzazione del prodotto avrebbe avuto inizio nel 2006 – parte ricorrente pone in evidenza che la pratica scorretta addebitata avrebbe avuto durata dal 19 gennaio 2010 (scadenza della misura transitoria) al luglio 2010 (cessazione della commercializzazione del prodotto), con riveniente drastico (ridimensionamento) della violazione anche al fine dell’applicazione della misura sanzionatoria.

2) Violazione e falsa applicazione del reg. CE 1924/06

Sotto tale profilo, si rinvia a quanto riportato al punto A2).

3) Eccesso di potere per travisamento dei presupposti.

Nell’osservare come l’Autorità abbia ritenuto che gli effetti favorevole dell’assunzione di steroli vegetali naturali sull’assorbimento del colesterolo nel sangue fanno riferimento a razioni alimentari aventi un contenuto di steroli superiore a quello del prodotto in questione, osserva parte ricorrente che quest’ultimo non conterrebbe fitosteroli come ingredienti, ma ingredienti di origine vegetale che contengono naturalmente fitosteroli.

C) Sulla quantificazione della sanzione

1) Eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti della pratica commerciale

Avrebbe errato l’Autorità nel considerare la presenza di due distinte pratiche commerciali, laddove la fondamentale unicità della condotta ascritta alla parte ricorrente conseguirebbe alla unicità del claim nutrizionale “senza colesterolo” e dei claim salutistici contenuti sul sito di C.

Il prodotto sarebbe, quindi, unico.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge 689/1981. Omessa motivazione.

Avrebbe omesso, inoltre, AGCM la valutazione dei necessari presupposti per l’applicazione della fattispecie del concorso formale.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, comma 9, del Codice del Consumo e 11 della legge 689/1981. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e carenza di istruttoria.

Nel valutare, quale presupposto per la commisurazione della sanzione, l’intero fatturato dell’azienda, l’Autorità avrebbe omesso di prendere in considerazione i ricavi afferenti dal solo brand Misura, pari al 31,83% del totale.

Sotto il profilo della durata, la valutazione dell’arco temporale rilevante ai fini di che trattasi non avrebbe tenuto conto della operatività della misura transitoria di cui sopra.

4) Eccesso di potere per mancanza di istruttoria. Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, comma 9, del Codice del Consumo e 11 della legge 689/1981. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e carenza di istruttoria.

L’Autorità, inoltre, si sarebbe limitata ad acquisire i dati numerici di fatturato e di vendite di C, senza svolgere alcun approfondimento volto ad appurare la reale situazione del prodotto.

Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento dell’atto oggetto di censura.

L'Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

Si è inoltre costituita in giudizio, quale interventrice ad adiuvandum AIDEPI – Associazione Italiana del dolce e della pasta italiane), la quale, con atto depositato il 25 gennaio 2012, ha sostenuto le ragioni di parte ricorrente, chiedendo conseguentemente l’accoglimento dell’impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2012.

DIRITTO

1. Giova preliminarmente procedere ad un’analitica ricostruzione dei contenuti dell’avversata determinazione, assunta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella seduta del 24 maggio 2011.

1.1 Va innanzi tutto osservato come il procedimento conclusosi con l’irrogazione delle contestate misure sanzionatorie sia stato da AGCM riferito a due distinte pratiche commerciali, integrate:

- dalla “presentazione della linea di prodotti “soia - senza colesterolo”, commercializzata dal primo semestre 2010 e attualmente connotata come “Soia 0,001% di colesterolo” (pratica A);

- la presentazione di una diversa linea di prodotti “senza colesterolo - con ingredienti contenenti steroli vegetali”, commercializzati fino al 2010 (pratica B)”.

Quanto alla pratica A, AGCM ha rilevato che C ha commercializzato “con il marchio Misura, dal marzo 2010, una linea di prodotti (frollini, cracker e biscotti) che riporta sulle confezioni con grande evidenza e quale specifica caratterizzazione e denominazione degli stessi prodotti la dicitura “Soia senza colesterolo”. Tale dicitura è stata sostituita nel novembre 2010 con “Soia 0,001% di colesterolo”.

È inoltre stato osservato che “sulle confezioni è presente la tabella nutrizionale che indica, per 100 grammi di prodotto:

- per i frollini, 18,5 g di grassi totali, 7,0 g di grassi saturi;
colesterolo 0,5 mg;

- per i cracker, 15,1 g di grassi totali;
6,2 g di grassi saturi, colesterolo inferiore a 0,5 mg;

- per i biscotti, 11,4 g di grassi totali, 0,5 g di grassi saturi, colesterolo inferiore a 0,5 mg3”;

ulteriormente rilevandosi come, “sempre nella tabella nutrizionale, è indicato che “La presenza di colesterolo in quantità così esigua risulta nutrizionalmente trascurabile”.

Per tutti questi prodotti, a seguito della modifica del claim in “0,001% di colesterolo”, il contenuto di colesterolo attualmente indicato nella tabella nutrizionale è stato espresso con “meno di 1 mg”.

Nel rilevare come “le descritte indicazioni presenti sul packaging dei prodotti erano riportate, quasi integralmente, anche sui siti internet del professionista (www.misura.it e www.colussigroup.it) nel periodo aprile-luglio 2010, l’Autorità ha ulteriormente constatato che “sul sito www.misura.it era inoltre presente, nel periodo aprile-maggio 2010, la seguente presentazione: “Misura, con i suoi prodotti Soia senza Cesterolo soddisfa in pieno non solo le richieste di chi, per necessità, deve inevitabilmente tenere a bada il colesterolo … ma anche di tutti coloro che, pur non avendo alcun problema, preferiscono consumare alimenti completi ed equilibrati senza rinunciare al gusto di mangiare bene. Il giusto equilibrio tra Gusto e Benessere: proprio quello che cerchi tu!”.

Nel settembre 2010 la sezione del sito www.misura.it dedicata ai prodotti “Soia senza colesterolo” risultava modificata con l’eliminazione delle sopraindicate frasi di presentazione del prodotto, mantenendo la raffigurazione delle confezioni dei prodotti con il claim “senza colesterolo” e una descrizione dei benefici della soia.

Dal novembre 2010 C ha modificato la dicitura “Soia senza colesterolo” con “Soia 0,001% di colesterolo”, successivamente riportata sul sito www.misura.it.

Quanto alla pratica sub B) (“prodotti senza colesterolo – con ingredienti contenenti steroli vegetali”), C ha commercializzato, dal luglio 2006 fino alla metà circa del 2010, una linea di prodotti (biscotti-cracker e merendine) Misura presentati e denominati, con ampia evidenza grafica sulle confezioni, come “Senza colesterolo” abbinata alla separata dicitura “con ingredienti contenenti steroli vegetali”.

La tabella nutrizionale contenuta sulla confezione riportava, per 100 g. di prodotto:

- grassi totali 10,2 g;

- grassi saturi 1,4 g;

- colesterolo inferiore a 0,3 mg6;

- steroli vegetali 49 mg (per biscotto, 2,3 mg di steroli).

Di fianco alla tabella nutrizionale si trovavano riportate le seguenti affermazioni: “L’Alimentazione Misura Senza Cesterolo abbina il gusto di prodotti unici per bontà e struttura al benessere vitale derivante da ricettazioni con ingredienti di origine vegetale, privi di colesterolo e contenenti naturalmente steroli vegetali. Questi ultimi, associati ad un’alimentazione varia ed equilibrata e ad una regolare attività fisica, svolgono un’azione di controllo nell’assorbimento del “colesterolo cattivo” da parte dell’organismo, favorendo il mantenimento di una buona efficienza psico-fisica. Il Biscotto Senza Cesterolo, inoltre, grazie ad una ricettazione con farina integrale, soia, avena e germe di grano si caratterizza per il basso livello di grassi saturi, di cui i nutrizionisti raccomandano un’assunzione limitata. Con l’1,4% che equivale al 75% in meno rispetto ai principali biscotti del mercato rappresenta il prodotto ideale per tutti coloro che vogliono coniugare gusto, vitalità e benessere in ogni momento della giornata”.

Analoga presentazione del prodotto veniva riportata nei siti internet www.misura.it e www.colussigroup.it nel periodo aprile-luglio 2010.

1.2 A seguito di una segnalazione, l’Autorità inviava a C, in data 20 maggio 2010, una richiesta di informazioni.

La relativa risposta perveniva in data 14 giugno 2010, integrata da note pervenute il 22 settembre, il 5, l’11 e il 19 ottobre 2010.

Il 27 dicembre 2010 veniva comunicato a C l’avvio del procedimento istruttorio, per presunta violazione degli artt. 20, comma 2, 21, comma 1, lettera b), 22 e 23, lettera s), del Codice del Consumo, relativamente ad entrambe le pratiche commerciali sopra indicate.

In data 21 gennaio 2011, la ricorrente presentava una memoria e forniva riscontro a una richiesta di informazioni formulata contestualmente alla comunicazione di avvio del procedimento;
i rappresentanti di C venivano, poi, sentiti in audizione, su loro richiesta, in data 14 marzo 2011.

Comunicata l’8 aprile 2011 la data di conclusione della fase istruttoria, C presentava, il successivo 18 aprile, una memoria finale e la risposta a una richiesta di informazioni formulata contestualmente alla comunicazione sopra indicata.

1.3. Nel rammentare come il colesterolo alimentare sia menzionato nel D.Lgs. 16 febbraio 1993 n. 77 (emanato in attuazione della direttiva 90/496/CEE riguardante l’etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari), l’Autorità ha osservato che “tale etichettatura comporta l’elencazione delle indicazioni relative al valore energetico e alla quantità di proteine, carboidrati e grassi, oppure l’indicazione del valore energetico e della quantità di proteine, carboidrati, zuccheri, grassi, grassi saturi, fibre alimentari e sodio”;
precisando che

- se “è facoltativa la specificazione delle quantità di acidi grassi monoinsaturi, di acidi grassi polinsaturi e di colesterolo”

- “ai sensi dell’art. 4 dello stesso Decreto Legislativo, qualora queste ultime sostanze siano indicate, diventa obbligatorio fare riferimento anche alla quantità di grassi saturi”.

Relativamente alla pratica commerciale sub A), l’Autorità ha ipotizzato che “la vantata mancanza – o trascurabile presenza – di colesterolo nei prodotti potesse essere fuorviante sotto il profilo nutrizionale o della salute, essendo maggiormente rilevanti, in termini di possibili effetti sui livelli di colesterolo nel sangue, altri fattori e in particolare l’assunzione di grassi saturi”;
mentre, per ciò che concerne la pratica sub B), “è stato ipotizzato anche che la limitata quantità di steroli presente (49 mg per 100 g di prodotto) potesse non essere influente ai fini della vantata azione di controllo della colesterolemia”.

1.4 Quanto alla ricognizione dei pertinenti referenti normativi, AGCM ha in primo luogo preso in considerazione il D.Lgs. 23 giugno 2003 n. 181, emanato in attuazione della direttiva 2000/13/CE concernente l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari.

Ed ha, ulteriormente, osservato come il Regolamento 1924/2006/CE abbia disciplinato le indicazioni nutrizionali e sulla salute nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale;
rilevando come tale testo abbia stabilito, fra l’altro, “che l’impiego delle indicazioni nutrizionali e sulla salute non deve essere ambiguo o fuorviante ed è consentito soltanto se sono rispettate alcune condizioni di carattere generale, tra le quali (art. 5):

- si è dimostrato che la presenza, l’assenza o il contenuto ridotto in un alimento di una sostanza nutritiva o di altro tipo, rispetto alla quale è fornita l’indicazione, ha un effetto nutrizionale o fisiologico benefico, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

- la sostanza rispetto alla quale è fornita l’indicazione:

- i) è contenuta nel prodotto in una quantità tale da produrre l’effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate, o

- ii) non è presente o è presente in quantità ridotta, in modo da produrre l’effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

- la quantità del prodotto tale da poter essere ragionevolmente consumata fornisce una quantità significativa della sostanza cui si riferisce l’indicazione, tale da produrre l’effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di dati scientifici generalmente accettati;

- si possa ritenere che il consumatore medio comprenda gli effetti benefici secondo la formulazione dell’indicazione”.

Lo stesso Regolamento CE ha, poi, precisato le condizioni specifiche per l’impiego di indicazioni nutrizionali o sulla salute, consentendo:

- le indicazioni nutrizionali se comprese nell’elenco allegato al Regolamento CE12 (art. 8);

- le indicazioni sulla salute se autorizzate con determinate procedure nelle quali viene consultata l’EFSA – Autorità europea per la sicurezza alimentare (artt. 10 e ss.);

e puntualizzando, altresì, che l’etichettatura deve essere tale da:

- non indurre in errore il consumatore sulle caratteristiche del prodotto alimentare;

- non attribuire al prodotto effetti o proprietà che non possiede;

- non suggerire che il prodotto possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche;

- non attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia.

Quanto alla distinzione (contenuta nel suddetto Regolamento) fra indicazione nutrizionale e indicazione sulla salute – in ordine alla quale, come riportato in narrativa, si è lungamente soffermata parte ricorrente – l’Autorità ha precisato che:

- la prima deve intendersi come “qualsiasi indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche, dovute al valore calorico o alle sostanze nutritive o di altro tipo che contiene,non contiene o contiene in proporzioni ridotte o accresciute”;

- mentre la seconda è “quella che affermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra una categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute”.

Quale misura transitoria, il Regolamento di che trattasi ha, poi, stabilito che le indicazioni nutrizionali utilizzate in uno Stato membro anteriormente al 1° gennaio 2006, ai sensi di disposizioni nazionali ad esse applicabili e non incluse nell’allegato, avrebbero potuto essere impiegate fino al 19 gennaio 2010 (art. 28, comma 3, del Regolamento CE).

1.5 Nell’illustrare gli effetti dell’alimentazione sui livelli di colesterolo nel sangue (colesterolemia) nel quadro dell’ampia letteratura scientifica in tema (prendendo soprattutto spunto da una pubblicazione dell’INRAN – Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), l’Autorità ha poi dato conto di aver esaminato le argomentazioni difensive all’attenzione di quest’ultima addotte da C;
le quali, quanto alla pratica A) (linea di prodotti “soia - senza colesterolo” recentemente modificata in “Soia 0,001% di colesterolo”), si sono diffuse sui seguenti profili:

- l’indicazione “senza colesterolo” - o quella “0,001% di colesterolo” – è non salutistica bensì nutrizionale, lasciando intendere che il consumo del prodotto è utile a chi vuole escludere il colesterolo (alimentare) dalla propria dieta per contenere la colesterolemia, posto che è aterogeno (cioè un fattore che favorisce la aterosclerosi) l’accumulo del colesterolo nel sangue”;

- “l’indicazione “0,001% di colesterolo” è diversa da quella “senza colesterolo” precedentemente adottata, in quanto rappresenta unicamente l’estrazione dalla tabella nutrizionale di un dato asettico e non comunicativo”;

- in mancanza della definizione, in ambito comunitario, dei “profili nutrizionali”, previsti entro il gennaio 2009 dall’art. 4 del Regolamento CE, rimane lecita l’evidenziazione di un aspetto positivo, quale la trascurabile presenza di colesterolo, indipendentemente dalle altre caratteristiche dei prodotti”;

- “la quantità di acidi grassi saturi assunti con una razione dei prodotti in questione è ben lontana da quei 15,5 g di grassi saturi giornalieri che l’INRAN indica come soglia massima consigliata”;

- “la presentazione del prodotto rilevata, come indicato nella comunicazione di avvio dell’istruttoria, nel periodo aprile-maggio 2010 … deve ritenersi frutto di un refuso, non tempestivamente corretto a causa di un errore tecnico del gestore del sito internet”;
tali indicazioni, comunque, non avendo valenza salutistica, bensì nutrizionale.

Per ciò che concerne la pratica B) (biscotti “senza colesterolo – con ingredienti contenenti steroli vegetali”), C ha rappresentato all’Autorità che il claim “senza colesterolo” beneficerebbe della deroga prevista dall’art. 28, comma 3, del Regolamento CE, secondo cui le indicazioni nutrizionali utilizzate in uno Stato membro anteriormente al 1° gennaio 2006, ai sensi di disposizioni nazionali ad esse applicabili e non incluse nell’Allegato allo stesso Regolamento, avrebbero potuto essere impiegate fino al 19 gennaio 2010.

Nel richiamare alcuni studi in cui è stato esaminato l’effetto degli steroli vegetali naturali (“fitosteroli”) confrontato con quello degli steroli estratti e purificati, parte ricorrente ha sottolineato che gli steroli contenuti nei propri biscotti (49 mg per 100 g di prodotto) contengono naturalmente fitosteroli e pertanto non potrebbe farsi riferimento, nel caso di specie, a quanto ritenuto dall’EFSA in due pareri del 2008 relativi agli steroli estratti e purificati nei quali viene dato conto di riduzioni della colesterolemia con l’assunzione giornaliera di circa 2 g/die di steroli”.

1.6 Dopo aver acquisito il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (la quale ha ritenuto sussistente “la violazione degli articoli 20 e seguenti del Codice del Consumo, considerato che i claim “senza colesterolo” e “0,001% di colesterolo” “non risultano previsti nell’allegato del Regolamento CE e risultano scorretti, laddove il consumo dei prodotti in esame è associato a proprietà di tipo salutistico, a fronte della presenza di grassi saturi”;
ed ha sottolineato, altresì, che la pratica stessa non conteneva “corrette informazioni circa le caratteristiche dei prodotti”, dimostrandosi altresì “idonea ad indurre in errore il consumatore e a fargli assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”), l’Autorità ha quindi rassegnato le proprie valutazioni conclusive.

In tale quadro, è stato innanzi tutto ribadita la presenza di due distinte pratiche commerciali oggetto di valutazione, rappresentate:

A) dalla presentazione della linea di prodotti “Soia - senza colesterolo”, poi modificata in “Soia 0,001% di colesterolo”;

B) dalla presentazione dei prodotti “senza colesterolo - con ingredienti contenenti steroli vegetali”, commercializzati fino al 2010.

Nel precisare che la valutazione operata ha riguardato “esclusivamente i claim utilizzati dal professionista al fine di caratterizzare il prodotto, posti sulle confezioni con particolare evidenza grafica, e non le indicazioni contenute nelle tabelle nutrizionali”, AGCM ha puntualizzato che “i claim sono soggetti alla disciplina del Regolamento CE, mentre per le tabelle nutrizionali la disciplina è quella di cui alla Direttiva 90/496/CE”.

Relativamente alla pratica sub A) (presentazione dei prodotti della linea “Soia senza colesterolo” o “Soia 0,001% di colesterolo”), “il claim “Soia senza colesterolo”, al pari di quello, del tutto simile, “Soia 0,001% di colesterolo”, che caratterizza una linea di prodotti (frollini, cracker e biscotti) del professionista” è stato ritenuto “ingannevole in merito alle caratteristiche del prodotto e ai risultati che si possono attendere dal suo consumo, ai sensi degli articoli 21, comma 1, lettera b), e 22, commi 1 e 2, del Codice del Consumo”, in quanto:

- con tale dicitura il professionista ha inteso “suggerire il consumo dei prodotti di cui trattasi a tutti quei consumatori che hanno una specifica preoccupazione o sensibilità per la colesterolemia, creando l’impressione che la loro assunzione non comporti alcun aumento del livello di colesterolo”, prospettando “l’esistenza di una chiara relazione, con valenza anche salutistica, tra il consumo del prodotto e la colesterolemia”;

- “tale connessione, oltre che dal dato letterale del claim utilizzato, è confermata … da quanto specificato sul sito internet del professionista nel 2010, “chi, per necessità, deve inevitabilmente tenere a bada il colesterolo (se il colesterolo è alto, infatti, per la maggioranza dei casi è dovuto a ciò che mangiamo) ma anche (…) tutti coloro che, pur non avendo alcun problema, preferiscono consumare alimenti completi ed equilibrati senza rinunciare al gusto di mangiare bene”: in tal modo indicandosi espressamente il target di consumatori (“chi, per necessità, deve inevitabilmente tenere a bada il colesterolo”) e la decodifica del claim “senza colesterolo” (“se il colesterolo è alto, infatti, per la maggioranza dei casi è dovuto a ciò che mangiamo”).

Se le diciture nutrizionali apponibili sui prodotti sono sottoposte ad una precisa regolamentazione di fonte comunitaria (il sopra citato Regolamento CE, che individua condizioni e limiti per l’indicazione di tali proprietà sui prodotti alimentari al fine di fornire ai consumatori informazioni corrette e non suscettibili di indurli in errore sul contenuto e le specifiche caratteristiche nutrizionali dei prodotti stessi), l’Autorità ha rilevato che, “per quanto riguarda i grassi – categoria alla quale appartiene il colesterolo – l’Allegato al Regolamento CE e successive integrazioni individua espressamente e tassativamente le possibili indicazioni nutrizionali apponibili sui prodotti alimentari, facendo riferimento ai grassi totali e ai grassi saturi, monoinsaturi, polinsaturi, omega-3, mentre non prevede alcuna specifica indicazione riguardante la mancanza o trascurabile presenza di colesterolo nel prodotto alimentare.

In particolare, viene soggiunto nel provvedimento gravato, “la dicitura “senza grassi” o similari può essere apposta solo se il prodotto ne contiene non più di 0,5 g per 100 g di prodotto, mentre la dicitura “a basso contenuto di grassi” o similari può essere utilizzata solo se il prodotto contiene non più di 3 g di grassi per 100 g (per i prodotti solidi);
mentre la dicitura “senza grassi saturi” è consentita solo “se la somma degli acidi grassi saturi e degli acidi grassi trans non supera 0,1g per 100 g di prodotto e quella “a basso contenuto di grassi saturi” lo è se non si supera la quantità di 1,5 g”.

Nel caso di specie, si prosegue, “i prodotti, tranne uno, non potrebbero fregiarsi delle indicazioni elencate nell’Allegato “senza grassi/grassi saturi” e “a basso contenuto di grassi/grassi saturi”, avendo un tenore di grassi totali e di grassi saturi superiore alla soglie previste. La tabella nutrizionale presente sulle confezioni infatti specifica che per 100 grammi di prodotto:

- i frollini contengono 18,5 g di grassi totali, 7,0 g di grassi saturi;
colesterolo 0,5 mg [oppure meno di 1 mg];

- i cracker, 15,1 g di grassi totali;
6,2 g di grassi saturi, colesterolo inferiore a 0,5 mg [oppure meno di 1 mg];

- i biscotti, 11,4 g di grassi totali, 0,5 g di grassi saturi, colesterolo inferiore a 0,5 mg [oppure meno di 1 mg]”.

Nel rilevare come la disciplina prevista per l’etichettatura nutrizionale dei prodotti (Direttiva n. 496/90), stabilisca che “l’indicazione eventuale e facoltativa del contenuto del colesterolo – così come quella dei grassi monoinsaturi e polinsaturi – deve essere accompagnata dall’indicazione del contenuto di grassi saturi e del totale dei grassi”, l’Autorità ha escluso “la possibilità di fornire un’indicazione nutrizionale sul colesterolo dell’alimento utilizzando la formula (“contiene [...]”, “a tasso ridotto di […]”) parimenti prevista nell’Allegato per una serie indeterminata di altre sostanze, per due diversi ordini di motivi”, rappresentati:

- dal fatto che “che tale indicazione si riferisce alle diverse e ulteriori sostanze contenute nell’alimento, svolgendo espressamente (solo nel caso in “cui non sono stabilite condizioni specifiche nel presente regolamento”), una funzione residuale rispetto a quelle indicazioni previste per le principali sostanze (grassi, zuccheri, proteine, fibre, sale, ecc.)”;

- e dalla circostanza che “anche tale dicitura non deve risultare in concreto fuorviante, in base ai criteri generali enunciati dagli articoli 3, lettera a), e 5 dello stesso Regolamento CE, ovvero fornire un’indicazione nutrizionale relativa ad una sostanza che “ha un effetto nutrizionale o fisiologico benefico, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate”.

Nell’osservare come “lo scarso tenore di colesterolo alimentare nei prodotti in realtà è, sulla base di un’ampia letteratura scientifica le cui conclusioni sono sintetizzate nelle citate Linee guida per una sana alimentazione italiana dell’INRAN, un fattore nutrizionale privo di specifico e particolare beneficio, e soprattutto non è provata alcuna relazione positiva fra alimenti privi del colesterolo e il controllo della colesterolemia dell’individuo”, AGCM ha poi ribadito che “la stessa disciplina dell’etichettatura non consente la menzione isolata del colesterolo isolata dai grassi saturi e dai grassi totali”;
escludendo, poi, la condivisibilità dell’asserzione di C, secondo la quale, “non essendo stati definiti in ambito comunitario i “profili nutrizionali” previsti dall’articolo 4 del Regolamento CE, sarebbe lecita l’evidenziazione di un aspetto positivo, quale la trascurabile presenza di colesterolo, indipendentemente dalle altre caratteristiche del prodotto” (in contrario avviso, argomentando che, “anche in assenza della definizione dei profili nutrizionali, valgono … tutte le condizioni espressamente enunciate nel Regolamento CE per l’utilizzo delle indicazioni nutrizionali e salutistiche”.

Quanto all’ingannevolezza della sopra indicata dicitura anche sotto il profilo della valenza salutistica, l’Autorità ha posto in evidenza che “la mera menzione di “colesterolo” veicolata dapprima con l’indicazione “senza” e, successivamente, di una percentuale assolutamente marginale quale “0,001%” sia volta a richiamare nei consumatori il problema della colesterolemia, presentando il prodotto alimentare come destinato a tutti quei consumatori che vogliono appunto controllarne il livello consumando un prodotto che non abbia alcun effetto incrementale”.

Nel dare atto, alla stregua di quanto precedentemente riportato e con riferimento alle caratteristiche del prodotto ed ai risultati che si possono attendere dal suo consumo, ai sensi degli articoli 21, comma 1, lettera b), e 22, commi 1 e 2, del Codice del Consumo, dell’ingannevolezza della“presentazione dei prodotti incentrata sull’indicazione “senza colesterolo” o “0,001% di colesterolo”, AGCM ha poi soggiunto che “la pratica commerciale di C è da ritenersi … contraria alla diligenza professionale di cui all’articolo 20, comma 2, del Codice del Consumo, in quanto posta in essere a fronte di una regolamentazione comunitaria della presentazione dei prodotti alimentari nella quale viene in particolare evidenza l’esigenza di tutela del consumatore da indicazioni nutrizionali o sulla salute infondate o fuorvianti”.

Per quanto attiene alla pratica sub B) (presentazione dei prodotti “senza colesterolo – con ingredienti contenenti steroli vegetali”), sono stati parimenti ritenuti ingannevoli, con riferimento alle caratteristiche del prodotto e ai risultati che si possono attendere dal suo consumo, ai sensi degli articoli 21, comma 1, lettera b) e 22, commi 1 e 2, del Codice del Consumo, anche i claim “senza colesterolo” e “con ingredienti contenenti steroli vegetali” utilizzati nella denominazione e presentazione dei prodotti, “nonché alcune affermazioni sempre contenute sulla confezione e sul sito internet volte a descrivere gli effetti benefici derivanti dal consumo del prodotto per il controllo della colesterolemia, quali: “[gli steroli vegetali] associati ad un’alimentazione varia ed equilibrata e ad una regolare attività fisica, svolgono un’azione di controllo nell’assorbimento del “colesterolo cattivo” da parte dell’organismo, favorendo una buona efficienza psico-fisica”.

Nell’escludere l’applicabilità della deroga prevista dall’art. 28, comma 3, del Regolamento CE (secondo cui le indicazioni nutrizionali utilizzate in uno Stato membro anteriormente al 1° gennaio 2006, ai sensi di disposizioni nazionali ad esse applicabili e non incluse nell’Allegato allo stesso Regolamento, avrebbero potuto essere impiegate fino al 19 gennaio 2010), in quanto “la commercializzazione del prodotto è iniziata nel corso dell’anno 2006”, né C “ha fornito ulteriori elementi a sostegno di un preesistente uso conforme alle disposizioni nazionali”, relativamente alla dicitura “senza colesterolo”, l’Autorità ha dato atto della presenza di profili di ingannevolezza omogenei rispetto a quelli rilevati per la pratica A), “trattandosi anche in questo caso della connotazione e denominazione del prodotto incentrata sul relativo contenuto di colesterolo”.

Nell’escludere la possibilità di pervenire “a conclusioni diverse … in relazione all’evidenziata presenza di steroli vegetali, atteso che gli effetti favorevoli dell’assunzione di steroli vegetali naturali sull’assorbimento del colesterolo nel sangue – riconosciuti dalla Commissione e dall’EFSA e che consentono l’utilizzo di un claim salutistico – fanno riferimento a razioni alimentari aventi un contenuto di steroli dell’ordine di 2 g, nettamente superiore al contenuto di steroli del prodotto di C (49 mg di steroli per 100 g di prodotto;
2,3 mg di steroli per biscotto)”, AGCM ha rilevato come non appaia “giustificata la vantata caratterizzazione del prodotto sulla base degli steroli in esso contenuti”, ritenuta inidonea finanche a supportare “la valenza salutistica del prodotto suggerita non solo dal claim principale “senza colesterolo”, ma anche dalle frasi relative alle proprietà degli steroli per la colesterolemia (“azione di controllo nell’assorbimento del “colesterolo cattivo” da parte dell’organismo, favorendo una buona efficienza psico-fisica”)”.

1.7. Rammentato il quadro di disciplina che assiste la quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie a fronte di pratiche commerciali scorrette, l’Autorità, nel ribadire che “nel presente procedimento sono state accertate due distinte pratiche commerciali, ciascuna delle quali dotata di autonomia strutturale, poste in essere con condotte prive del requisito dell’unitarietà”, ha escluso l’applicabilità dell’istituto del concorso formale, così come di quello della continuazione, con conseguente esclusione del regime favorevole del cumulo giuridico e necessaria applicazione del regime del cumulo materiale delle sanzioni.

In presenza dei noti criteri per la commisurazione del previsto apparato sanzionatorio (gravità della violazione;
opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione;
personalità dell’agente;
condizioni economiche dell’impresa stessa), sono state presa in considerazione:

- la dimensione economica di C (società che ha realizzato nel 2009 ricavi per circa 345 milioni di euro)

- e, quanto alla gravità della violazione, l’ampia diffusione della pratiche, poste in essere essenzialmente attraverso il sito internet e le confezioni dei prodotti (sotto tale ultimo profilo, sottolineandosi sia il numero di prodotti interessati – tre per la prima pratica e uno per la seconda – sia il valore delle vendite).

Per quanto riguarda la durata della violazione, la pratica commerciale sub A) (in essere al momento della definizione del procedimento) ha avuto inizio nel marzo 2010, mentre la pratica B), iniziata nel luglio 2006, è cessata nel luglio 2010.

Gli elementi sopra annoverati hanno condotto AGCM a stimare congrua la determinazione dell’importo delle sanzioni nella misura di € 80.000,00 per la pratica A) e di € 20.000 per la pratica B).

2. È opportuno evidenziare – quanto al pertinente quadro normativo di riferimento – che la fondamentale previsione di cui all’art. 20 del Codice del Consumo (di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206) designa come “scorretta” la pratica commerciale “contraria alla diligenza professionale”, la quale “è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e' diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”.

Il successivo art. 21, comma 1, lett. b) stabilisce che “è considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:

[omissis]

b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantita', la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto”.

I commi 1 e 2 dell’art. 22 del Codice stesso, d’altro canto, prevedono che:

- “è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o e' idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”;

- “una pratica commerciale è altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonché quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.

3. Quanto sopra posto, va innanzi tutto sgombrato il campo dalla censura con la quale parte ricorrente si è lamentata che l’Autorità abbia operato un’arbitraria segmentazione di una pratica commerciale che, secondo C, avrebbe sostanziale carattere di unitarietà, prendendo invece in considerazione due distinte condotte, che hanno poi formato oggetto di separata attenzione e di diversificata applicazione sanzionatoria.

Tali considerazioni non meritano, ad avviso del Clegio, condivisione.

Milita in tal senso, in primo luogo, l’espressa considerazione riservata dal Codice del Consumo (e valgano, al riguardo, le indicazioni normative riportate sub II) al “prodotto” quale elemento qualificante la condotta posta in essere dall’operatore commerciale (si confrontino, in proposito, gli artt. 19, 20 e 21 del D.Lgs. 206/2005);
dovendosi sul punto osservare come il Legislatore nazionale abbia puntualmente recepito le prescrizioni al riguardo dettate dalla Direttiva 29/2005/CE dell’11 maggio 2005, laddove:

- l’art. 3 specifica che il relativo ambito di applicazione concerne le “pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori … poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto”;

- mentre il “considerando” 7 evidenzia che vengono prese in considerazione “le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti”.

Quanto sopra preliminarmente posto, la lettura integrata delle applicabili disposizioni dettate dal Codice del Consumo consente di affermare che l’individuabilità di una pratica commerciale “rilevante” transita attraverso l’emersione dei seguenti elementi:

- comportamento posto in essere da un professionista;

- esistenza di un prodotto al quale il comportamento di cui sopra sia riferibile (al riguardo dovendosi ancora una volta richiamare l’ampia latitudine contenutistica che a tale locuzione lo stesso Codice del Consumo, come si è avuto modo di apprezzare, annette);

- tensione teleologica fra il comportamento posto in essere dal professionista ed il prodotto (ovvero, la riscontrabilità nel primo di una preordinazione funzionale delle condotte assunte rispetto all’orientamento delle scelte dei consumatori verso “quel” prodotto);

- articolazione temporale della/e condotta/e del professionista rispetto all’intento promozionale e/o alla collocazione del prodotto sul mercato, con riferimento alle azioni concretamente poste in essere al fine di attirare le attenzioni della (potenziale) clientela sull’oggetto della commercializzazione.

Le coordinate identificative come sopra sintetizzate persuadono il Clegio della alterità delle condotte poste in essere con riferimento alla prima ed alla seconda delle pratiche commerciali oggetto di attenzione da parte di AGCM: la cui costruzione teorica, sotto tale aspetto, merita di essere confermata in quanto priva (non soltanto di mende relative all’apprezzamento in punto di fatto dei relativi presupposti;
e, quindi, allo svolgimento della complessa attività istruttoria posta in essere dalla stessa Autorità;
ma anche) di vizi logici con riferimento all’applicazione alla fattispecie concreta dei paradigmi normativi posti dal Codice del Consumo.

Non è infatti revocabile in dubbio che C abbia commercializzato e pubblicizzato due distinte linee di prodotti (caratterizzate, significativamente, da tempistiche e campagne promozionali non congiunte, né sovrapponibili): la cui reductio ad unum non può certo essere veicolata, come dalla parte ricorrente incondivisibilmente sostenuto, dalla omogeneità componentistica che, sia pure con carattere parziale, sarebbe rivelata da esse.

Conseguentemente, non appare controvertibile che, laddove il riferimento (obbligato alla luce del riportato quadro normativo) concerna esclusivamente il “prodotto”, le due linee all’esame non rivelano profili di assimilabilità ontologica suscettibili di condurre ad un’opzione ermeneutica di omogeneizzazione delle condotte con le quali è stata veicolata l’offerta dei beni stessi presso il pubblico dei consumatori.

Impregiudicata la verifica in ordine alla concreta suscettibilità decettiva delle condotte all’esame (e, quindi, sull’idoneità delle stesse ad orientare le scelte dei consumatori inducendo questi ultimi ad assumere comportamenti che altrimenti avrebbero formato oggetto di diversa valutazione), non rileva alcun carattere di unitarietà delle condotte commerciali esaminate dall’Autorità: la cui scelta di mantenere separate le pratiche ora in considerazione non si presta, conseguentemente, a mende suscettibili di infirmare la legittimità del procedimento e della conclusiva determinazione provvedimentale.

4. Ciò preliminarmente posto, viene allora innanzi tutto in considerazione la pratica commerciale in narrativa indicata sub A), riguardante la presentazione della linea di prodotti “soia – senza colesterolo”, commercializzata dal primo semestre 2010 e successivamente connotata come “Soia 0,001% di colesterolo”.

4.1 Viene, in primo luogo, lamentato che l’Autorità, dopo aver sollecitato l’acquisizione di informazioni, abbia poi esteso l’oggetto dell’indagine alla modificata dicitura (“0,001% di colesterolo”, in luogo di “senza colesterolo”) apposta sull’etichettatura della linea di prodotti commercializzata da C, senza esplicitare nella fase preistruttoria le ragioni che hanno, da un lato, indotto a proseguire nel percorso procedimentale e, per altro verso, accreditato l’inaccettabilità della modificazione della dicitura sopra indicata.

Va in proposito osservato come la fase preistruttoria, lungi dal sostanziarsi in una puntuale ed esaustiva disamina in ordine al contenuto (eventualmente) non corretto di una pratica commerciale, sia attributaria – piuttosto – della sola funzione di verificare – o meno – la presenza di possibili profili suscettibili di condurre ad un necessario ed ulteriore approfondimento, transitante attraverso le modalità, le tempistiche e (soprattutto) le garanzie proprie del procedimento dinanzi all’Autorità.

Il passaggio dalla fase pre-istruttoria alla fase propriamente istruttoria si trova, quindi, ad essere veicolato dall’apprezzamento, rimesso all’Autorità, in ordine alla concreta possibilità (in ordine alla quale è necessaria l’ostensione dei presupposti profili di rilevanza) che la condotta dell’operatore commerciale sia connotata da profili di criticità identificabili alla luce delle coordinate rappresentate nel Codice del Consumo (tanto che la comunicazione di avvio dell’istruttoria deve indicare gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, ovvero deve individuare espressamente le ragioni in ordine alle quali AGCM ha maturato le proprie perplessità in ordine a presunte violazioni del Codice stesso).

Ne consegue che:

- se la fase preistruttoria, proprio in quanto può concludersi con l’accertamento dell’assenza di profili di anticoncorrenzialità, non deve essere sommaria, ma deve essere sufficientemente analitica al fine di esporre adeguatamente, nel caso di non avvio dell’istruttoria, le ragioni per le quali le preoccupazioni anticoncorrenziali possono essere escluse (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 24 agosto 2010 n. 31278)

- diversamente, le guarentigie che caratterizzano la pienezza ed effettività del contraddittorio trovano piena attuazione soltanto nella fase successiva al formale avvio del procedimento;

per l’effetto dovendosi disattendere le argomentazioni sul punto esplicitate dalla ricorrente.

4.2 Elemento nodale della controversia relativa alla pratica commerciale di che trattasi è, poi, rappresentato dalla qualificazione del messaggio oggetto di indagine da parte dell’Autorità, laddove parte ricorrente sostiene che le indicazioni relative:

- dapprima, all’assenza di colesterolo

- e, successivamente, alla presenza di colesterolo nella misura di 0,001%

integrerebbero non già una indicazione di carattere salutistico, quanto, piuttosto, una indicazione meramente nutrizionale.

Sotto l’aspetto definitorio del messaggio, va sottolineato come, secondo quanto stabilito dall’art. 2 del Reg. (CE) 20 dicembre 2006 n. 1924/2006 (Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari):

- per «indicazione nutrizionale» deve intendersi “qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche, dovute:

- a) all'energia (valore calorico) che

- i) apporta,

- ii) apporta a tasso ridotto o accresciuto, o

- iii) non apporta, e/o

- b) alle sostanze nutritive o di altro tipo che

- i) contiene,

- ii) contiene in proporzioni ridotte o accresciute, o

- iii) non contiene”;

- mentre costituisce «indicazioni sulla salute» “qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l'esistenza di un rapporto tra un categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute”.

Il successivo art. 5, comma 1, del Regolamento in rassegna, poi, consente “l’impiego di indicazioni nutrizionali e sulla salute … soltanto se sono rispettate le seguenti condizioni:

a) si è dimostrato che la presenza, l'assenza o il contenuto ridotto in un alimento o categoria di alimenti di una sostanza nutritiva o di altro tipo rispetto alla quale è fornita l'indicazione ha un effetto nutrizionale o fisiologico benefico, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

b) la sostanza nutritiva o di altro tipo rispetto alla quale è fornita l'indicazione:

i) è contenuta nel prodotto finale in una quantità significativa ai sensi della legislazione comunitaria o, in mancanza di tali regole, in quantità tale da produrre l'effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate, o

ii) non è presente o è presente in quantità ridotta, in modo da produrre l'effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

c) se del caso, la sostanza nutritiva o di altro tipo per la quale è fornita l'indicazione si trova in una forma utilizzabile dall'organismo;

d) la quantità del prodotto tale da poter essere ragionevolmente consumata fornisce una quantità significativa della sostanza nutritiva o di altro tipo cui si riferisce l'indicazione, ai sensi della legislazione comunitaria o, in mancanza di tali regole, una quantità tale da produrre l'effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

e) conformità con le condizioni specifiche di cui al capo III o IV, secondo il caso”;

comunque consentendosi “l’impiego di indicazioni nutrizionali e sulla salute … solo se ci si può aspettare che il consumatore medio comprenda gli effetti benefici secondo la formulazione dell'indicazione”.

Giova poi rilevare come l’art. 3 del D.Lgs. 16 febbraio 1993 n. 77 (Attuazione della direttiva 90/496/CEE del Consiglio del 24 settembre 1990 relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari) stabilisca che si intende per “etichettatura nutrizionale” una “dichiarazione riportata sulla etichetta e relativa al valore energetico ed ai seguenti nutrienti:

1) le proteine;

2) i carboidrati;

3) i grassi;

4) le fibre alimentari;

5) il sodio;

6) le vitamine e i sali minerali elencati nell'allegato e presenti in quantità significativa secondo quanto previsto nell'allegato stesso”;

mentre l’“informazione nutrizionale” è quella recante “una descrizione e un messaggio pubblicitario che affermi, suggerisca o richiami che un alimento possiede particolari caratteristiche nutrizionali inerenti:

1) al valore energetico che esso fornisce o fornisce a tasso ridotto o maggiorato ovvero non fornisce;

2) ai nutrienti che esso contiene o contiene in proporzione ridotta o maggiorata ovvero non contiene”.

Particolare attenzione merita quanto indicato al successivo art. 4, il quale, nel prevedere che:

- “sono consentite soltanto le informazioni nutrizionali inerenti al valore energetico e ai nutrienti elencati nell'art. 3, comma 1, lettera a) e alle sostanze che appartengono o compongono una delle categorie di detti nutrienti” (comma 1)

- e che “l'etichettatura nutrizionale comporta l'elencazione, nell'ordine, delle indicazioni relative al valore energetico e alla quantità di proteine, di carboidrati e di grassi oppure quella del valore energetico e della quantità di proteine, di carboidrati, di zuccheri, di grassi, di acidi grassi saturi, di fibre alimentari e di sodio” (comma 2)

stabilisce che, “qualora si fornisca una informazione nutrizionale sugli zuccheri, sugli acidi grassi saturi, sulle fibre alimentari o sul sodio è obbligatorio riportare, nell'ordine, le indicazioni relative al valore energetico e alla quantità di proteine, di carboidrati, di zuccheri, di grassi, di acidi grassi saturi, di fibre alimentari e di sodio” (comma 3).

Nel dare atto del carattere facoltativo assunto della menzione delle quantità di amido, polialcoli, acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, colesterolo, vitamine ed elementi minerali elencati nell'allegato (comma 4), la previsione di legge in rassegna indica, invece, come obbligatorio il riferimento alla quantità di acidi grassi saturi, quando si indichi la quantità di acidi grassi polinsaturi, acidi grassi monoinsaturi e colesterolo (comma 6);
la dichiarazione del contenuto dei quali, ai sensi del successivo comma 7, “non costituisce informazione nutrizionale ai sensi del comma 3”.

Il completamento del pertinente quadro normativo di riferimento nazionale impone, altresì, di rammentare che il comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs. 23 giugno 2003 n. 181 (Attuazione della direttiva 2000/13/CE concernente l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità), nel sostituire l’art. 2 del D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 109, ha disposto che:

- “l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione sono destinate ad assicurare la corretta e trasparente informazione del consumatore. Esse devono essere effettuate in modo da:

- a) non indurre in errore l'acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla conservazione, sull'origine o la provenienza, sul modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto stesso;

- b) non attribuire al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;

- c) non suggerire che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche;

- d) non attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà, fatte salve le disposizioni comunitarie relative alle acque minerali ed ai prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare;

laddove il comma 2 del predetto articolo di legge ha soggiunto che “i divieti e le limitazioni di cui al comma 1 valgono anche per la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari”.

4.3 Le riportate indicazioni normative – segnatamente, di cui al citato Regolamento EU cd. “Claims” – persuadono della correttezza dell’individuazione, operata dall’Autorità, del carattere non soltanto “nutrizionale”, ma anche salutistico, delle indicazioni contenute nella pubblicizzazione dei prodotti appartenenti ai prodotti (frollini, cracker e biscotti) “soia senza colesterolo” e “soia 0,001% di colesterolo”.

Leggesi, infatti, al punto 47. del provvedimento gravato che “con tale dicitura il professionista intende suggerire il consumo dei prodotti di cui trattasi a tutti quei consumatori che hanno una specifica preoccupazione o sensibilità per la colesterolemia, creando l’impressione che la loro assunzione non comporti alcun aumento del livello di colesterolo. In tal modo, viene prospettata l’esistenza di una chiara relazione, con valenza anche salutistica, tra il consumo del prodotto e la colesterolemia”.

L’illustrata connessione fra consumo dei prodotti commercializzati e contenimento incrementale del livello di colesterolo trova conferma – oltre che dal tenore letterale del claim – anche nelle indicazioni rinvenibili nel sito internet di C, laddove si suggerisce l’elettiva destinazione dei prodotti di che trattasi nei confronti di “chi, per necessità, deve inevitabilmente tenere a bada il colesterolo (se il colesterolo è alto, infatti, per la maggioranza dei casi è dovuto a ciò che mangiamo) ma anche (…) [di] tutti coloro che, pur non avendo alcun problema, preferiscono consumare alimenti completi ed equilibrati senza rinunciare al gusto di mangiare bene”.

Il carattere di ingannevolezza del messaggio promozionale predicabile a fronte delle caratteristiche del prodotto e ai risultati attesi dal suo consumo rileva, come esposto da AGCM, con riferimento alle pure illustrate previsioni cui cui agli artt. 21, comma 1, lettera b), e 22, commi 1 e 2, del Codice del Consumo, in quanto:

- se è vero che per ciò che concerne i grassi (categoria alla quale appartiene il colesterolo, secondo quanto indicato nelle Linee Guida Federalimentare, laddove espressamente si precisa che “Anche il colesterolo corrisponde invero alla definizione di «sostanza nutritiva» di cui all’art.

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