TAR Trieste, sez. I, sentenza 2019-12-27, n. 201900560

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2019-12-27, n. 201900560
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 201900560
Data del deposito : 27 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2019

N. 00560/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00181/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 181 del 2019, proposto da
Alba Unipersonale S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato P R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Lignano Sabbiadoro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato B B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del provvedimento di diniego del permesso a costruire relativamente alla pratica n. 9669, c_e584.c_e584 Registro Ufficiale U.0012359.09-04-2019, inviata via pec in data 9.4.2019, nonché di tutti gli atti connessi precedenti e/o consequenziali, nonché

per il risarcimento del danno subito sia dal ritardo nella decisione del procedimento sia per l'illegittimità dell'atto impugnato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lignano Sabbiadoro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2019 il dott. L S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società ricorrente espone di aver presentato al Comune di Lignano Sabbiadoro, nel corso dell’anno 2011, un’istanza di permesso di costruire, per un intervento di ristrutturazione edilizia ed ampliamento ex art. 58, co. 1, L.R. 19/2009, previa demolizione dell’edificio esistente di sua proprietà, sito in via Monte Pasubio (distinto in Catasto al fg. 44 map. 1355). Per quanto rilevante nel presente giudizio, il progetto prevedeva l’utilizzo della volumetria del sottotetto ai fini edificatori.

In data 7.3.2013 l’amministrazione comunicava l’esito favorevole dell’istruttoria ma la ricorrente, essendo intervenuti problemi di carattere economico, preferiva non procedere con l’iter e la pratica veniva archiviata.

In data 10.10.2017, la società ricorrente ripresentava l’istanza di permesso di costruire che veniva rilasciato il 28.11.2017, pratica n. 9662, senza utilizzare la volumetria del vano sottotetto.

In data 21.12.2017, la ricorrente presentava un’istanza di variante all’anzidetto permesso di costruire, al fine di utilizzare la volumetria del vano sottotetto ai fini edificatori.

Quest’ultima istanza veniva però respinta, all’esito di un procedimento complesso, caratterizzato da numerose interlocuzioni ed intersecato da un connesso procedimento di autoannullamento del permesso di costruire n. 9662, su denuncia di un confinante per asserita violazione alle norme sulle distanze, conclusosi con atto 8.1.2019 di archiviazione.

Il provvedimento di diniego, particolarmente articolato nella sua motivazione in quanto reca controdeduzioni alle memorie, chiarimenti sui documenti prodotti dalla società interessata nonché spiegazioni sui tempi dell’istruttoria, è motivato col rilievo che il vano sottotetto non può essere qualificato come superficie utile (ai fini della ristrutturazione con ampliamento) in quanto nel condono edilizio del 16.7.1987, ultima pratica edilizia che lo riguardava, era stato qualificato come “sottotetto non agibile” accessibile con una “scala alla marinara” per l’ispezione.

A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:

- Violazione del principio di imparzialità, di lealtà, di correttezza e buona fede, di economicità dell’azione amministrativa, sotto molteplici profili;
Eccesso di potere per contraddittorietà, per difetto di motivazione, per sviamento dalla causa tipica e dall’interesse pubblico;
Violazione e/o mancata applicazione dell’art. 3, comma 1, let. f), della L.R. 19/2009, come modificato dall’art. 4, comma 2, lett. a) della L.R. 5/2013, nonché dell’art. 39 della stessa L.R. 19/2009;
Eccesso di potere per violazione del PRGC del Comune di Lignano Sabbiadoro.

Si sostiene che l’iter procedimentale è contraddistinto da un evidente contrasto tra la responsabile del procedimento e gli altri suoi colleghi dell’ufficio, incluso il Dirigente dell’Area Tecnica.

La possibilità di utilizzare la volumetria del vano sottotetto ai fini edificatori era stata già valutata positivamente nel 2013, dall’allora responsabile del procedimento, ragion per cui la società ricorrente era titolare di un legittimo affidamento sulla conclusione favorevole dell’istruttoria.

Nel merito, si sostiene che l’art. 3, comma 1, lett. f), della L.R. 19/2009, originariamente, prevedeva che i “ripostigli” fossero inclusi tra le superfici accessorie, la cui volumetria non può essere utilizzata ai fini edificatori, ma l’art. 4, comma 2, lett. a) della L.R. 5/2013 ha eliminato tale previsione, includendo quindi i “ripostigli” tra le “superfici utili” ai fini edificatori, e tale sarebbe la destinazione del controverso sottotetto (il precedente proprietario dell’immobile avrebbe reso una dichiarazione sostitutiva di certificazione attestando di averlo utilizzato come un ripostiglio).

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio controdeducendo puntualmente ed instando per la reiezione del gravame.

Passando alle considerazioni del Collegio, va premesso - in generale – che la definizione delle istanze di permesso di costruire comporta un accertamento di carattere strettamente vincolato, caratterizzato dalla verifica della conformità della richiesta con la normativa urbanistico-edilizia, non essendo necessaria altra motivazione oltre quella relativa alla rispondenza dell'istanza a detta normativa (cfr., ex plurimis: Consiglio di Stato, sez. II , 13/06/2019 , n. 3972, id., sez. IV , 01/04/2011, n. 2050) sicché non possono venire in rilievo profili di eccesso di potere, propri dell'esercizio del potere discrezionale.

Conseguentemente, va esclusa la configurabilità del dedotto vizio di eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni dell'Amministrazione, come la comunicazione della precedente istruttoria favorevole del 2013, che peraltro non si è nemmeno tradotta in un provvedimento conclusivo.

Ancora, sul piano dei vizi funzionali e sintomatici dell’eccesso di potere, come detto non configurabili, la difesa della ricorrente si dilunga, inutilmente, a porre in risalto contrasti e divergenze di interpretazione e di opinione, palesate nel procedimento tra la responsabile del procedimento ed altri funzionari, con riferimento alla qualificazione della fattispecie in questione, se cioè il sottotetto possa considerarsi un “volume utile esistente” e computabile nel progettato intervento di ristrutturazione ed ampliamento dell’edificio preesistente.

Ugualmente, non è configurabile nemmeno un legittimo affidamento, indotto dalla citata pregressa istruttoria, dinnanzi appunto ad un provvedimento vincolato come quello ora in contestazione, la cui illegittimità può essere contestata solo sul piano della conformità alla normativa urbanistico-edilizia, come già detto.

Ebbene, sotto tale profilo (il solo apprezzabile in questa sede) le censure dedotte sono infondate.

Invero, l’unico aspetto rilevante, messo in luce nel provvedimento impugnato e preclusivo all’approvazione dell’istanza di variante al permesso di costruire n. 9662, è dato dal fatto che nella pratica di condono edilizio del 16.7.1987 il piano sottotetto dell’edificio condonato era stato qualificato come “non agibile” con “riconferma della scala alla marinara per l’ispezione” (così la relazione accompagnatoria dell’istanza di sanatoria, per opere difformi eseguite sull’edificio, a firma del tecnico incaricato e della proprietaria in data 19.3.1986).

La ricorrente, sul punto, obietta che, nella pratica di condono edilizio, le opere abusive non erano state valutate “in termini di superfici o volumi” e non era stata pagata l’oblazione per gli stessi, ma che la specificazione secondo cui il vano era “non agibile” doveva intendersi che esso era “non abitabile”, non anche che si trattava di “una sorta di locale tecnico non accessibile”. Comunque, secondo la ricorrente il dato sarebbe irrilevante, ai fini di stabilire la destinazione d’uso del sottotetto che si configurerebbe, nella realtà, come un vano accessorio adibito a ripostiglio, e perciò computabile nella somma dei volumi esistenti ai fini della ristrutturazione con ampliamento dell’edificio in base all’art. 58 della L.R. 19/2009.

Tali rilievi non possono però essere assecondati.

Invero, non pare possano esservi dubbi che, per il provvedimento di sanatoria del 1987, di accoglimento dell'istanza di condono edilizio, il vano sottotetto era inagibile e quindi non aveva alcuna destinazione d’uso utile: questo risulta dai documenti versati in giudizio dal Comune e non può essere sostenuta un’interpretazione diversa da quella che emerge dalla semplice e piana lettura dell'autorizzazione in sanatoria e dei suoi allegati.

Ciò posto, l’Amministrazione era in ogni caso vincolata all'osservanza del proprio provvedimento (il citato condono edilizio) e non avrebbe potuto procedere nella propria azione amministrativa prescindendo dallo stesso, considerandolo tamquam non esset. Non è, infatti, previsto in capo alla P.A. alcun potere di disapplicazione dei propri atti giuridici perché, diversamente, potrebbero essere pregiudicati non solo la necessaria certezza nei rapporti giuridici, ma anche i principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione previsti dall'art. 97 della Costituzione.

In conclusione, per le ragioni appena esposte, il provvedimento impugnato resiste alle censure dedotte.

Circa l’accessoria istanza di risarcimento del danno, quella per illegittimità del provvedimento è conseguentemente infondata e va respinta, mentre quella per “inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”, ex art.

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