TAR Palermo, sez. II, sentenza 2009-10-12, n. 200901616

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. II, sentenza 2009-10-12, n. 200901616
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 200901616
Data del deposito : 12 ottobre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04230/1996 REG.RIC.

N. 01616/2009 REG.SEN.

N. 04230/1996 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4230 del 1996, proposto da M P, rappresentata e difesa dall'avv. M G, con domicilio eletto presso l’avv. Girolamo Cannella in Palermo, via A. Meucci 9;

contro

-l’Azienda Unita' Sanitaria Locale n. 2 di Caltanissetta, non costituita in giudizio,

per l'annullamento

-della deliberazione n. 2017 del 25 luglio 1996, con la quale il Direttore Generale dell’Azienda USL n. 2 di Caltanissetta ha respinto, nei suoi confronti, la domanda tendente ad ottenere il riconosciuto come dipendente da causa di servizio della denunciata infermità (artrosi della colonna vertebrale)


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 7 ottobre 2009 il Presidente dott. Nicolo' Monteleone e udito il difensore della ricorrente, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, la sig.ra M P, infermiera professionale, ha impugnato la deliberazione n. 2017 del 25 luglio 1996, con la quale il Direttore Generale dell’Azienda USL n. 2 di Caltanissetta ha respinto, nei suoi confronti, la domanda tendente ad ottenere il riconosciuto come dipendente da causa di servizio della denunciata infermità (artrosi della colonna vertebrale).

La ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

1)-Eccesso di potere per errata e insufficiente valutazione dei presupposti e per insufficiente istruttoria;

2)-Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto e/o insufficienza della motivazione;

3)-Eccesso di potere per avere ritenuto che fosse pervenuta fuori termine la domanda ai fini dell’equo indennizzo.

L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2009, su conforme richiesta del difensore della ricorrente, il ricorso è stato posto in decisione.

Il ricorso è infondato.

I primi due motivi d’impugnazione, che per la loro intrinseca omogeneità possono esaminarsi congiuntamente, non meritano accoglimento.

Ed invero, la predetta deliberazione deve ritenersi motivata per relationem, basandosi sul richiamato, conforme parere negativo espresso dalla Commissione medica ospedaliera presso l’ospedale Militare di Palermo, reso nella seduta dell’8 maggio 1996.

Orbene, tale parere resiste alle censure dedotte dalla ricorrente, in quanto

-la domanda presa in considerazione faceva riferimento a “patologia artrosica della colonna vertebrale”, contratta, secondo la ricorrente, per il servizio svolto, quale infermiera professionale, presso lo sportello di accettazione del reparto di radiologia;

-la Commissione medica ospedaliera, pur avendo riscontrato “diffusi segni di spondiloartrosi del rachide cervico-lombare con discopatia C4-C5-C6 ed L5-S1”, ha considerato che “dal rapporto informativo allegato si evince che la stessa ha svolto servizio interno e che pertanto non risulta che la dipendente sia stata sottoposta a noxae perfigeranti marcate e tali da poter essere considerate fattori concasuali nella insorgenza della infermità in diagnosi”, che “è data da fattori degenerativi a tipo dismetabolico”.

Osserva il Collegio che le censure dedotte in ricorso attengono, in sostanza, al merito del giudizio medico-legale, in punto di eziologia della patologia riscontrata a carico del ricorrente.

Al riguardo, va ribadito quanto recentemente osservato da questa Sezione in fattispecie analoga alla presente (v. sentenza n. 1546 del 25 settembre 2009), e cioè che costituisce consolidato principio giurisprudenziale, da cui non vi è motivo per discostarsi, quello secondo cui il giudizio medico legale circa la dipendenza di infermità da cause o concause di servizio si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico – discrezionale che, in quanto tali, sono sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvi i casi in cui si ravvisi irragionevolezza manifesta o palese travisamento dei fatti ovvero quando non sia stata presa in considerazione la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medico finale (cfr., altresì, Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2004, n. 1341, 10 luglio 2001, n. 3822, 20 marzo 2006 n. 1471;
sez. VI, 6 maggio 2002, n. 2483).

Nel caso di specie, ritiene il collegio che il riportato parere della C.M.O. sia congruamente motivato e pienamente condivisibile, nella limitata parte in cui, trattandosi di valutazione tecnico-scientifica, può essere oggetto, in quanto richiamato dal provvedimento impugnato, di sindacato giurisdizionale, vale a dire in relazione ai profili, estrinseci, della logica, della razionalità e della coerenza argomentativa.

In particolare, appare razionale e coerente il giudizio che fa riferimento alla concreta attività svolta dalla ricorrente, che non comporta esposizione a marcate condizioni perfigeranti. E ciò trova pieno riscontro nella “relazione descrittiva” del 27 marzo 1996 (allegata al ricorso), nella quale, previo apposito sopralluogo, si precisa, in particolare, che il posto di lavoro “è delimitato da una paratia con vetri”, “la temperatura dell’ambiente è regolata da impianto di termosifoni” e che solo “occasionalmente si verifica movimento d’aria all’altezza di mt. 1, quando contemporaneamente rimangono aperti la porta di accesso dall’esterno alla sala d’attesa e lo sportello” di mq. 1, dal quale la dipendente comunica con gli utenti.

Da quanto precede risulta, pertanto, come la C.M.O. abbia esternato tutti gli elementi necessari al fine di esplicitare, e rendere percettibile all'esterno, l'iter argomentativo che supporta il parere negativo, i cui contenuti di merito - essendo il frutto di valutazioni tecniche non inattendibili - sono peraltro sindacabili solo per profili di abnormità o contraddittorietà che nella specie non è dato ravvisare.

Le suesposte considerazioni valgono a confutare quanto dedotto nel ricorso, nel quale si sostiene che la C.M.O. non avrebbe preso adeguatamente in considerazione l’ambiente lavorativo – come invece ha fatto la relazione medica di parte – nel quale la ricorrente era costretta a prestare la sua attività in “posizioni coatte” esposta a “correnti d’aria con perfigerazioni”.

In coerenza con il richiamato orientamento giurisprudenziale, va comunque osservato che le valutazioni sanitarie difformi, se provenienti da medici di parte, non sono in grado ex se di scalfire o prevalere sui giudizi tecnico discrezionali degli organismi accertatori (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 2004, n. 719;
12 giugno 2001, n. 5222;
10 febbraio 2000, n. 715), in quanto in sede di legittimità, come già considerato, non è consentito sindacare l'uso del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione, con il solo limite della palese irrazionalità (Cons. Stato, sez. IV, 1° ottobre 2004, n. 6405).

Dall’accertata legittimità dell’impugnato diniego di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell’infermità denunciata dalla ricorrente discende l’inammissibilità, per difetto di interesse, del terzo motivo di gravame, riferito al rilievo della C.M.O. circa la tardività della domanda ai fini dell’equo indennizzo, la cui concessione, come è noto, è condizionata al pregiudiziale riconoscimento della conducibilità della patologia a causa di servizio.

Per le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono gravi ed eccezionali ragioni che impongono di disporre la compensazione fra le parti delle spese del giudizio (art. 92, cod. proc. civ., come novellato dall’art. 45 della legge n. 69/2009, cit.), avuto riguardo al tempo trascorso dall’introduzione del ricorso.

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