TAR Salerno, sez. I, sentenza 2021-07-02, n. 202101604

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2021-07-02, n. 202101604
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202101604
Data del deposito : 2 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/07/2021

N. 01604/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01340/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1340 del 2017, proposto da M M, rappresentato e difeso dagli avvocati A L G, G M, con domicilio eletto presso lo studio A L G in Salerno, largo Dogana Regia n. 15;

contro

Consorzio Farmaceutico Intercomunale di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, Segreteria Tar Campania - Salerno;

nei confronti

Comune di Salerno, Comune di Scafati, non costituiti in giudizio;

in riassunzione

per translatio judicii dell’originario ricorso per procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c. proposto innanzi al Tribunale civile di Salerno, dichiaratosi incompetente in favore del giudice amministrativo con ordinanza del 6.6.2017.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio Farmaceutico Intercomunale di Salerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2021 il dott. R E e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale, mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 29 settembre 2017 e depositato il 4 ottobre 2017, il ricorrente riassume dinnanzi a questo Tribunale il giudizio già proposto, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 19 gennaio 2016 e notificato il 4 marzo 2016, davanti al Tribunale civile di Salerno che, con ordinanza n. 415 del 6 giugno 2017, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo.

Il ricorrente chiede la condanna del Consorzio farmaceutico intercomunale di Salerno al pagamento in suo favore della somma di euro 22.474,40, oltre accessori, interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento per la perdita dell’indennità di funzione connessa alla carica di Consigliere di Amministrazione del Consorzio;
il ricorrente, nominato con delibera n. 44 del 19 gennaio 2020, è stato successivamente revocato, unitamente all’intero consiglio di amministrazione, con delibera n. 48 del 25 ottobre 2010 e n. 50 del 14 gennaio 2011 in quanto il Consiglio di Amministrazione non avrebbe adottato iniziative finalizzate al contenimento delle spese dell’Ente;
tali delibere sono state successivamente annullate da questo Tribunale con sentenza n. 1805 del 9 novembre 2011, divenuta definitiva.

Nelle more era stato nominato un nuovo organo di amministrazione cosicché il ricorrente ha chiesto il rimborso dell’indennità di funzione non corrisposta nel periodo intercorrente tra la revoca della carica (25 ottobre 2010) e l’annullamento dei provvedimenti (9 novembre 2011).

Nel presente giudizio, in via subordinata, il ricorrente propone, ai sensi dell’art. 112, comma 3, c.p.a, domanda di risarcimento dei danni connessi alla mancata esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 1805/2011, considerata l’illegittimità della revoca dalla carica di Consigliere di Amministrazione, il diritto all’indennità di carica per l’intero quinquennio (ovvero dal 19 gennaio 2010 al 19 gennaio 2015) e la perdita dell’indennità prevista per l’esercizio delle funzioni (nella misura mensile di euro 1.879,90 prima e di euro 1.728,80 poi) in relazione al periodo intercorrente tra il provvedimento di revoca e la sentenza di annullamento, indennità che deve essere riconosciuta a titolo risarcitorio in conseguenza dell’omessa esecuzione della sentenza citata. Ove se ne ravvisino le condizioni, si chiede la conversione dell’azione con applicazione del rito relativo all’ottemperanza.

In conclusione, il ricorrente chiede:

- il pagamento dell’importo di euro 22.474,40, oltre accessori di legge, interessi e rivalutazione fino all’effettivo soddisfo, quale somma dovutagli per l’indennità di funzione connessa alla carica di Consigliere di Amministrazione dello stesso Consorzio;

- in via subordinata, ove fosse disposta la conversione dell’azione con applicazione del rito dell’ottemperanza, l’accertamento dell’obbligo del Consorzio di eseguire la sentenza n. 1805/2011 e l’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni connessi alla mancata esecuzione in forma specifica del giudicato, con il riconoscimento dell’indennità di funzione connessa alla carica di Consigliere di Amministrazione per il periodo di esclusione dalla carica nonché la nomina di un commissario ad acta in caso di inadempienza. Come precisato in memoria, la richiesta di riferisce al solo periodo intercorrente tra la revoca dell’organo amministrativo e l’annullamento dei provvedimenti, durante il quale è stato nominato un nuovo organo e non è stata possibile l’esecuzione in forma specifica della sentenza pur favorevole e avente l’effetto di rimuovere ex tunc i provvedimenti annullati;
stante l’impossibilità di eseguire la sentenza per il periodo antecedente all’annullamento dei provvedimenti impugnati (il ricorrente è stato reintegrato nella carica solo dopo), l’obbligazione nascente dal giudicato si può ritenere convertita in un’obbligazione risarcitoria.

2. L’Ente, costituitosi, eccepisce:

- l’inammissibilità della domanda risarcitoria, proposta oltre il termine di cui all’articolo 30, comma 5, c.p.a.;

- l’inammissibilità dell’azione di ottemperanza in quanto la sentenza n. 1805/2011 non contiene statuizioni di condanna al pagamento di somme dovute a titolo di indennità;

- in ogni caso, l’infondatezza del ricorso.

3. All’udienza pubblica del 25 maggio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Il ricorrente lamenta il mancato pagamento dell’indennità connessa alla carica di Consigliere di Amministrazione del Consorzio resistente, nel periodo intercorrente tra la revoca del medesimo Consiglio di Amministrazione e l’annullamento del provvedimento di revoca, domandandone la corresponsione a titolo di risarcimento del danno.

Occorre preliminarmente rilevare che il pregiudizio è direttamente collegato alla adozione della delibera di revoca del Consiglio di Amministrazione e alla conseguente nomina del nuovo organo e non alla sopravvenuta impossibilità o mancata esecuzione della sentenza di annullamento, a cui ha invece fatto seguito il ripristino dell’organo.

È quindi la delibera impugnata ad aver determinato la lesione della posizione del ricorrente, nel periodo intercorrente tra l’adozione della stessa e il successivo annullamento, in relazione all’impossibilità del ricorrente stesso di ricoprire, nel periodo considerato, la carica illegittimamente revocata e percepire i relativi emolumenti.

La lesione lamentata discende quindi in maniera diretta dal provvedimento di revoca dell’organo amministrativo, di cui è stato chiesto e ottenuto l’annullamento.

Ciò posto, è possibile prescindere dalle eccezioni di rito sollevate in quanto il ricorso è infondato nel merito.

Occorre infatti considerare che, al fine di configurare la responsabilità dell’Amministrazione, è necessario il riscontro di tutti gli elementi dell’illecito e, in particolare, dell’ingiustizia del danno.

Tale componente tuttavia non sussiste nel caso di specie.

Come evidenziato dalla sentenza n. 145/2018 del TAR Calabria – Catanzaro “ La corresponsione del gettone di presenza o dell'indennità, previsto dall'articolo 82, comma 2, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non costituisce retribuzione, ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, bensì soltanto una somma a titolo di indennità per l'attività onoraria effettivamente prestata quale "ristoro" delle funzioni pubbliche elettive (per la partecipazione a consigli e commissioni), con la conseguenza che qualora tale attività non sia stata prestata nulla è dovuto, indipendentemente dalla causa che ha determinato la mancata partecipazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10 settembre 2010, n. 6526).

Peraltro, parte ricorrente, al riguardo, fa generico riferimento ad una deminutio patrimonii conseguente all'illegittima revoca consistente nella mancata corresponsione dell'indennità, senza alcun riferimento all'occupazione dallo stesso ordinariamente attesa ed al pregiudizio che l'atto avrebbe arrecato sulle ordinarie occupazioni cui lo stesso avrebbe potuto attendere a seguito del mancato esercizio della funzione.

Invero, il mancato espletamento delle funzioni - indipendentemente dalla causa che lo ha determinato, stante la natura onoraria dell'incarico de quo, comporta il mancato inveramento dei fatti costitutivi del diritto alla percezione dell'indennità di funzione, con la conseguenza che la domanda di risarcimento del danno patrimoniale non può essere accolta ”.

Il Consorzio farmaceutico in questione è stato già inquadrato nell’ambito dell’art. 31 del d.lgs. n. 267/2000 dalla sentenza n. 1805/2011 di questo Tribunale (sentenza che ha annullato il provvedimento di revoca dell’organo di amministrazione), quindi qualificato quale forma associativa di enti locali e, in particolare, quale Consorzio di Comuni;
di conseguenza, i gettoni di presenza e le indennità di funzione previsti per i componenti dell’organo di amministrazione possono ben essere ricondotti alle previsioni di cui all’art. 82 del d.lgs. n. 267/2000.

Essi pertanto non costituiscono retribuzione ai sensi dell’art. 36 della Costituzione ma una forma di indennizzo per le funzioni esercitate e l’attività svolta in favore delle comunità interessate, con la conseguenza che il mancato esercizio delle funzioni per qualunque causa determina la non debenza delle indennità e dei gettoni.

L’indennità di funzione o il gettone di presenza hanno infatti la chiara finalità di compensare colui che esercita pubbliche funzioni della rinuncia ad attività private e remunerative svolte nel proprio esclusivo interesse, rinuncia imposta dall’impegno profuso nell’espletamento dei compiti inerenti al pubblico ufficio rivestito, costituendo pertanto una forma di indennizzo e non di remunerazione.

Gli oneri connessi alla pubblica funzione esercitata distolgono quindi il soggetto dalle attività normalmente svolte e specialmente da quelle animate da un interesse di tipo esclusivamente individuale, imponendone il coinvolgimento in attività volte al perseguimento degli interessi pubblici e al soddisfacimento dei bisogni della comunità amministrata.

Al fine di rendere effettiva la partecipazione agli organi degli enti locali e delle relative forme associative ed evitare che la conseguente rinuncia, totale o parziale, alla cura dei propri personali interessi possa scoraggiare tale apporto collaborativo, sono previsti compensi di cui può essere pertanto nettamente escluso il carattere sinallagmatico-retributivo;
ne è evidente invece il carattere indennitario nonché la stretta connessione con lo svolgimento delle pubbliche funzioni e la conseguente sottrazione di tempo e di energie ad attività puramente individualistiche.

Da ciò discende che il mancato svolgimento di tali funzioni impedisce la corresponsione dei correlati compensi in quanto si riespande in maniera piena la possibilità di svolgere attività volte a soddisfare interessi di carattere esclusivamente privato, con il ritorno del soggetto alle sue normali occupazioni.

Quanto esposto trova riscontro nello stesso art. 61 dello Statuto consortile che definisce i compensi percepiti come “indennità di carica o gettone di presenza”, ricollegandoli pertanto strettamente all’effettivo svolgimento delle funzioni.

Tali argomentazioni restano valide anche a voler prescindere dalla previsione dell’eccepito art. 5, comma 7, del d.l n. 78/2010 che dispone che “Agli amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni, o indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti” e che tuttavia rafforza il mancato riscontro del già indicato elemento della responsabilità dell’amministrazione.

L’ingiustizia del danno va infatti verificata alla stregua dell’ordinamento giuridico nel suo complesso, al fine di accertare la meritevolezza dell’interesse che si assume leso, in ragione del riconoscimento e della tutela giuridica che lo stesso riceve.

La disposizione citata esclude compensi per gli organi delle forme associative degli enti locali ed è stata ritenuta dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 151/2012, espressione di un principio fondamentale che orienta la disciplina del rapporto tra le forme associative e i relativi amministratori, con l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica per il funzionamento degli organi delle citate forme associative.

Occorre considerare poi che lo Statuto consortile, quale statuto di una forma associativa di enti locali, ha natura giuridica di atto di normazione secondaria, in posizione subordinata rispetto alla legge e pertanto non può assurgere al rango di previsione in grado di qualificare il pregiudizio in termini di ingiustizia, stante la prevalenza di disposizioni di legge ritenute espressione di principi generali.

5. In conclusione, il ricorso non è fondato e va respinto.

Alla luce della particolarità delle questioni trattate sussistono giuste ragioni per procedere alla compensazione delle spese di lite.

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