TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2024-06-25, n. 202403940
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Testo completo
Pubblicato il 25/06/2024
N. 03940/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01379/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1379 del 2021, proposto da
A D M e T S, rappresentati e difesi dall'avvocato G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Crispano, via Giovanni XXIII n.1;
contro
Comune di Cellole, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato N C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Umberto Limongelli in Napoli, via A. D'Isernia n. 24;
per l'annullamento
(a) del Diniego Definitivo (prot. N. 0013550 del 20.05.2020) emesso dal Comune di Cellole (CE) – Ufficio Area Gestionale del Territorio e Servizi Tecnici, in persona del Responsabile p.t., notificato in data 13. 01.2021;(b) dell'ordinanza di Demolizione (prot. 15449 del 17.06.2020) emesso dal Comune di Cellole (CE) – Ufficio Area Gestionale del Territorio e Servizi Tecnici, in persona del Responsabile p.t., notificato in data 13. 01.2021.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cellole;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 13 giugno 2024 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I Sig.rri A D M e T S hanno impugnato il diniego definitivo (prot. N. 0013550) del 20 maggio 2020, con il quale il Comune di Cellole ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della pratica di condono di cui all’art. 32 comma 27 lettera d) Legge 326/03, unitamente all’ordinanza di demolizione (prot. 15449) del 17 giugno 2020, diretta a disporre la demolizione delle opere abusive, consistenti in un appartamento di circa 30 mq. composto da un vano terraneo e servizio igienico, il tutto circoscritto da un muro di cinta.
Con un’unica ma articolata censura si sostiene la violazione dell'art. 32 della L. n. 326 del 2003, oltre al venire in essere di un difetto di istruttoria e di motivazione e al difetto dei presupposti in riferimento all’art. 1 quinquies Legge 431/85.
A parere dei ricorrenti l'Amministrazione intimata si sarebbe limitata a constatare l’esistenza di un vincolo (quello paesaggistico) e a richiamare genericamente il testo normativo di cui al D.M. del 28/03/1985, senza esaminare in concreto la consistenza dell’abuso da condonare che, in quanto tale, avrebbe una superficie limitata e insisterebbe su un'area ormai fortemente urbanizzata, compatibile con il contesto ambientale circostante.
Si è costituito il Comune di Cellole che ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per irritualità della notifica non eseguita all’indirizzo di posta elettronica di cui all’elenco del Ministero della Giustizia, di cui all’art. 16, comma 12, d.l. n. 179 del 2012.
Nel merito si sono contestate le argomentazioni proposte e chiesto il rigetto del ricorso, in quanto infondato.
All’udienza straordinaria e di riduzione dell’arretrato del 13 giugno 2024, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. In primo luogo è necessario premettere che la manifesta infondatezza del ricorso consente di prescindere dall’eccezione preliminare di inammissibilità.
1.1 È da respingere l’unico motivo con il quale si sostiene che l’Amministrazione comunale non avrebbe verificata la compatibilità ambientale dei manufatti, essendosi limitata a constatare l’esistenza di un vincolo.
1.2 È dirimente constatare che i ricorrenti hanno realizzato considerevoli volumi, corrispondenti ad un intero appartamento di circa 30 mq. composto da un vano terraneo e servizio igienico e da un muro di cinta e, ciò, nell’ambito di un’area dove insiste il vincolo di inedificabilità disposto dal D.M. 28.03.1985.
1.3 È noto, che l’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 4 prevede che, nelle aree soggette a vincolo siano sanabili esclusivamente le opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria (tipologie nn. 4, 5 e 6 dell'allegato "1" alla legge 24 novembre 2003, n. 326), tipologie queste ultime che escludono gli incrementi volumetrici e di superficie come quelli realizzati dagli attuali ricorrenti.
1.4 Un costante orientamento giurisprudenziale ha confermato che “ l'applicabilità del c.d. terzo condono in riferimento alle opere realizzate in zona vincolata ..(sia) limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici" e, ancora, che "ai sensi dell'art. 32 comma 27 lett. d) del decreto legge su menzionato come convertito sul terzo condono, ... (siano) sanabili le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo;b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);d) che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta al vincolo " (Cons. St., Sez. VI, 18.05.2015 n. 2518).
1.5 In assenza dei presupposti per ritenere ammissibile il condono il Comune non era nemmeno tenuto ad acquisire il parere preventivo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.
Anche qui precedenti pronunce hanno chiarito che “soltanto quando siano assenti le condizioni ostative indicate dal legislatore, l’amministrazione comunale deve chiedere il parere dell’organo ad esso tenuto per valutare la possibilità di rilasciare all’interessato un provvedimento favorevole” (in tal senso la sentenza del Consiglio di Stato n. 4685/2022)”.
1.6 Altrettanto non condivisibile è l’argomentazione diretta a evidenziare il consolidarsi di un affidamento dei ricorrenti in ragione del tempo trascorso, tra la data di realizzazione dell’abuso e la data dell’ordine di demolizione e, ancora, l’omessa ponderazione e motivazione degli interessi in gioco da parte dell’Amministrazione ora costituita.
1.7 L’Adunanza plenaria del 17 ottobre 2017, n. 9, confermando un orientamento maggioritario sino a quel momento seguito, ha sancito che “ il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso neanche nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso ”. ( TAR Lazio, sez. II quater, sent. 24 giugno 2019, n. 8237).
1.8 L’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né ancora una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione (Cons. Stato, IV, 28 febbraio 2017, n. 908).
1.9 Nemmeno è possibile condividere la tesi, in base alla quale a seguito della presentazione della domanda di condono si sarebbe formato il silenzio assenso con conseguente accoglimento dell’istanza e, ciò, considerando che per le opere eseguite su aree soggette a vincolo paesaggistico, il termine di 24 mesi previsto dall'art. 35, l. 28 febbraio 1985 n. 47 per la formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono, decorre ai sensi del comma 18 del medesimo art. 35 dall'acquisizione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 3/10/2005 n. 2015).
2. Come si è avuto modo di anticipare, nell’area interessata dalla costruzione abusiva realizzata dalla ricorrente e sino all’adozione dell’impugnato provvedimento di diniego, non era intervenuto alcun parere ad opera dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, con la conseguenza che nessun silenzio assenso si era formato. (Cons Stato, sez. VI, sent. 24 maggio 2016 n. 2179).
2.1 In conclusione l’infondatezza di tutte le censure proposte, consente di respingere il ricorso, mentre le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.