TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2018-01-29, n. 201800267

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2018-01-29, n. 201800267
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 201800267
Data del deposito : 29 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/01/2018

N. 00267/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01155/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1155 del 2009, proposto da:
Syndial Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati A T e Paolo Dell'Anno, con domicilio eletto presso lo studio A T in Catanzaro, via Crispi, 37;

contro

Provincia di Crotone, Comune di Crotone, Comune di Cutro, Comune di Isola di Capo Rizzuto, Regione Calabria, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero dello Sviluppo Economico non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le Catanzaro, domiciliata in Catanzaro, via G.Da Fiore, 34;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 3 del 19 giugno 2009 con la quale il Dirigente del Settore Ambiente della Provincia di Crotone ha ordinato alla Società ricorrente di attivare “le procedure tecnico/amministrative, previste al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., finalizzate all’adozione urgente degli interventi di bonifica e ripristino ambientale necessari nonché urgenti interventi di messa in sicurezza ed ogni altra misura preventiva di cui all’art. 240 dello stesso D.Lgs. dei 24 siti (per come riportati nell’allegato n. 2), oggetto di sequestro preventivo da parte della Procura della Repubblica di Crotone, a seguito abbancamento e interramento di rifiuti speciali pericolosi rappresentati da materiale denominato loppa d’altoforno e cubilot, utilizzati invece del conglomerato idraulico catalizzato (CIC), e proveniente dall’ex stabilimento Pertusola SUD di Crotone”;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella udienza smaltimento del giorno 15 dicembre 2017 la dott.ssa Germana Lo Sapio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.E’ stata impugnata l’ordinanza n. 3 del 19 giugno 2009 con la quale il Dirigente del Settore Ambiente della Provincia di Crotone ha ordinato alla Società ricorrente “di attivare entro e non oltre 30(trenta) gg. dalla data di ricevimento della presente: le procedure tecnico/amministrative, previste al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., finalizzate all’adozione urgente degli interventi di bonifica e ripristino ambientale necessari nonché urgenti interventi di messa in sicurezza ed ogni altra misura preventiva di cui all’art. 240 dello stesso D.Lgs. dei 24 siti (per come riportati nell’allegato n. 2), oggetto di sequestro preventivo da parte della Procura della Repubblica di Crotone, a seguito abbancamento e interramento di rifiuti speciali pericolosi rappresentati da materiale denominato loppa d’altoforno e cubilot, utilizzati invece del conglomerato idraulico catalizzato (CIC), e proveniente dall’ex stabilimento Pertusola SUD di Crotone”.

2.La provincia non si è costituita in giudizio.

3.All’udienza del 15 dicembre 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4.Il ricorso è fondato.

5. E’ fondato il primo motivo di ricorso, con cui la società ricorrente deduce la violazione dell’art.

art. 7 L. 241/90. L’omesso avvio di comunicazione è giustificato richiamando in motivazione la sussistenza di “ motivi contingibili ed urgenti a tutela della salute pubblica e dell’ambiente

Si tratta di un richiamo generico e non sufficiente a dar conto della deroga apportata nel caso specifico al principio partecipativo di cui è espressione l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento;
invero, la mancata attivazione del contraddittorio, proprio in considerazione della complessità istruttoria dei procedimenti di bonifica, non ha consentito alla

ricorrente di formulare le osservazioni concernenti i presupposti per il sorgere della sua responsabilità e la cui incidenza sulla determinazione finale non può escludersi a priori.

Peraltro, anche a prescindere dal caso specifico, la salute pubblica e la salvaguardia dell’ambiente non valgono di per sé a integrare le ragioni di urgenza che possono esentare l’amministrazione dall’obbligo di comunicazione, poiché costituiscono proprio gli interessi pubblici cui è finalizzato il potere di ordinare le bonifiche dei siti inquinati, il cui esercizio deve però esplicarsi con le garanzie procedimentali, a tutela delle posizioni soggettive dei privati coinvolti.

6. E’ fondato il vizio di violazione degli artt . 242 ss, D. Lgs. 152/06, del principio “ chi inquina paga ” di matrice eurounitaria e di eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto di motivazione con cui la Syndial s.p.a. contesta la sussistenza del presupposti per la legittima individuazione della responsabilità a suo carico, non essendo né produttrice delle sostanze inquinanti, né proprietaria del materiale inquinante.

In merito, la ricorrente riferisce che lo stabilimento di Crotone aveva definitivamente cessato nel 1999 l’attività produttiva, compreso il recupero in impianti dedicati delle scorie cubilot (residui dal trattamento delle ferriti di zinco che costituiscono un sottoprodotto dell’attività di produzione dello zinco) per la produzione di CIC;
successivamente la Società Singea ha fuso per incorporazione la società produttrice Pertusola Sud in data 1 febbraio 2002, a sua volta poi fusa con effetto dal 1 novembre 2002 in EniChem/Syndial. In ragione di tale evoluzione degli assetti societari, non è peraltro configurabile una responsabilità iure successionis , poiché la fusione per incorporazione non può costituire titolo di responsabilità della Società incorporante nel caso in cui la Società incorporante non abbia proseguito l’attività della Società incorporata estinta (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913, confermata da Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2008, n. 6055);
circostanza che nel caso di specie non si è verificata, non avendo la Società incorporante proseguito l’attività fonte della contaminazione.

La circostanza della mancata prosecuzione dell’attività di produzione non è stata contestata dall’amministrazione resistente, né dal provvedimento emerge una specifica istruttoria sul punto. Sotto il profilo del difetto di motivazione, la doglianza pertanto va condivisa, non essendo stati accertati i presupposti per la riferibilità della responsabilità ambientale in capo alla società ricorrente. Gli obblighi di bonifica – ferma restando la possibilità del proprietario incolpevole di attivarsi per limitare le conseguenze che derivano dal permanere dell’imposizione di oneri reali sul bene immobile contaminato – sono attribuiti a carico del responsabile della contaminazione;
ma la verifica di tale presupposto non è stata effettuata dalla Provincia che, come dedotto dal ricorrente con il successivo motivo, si è invece fondata sugli esiti, allo stato, di un parallelo procedimento penale avviato presso la Procura presso il Tribunale di Crotone.

7. Quanto appena riferito, consente di esaminare il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione che emerge anche con riguardo al richiamo al predetto procedimento penale.

Nell’ordinanza impugnata si dà conto dell’avvio del procedimento penale n. 1138/99 R.G.N.R. - 1727/00 R.G. G.I.P.), nell’ambito del quale erano stati emessi dal Giudice per le Indagini preliminari presso il Tribunale di Crotone anche provvedimenti di sequestro preventivo delle aree interessate.

Va però osservato che, da un lato, tali misure cautelari erano state adottate nei confronti di soggetti estranei alla compagine societaria della ricorrente (il provvisorio addebito penale era stato elevato, in particolare, a carico dell’Ing. Vincenzo Mano, Direttore dello Stabilimento, dismesso al momento dell’adozione del provvedimento, Pertusola Sud di Crotone), per i reati di cui agli artt. 51, 3° e 5° co., del D.Lgs. 22/1997, ora art. 256, 3° e 5° co., D.Lgs. 152/06 (realizzazione e gestione di discarica di rifiuti pericolosi non autorizzata e illecita miscelazione di rifiuti pericolosi), art. 434 c.p. (crollo di costruzioni o altri disastri dolosi), 439 c.p. (avvelenamento di acque), 353 c.p. (turbata libertà degli incanti), 356 c.p. (frode in pubbliche forniture);
dall’altro, con memoria depositata dalla ricorrente in data 14 novembre 2017, è stata prodotta la sentenza di non luogo a procedere del GIP del Tribunale di Crotone n. 69/2012, adottata all’esito dell’incidente probatorio disposto in fase di indagini preliminari, da cui è emerso che: a) “ la Pertusola Sud non ha mai applicato a Crotone la metallurgia termica dello zinco essendo invece dotata di un impianto di idrometallurgia e che pertanto non veniva prodotto alcuno scarto assimilabile alla scoria “cubilot” proveniente dalla fusione della metallurgia termica dello zinco ”;
b) “ il notevole decorso del tempo dalla data di ultima produzione e posa in opera del C.I.C., la forte densità di popolazione insediatasi sul territorio in questione, ma soprattutto le attività industriali che per oltre 50 anni hanno caratterizzato la citta di Crotone tra i più importanti poli industriali del sud (con conseguente e verosimile esposizione ad agenti inquinanti non solo delle aree prettamente industriali ma di tutta la città di Crotone) non consentirebbero ad alcuno di affermare in modo univoco che le eventuali contaminazioni del suolo, sottosuolo e falda siano causate, e dunque, da ricondurre esclusivamente o solo parzialmente alla presenza di C.I.C. o ad alcuno dei suoi componenti ” .

Il semplice rinvio in motivazione a misure cautelari penali i cui presupposti sono stati poi sconfessati dagli esiti del procedimento penale, senza ulteriori approfondimenti e verifiche tecniche che l’amministrazione avrebbe dovuto invece autonomamente disporre, integra pertanto il difetto di motivazione di cui si duole la ricorrente.

8. E’ fondata anche la doglianza di vizio motivazionale per il rinvio ad atti e procedimenti diversi da quello concluso con l’ordine oggetto di questo giudizio;
ovvero, al documento preparatorio della conferenza dei servizi convocata presso il Ministero dell’ambiente in data 20 ottobre 2008, secondo cui la ricorrente avrebbe manifestato la disponibilità ad eseguire gli interventi di bonifica, e ad una specifica richiesta di rimozione dei rifiuti rivolta dal Ministero.

Come riferito dalla ricorrente – e sul punto non vi è stata alcuna controdeduzione della Provincia - si trattava, per un verso, di una disponibilità condizionata “ ad eventuali interventi di ripristino che dovessero rendersi necessari sulla base degli esiti delle indagini ”;
per l’altro, gli atti richiamati erano di natura endoprocedimentale, non essendo confluiti nel provvedimento conclusivo della conferenza di servizi.

9. Il difetto di motivazione risulta fondato anche in relazione al richiamo alle procedure di bonifica concernenti “ aree d’interesse nazionale di Crotone di cui al D.M. 468/01 e, più precisamente, dell’intera area interna all’ex Stabilimento Pertusola Sud unitamente alle aree adiacenti alle discariche di pertinenza ed alla fascia costiera prospiciente la zona Industriale della Città di Crotone ” trattandosi di aree distinte, qualificate come siti di interesse nazionale di cui al DM 468/2001 e le cui competenze amministrative in materia di tutela ambientale spettano al Ministero e non alla Provincia.

10. Infine, va condivisa anche la censura di violazione procedimentale per il mancato rispetto dei termini procedimentali richiesti per l’acquisizione del parere da parte del Comune interessato previsto dal’art. 244, comma 2, d. lgs. n. 152/2006;
non prevedendosi alcuna norma speciale, andava infatti applicato il termine di quarantacinque giorni previsto dall’art. 16 L. 241/90 (nella formulazione vigente ratione temporis ). Nel caso di specie è emerso, come riferito dalla stessa ricorrente, che la Provincia abbia sollecitato formalmente i Comuni interessati il 20 maggio 2009 e, una seconda volta, in data 11 giugno;
l’ordinanza gravata è stata adottata il 19 giugno 2009, prima della scadenza del termine assegnato al Comune per esprimere il suo parere.

11. In conclusione, il ricorso va pertanto accolto, con annullamento del provvedimento oggetto di impugnazione. La complessità della vicenda procedimentale giustifica la compensazione delle spese di lite.

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