TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2011-12-09, n. 201109646

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2011-12-09, n. 201109646
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201109646
Data del deposito : 9 dicembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03610/2011 REG.RIC.

N. 09646/2011 REG.PROV.COLL.

N. 03610/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3610 del 2011, proposto da:
M C B, rappresentata e difesa dall’Avv. G M presso il cui studio in Roma, alla Via Fabio Massimo, n. 107 è elettivamente domiciliata;

contro

il Comune di Cerveteri in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. A L B e domiciliato presso l’Ufficio di Segreteria del TAR in assenza di domicilio eletto in Roma;

per l'annullamento

dell’ordinanza n. 4 del 25 gennaio 2011 con la quale il Comune di Cerveteri ha ingiunto alla ricorrente la rimozione di opere abusive;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cerveteri;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2011 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Cerveteri in data 1° aprile 2011 e depositato il successivo 29 aprile, parte ricorrente impugna l’ordinanza con la quale quel Comune le ha ingiunto la demolizione di opere abusive.

Avverso l’ingiunzione a demolire la ricorrente oppone:

1. eccesso di potere per violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, nonché carenza di istruttoria e insussistenza dei presupposti, violazione del d.l. n. 269 del 2003 e degli articoli 38 e 44 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

2. eccesso di potere per violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001.

3. eccesso di potere per violazione e falsa interpretazione della norma di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione comunale di Cerveteri si è costituita in giudizio ed ha rassegnato conclusioni opposte a quelle della ricorrente.

Alla Camera di Consiglio del 19 maggio 2011 parte ricorrente ha rinunziato all’istanza cautelare.

Il ricorso, infine, è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 20 ottobre 2011.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

2. Con esso l’interessata si oppone alla ingiunzione con la quale il Comune di Cerveteri le ha ordinato la demolizione di un piano seminterrato, inesistente nel progetto autorizzato con concessione n. 149 del 29 ottobre 1998 e ricavato tramite totale rimozione del terrapieno intorno ai lati sud ed ovest della struttura esistente. In tale piano seminterrato “risulta realizzata una unità abitativa ubicata esattamente sotto quella esistente autorizzata. L’ingombro effettivo in pianta comprende anche la parte della zona portici dei lati sud ed ovest per uno sviluppo pari a mq. 50,00 circa con un’altezza interna di circa mt. 2,40 (mc. 75,60 circa). L’unità immobiliare risulta suddivisa in un ampio locale con angolo cottura, due vani adibiti a camera da letto ed un locale bagno. All’esterno sul fronte lato sud risulta realizzato un portico con una tettoia con pilastri di legno e copertura in legno e tegole ….

Conclusioni:

- realizzazione di mc. 75,60 circa adibiti a civile abitazione in eccesso rispetto al progetto concessionato;

- realizzazione di superficie coperta pari a mq. 14,00;

- variazione prospettica dovuta alla realizzazione del Piano Seminterrato con conseguente variazione del numero dei piani fuori terra.”.

3. In fatto la ricorrente espone di essere proprietaria di un immobile situato in quel Comune regolarmente edificato in base a concessione edilizia n. 149 del 29 ottobre 1998, come sopra accennato.

Rappresenta altresì che al di sotto dell’edificio è situata una corposa struttura di sottofondazione, generata a causa della pendenza estrema del terreno, che essendo formato da sabbie e limi argillosi ha richiesto detto ancoraggio dell’edificio. In tale sottofondazione insisteva nella parte anteriore, una porta che dava ingresso ad un locale ad uso ispezione. In tale locale risultante seminterrato rispetto al piano terreno, dove è ubicata la costruzione principale, la ricorrente ha dapprima realizzato un vano adibito a box auto, richiedendone il condono ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 con istanza assunta la protocollo comunale in data 10 dicembre 2004.

L’interessata espone, ancora, che, successivamente, a causa dell’intervento di terzi che modificavano lo stato dei luoghi per realizzare alcune strade di accesso ai fondi vicini, creando un terrapieno artificiale aggettante sul fondo di sua proprietà, ella, nella preoccupazione di un crollo, provvedeva ad alleggerire la pressione gravante sul terrapieno, redistribuendo il peso del cumulo di terra su una maggiore superficie di terreno e non solo sull’aggetto stradale. Si verificava la scopertura di un lato del fabbricato che consentiva tuttavia la realizzazione di un muro di contenimento per evitare smottamenti. Quanto alla ritenuta variazione prospettica dovuta alla realizzazione di un piano seminterrato, la ricorrente sostiene ancora che in realtà l’immobile era già scoperto su due lati, quasi per l’intero;
il piano seminterrato in contestazione fuoriesce infatti da terra solo per due lati su quattro, mentre sugli altri lati l’immobile o la porzione di esso apparentemente abusiva rispettano la quota 0,00 del piano di campagna.

3. Ciò premesso l’interessata con la prima doglianza lamenta che l’Amministrazione non ha tenuto in alcun conto della domanda di condono presentata ai sensi della norma di cui al d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 e che il provvedimento è stato adottato in assenza di una accurata istruttoria che avrebbe dovuto prendere in considerazione quanto in fatto esposto in ordine alla ubicazione dell’immobile.

Con la seconda censura ella rappresenta che l’Amministrazione comunale ha mancato di prendere in considerazione le circostanze per le quali è stata costretta a modificare lo stato del seminterrato e come dovute agli interventi dei vicini, che rischiavano di produrre cedimenti del suolo scosceso sul quale è situato il suo immobile. Il difetto di istruttoria è ancor più significativo se si pone mente che in realtà laddove il provvedimento sanziona una presunta variazione del prospetto, non tiene in considerazione che l’immobile era già scoperto su due lati.

Ed infine con la terza doglianza lamenta che, poiché sul bene ancora pende l’istanza di condono nella quale l’interessata aveva espressamente sbarrato la casella ad uso residenziale è del tutto fuorviante ed omissivo di una corretta istruttoria ritenere un presunto cambio di destinazione di uso del bene;
e tale difetto di istruttoria è anche confermato dalla parte del provvedimento dove si fa riferimento alla realizzazione di un portico, che non è tale in quanto si tratta, invece, di una piccola struttura lamellare di carattere assolutamente precario.

4. Le censure non possono essere condivise.

E’ bene chiarire, in via preliminare, che l’istanza di condono ex art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 prodotta dalla ricorrente in data 10 dicembre 2004, per come è dato dalla stessa evincere, riguarda la “costruzione di parte di piano seminterrato ad uso box auto;
piccole variazioni prospettiche in difformità della CE 149 del 28 ottobre 1998”.

Da tale domanda di condono non possono trarsi gli effetti di sospensione dei procedimenti sanzionatori operanti nei confronti delle fattispecie di abuso realizzate entro il 31 marzo 2003 cui il comma 25 del menzionato articolo 32/d.l. n. 269 fa riferimento, per il rinvio da esso recato alle disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, tra le quali vi è compreso l’art. 44, recante, appunto, la detta sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori.

Infatti l’ordinanza in questione, per come sopra, quasi integralmente riportata, colpisce abusi che, peraltro per espressa ammissione della ricorrente, sono stati realizzati successivamente alla presentazione della domanda di condono e che, quindi, non possono usufruire della ridetta sospensione in attesa della pronuncia sulla domanda di condono.

Se poi l’interessata intenda far rientrare nella anzidetta istanza e sotto l’espressione “piccole variazioni prospettiche” anche la realizzazione degli ambienti ad uso abitativo meglio descritti nell’ingiunzione a demolire è prospettazione che non può proprio essere condivisa, nel momento in cui gli abusi debbono essere precisamente indicati ed individuati nella ridetta domanda di condono, dovendo gli interessati dimostrare l’entità e la qualità delle opere realizzate e non potendosi onerare di tale dimostrazione l’amministrazione, contrariamente a quanto ritenuto in ricorso.

Di conseguenza, non possono trovare condivisione né la dedotta violazione delle norme sui condoni, né il dedotto difetto di istruttoria.

Né può essere accolta la censura di violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto l’intervento realizzato e sopra descritto è totalmente sprovvisto di titolo abilitativo, laddove la norma in questione colpisce tra gli altri “volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio con specifica rilevanza ed autonomamente rilevabile”, quale è il seminterrato adibito ad uso abitativo realizzato da parte ricorrente, destinato ad incidere notevolmente sul carico urbanistico della zona per come chiaramente individuato dall’ordinanza di demolizione e per come osservato dal Comune nella memoria di costituzione. E sotto questo profilo del tutto correttamente rileva l’Ente che l’opera si presenta anche difforme dall’istanza di condono inoltrata.

Al riguardo conforme è la costante giurisprudenza in materia laddove si rileva che” il piano interrato la cui volumetria non sia computabile va ristretta alla destinazione degli stessi ad usi episodici o meramente complementari, per cui il locale seminterrato adibito ad attività umane di tipo continuativo, con presenza e permanenza di persone, va disciplinato a tutti gli effetti come locale costruito sopra il piano di campagna.” (TAR Puglia, Lecce, sezione I, 11 marzo 2009, n. 475).

Né può farsi passare la posizione per cui l’intervento è stato necessitato dal consolidamento del piano interrato, come sostenuto in ricorso e supportato da completa perizia di parte, dal momento che tale consolidamento poteva prescindere dalla adibizione del locale ricavatone ad abitazione, concretando, invece, tale modifica un cambio di destinazione di uso con opere che ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 necessitava di permesso a costruire, con la conseguenza che, venendo a mancare tale titolo abilitativo, la censura di violazione dell’art. 31 del medesimo decreto presidenziale appare vieppiù inconsistente. (cfr.TAR Lombardia, Milano, sezione II, 16 marzo 2011, n. 740).

5. Per le superiori considerazioni il ricorso va respinto.

6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi