TAR Torino, sez. II, sentenza 2016-10-25, n. 201601331

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2016-10-25, n. 201601331
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201601331
Data del deposito : 25 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/10/2016

N. 01331/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00070/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 70 del 2016, proposto da:
D J, rappresentato e difeso dall'avvocato R C C.F. CRPRRT61M05L219Y, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via San Pio V, 20;

contro

CUNE DI TORINO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati L V C.F. VRLLSU71A46H501C, G G C.F. GNTGPP62L61L219B, con domicilio eletto presso presso l’avv. L V in Torino, Comune To - via Corte D'Appello, 16;

per l'annullamento

- del provvedimento di reiezione della domanda n. 23201536 del 29/5/2015 di assegnazione di alloggio di edilizia sociale per emergenza abitativa motivata da sfratto per decreto di trasferimento pronunciato, a seguito di richiesta di riesame, in data 20/11/2015 prot. 12037 e degli atti ad esso antecedenti ed in particolare del provvedimento di diniego 30/9/2015 prot. 9797 e del verbale di accertamento del Corpo di Polizia Municipale del 29/10/2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Torino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2016 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il ricorrente, cittadino marocchino, titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, coniugato e padre di due gemelli nati a Torino nell’agosto del 2005, espone di aver acquistato nel marzo del 2005, allorchè sia lui che sua moglie svolgevano regolare attività di lavoro dipendente, un piccolo appartamento in Torino, accendendo un mutuo venticinquennale con un istituto bancario.

Nell’agosto 2005, dopo la nascita dei gemelli, sua moglie lasciava l’attività lavorativa per dedicarsi alla cura dei figli. Il ricorrente continuava invece a lavorare come dipendente, prima della ditta Comai, che però cessava l’attività nel novembre 2006 per poi essere dichiarata fallita nel 2007, e successivamente per la ditta

PSL

Industriale s.r.l., che tuttavia veniva dichiarata anch’essa fallita il 10 dicembre 2010.

Nel periodo ottobre 2008-dicembre 2009, il ricorrente era posto in CIGO e CIGS. Dal dicembre 2010, egli è disoccupato.

In conseguenza di tali vicende, già dalla fine del 2008 il ricorrente espone di non essere stato più in grado di pagare le rate del mutuo fondiario, di modo che in data 4 novembre 2010 egli riceveva notifica dell’atto di precetto di € 12.395,00 e successivamente in data 17 gennaio 2011 notifica di pignoramento immobiliare. La procedura esecutiva si concludeva con decreto di trasferimento immediatamente esecutivo emesso dal Tribunale di Torino in data 26 febbraio 2015, a cui faceva seguito la notifica dell’avviso di sloggio per il giorno 20 luglio 2015, successivamente rinviato al 17 febbraio 2016 con richiesta di ausilio della forza pubblica.

1.1. In tale contesto, in data 29 maggio 2015 il ricorrente – già in graduatoria “ordinaria” per l’assegnazione di un alloggio di ERP in forza di domanda presentata nel 2012 - presentava domanda di assegnazione di un alloggio per emergenza abitativa. Allegava l’attestazione ISEE del proprio nucleo familiare rilasciata a marzo 2015, pari a “zero”.

1.2. L’istanza era respinta con provvedimento del 30 settembre 2015 sulla scorta del parere negativo reso dalla competente commissione comunale nella seduta del 23 settembre 2015, in espressa applicazione dell’art. 9 comma 2 del regolamento comunale per l’assegnazione di alloggi di edilizia sociale in emergenza abitativa;
ciò sul rilievo che, “pur rilevando una riduzione di reddito nel 2010 rispetto al 2009, si regista che nel 2011 il reddito percepito è stato pari a 14.211,00 e avrebbe potuto consentire un recupero della morosità maturata nei confronti di Cordusio Rmbs Ucfin S.R.L.”.

1.3. L’interessato proponeva istanza di riesame, sulla quale la commissione disponeva un’integrazione istruttoria a cura della Polizia Municipale sulla situazione reddituale del nucleo familiare, conclusasi con relazione del 29 ottobre 2015.

1.4. La commissione tornava a riunirsi nella seduta del 16 novembre 2015, e in quella sede, esaminando le risultanze istruttorie, confermava il parere negativo già espresso in precedenza, con analoga motivazione.

1.5. Con provvedimento del 20 novembre 2015, notificato all’interessato il 26 novembre successivo, il Comune respingeva definitivamente l’istanza.



2. Con ricorso notificato il 18 gennaio 2016 e ritualmente depositato, il ricorrente impugnava quest’ultimo provvedimento e ne chiedeva l’annullamento sulla scorta di un unico motivo, con il quale deduceva vizi di violazione dell’art. 9 comma 2 del regolamento comunale di settore e di eccesso di potere per perplessità. Lamentava che l’amministrazione avesse valutato il calo del reddito del ricorrente alla data del pignoramento anziché a quella dell’atto di precetto. Osservava che il reddito del 2010 era di gran lunga inferiore a quello del 2009;
lamentava l’arbitrarietà del riferimento alla data del pignoramento per la valutazione del calo di reddito, e comunque evidenziava l’irragionevolezza delle valutazioni della commissione in ordine al fatto che, con il modesto reddito prodotto nel 2011, egli avrebbe potuto ridurre la morosità e impedire la vendita forzosa dell’immobile.

3. Il Comune di Torino si costituiva in giudizio depositando documentazione e resistendo al gravame con memoria difensiva.

4. Con ordinanza n. 73/2016 dell’11 febbraio 2016, la Sezione respingeva la domanda cautelare, ritenendo il ricorso sprovvisto di fumus boni iuris .

5. Il Consiglio di Stato, sezione Quinta, con ordinanza n. 1918/16 del 26 maggio 2016, accoglieva l’appello cautelare del ricorrente “ ai soli fini della sollecita fissazione del merito” , con valutazione limitata alla “ gravità dei danni incombenti sull’appellante” .

6. Nel frattempo, con ordinanza collegiale n. 465/2016 dell’8 aprile 2016, questa Sezione si era pronunciata anche sull’istanza proposta dal ricorrente di riesame della domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, già respinta dalla competente commissione con verbale prot. N. 1740/16 del 17 febbraio 2016 per la ritenuta manifesta infondatezza del ricorso. Con la citata ordinanza la Sezione respingeva la domanda di riesame, confermando la valutazione di infondatezza del ricorso, anche alla luce di un recente precedente in termini della Sezione (sentenza n. 546/2014).

7. In prossimità dell’udienza di merito, entrambe le parti depositavano memorie conclusive e di replica nei termini di rito.

In particolare, la difesa di parte ricorrente segnalava, in punto di fatto, che nelle more del giudizio, in data 6 aprile 2016, era stato eseguito lo sfratto del nucleo familiare del ricorrente dall’immobile oggetto del decreto di trasferimento, e che a decorrere da tale data la moglie e i figli del ricorrente sono stati temporaneamente traferiti in un residence a spese del Comune di Torino, grazie all’intervento dei servizi sociali, per una durata massima di sei messi rinnovabili fino ad un massimo di 18 mesi. Il ricorrente invece utilizzerebbe per la notte mezzi di fortuna.

8. All’udienza pubblica dell’11 ottobre 2016, la causa era assunta in decisione.

DIRITTO

Il collegio, alla luce dell’approfondimento valutativo proprio della fase di merito, ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto.

1. L’art. 9 , comma 1 del regolamento del Comune di Torino per l’assegnazione degli alloggi di edilizia sociale in emergenza abitativa prevede che “In presenza di decreto di trasferimento a seguito di pignoramento immobiliare, possono presentare istanza per l’assegnazione di alloggio in emergenza abitativa sia il proprietario esecutato sia l’inquilino dell’alloggio oggetto della procedura esecutiva” . Il comma 2 dello stesso articolo aggiunge che “Il proprietario esecutato può presentare domanda esclusivamente se il decreto di trasferimento è dovuto ad un calo del reddito certificato pari almeno al 50% rispetto al reddito precedente”.

2. La ratio della norma, come giustamente osservato dalla difesa di parte ricorrente, è quella di assicurare l’assegnazione di un alloggio di edilizia sociale “in emergenza”, e quindi al di fuori delle graduatorie ordinarie, a quei nuclei familiari che, incolpevolmente, abbiano perso la disponibilità dell’alloggio in proprietà o in locazione a causa di un calo del proprio reddito;
calo del reddito che, secondo la norma regolamentare, deve essere “certificato” e “pari almeno al 50% rispetto al reddito precedente” .

La norma non precisa, tuttavia, quale sia il reddito “precedente” a cui fare riferimento per valutare la sussistenza del “ calo” : sicchè quando la difesa comunale sostiene, nei propri scritti difensivi, che le assegnazioni in emergenza necessitano “di criteri discretivi inequivocabilmente oggettivi e particolarmente rigorosi al fine di delimitare la discrezionalità dell’amministrazione” , dice cosa giustissima, ma palesemente vanificata proprio dalla genericità della formulazione della norma regolamentare, fonte primaria di tutte le questioni dibattute nel presente giudizio.

3. La Sezione ha già affrontato la questione interpretativa del citato art. 9 comma 2 nella sentenza n. 546/2014 del 27 marzo 2014, dalla cui conclusioni il collegio non ha motivo di discostarsi.

Ha osservato la Sezione, in quella decisione:

che una corretta e ragionevole esegesi della norma da applicare (l’art. 9, comma 2, del Regolamento comunale per l’assegnazione degli alloggi di edilizia sociale in emergenza abitativa) conduce a ritenere che il momento rilevante per stabilire la sussistenza dell’indicato “calo del reddito” sia quello dell’insorgere della procedura esecutiva, mediante il pignoramento, e non (come implicitamente ritenuto dall’amministrazione) il momento terminale della medesima;

che, del resto, nell’ambito della procedura di esecuzione immobiliare, il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., al pari dell’atto di pignoramento, è senz’altro eziologicamente legato (“è dovuto”, per usare le parole del Regolamento) alla diminuzione del reddito sofferta dal proprietario esecutato, laddove è evidente che tale diminuzione del reddito deve essere valutata con riferimento al momento in cui essa si è determinata, momento che generalmente coincide proprio con l’avvio della procedura stessa”.

4. Il collegio conferma in questa sede la validità del principio affermato. Ritiene, tuttavia, che nel caso di specie l’amministrazione ne abbia fatto un’applicazione formalistica e sostanzialmente irragionevole.

Il Comune di Torino sostiene, infatti, di aver fatto applicazione proprio del principio affermato da questo TAR, e quindi di aver verificato la sussistenza del calo reddituale ponendo in comparazione il reddito percepito dal nucleo familiare del ricorrente nel 2011 (anno del pignoramento) con quello dell’anno precedente (2010). E poiché dagli accertamenti effettuati è risultato che nel 2011 il reddito percepito dal nucleo familiare è stato di € 14.211,00 mentre nel 2010 è stato di € 8.782,00, l’amministrazione ne ha tratto la conclusione che, all’epoca del pignoramento non sussisteva alcun calo del reddito, e che, anzi, l’aumento di reddito percepito quell’anno avrebbe potuto consentire al richiedente “un recupero della morosità maturata” nei confronti del creditore esecutante.

Ritiene il collegio che tali argomentazioni non possano essere condivise.

4.1. Il pignoramento immobiliare è stato notificato al ricorrente il 17 gennaio 2011. A quella data, l’unico reddito “certificato” valutabile al fine di determinare se avesse subito un calo rispetto a quello precedente era quello percepito dal nucleo familiare nell’anno 2010 rispetto a quello percepito nel 2009.

L’Amministrazione, invece, applicando formalisticamente – e del tutto irragionevolmente – il principio affermato da questo TAR nella citata sentenza n. 546/2014, ha preso in considerazione il reddito percepito dal nucleo familiare nell’anno in cui è stato notificato il pignoramento (2011), senza considerare che, così facendo, ha valutato un reddito che, alla data del pignoramento, non era stato ancora percepito, e quindi non poteva fungere da base di comparazione.

E non ha torto la difesa di parte ricorrente laddove lamenta gli effetti paradossali di questa applicazione formalistica del principio in questione, tenuto conto che se il pignoramento fosse stato notificato qualche giorno prima, entro il 31 dicembre 2010 anziché a gennaio 2011, egli avrebbe avuto titolo per l’assegnazione.

4.2. Eseguendo il computo correttamente, e cioè comparando gli ultimi due redditi certificati percepiti dal ricorrente alla data del pignoramento, e quindi il reddito percepito nel 2010 (€ 8.782,99) con quello percepito nel 2009 (19.850,00), l’amministrazione sarebbe dovuta pervenire a conclusioni opposte, tenuto conto che il reddito 2010 è inferiore al 50% di quello percepito nell’anno precedente.

I dati relativi ai redditi percepiti sono quelli accertati nella relazione di Polizia Municipale del 29 ottobre 2015 (doc. 19 Comune), i quali appaiono in piena sintonia con le vicissitudini lavorative del ricorrente riportate nella parte inziale del ricorso e documentate in atti.

Del resto, nello stesso provvedimento impugnato e in tutti i verbali della commissione assegnazione alloggi si dà atto di una “riduzione di reddito nel 2010 rispetto al 2009” , pur ritenendola inconferente ai fini dell’assegnazione dell’alloggio sull’erroneo presupposto di dover comparare i redditi 2011-2010, anzichè quelli 2010-2009.

4.3. La valutazione dell’amministrazione appare al collegio poco ragionevole anche nella parte in cui afferma che con il reddito percepito nel 2011 (€ 14.211,00) il ricorrente avrebbe potuto “ridurre la morosità” . Ma si fatica a comprendere in quale misura, secondo la commissione, il ricorrente avrebbe potuto ridurre la morosità con un reddito di tale entità, per di più percepito una tantum dall’INPS a titolo di TFR, dopo aver provveduto a soddisfare gli elementari bisogni di vita di una famiglia di quattro persone. E in ogni caso, non può esservi alcuna certezza che tale ipotetica (e verosimilmente esigua) riduzione del debito sarebbe stata idonea a paralizzare la procedura esecutiva e a impedire la vendita dell’immobile.

5. In definitiva, alla luce di tutte le considerazioni fin qui esposte, ritiene il collegio che il ricorso debba essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato. Per l’effetto, in assenza di altre cause ostative, l’amministrazione dovrà accogliere la domanda di assegnazione del ricorrente, alla luce della motivazione della presente sentenza.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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