TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-04-12, n. 202407216
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Testo completo
Pubblicato il 12/04/2024
N. 07216/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01392/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1392 del 2019, proposto da
Tim S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato V M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Altroconsumo - Associazione Indipendente di Consumatori, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
della deliberazione dell’AGCOM n. 521/18/CONS del 30.10.2018, adottata in esito all’atto di contestazione 12/18/DTC del 19.11.2018, con cui l’Autorità ha condannato la ricorrente al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria complessiva di €. 1.044.000,00 per violazione dell’art. 70 del d.lgs. 259/2003 in combinato disposto con l’art. 6, allegato A della Deliberazione 519/15/CONS e dell’art. 1, comma 3 bis del DL 7/2007.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di AGCOM;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 marzo 2024 il dott. A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società TIM S.p.A. ha impugnato e chiesto l’annullamento della deliberazione dell’AGCOM n. 521/18/CONS del 30.10.2018, adottata in esito all’atto di contestazione 12/18/DTC del 19.11.2018, con cui l’Autorità ha condannato la ricorrente al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria complessiva di €. 1.044.000,00 per violazione dell’art. 70 del d.lgs. 259/2003 in combinato disposto con l’art. 6, allegato A della Deliberazione 519/15/CONS e dell’art. 1, comma 3 bis del DL 7/2007.
In sintesi è accaduto: che la ricorrente, “ al fine di ottemperare al provvedimento cautelare n. 27087 adottato dall’AGCM il 21 marzo 2018 ” (con cui si è disposto che “ Fastweb S.p.A., Telecom Italia S.p.A., Vodafone Italia S.p.A. e Wind Tre S.p.A. sospendano, nelle more del procedimento, l’attuazione dell’intesa oggetto del procedimento avviato con Delibera del 7 febbraio 2018, concernente la determinazione del repricing comunicato agli utenti in occasione della rimodulazione del ciclo di fatturazione in ottemperanza alla legge 172/2017, e che, per l’effetto, ogni operatore definisca i termini della propria offerta di servizi in modo indipendente dai concorrenti ”) ha deciso di rideterminare, per le offerte di telefonia mobile, la precedente variazione dell’8,6%, fissata in occasione del ripristino della cadenza di rinnovo e fatturazione delle offerte su base mensile, “ prevedendo una riduzione, a decorrere dall’8 aprile 2018, dello 0,4% sui prezzi già in vigore dal 5 marzo 2018. Al riguardo, la società, nell’ambito dell’audizione del 9 aprile 2018 richiesta da questa Autorità, ha dichiarato (omissis), ma di aver provveduto a pubblicare idonea informativa sul proprio sito web. In aggiunta, TIM ha evidenziato che, per tale rimodulazione, peraltro migliorativa per i clienti, non sussisteva un diritto di recedere, in quanto tale facoltà era stata già correttamente concessa alla clientela con la iniziale comunicazione relativa alla precedente variazione dell’8,6% fornita nel mese di gennaio e in vigore dal 5 marzo 2018 ”; che, tuttavia, pure in esito a tali intendimenti, è emerso che, “ all’inizio del mese di maggio, la società Vodafone Italia S.p.A. e l’Associazione dei consumatori Altroconsumo hanno segnalato la violazione della normativa vigente da parte di TIM per la condotta posta in essere successivamente al provvedimento cautelare adottato dall’AGCM in data 21 marzo 2018. In particolare, i segnalanti hanno rappresentato che la predetta Società ha inviato ai clienti di telefonia mobile, a partire dal 7 maggio 2018, un SMS del seguente tenore: “Modifica condizioni contrattuali: gentile cliente dall’8/4/2018 il costo mensile delle tue offerte si è ridotto dello 0,4% rispetto a quanto precedentemente comunicato, senza alcuna variazione dei contenuti. Entro il 24/06/2018 hai diritto di recedere o di passare ad altro operatore senza penali né costi di disattivazione. Per info sul costo della tua offerta e modalità di recesso vai su on.tim.it/info o chiama il 409168” e che tale informativa, oltre a non rispettare il previsto preavviso ai fini dell’esercizio del diritto di recesso, conteneva informazioni incomplete e fuorvianti poiché non indicava il prezzo finale in maniera chiara e trasparente, mascherando un incremento dell’8,2% con una diminuzione dello 0,4% ”; in conseguenza di tali accadimenti, l’AGCOM ha avviato una verifica d’ufficio in data 10.5.2018 e “ sulla base della documentazione acquisita, pertanto, si è potuto constatare che con le informative rese all’utenza finale tramite sito aziendale e SMS - ed inviate successivamente all’entrata in vigore delle nuove condizioni economiche - l’operatore non ha assicurato informazioni chiare, complete e trasparenti, risultando le stesse non adeguate per comprendere le reali condizioni economiche di cui alla modifica in oggetto e così consentire agli utenti di scegliere se esercitare il diritto di recesso ”.
In particolare, è emerso che “ i) il testo dell’SMS non contiene la specifica indicazione del costo mensile dell’offerta in valore assoluto, ma si limita a enunciare una riduzione di costo rispetto “a quanto comunicato in precedenza”, senza fornire l’effettivo termine di paragone e omettendo l’informazione, presente solo sul sito aziendale, che la riduzione in esame opera sui prezzi in vigore al 5 marzo 2018; ii) nel testo dell’SMS le modalità per esercitare il diritto di recesso non vengono esplicitate per intero, ma si ricorre a rinvii generici che costringono l’utente a rivolgersi al call center oppure a dover rintracciare l’apposita pagina eventualmente presente sul sito aziendale; iii) tra le modalità indicate sul sito web per esercitare il recesso, non sono menzionati i punti vendita della Società, neanche quelli “sociali”, nonostante rientrino tra le forme utilizzabili dagli utenti al momento dell’attivazione o dell’adesione al contratto ”.
L’AGCOM ha, inoltre, contestato che “ il meccanismo di tutela stabilito dall’art. 70, comma 4, del Codice in caso di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali è fondato sulla piena consapevolezza da parte dell’utente rispetto alla reale portata di tale modifica, onde poter compiutamente apprezzare la convenienza della offerta come modificata e decidere se avvalersi della facoltà di recedere dal contratto, mentre, nel caso di specie, non vengono forniti all’utenza finale gli elementi fondamentali, quali il prezzo originario e il prezzo rimodulato, in base ai quali poter compiere scelte consapevoli ”; ha, quindi, concluso che la ricorrente non avrebbe “ assicurato, per il tramite delle comunicazioni rese all’utenza finale tramite SMS e sito aziendale, informazioni chiare, complete e trasparenti, risultando le stesse non adeguate per comprendere le reali condizioni economiche di cui alla modifica in oggetto e così consentire agli utenti di scegliere se esercitare il diritto di recesso ”; e che, in aggiunta, “le informative non hanno rispettato il quadro regolamentare in materia di diritto di recesso, non indicando nelle comunicazioni individuali le modalità per esercitarlo, nonché escludendo i punti vendita tra i canali utilizzabili a tal fine dagli utenti ”.
Condotte che, ad avviso dell’Autorità, hanno sostanziato “ un comportamento non conforme alle disposizioni dell’art. 70 del Codice, in combinato disposto con l’art. 6, dell’allegato A, della delibera n. 519/15/CONS, e dell’art. 1, comma 3 bis, del decreto legge n. 7/2007, convertito nella legge n. 40/2007 ”, trasfuso nell’atto di contestazione oggetto di gravame e, infine, nella deliberazione n. 521/18/CONS del 30.10.2018, comportante la sanzione contestata.
A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:
1°) decadenza dall’esercizio del potere sanzionatorio per tardività della notificazione del provvedimento finale, violazione degli artt. 5, 6 e 7 dell’Allegato A alla deliberazione 410/14/CONS, modificata dalla deliberazione, 581/15/CONS; eccesso di potere per difetto dei presupposti, irrazionalità, illogicità, carenza di potere. Violazione dei principi del giusto procedimento, di affidamento, buon andamento, buona amministrazione (artt. 1 della legge 241/1990, dell’art. 6 della Cedu; dell’art. 97 della Costituzione; degli artt. 6, § 1 TUE e 41 della Carta dei Diritti Fondamentali Unione Europea; dell’art. 5 TUE).
Con tale motivo la ricorrente ha lamentato che “in data 27.8.2018 l’Autorità ha formulato una “ Richiesta di informazioni e documenti, utili all’istruttoria condotta nell’ambito del procedimento sanzionatorio n. 12/18/DTC, ai sensi dell’articolo 7, del Regolamento di cui alla delibera n. 410/14/CONS” (…), affermando per l’effetto di aver sospeso il decorso del termine istruttorio di 150 giorni ”, ma ha soggiunto che l’AGCOM “ non ha comunicato la conclusione degli approfondimenti istruttori ” e che, pertanto, “ in mancanza di indicazioni sul punto, ci si vede costretti ad assumere che il decorso del termine