TAR Bologna, sez. I, sentenza 2023-04-24, n. 202300251
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Pubblicato il 24/04/2023
N. 00251/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00592/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 592 del 2022, proposto da
-O- di -O-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati D F e L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio L P in Bologna, via Don Minzoni n. 4;
contro
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, ivi domiciliataria ex lege, via A. Testoni, 6;
per l'annullamento
previa sospensiva
- del provvedimento prot. fasc. -O-/-O-^ -O-protocollo interno n. -O- del 7 giugno 2022, con il quale l'Ufficio Territoriale del Governo di Bologna ha informato la società ricorrente di ritenere “accertata la sussistenza del pericolo di infiltrazioni mafiose ai sensi dell'art. 91 del Codice Antimafia”, disponendo “la revoca dell'iscrizione nelle white list istituite dalla Prefettura di Bologna ai sensi dell'art. 5 bis del d.l. n. 74/2012 (…) e la contestuale cancellazione della medesima dell'elenco delle imprese iscritte”;per quanto occorrer possa,
- del provvedimento n. -O- adottato dalla Prefettura di Bologna in data 22 ottobre 2020 nei confronti della società -O-, se ed in quanto influente sulla posizione della ricorrente, e la nota n. -O---O- del 28 febbraio 2022, entrambi citati nel provvedimento impugnato e di contenuto sconosciuto, di ogni altro atto e provvedimento presupposto, concomitante e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’ U.T.G. - Prefettura di Bologna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2023 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.-La società odierna ricorrente è stata costituita il 19 novembre 1996 da -O-, -O-, -O-, -O- e -O- ed è iscritta alla white list dal 2016.
-O- è receduto dalla qualità di socio il 1° agosto 1997 e -O- l’8 ottobre 2019.
Con provvedimento del 7 giugno 2022 il Prefetto di Bologna ha disposto la revoca dell’iscrizione alla white list per il pericolo del tentativo di condizionamento della criminalità organizzata desunto da elementi indiziari ovvero da asserite frequentazioni di -O-, -O- e -O- con pregiudicati e da interdittiva subita da -O- nel 2020 non più socio dal 97 ma legato da rapporti di parentela con i soci.
Con il ricorso in esame la società ricorrente ha impugnato il suindicato provvedimento, deducendo unico articolato motivo, così riassumibile:
VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEL D.LGS. N. 159/2011 IN PARTICOLARE DEGLI ARTT. 84, 91 E 93, NONCHE’ DELL’ART. 5-BIS D.L. N. 74/2012 E 2 DEL D.P.C.M. 18 APRILE 2013. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELLE CIRCOLARI MINISTERO DELL’INTERNO N. 11001/119/20 DEL 29 APRILE 2016 E N. 11001/119/20 DEL 27 MARZO 2018. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE FIGURE SINTOMATICHE, IN PARTICOLARE, PER FALSO PRESUPPOSTO E TRAVISAMENTO;DIFETTO DI ISTRUTTORIA;MANCANZA DI MOTIVAZIONE: l’impugnata revoca si fonda su elementi da tempo noti all’Amministrazione e che non avevano infatti impedito l’iscrizione alla white list sin dal 2016;non sarebbe legittimo desumere come pretende il Prefetto il pericolo di ingerenza nella gestione dell’impresa da rapporti sporadici casuali ed occasionali risalenti nel tempo e da rapporti di parentela in assenza di ulteriori elementi, come peraltro stabilito di recente dall’adito Tribunale Amministrativo.
Ha inoltre impugnato anche l’altro provvedimento interdittivo adottato dalla Prefettura di Bologna in data 22 ottobre 2020 nei confronti della società -O-, se ed in quanto influente sulla posizione della ricorrente.
Con memoria la difesa di parte ricorrente ha inoltre rappresentato la presenza nell’informativa antimafia di omonimie riguardanti gli stessi soci.
Alla camera di consiglio del 8 settembre 2022 con ordinanza n. -O- la domanda cautelare è stata accolta ex art. 55 c. 10 c.p.a. mediante sollecita fissazione dell’udienza di merito.
In prossimità della trattazione nel merito parte ricorrente ha depositato memoria e documentazione insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 12 aprile 2023, uditi i difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.-E’ materia del contendere la legittimità del provvedimento assunto il 7 giugno 2022 dal Prefetto di Bologna di revoca di iscrizione della società ricorrente alla “white list” di cui all’art. 1 c. 52-57 L.190/2012.
Lamenta la società ricorrente, in sintesi, l’assenza di sufficienti elementi indiziari da cui poter ragionevolmente desumere il pericolo del tentativo di infiltrazione mafiosa, non potendo all’uopo rilevare i soli legami familiari dei soci e/o contratti occasionali con soggetti malavitosi al fine dell’adozione di un provvedimento così gravemente lesivo per l’esercizio della libertà di impresa costituzionalmente garantita. Trattasi inoltre - secondo la ricorrente - di elementi fattuali preesistenti rispetto alla revoca gravata e dunque ben conosciuti o agevolmente conoscibili durante il non breve periodo di iscrizione alla white list
2.- Il ricorso è fondato e va accolto.
4.- Giova evidenziare in punto di fatto come la società ricorrente risulti costituita nel 1996 con sede a -O- ed attualmente con i soci -O- e -O- e -O- A. non essendo più socio dal 1997 -O- destinatario di interdittiva nel 2020.
I soci -O- A. e -O- sono stati sorpresi, in seguito a controlli, in presenza di pregiudicati: segnatamente il primo nel territorio di -O- nel periodo 2011-12 con 3 pregiudicati di cui uno (-O-) condannato per associazione di stampo mafioso, mentre il secondo a -O- (CE) nel 2003 con un malavitoso. La figlia di -O- A. inoltre risulta comproprietaria di fabbricato con il figlio di -O-.
5. - Ciò premesso, secondo la giurisprudenza, l'interdittiva prefettizia antimafia di cui all’art. 89 bis d.lgs. 159/2011 costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata, impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;trattandosi quindi di una misura a carattere preventivo, prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell'esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata;pertanto, si è in presenza di una valutazione che costituisce espressione di ampia discrezionalità, che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati ( ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 11 settembre 2017, n. 4286;id. sez. III, 22 marzo 2017, n. 1312).
L’istituto della misura interdittiva antimafia si colloca, dunque, al centro di esigenze contrapposte ovvero tra il contrasto in modo efficace della criminalità organizzata ed il rispetto della libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita nonché la stessa dignità ed onorabilità delle persone.
L'iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cd. white list) è disciplinata dagli stessi principi che regolano l'interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione ( ex plurimis Consiglio di Stato sez. III, 11 aprile 2019, n. 1917).
Le esigenze di ordine pubblico compendiate in particolare nel Codice antimafia hanno determinato una forte anticipazione della soglia di difesa sociale, non essendo richiesta a presupposto dell’esercizio del potere interdittivo la prova della concreta infiltrazione mafiosa bastando il solo “tentativo”.
5.1. - In considerazione, tuttavia, della delicatezza degli interessi in gioco e della tutela del diritto di iniziativa economica (art. 41 Cost.) oltre che di ulteriori valori costituzionali (2, 3, 27, 97, 111, 113 e 117 c. 1, Cost.) deve essere ricercato un giusto punto di equilibrio tra le esigenze di precauzione e di garanzia dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti (T.A.R. Emilia-Romagna Parma 2 dicembre 2015, n. 1060) non essendo sufficienti meri sospetti bensì elementi obiettivi e univoci tali da denotare il rischio concreto di condizionamenti mafiosi nella conduzione dell'impresa.
Si impone dunque - anche ad avviso del Collegio - una interpretazione costituzionalmente orientata con particolare riferimento agli artt. 2, 3, 27, 41, 97, 111, 113 e 117 c. 1, Cost., specie tenendo presente come la Consulta solo di recente abbia affrontato la questione di costituzionalità seppur in riferimento agli artt. 89-bis e 92, commi 3 e 4, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, censurati per violazione dei soli artt. 3 e 41 Cost. (Corte Costituzionale sent. 26 marzo 2020, n. 57).
5.2. - Non va poi taciuto, come si dirà più avanti, che secondo l’art. 6 (diritto ad un processo equo) della Convenzione EDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, la qualificazione secondo il diritto interno di tali misure come di prevenzione non ne impedisce, almeno in ipotesi, la qualificazione in chiave convenzionale quali misure di tipo afflittivo ovvero di pene in senso sostanziale (Corte EDU 8 giugno 1976 Engel e a.c. paesi Bassi;Id sez. I, 10 dicembre 2020 Edizioni del Roma s.c.r.l. c/Italia).
5.3. - Ne consegue che il Prefetto può ravvisare l’insorgenza di tentativi di infiltrazione mafiosa oltre che dalle condanne per i c.d. reati spia ( ex multis T.A.R. Sicilia Catania sez. IV, 19 aprile 2021, n. 1229) da specifici ed obiettivi elementi indiziari, quali ad esempio dichiarazioni di pentiti, frequentazioni elettive, rapporti di parentela con soggetti malavitosi, ove al dato dell’appartenenza familiare si accompagni la frequentazione, la convivenza o la comunanza di interessi con l’individuo sospetto ( ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6380), non risultando invece sufficiente ai fini dell’adozione della misura di prevenzione il mero dato dei rapporti di parentela con esponenti della criminalità organizzata (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 2 dicembre 2015, n. 1060;T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 7 novembre 2016, n. 2866;Consiglio di Stato, sez. III, 5 aprile 2016, n. 1328) se non accompagnati da ulteriori elementi indiziari circostanziati.
5.4. - In particolare, quanto ai legami familiari, deve però evidenziarsi che parte della giurisprudenza (anche dell’adito Tribunale) non ha mancato di rilevare che “specialmente nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una influenza reciproca di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza. Una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli un mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della famiglia, sicchè in una famiglia mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del capofamiglia e dell’associazione” (così Consiglio di Stato, sez III 3 maggio 2016, n. 1743;T.A.R. Emilia - Romagna, Bologna, sez. I, 9 luglio 2020, n. 481;T.A.R. Campania Napoli sez. I, 1 settembre 2020, n. 3706).
6. - Tanto premesso, ritiene il Collegio fondate le doglianze di violazione del Codice antimafia e di eccesso di potere per travisamento e difetto di motivazione ed istruttoria.
6.1- Quanto alla asserita frequentazione dei soci con soggetti malavitosi non ritiene il Collegio di poterne apprezzare la rilevanza sia in relazione alla risalenza nel tempo che alla occasionalità di tali contatti.
I contatti accertati del socio -O- sono stati due (uno il -O- e l’altro l’-O-) mentre unico quello che ha riguardato l’altro socio -O- (-O-).
La giurisprudenza anche dell’adito Tribunale Amministrativo ha infatti distinto in “subiecta materia” le vere e proprie “frequentazioni” dagli incontri occasionali o sporadici con soggetti malavitosi i quali a differenza delle vere e proprie frequentazioni soprattutto in occasione di eventi pubblici (cortei, feste, funerali ecc.) o in luoghi pubblici (nel caso di specie in aeroporto) non possano di per sé essere utilizzati come sintomatici dell'appartenenza a sodalizi criminali (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 7 aprile 2010, n.320) né tantomeno del tentativo di infiltrazione mafiosa ( T.A.R. Emilia - Romagna, Bologna 25 marzo 2021, n. 304).
La risalenza nel tempo unitamente alla occasionalità depone dunque per l’esclusione di valore sintomatico.
6.2.- Quanto ai rapporti familiari non ritiene il Collegio sufficiente pur secondo il criterio del “più probabile che non” desumere il pericolo di infiltrazione dal legame di parentela con -O-, da venticinque anni non più socio della società ricorrente e non convivente con i rimanenti soci, in assenza di ulteriori elementi.
Risultano infatti totalmente assenti ulteriori elementi indiziari comunemente ritenuti in “subiecta materia” rilevanti al fine di desumere il tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione della società ricorrente, ovvero interessenze economiche, frequentazioni (nel senso sopra precisato) o comunanza di interessi da parte dell’amministratore e socio unico con soggetti pregiudicati.
6.2. - Non ritiene il Collegio che i suindicati elementi fattuali (peraltro non sopravvenuti ma preesistenti all’emanazione del provvedimento impugnato) siano sufficientemente sintomatici di un pericolo di condizionamento attuale della società ricorrente da parte della criminalità organizzata.
6.3. - Si impone come detto una lettura della normativa interna che non può prescindere dalla rilevanza oltre che costituzionale (art. 41 Cost) comunitaria (artt. 49 e 56 TFUE) e convenzionale (artt. 6 e 13 CEDU) del diritto di libera iniziativa economica, apparendo le interdittive antimafia di cui al d.lgs. n. 159/2011 misure di prevenzione, ma al contempo in chiave CEDU misure “lato sensu” afflittive ovvero pene in senso sostanziale (Corte EDU 8 giugno 1976 Engel e a.c. paesi Bassi;Id sez. I, 10 dicembre 2020 Edizioni del Roma s.c.r.l. c/Italia) invero basate più che su apprezzamenti discrezionali di tipo tecnico sul mero accertamento fattuale da parte del Prefetto di elementi indiziari, nei confronti del quale il sindacato giurisdizionale non appare poter essere soltanto estrinseco bensì pieno ed effettivo, secondo il criterio della “full jurisdiction”.
6.4.- D’altronde non a caso il legislatore con il decreto legge n. 152 del 6 novembre 2021 convertito dalla legge 29 dicembre 2021 n. 233 ha apportato rilevanti modifiche al sistema di prevenzione antimafia disciplinato dal vigente decreto legislativo n. 159/2011 relegando l’istituto delle interdittive ad “extrema ratio”, come peraltro auspicato dallo stesso Consiglio di Stato (sent. sez. III, 10 agosto 2020, n. 4979) in omaggio al principio comunitario di proporzionalità, potendosi la libertà di iniziativa economica sacrificare con misure meno lesive ed altrettanto funzionali alla tutela degli interessi pubblici alla base della prevenzione antimafia, quali l’introdotto ed alternativo istituto della prevenzione collaborativa.
7. - Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso è fondato e va accolto, con l’effetto dell’annullamento del provvedimento impugnato.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite in relazione alla particolarità della materia trattata.