TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-06-16, n. 201403365

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-06-16, n. 201403365
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201403365
Data del deposito : 16 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03040/2013 REG.RIC.

N. 03365/2014 REG.PROV.COLL.

N. 03040/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3040 del 2013, proposto da:
D'Agostino Pierina, rappresentata e difesa dall'avv.to L S A, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Napoli, Salita Moiariello n. 66;

contro

Comune di Cardito, n.c.;

per il risarcimento

dei danni subiti dalla ricorrente per effetto della graduatoria del concorso, per soli titoli, indetto dal Comune di Cardito (con avviso del 6 settembre 1999) per l’assunzione a tempo determinato di n. 6 Vigili urbani, (graduatoria) parzialmente annullata dal T.a.r. della Campania con sentenza n. 3072/2012;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno17 aprile 2014 il dott. P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La ricorrente premette:

- di aver partecipato ad un concorso, per soli titoli, indetto dal Comune di Cardito per l’assunzione a tempo determinato (6 mesi) di n. 6 (poi elevato a n. 9) Vigili urbani;
il rapporto contrattuale dei vincitori del concorso è stato prorogato per ulteriori sei mesi;

- con sentenza n. 3072/2012 (depositata in segreteria in data 27 giugno 2012), il T.a.r. della Campania – Sezione V ha accolto il ricorso proposto dalla ricorrente medesima avverso la graduatoria finale e, per l’effetto, ha annullato la predetta graduatoria <<nella parte in cui non si attribuiscono alla ricorrente ai titoli per servizi prestati in area diversa da quella posta a concorso, in qualifica inferiore ed ai titoli “vari e culturali” il punteggio di 0,25>>;
la predetta sentenza è passata in giudicato non essendo stata appellata (come da certificazione in atti del 2 luglio 2013);

- con atto notificato nell’aprile 2013, la ricorrente ha diffidato il Comune di Cardito a risarcire i danni subiti per effetto del provvedimento illegittimo parzialmente annullato in sede giurisdizionale;
l’amministrazione intimata ha ritenuto di non dover provvedere sulla istanza risarcitoria.

Con il ricorso in esame, dopo aver evidenziato che, ove il Comune di Cardito le avesse attribuito il punteggio spettante, si sarebbe collocata in posizione utile ai fini della assunzione e che il risarcimento in forma specifica non è più possibile (riguardando la predetta selezione rapporti di lavoro ormai conclusi), l’odierna ricorrente ha chiesto il risarcimento per equivalente dei danni asseritamente subiti, costituiti da:

a) danno patrimoniale, rappresentato dalle mancate retribuzioni per tutto il periodo di svolgimento del rapporto di lavoro (un anno) con regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale;

b) danno da perita di chance ;

c) danno esistenziale.

Il Comune di Cardito non si è costituito in giudizio.

All’udienza pubblica del 17 aprile 2014, su richiesta della parte ricorrente, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è meritevole di accoglimento parziale, nei termini di seguito indicati.

Con sentenza di questa Sezione n. 3072/2012 (depositata in segreteria in data 27 giugno 2012) è stata accertata l’illegittima valutazione dei titoli di servizio e dei titoli vari e culturali della ricorrente;
in base alla motivazione della sentenza e alle deduzioni svolte nel ricorso in esame, è ragionevole ritenere che, per effetto della corretta valutazione dei titoli posseduti, la ricorrente si sarebbe collocata in posizione utile ai fini della assunzione a tempo determinato quale Vigile urbano;
risulta pure provato per tabulas che la durata del predetto rapporto lavorativo (inizialmente stabilita in sei mesi) è stata prorogata dalla Giunta comunale di Cardito per ulteriori sei mesi, con deliberazione n. 172 del 14 novembre 2000.

Sussiste, altresì, l’elemento soggettivo della responsabilità da provvedimento illegittimo, rappresentato nel caso di specie dalla negligente applicazione delle disposizioni regolamentari e della lex specialis in ordine alla valutazione dei titoli posseduti dalla ricorrente.

Con riguardo alla quantificazione del danno, la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente è tuttavia suscettibile di accoglimento parziale.

La giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che nelle ipotesi di omessa o ritardata assunzione, il danno risarcibile per equivalente non si identifica nella mancata erogazione della integrale retribuzione e della relativa contribuzione, non potendo non tenersi conto del fatto che per il periodo di mancata assunzione la parte ricorrente non ha dovuto impegnare le proprie energie nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, ma ha potuto rivolgerle alla cura di ogni altro interesse, sia sul piano lavorativo che del perfezionamento culturale e professionale (Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8020;
Consiglio di Stato, Sez. VI^ 29 ottobre 2008 n. 5413;
Consiglio di Stato, Sez. V 25 luglio 2006 n. 4645).

Ne consegue che la richiesta della ricorrente volta ad ottenere, a titolo di danno patrimoniale, la corresponsione di tutte le voci retributive che le sarebbero spettate per l’intero anno di validità del rapporto contrattuale non può trovare integrale accoglimento.

Ritiene il Collegio, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2056 commi 1 e 2 e 1226 c.c., che il danno risarcibile debba essere determinato equitativamente nella somma pari al 50% delle retribuzioni che sarebbero spettate alla ricorrente per dodici mesi di attività lavorativa, con esclusione dell’ aliunde perceptum , ossia di quanto a qualsiasi titolo percepito dalla interessata per attività lavorative svolte nel medesimo periodo. Alla ricorrente deve essere, altresì, riconosciuto il diritto alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale, ovviamente, nei limiti delle somme retributive spettanti.

Le somme così determinate debbono essere incrementate dei soli interessi legali, stante il divieto di cumulo tra rivalutazione ed interessi, introdotto, in materia retributiva, dall’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994 n. 724 (potendosi riconoscere la rivalutazione monetaria unicamente se superiore alla somma dovuta per interessi e con esclusione, in questo caso, della spettanza di questi ultimi).

Con riguardo al danno da perdita di chance e al danno esistenziale pure invocati dalla ricorrente e quantificati da quest’ultima forfetariamente nella misura del 25% del risarcimento spettante a titolo di danno patrimoniale, le allegazioni della parte ricorrente si rivelano generiche e prive di riscontro probatorio.

Il Collegio fa rilevare che, per costante giurisprudenza, la pretesa risarcitoria esige l’allegazione di elementi concreti e specifici da cui desumere, secondo un criterio di valutazione oggettiva, l'esistenza e l'entità del pregiudizio subito, il quale non può essere ritenuto sussistente " in re ipsa ", né è consentito l'automatico ricorso alla liquidazione equitativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1672;
Cass. Sez. Un. Civ., 16 febbraio 2009, n. 3677;
Cass. Civ., Sez. lav., 17 settembre 2010, n. 19785).

La domanda del risarcimento del danno conseguente alla lesione di interessi legittimi postula il superamento dei principi processuali classici modellati sullo schema del giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo, nel senso che al privato non basta la deduzione dell’illegittimità dell’atto, in base al principio dispositivo con metodo acquisitivo, essendo necessaria la dimostrazione, ai sensi degli artt. 2697 cod. civ. e 115 comma 1 cod. proc. civ., degli elementi che consentano di concludere in senso a lui favorevole il giudizio sulla spettanza del risarcimento, e, cioè, occorre la prova del danno, nella sua esistenza e nel suo ammontare secondo le regole di cui agli artt. 1223, 1226 e 1227 Cod. civ. richiamati dall'art. 2056 (Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 settembre 2010 n. 7124).

In altre parole, ai fini del risarcimento dei danni da illegittimo esercizio del potere amministrativo il ricorrente deve fornire in modo rigoroso la prova della esistenza del danno, non potendo invocare il c.d. principio acquisitivo, perché tale principio attiene allo svolgimento della istruttoria e non all’allegazione dei fatti, né il potere del giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa esonera la parte interessata dall’obbligo di offrire al giudice gli elementi probatori circa la sussistenza del danno, esaurendosi l’apprezzamento equitativo da parte del giudice nella necessità di colmare quelle lacune inevitabili nella determinazione del preciso ammontare del danno (Consiglio di Stato, Sez. V, 16 febbraio 2009 n. 842).

Le superiori considerazioni appaiono viepiù condivisibili in materia di risarcimento del danno esistenziale.

Secondo la giurisprudenza più recente il danno c.d. “esistenziale” non costituisce una autonoma voce di danno, non è in re ipsa , ma deve essere sempre dimostrato, anche facendo riferimento alla prova per presunzioni. Non sono invece meritevoli di tutela risarcitoria, a tale titolo, i pregiudizi consistenti in meri disagi, fastidi, disappunti e in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana, che ciascuno conduce nel contesto sociale, ma solo le violazioni gravi di diritti inviolabili della persona, non altrimenti rimediabili (Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 marzo 2009 n. 1716).

O, nel caso di specie, la ricorrente invoca genericamente il risarcimento del danno da perdita di chance e del danno esistenziale, senza specificare e provare a quali opportunità lavorative avrebbe dovuto rinunciare per effetto della condotta illegittima della amministrazione comunale o in che modo l’evento lesivo denunciato avrebbe peggiorato la qualità della sua vita e quella della sua famiglia.

Stando così le cose, il ricorso va accolto in parte, nei termini sopra indicati.

In ragione dell’accoglimento parziale, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.

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