TAR Trento, sez. I, sentenza 2009-04-07, n. 200900096

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2009-04-07, n. 200900096
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 200900096
Data del deposito : 7 aprile 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00074/2008 REG.RIC.

N. 00096/2009 REG.SEN.

N. 00074/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 74 del 2008, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avv. B M ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Trento, via Brennero, 167/5

contro

il Comune di Trento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. L B ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura comunale in Trento, Via Calepina, 12

per l'annullamento

- della lettera prot. n. 89102/04/NG/15.3 di data 15.11.2004 a firma del Dirigente Servizio attività sociali del Comune di Trento;

- della comunicazione prot. n. 102239/04/NG/15.3 di data 27.12.2004;

- della cartella di pagamento n. 112 2006 00149339 86 - Uniriscossioni S.p.A. - Concessionario del servizio nazionale di riscossione per la Provincia di Trento - ruolo 2006/3620 di € 6.209,71;

- degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del procedimento con ogni ulteriore conseguente statuizione.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Trento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26.3.2009 il consigliere Alma Chiettini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. La sig.ra-OMISSIS-, rispettivamente moglie e madre dei ricorrenti, in data 5 febbraio 2001 ha presentato al Comune di Trento la domanda per fruire del servizio di assistenza domiciliare. L’Amministrazione, con nota del giorno successivo, 6 febbraio, l’ha informata che la domanda era stata accolta, che l’ammontare della spesa oraria a suo carico, calcolata in base alla documentazione reddituale presentata riferita all’anno 1999, sarebbe stato di € 1,00 e che era tenuta a comunicare eventuali significative variazioni reddituali che avrebbero rideterminato la quota di concorso alla spesa. Il servizio richiesto, per un totale di 6 ore settimanali, è stato quindi erogato dal successivo giorno 19 febbraio 2001.

2. Nel mese di novembre dell’anno 2003, in occasione della prevista revisione triennale della documentazione reddituale dei fruitori del servizio, l’interessata ha presentato la dichiarazione dei redditi per l’anno 2002. Quindi, dapprima per le vie brevi (telefonicamente in data 11.2.2004 e presso gli uffici il giorno successivo), e poi con la lettera del Dirigente del competente servizio comunale del 15.11.2004, alla sig.ra -OMISSIS- è stato comunicato che era stata rideterminata la quota oraria quale concorso alla spesa a suo carico per il periodo 19.2.2001 - 31.12.2003, in quanto in origine calcolata in modo erroneo, dato che non era stato considerato il reddito imponibile percepito dal coniuge, signor -OMISSIS-. La differenza, rispetto a quanto già corrisposto, ammontava a € 6.017,10 perché il costo orario del servizio era risultato pari ad € 8,33 per gli anni 2001 e 2002 e ad € 8,74 per l’anno 2003.

La sig.ra -OMISSIS- ha controdedotto con una nota, pervenuta all’Amministrazione il successivo 1 dicembre, informando di aver sospeso definitivamente il servizio con decorrenza 1.3.2004 e sostenendo di nulla dovere in quanto l’errore sul calcolo dell’importo sarebbe stato da imputarsi all’esclusiva responsabilità dell’Amministrazione. La risposta da parte di quest’ultima è stata data con la nota del 27 dicembre 2004, nella quale la si invitava a pagare l’importo richiesto entro 30 giorni. L’interessata si è quindi rivolta ad un’associazione di consumatori che ha preso posizione in sua difesa e alla quale l’Amministrazione ha puntualmente replicato. Con la successiva lettera del 24.5.2005, di diffida e costituzione in mora, l’Amministrazione ha sollecitato il versamento dell’importo richiesto, avvisando la signora -OMISSIS- al contempo che, scaduto il termine per il pagamento, sarebbe stata avviata la procedura di riscossione coattiva. In data 13.9.2006 le veniva, poi, notificata la cartella di pagamento n. 112 2006 00149339 86.

3. La sig.ra -OMISSIS- - e successivamente i suoi eredi, posto che ella è deceduta in data 4.11.2006 - ha quindi citato l’Amministrazione comunale avanti al Tribunale civile di Trento, il quale, con la sentenza n. 244 depositata in Cancelleria il 29.2.2008, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sul dichiarato presupposto che il caso de quo riguarderebbe una controversia in materia di servizi pubblici devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’articolo 33 del D.Lgs. 31.3.1998, n. 80.

4. Con ricorso notificato il 28 marzo 2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 2 aprile, i ricorrenti hanno impugnato le citate note del Comune di Trento e la cartella di pagamento, atti meglio citati in epigrafe, formulando le seguenti articolate censure in diritto:

I - “violazione di legge - mancata e/o falsa applicazione della legge n. 241 del 1990”. Si denuncia che non sarebbe stato comunicato l’avvio del procedimento volto alla rideterminazione dell’importo orario del servizio né il nominativo del responsabile del procedimento: tutto l’iter avrebbe visto pretermesse le dovute garanzie procedimentali;

II - “errata applicazione della legge n. 241 del 1990, assenza dei presupposti per esercitare il potere di autotutela, per eccesso di potere, per contraddizione con precedenti manifestazioni di volontà”, posto che non sarebbe stata previamente accertata la sussistenza dell’interesse pubblico attuale, per di più in assenza di ogni valutazione dell’affidamento ingeneratosi in capo all’utente, oltre che di un’istruttoria adeguata;

III - “eccesso di potere per assenza di motivazione”;

IV - “violazione dei principi dell’art. 3 della legge provinciale n. 14 del 1991”, perché non vi sarebbe stata adeguata informazione su condizioni, requisiti, modalità di accesso e costi del servizio;

V - “eccesso di potere, sviamento dalla causa tipica e/o dall’interesse pubblico: inesistenza dei presupposti per emanare l’atto di ritiro”, in quanto se si trattasse di un provvedimento di revoca esso non potrebbe avere efficacia retroattiva e, comunque, ove fosse invece un atto di ritiro, lo stesso risulterebbe privo dei presupposti;

VI - “violazione dell’esistente convenzione”, perché la Pubblica amministrazione avrebbe unilateralmente modificato il contenuto dell’incarico ricevuto;

VII - “contraddittorietà fra provvedimento e/o determinazioni e/o comunicazioni del Comune – travisamento dei fatti”, posto che successivamente all’acquisizione del servizio non vi sarebbe stata alcuna significativa variazione del reddito percepito dal marito della sig.ra -OMISSIS-.

5. Nei termini di rito si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, eccependo la tardività e l’inammissibilità del ricorso, il difetto di giurisdizione e chiedendo comunque la reiezione dello stesso nel merito.

6. Alla pubblica udienza del 26 marzo 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame il coniuge ed il figlio, in qualità di eredi, della sig.ra I -OMISSIS-, la quale a decorrere dal 19 febbraio 2001 e fino al febbraio 2004 ha usufruito del servizio di assistenza domiciliare fornito dal Comune di Trento, hanno impugnato la richiesta della stessa Amministrazione volta al pagamento della quota oraria del servizio, dovuta quale concorso alla spesa, nella differenza, e per il periodo 19.2.2001 - 31.12.2003 tra l’importo originariamente richiesto e quello rideterminato nel novembre 2003, quando è stato constatato un errore nel calcolo inizialmente eseguito dagli uffici comunali.

2. Preliminarmente, quanto alle eccezioni in rito presentate dalla difesa dell’Amministrazione, occorre osservare quanto segue.

2a. Il ricorso deve innanzitutto ritenersi tempestivo in quanto notificato al Comune di Trento in data 28 marzo 2008, ossia 28 giorni dopo il deposito in Cancelleria della sentenza n. 244/08 del Tribunale di Trento in composizione monocratica che, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla difesa del Comune, ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell’A.G.O., e che è passata in giudicato.

Quanto al tema dell’eventuale transito del processo dall’uno all’altro ordine giurisdizionale il Collegio non può che richiamare la sentenza additiva della Corte costituzionale 12.3.2007, n. 77, con la quale, in base al diritto costituzionale “delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o negativa, in ordine al <bene della vita>
oggetto della loro contesa”, è stato statuito che gli artt. 24 e 111 della Costituzione impongono che a tale principio debba ispirarsi “la disciplina dei rapporti tra giudici appartenenti ad ordini diversi allorché una causa, instaurata presso un giudice, debba essere decisa, a seguito di declinatoria della giurisdizione, da altro giudice”. In tal senso, la Corte ha riconosciuto la necessità che, a seguito della declinatoria della giurisdizione, siano conservati gli effetti prodotti dalla domanda proposta davanti ad un giudice che si è dichiarato privo di giurisdizione. E, in attesa dell’intervento del legislatore ordinario, ha conclusivamente sottolineato che “laddove possibile, utilizzando gli strumenti ermeneutici … i giudici ben potranno dare attuazione al principio della conservazione degli effetti della domanda nel processo riassunto”.

Sulla questione in esame è ancora da rilevare che l’atto di citazione avanti al Tribunale di Trento risulta essere stato notificato in data 30.10.2006 con l’opposizione alla cartella di pagamento n. 112 2006 00149339 86 inviata da Uniriscossioni S.p.A. alla sig.ra -OMISSIS- in data 13.9.2006.

E’ ben noto che in sede amministrativa il termine per l’impugnazione decorre dall'effettiva e piena conoscenza del provvedimento ritenuto lesivo. Nel caso de quo, il Collegio ritiene, peraltro, che solo con la ricezione della cartella di pagamento la sig.ra -OMISSIS- abbia avuto piena cognizione non solo dell’esistenza del credito vantato dall’Amministrazione comunale nei suoi confronti, ma soprattutto della definitiva volontà dell’Amministrazione di riscuoterlo;
il tenore della nota datata 27.12.2004, così come della successiva del 24.5.2005 ricordava, infatti, la possibilità di avere ulteriori informazioni e chiarimenti e ometteva comunque l’indicazione del termine per impugnare e dell’Autorità cui ricorrere;
dal che consegue il fondato ed obiettivo dubbio in ordine alla possibilità di ulteriore interlocuzione in via amministrativa.

2b. Il ricorso, a differenza di quanto affermato dalla difesa del Comune, non doveva, poi, essere notificato ad Uniriscossioni S.p.A., che ha notificato alla sig.ra -OMISSIS- la cartella di pagamento per la riscossione della somma richiesta dall’Amministrazione comunale di Trento, in quanto il Concessionario del servizio nazionale di riscossione per la Provincia di Trento - soggetto di diritto privato che svolge attività di pubblico interesse, quale Agente per la riscossione dei tributi - non è contitolare del diritto di credito vantato dall’Ente civico, ma mero delegatario del pagamento e pertanto non assume la qualità di contraddittore necessario. La giurisprudenza ha già chiarito che l’eventuale notifica del ricorso al Concessionario della riscossione avrebbe avuto la mera funzione di una “denuntiatio litis” per portare a sua conoscenza la pendenza della controversia (cfr., in termini, Cass. Civ., sez. lav., 17.4.2007, n. 9113).

2c. Con riferimento all’eccezione di difetto di giurisdizione, il Collegio deve rilevare, innanzitutto, che sulla medesima questione si è formato il giudicato del Tribunale civile di Trento e, peraltro, a seguito di eccezione di difetto di giurisdizione anche in quella sede da parte del difensore del Comune di Trento. In disparte restando ogni rilievo in merito al detto incoerente atteggiamento in sede processuale ordinaria e amministrativa da parte del Comune di Trento, va rilevato, per quanto concerne questo processo, che con l’atto introduttivo è stato fondamentalmente contestato il potere dell’Amministrazione di provvedere in autotutela alla correzione della quota oraria di compartecipazione alla spesa precedentemente determinata in modo erroneo. Dal che discende che appartiene alla giurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativo la controversia avente per oggetto un atto di rettifica di un provvedimento amministrativo con il quale è stato disposto il recupero di somme a credito dell’Amministrazione nell’esercizio di funzioni pubblicistiche in materia assistenziale, e ciò in quanto espressione di un discrezionale apprezzamento in ordine alla sussistenza o meno dell’interesse pubblico attuale ad intervenire, nonché degli eventuali effetti totalmente o parzialmente preclusivi se del caso indotti dall’incolpevole affidamento dell’assistita.

3. Così disattese le questioni sollevate sull’ammissibilità dell’atto introduttivo e sulla giurisdizione, premette il Collegio che il servizio di assistenza domiciliare era previsto dagli artt. 22, 25 e 26 della L.p. 12.7.1991, n. 14 (poi abrogata dall’art. 54 della L.p. 27.7.2007, n. 13, con la decorrenza stabilita dalla data del relativo regolamento di esecuzione), e riguarda il “complesso delle prestazioni di natura socio - assistenziale e sanitaria prestate al domicilio di persone singole o di nuclei familiari che, indipendentemente dalle condizioni economiche e sociali ed essendo privi di adeguata e sufficiente assistenza, necessitino di sostegno, in via temporanea o continuativa, in relazione al verificarsi di situazioni di deficienza funzionale da qualsiasi causa dipendente o di situazioni che comportino il rischio di emarginazione. Essi consentono la permanenza nel normale ambiente di vita e di ridurre le esigenze di ricorso a strutture residenziali”. L’art. 5 della stessa legge prescrive che “i soggetti che fruiscono delle prestazioni di cui alla presente legge, eccettuate quelle di assistenza economica, o le persone tenute nei loro confronti al mantenimento o alla prestazione degli alimenti, devono rimborsare la spesa inerente alle suddette prestazioni o concorrere alla stessa sulla base di criteri stabiliti con riferimento alle condizioni economiche dei nuclei familiari di appartenenza”. Compete poi alla Giunta provinciale determinare con proprie deliberazioni “i requisiti, le modalità ed i criteri per l'erogazione degli interventi” (art. 14) ed emanare direttive “per l'esercizio delle funzioni delegate (ai Comprensori e ai Comuni di Trento e Rovereto) per l'attuazione del piano provinciale socio - assistenziale, mettendo in atto i necessari strumenti di verifica e controllo di efficienza e di efficacia” (art. 11).

La difesa del Comune di Trento ha precisato in giudizio che un’ora di servizio di assistenza domiciliare negli anni 2001 – 2003 è costato all’Amministrazione da un minimo di € 16,66 ad un massimo di € 19,80, e che il grado di copertura tariffario degli utenti è variato dal 50,47% al 58,57%. L’Amministrazione ha quindi definito tali prestazioni “un servizio pubblico qualificato a costo ridotto”.

Il servizio erogato alla sig.ra -OMISSIS- è stato organizzato con la presenza di un’assistente della Cooperativa S.A.D. per tre giorni alla settimana, dalle ore 14.00 alle ore 16.00, la quale, secondo il progetto assistenziale stilato dall’assistente sociale, forniva servizi di sostegno all’igiene personale, di igiene ambientale, di accompagnamento fuori casa o di attività motoria in casa, di sostegno psicologico e relazionale.

Il personale che svolge il servizio di assistenza domiciliare è qualificato per le mansioni che svolge e segue periodici corsi di formazione. Da ciò consegue che le argomentazioni contenute nel ricorso volte a sostenere che il concorso alla spesa richiesto dal Comune sarebbe stato “fuori mercato”, soprattutto se paragonato con il costo orario richiesto da una “badante”, sono palesemente infondate in fatto, oltre che in diritto, essendo state dette prestazioni fornite a richiesta della parte interessata e vertendo la controversia in atto esclusivamente sull’importo se del caso dovuto dagli odierni eredi.

4. Con una serie di motivi essi denunciano alcune violazioni alle norme e alle garanzie procedimentali di cui alla legge 7.8.1990, n. 241, che l’Amministrazione avrebbe posto in essere nel richiedere prima alla sig.ra -OMISSIS-, e poi ai suoi gli eredi, la differenza del costo orario per il servizio di assistenza domiciliare fornito.

Tali censure sono infondate.

Il Comune di Trento, con le note impugnate tramite le quali ha chiesto il pagamento del costo orario del servizio di assistenza domiciliare prestato alla moglie e madre dei ricorrenti nell’importo corrispondente alla differenza tra quanto determinato nel mese di febbraio 2001 e quanto rideterminato nel mese di novembre 2003, non ha adottato né un provvedimento di revoca né un atto unilaterale di modificazione del contratto di prestazioni stipulato con la sig.ra -OMISSIS-.

L’Amministrazione ha invece posto in essere un procedimento di rettifica volto all’eliminazione di un errore materiale di calcolo in cui era in precedenza incorsa, con la conseguente sostituzione del contenuto dell’atto originario in base a ciò che avrebbe dovuto essere allora correttamente statuito. Dell’avvio del relativo procedimento l’interessata è stata informata, tramite il figlio, sia telefonicamente in data 11.2.2004 sia con un colloquio presso gli uffici del Comune il giorno successivo, quando le è stato altresì comunicato “che la quota oraria sarebbe variata sensibilmente”. (cfr. nota a firma I -OMISSIS- del 29.11.2004 - documento n. 11 in atti di parte resistente). Al procedimento l’interessata ha dunque potuto partecipare, sia direttamente esponendo le sue argomentazioni con la richiamata nota del 29.11.2004 (al protocollo del Comune il 1° dicembre successivo), sia tramite l’associazione Lega Consumatori Acli, che ha inviato due note al Comune alle quali l’Ente ha regolarmente controdedotto (note del 7 e 28.2.2005 - documenti 13b e 13d in atti di parte resistente). Ed in tutte le note redatte dall’Amministrazione nella lunga istruttoria che ha portato alla riscossione coattiva del credito sono stati indicati i funzionari responsabili del procedimento ai quali era possibile rivolgersi per chiedere informazioni e chiarimenti.

I motivi di ricorso attinenti alle violazioni della legge sul procedimento amministrativo vanno perciò disattesi.

5. Risulta invece parzialmente fondata la censura di eccesso di potere nella figura sintomatica dell’inesistenza dei presupposti per l’adozione dell’atto di rettifica nella misura in cui è stato emanato. Infatti, con riguardo all’errore materiale nel calcolo dell’importo dovuto dalla famiglia Faes - -OMISSIS- per il servizio di assistenza domiciliare fornito dal Comune, occorre prendere atto che, per testuale ammissione dell’Amministrazione comunale, l’errore è stato compiuto dai competenti uffici comunali nel mese di febbraio dell’anno 2001. Se ciò corrisponde indubbiamente al vero va, tuttavia, posto anche in luce che, dalla documentazione depositata agli atti dalle parti costituite, emerge un profilo di corresponsabilità in capo alla sig.ra -OMISSIS-, ed ora ai ricorrenti, nel perdurare dell’errore, e di conseguenza nella maggiorazione dell’importo rideterminato, che deve essere addebitato a colei che aveva usufruito del servizio.

5a. Sotto questo aspetto è necessario precisare che le disposizioni vigenti in materia prescrivono che la domanda del servizio assistenziale debba essere accompagnata dalla documentazione reddituale del richiedente e dei componenti conviventi nel suo nucleo familiare, alla quale è riconosciuta una validità di tre anni. Medio tempore, però, l’utente è tenuto a comunicare tempestivamente le significative variazioni, in aumento o in diminuzione, dello stesso reddito familiare. Tali maggiori o minori entrate possono derivare da molteplici fattori, fra i quali la variazione della composizione della famiglia ed il sopravvenire di benefici economici aggiuntivi o di decurtazioni degli stessi redditi rispetto a quelli in godimento in via ordinaria da parte dei componenti il nucleo familiare.

Di tale disciplina la sig.ra -OMISSIS- era stata informata sia al momento di presentazione dell’istanza assistenziale (posto che ha contestualmente depositato una nota di variazione firmata dal coniuge), che con due successive formali note, rispettivamente di data 6 febbraio, in sede di accoglimento della domanda, e di data 19 febbraio 2001, al momento dell’inizio del servizio. Con le stesse lettere era stata, altresì, avvertita che, in relazione alle maggiori o minori entrate, la quota di concorso alla spesa sarebbe stata rideterminata.

Con la presentazione della domanda dell’intervento assistenziale, datata 2 febbraio e depositata il 5 febbraio 2001, l’interessata aveva dunque allegato il modello Unico 2000 dal quale risultava che il reddito imponibile del marito per il periodo d’imposta 1999 ammontava a L. 53.324.000, dei quali L. 43.618.000 da lavoro dipendente e assimilati e lire 10.172.000 (lordi) quali compensi per attività di collaborazione. Con un apposito modulo il coniuge della sig.ra -OMISSIS-, signor -OMISSIS-, aveva anche informato di una significativa variazione al reddito, ossia che l’importo di L. 10.172.000 era conseguente ad un’attività di collaborazione saltuaria svolta presso una cartotecnica interrotta nel mese di maggio 1999.

Gli uffici del Comune, nel calcolare la quota oraria di concorso alla spesa, per loro testuale ammissione, “non hanno considerato il reddito imponibile percepito dal marito” (cfr. nota di data 27.12.2004). Di conseguenza, con la nota inviata all’assistita il successivo giorno 6 febbraio, le è stato comunicato che il costo orario da sostenere ammontava ad € 1.00. E dal 19 febbraio la sig.ra -OMISSIS- ha iniziato a fruire delle prestazioni dell’assistenza domiciliare.

5b. Dalla documentazione fiscale depositata, il modello 730/2001 riferito al successivo anno d’imposta 2000, risulta che il reddito imponibile del marito è risultato pari a L. 48.592.000, di cui L. 44.237.000 da lavoro dipendente e assimilati e L.

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