TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2022-10-17, n. 202200365

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2022-10-17, n. 202200365
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 202200365
Data del deposito : 17 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/10/2022

N. 00365/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00168/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 168 del 2022, proposto dal sig. A M P, rappresentato e difeso dall'avv. A R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Termoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. L D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'accertamento

dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Termoli sull’istanza del 14 marzo 2021 del sig. P, così come integrata dall’istanza del 16 aprile 2021, con cui è stato richiesto l’indennizzo ex art. 21- quinquies l. n. 241/1990, un’altra forma di ristoro dei pregiudizi lamentati o, infine, la dislocazione in altro luogo del suo chiosco.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Termoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2022 il dott. M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1 - Col ricorso introduttivo del presente giudizio il sig. A M P ha agito in giudizio per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Termoli sulla sua istanza-diffida del 14 marzo 2021, così come integrata dalla successiva istanza notificata il 16 aprile 2021.

Con tali istanze il sig. P aveva chiesto al Comune di provvedere alla corresponsione in proprio favore di un congruo indennizzo o ristoro.

Tali richieste sono state giustificate in considerazione dei pregiudizi lamentati dall’interessato per effetto del provvedimento con cui l’Ente locale aveva, al contempo: i) negato a un terzo di subentrare nella concessione di occupazione di suolo pubblico dello stesso sig. P;
ii) disposto la revoca in autotutela della predetta concessione.

Nell’istanza del 16 aprile 2021 il sig. P ha richiesto, oltre al ristoro economico dei pregiudizi lamentati, e in subordine, la dislocazione in altro luogo del proprio chiosco.

2 – In particolare, il ricorrente ha esposto che:

- svolgeva attività commerciale di bar, vendita e somministrazione per prodotti alimentari in Termoli, all’interno di un chiosco realizzato su un’area demaniale, in seguito al rilascio di una concessione per occupazione di suolo pubblico;

- il Comune con provvedimento dell’8 settembre 2016 aveva negato al terzo di subentrare nella citata concessione, della quale aveva contestualmente disposto la revoca in autotutela: questo sia a causa del mancato versamento da parte del concessionario di canoni di occupazione, sia a motivo dell’esigenza dell’Amministrazione di rientrare in possesso dell’area in concessione per realizzarvi un’opera pubblica;

- il pregresso ricorso proposto dal sig. P contro tale provvedimento dell’8 settembre 2016 era stato rigettato dalla sentenza di questo Tribunale n. 327/2017, secondo la quale, fra l’altro, la revoca della concessione non poteva ritenersi invalida per la mancata previsione dell’obbligo del Comune di corrispondergli l’indennizzo ex art. 21- quinquies , comma 1 l. n. 241/1990, in quanto sarebbe stato ben possibile per l’interessato attivarsi anche successivamente per conseguire tale attribuzione;
lo stesso Tribunale aveva al contempo escluso che il ricorrente avesse omesso di versare i canoni concessori per l’occupazione del suolo pubblico;

- su tali basi, il ricorrente si era quindi attivato con le proprie predette istanze del 14 marzo e 16 aprile 2021 per conseguire l’indennizzo discendente dalla revoca, il ristoro dei pregiudizi lamentati o, in subordine, la possibilità di collocare altrove il suo chiosco;

- a fronte della ricezione delle citate istanze e del decorso del termine di legge per provvedere, il Comune era rimasto però inerte, omettendo di pronunciarsi.

3 – Il ricorso dell’interessato avverso il silenzio comunale è stato affidato ad un unico ordine di motivi, con cui sono state lamentate: la “ violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 2-bis e 3 della l. 241/90;
violazione e falsa applicazione dell’art. 24 e 97 cost;
violazione e falsa applicazione dell’art 21-quinquies della legge n. 241/1990;
violazione ed elusione della sentenza del T.A.R. Molise n. 327/2017
”.

4 – Il Comune di Termoli si è costituito in resistenza al ricorso e ha controdedotto alle censure ivi formulate.

5 – In vista dell’udienza camerale del 5 ottobre 2022 il ricorrente, con memoria, ha puntualizzato e ribadito le proprie argomentazioni.

6 – Alla suddetta camera di consiglio, uditi gli avvocati delle parti come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

7 – In via preliminare il Collegio deve disattendere l’eccezione di tardività del ricorso formulata dalla difesa comunale.

Secondo quest’ultima il termine annuale previsto dall’art. 31, comma 2, del cod. proc. amm. dovrebbe decorrere dall’originaria istanza del ricorrente del 14 marzo 2021, in quanto la successiva del 16 aprile 2021 sarebbe stata meramente ripetitiva della prima. Ne conseguirebbe che il ricorso, in quanto notificato il 1° giugno 2022 a fronte dell’unica istanza rilevante del 14 marzo 2021, risulterebbe irricevibile.

Sul punto giova richiamare il tenore dell’art. 31, comma 2, cit., a mente del quale l’azione avverso il silenzio può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.

A tale stregua, dal momento che l’esame del contenuto delle due istanze del ricorrente denota una parziale diversità di elementi e richieste della seconda istanza (cfr. ad esempio la richiesta di ricollocazione in altra area del chiosco del ricorrente), la premessa da cui muove l’eccezione della difesa comunale non può essere condivisa. L’istanza del 16 aprile 2021 non può essere ritenuta meramente ripetitiva della precedente, poiché differente nel tenore, e comunque obiettivamente preordinata ad integrarla e aggiornarla. E proprio in virtù di tali caratteristiche la data della seconda istanza va ritenuta senz’altro idonea a fungere da dies a quo per la decorrenza del termine previsto dall’art. 31, comma 2 cod.proc.amm..

Ne consegue che il ricorso va senz’altro ritenuto ricevibile: esso è stato notificato il 1° giugno 2022, a fronte dell’istanza proposta il 16 aprile 2021, con scadenza del relativo termine per provvedere al 16 maggio 2021 (cfr. art. 2, comma 2 l. n. 241/1990).

8 – Venendo al merito di causa, il ricorso va accolto in quanto è fondato per quanto di ragione.

8.1 – Il Collegio deve innanzitutto evidenziare che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, l’inerzia del Comune non costituisce né violazione, né tanto meno elusione, della sentenza di questo Tribunale n. 327/2017.

Difatti nessuna statuizione della citata pronuncia ha inteso riconoscere al ricorrente una pretesa a conseguire l’indennizzo in discorso in conseguenza della revoca in autotutela della sua concessione. La sentenza ha unicamente richiamato, e solo in via incidentale, la possibilità per l’interessato, già pianamente desumibile dall’art. 21- quinquies l. n. 241/1990, di attivarsi presso il Comune formulando apposita istanza per conseguire tale indennizzo. E del resto il sig. P ben potrebbe agire in tal senso, atteso che la medesima sentenza ha escluso qualsiasi evidenza processuale di morosità, da parte sua, in relazione ai canoni concessori dovuti per l’occupazione del suolo pubblico.

8.2 – Ciò posto, le richieste del ricorrente, qualificate sulla base della loro portata sostanziale e alla luce della vicenda in cui si innestano, vanno allora intese come atto d’impulso preordinato a stimolare l’attività provvedimentale dell’Amministrazione successiva alla revoca della concessione.

Tale aspetto emerge con particolare evidenza dalla richiesta d’indennizzo dell’interessato, atteso che l’attività di valutazione dei relativi presupposti e di quantificazione di tale posta va ritenuta, in base al disposto dell’art. 21- quinquies , comma 1, ult. periodo l. n. 241/1990, espressione di azione amministrativa funzionalmente collegata a quella di adozione del provvedimento di autotutela incidente sulla sfera dell’amministrato.

Del resto, l’inscindibile legame fra la pretesa indennitaria in rilievo e l’esercizio del potere pubblico di revoca ha indotto il legislatore al deferimento alla giurisdizione amministrativa esclusiva delle controversie in materia di “ determinazione e corresponsione dell'indennizzo dovuto in caso di revoca del provvedimento amministrativo ” (art. 133, comma 1, lett. a), n. 4) del cod.proc.amm.).

8.3. - Tanto premesso, il Collegio non ravvisa controindicazioni ad estendere l’ambito di applicazione del giudizio sul silenzio anche a fattispecie, come quella in esame, in cui il ricorrente lamenti l’inerzia serbata dall’Amministrazione su istanze volte ad azionare pretese patrimoniali -sì, ma pur sempre- abbisognevoli, per la loro realizzazione, dell’azione conformatrice e determinativa del potere amministrativo, e pertanto deferite alla cognizione del giudice amministrativo anche in sede di giurisdizione esclusiva (cfr. ex multis Cons. St. n.6947/2010;
T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 11183/2020, T.A.R. Campania, Napoli, VIII, n. 4289/2011).

D’altra parte, la concomitante e connessa richiesta del ricorrente, formulata nell’istanza del 16 aprile 2021, di ricollocazione del suo chiosco in altra posizione, rende ancor più evidente la natura amministrativa della complessiva attività stimolata dal ricorrente.

8.4 – Per quanto precede, il Collegio è quindi dell’avviso che le istanze formulate dal ricorrente e la correlativa inerzia del Comune vadano valutate alla stregua delle coordinate poste dall’art. 2, comma 1, della l. n. 241/1990.

Tale norma, nel prevedere l’obbligatorietà per le pubbliche Amministrazioni di concludere i procedimenti mediante l’adozione di un provvedimento espresso entro il termine di trenta giorni (salvo che sia diversamente previsto), sancisce il principio della “ doverosità dell’azione amministrativa ”.

Siffatto obbligo, peraltro, a dimostrazione della fondamentale rilevanza della certezza dei rapporti giuridici, sussiste, secondo la giurisprudenza, ogniqualvolta ragioni di giustizia ed equità impongano l’adozione di un provvedimento, e quindi in tutti i casi in cui debba riconoscersi in capo al privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni dell’Amministrazione.

Difatti questa, una volta avviato un procedimento, anche d’ufficio, ha comunque l’obbligo, sulla scorta dei doveri di correttezza e di buona amministrazione, di concluderlo con un provvedimento espresso, diretto a indicare in modo trasparente la decisione assunta (cfr. ex multis Cons. Stato, IV, n. 5347/2012;
id., V, 3 giugno n. 3487/2010;
T.A.R. Lazio, n. 12585/2018;
T.A.R. Molise, I, n. 285/2012).

Tale obbligo -si aggiunge qui per completezza- non viene meno neppure nei casi di istanza palesemente infondata e irrituale. Si consideri la formulazione dell’art. 2, comma 1, l. n. 241/1990, nella versione vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla l. n. 190/2012, a mente della quale l’Amministrazione è tenuta a fornire riscontro – seppur con motivazione in “ forma semplificata ”, ossia con un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo – persino nel caso in cui l’istanza del privato sia inaccoglibile per “ manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda ”.

8.5 - Pertanto, non pare dubbio che il Comune di Termoli, con la propria inerzia, abbia violato l'obbligo di definizione del procedimento di cui all'art. 2 della l. n. 241/1990.

Né è dubbio, d’altra parte, che il ricorrente, in quanto soggetto direttamente inciso dal precedente provvedimento di revoca in autotutela, abbia maturato un’indubbia pretesa qualificata e differenziata, ai sensi dell’art. 21- quinquies , comma 1, l. n. 241/1990, alla definizione del procedimento amministrativo preordinato alla valutazione dell’eventuale debenza, e alla conseguente quantificazione. dell’indennizzo previsto da tale norma.

Lo stesso è inoltre a dirsi per la valutazione dell’eventuale ricollocazione in altra area del chiosco del ricorrente.

Del tutto infondate, allora, risultano le obiezioni del Comune, che ha invocato i profili di ritenuta infondatezza delle istanze proposte quale elemento giustificativo dell’inerzia da esso serbata.

La resistente difesa non ha considerato che, secondo l’inequivoco tenore dell’art. 2, comma 1, l. n. 241/1990, la sussistenza di aspetti di manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza dell’istanza ricevuta non esimono l’Amministrazione dal dovere di trattarla nell’ambito del procedimento amministrativo e di definirla con provvedimento espresso adottato nei termini di legge, dovere che nel concreto è stato violato.

A tale stregua, la perdurante inerzia del Comune nel pronunciarsi sulle istanze del ricorrente risulta pertanto illegittima.

8.6 - In definitiva, deve allora essere accolta la richiesta del ricorrente di condannare il Comune a provvedere esplicitamente e motivatamente (in senso positivo o negativo che sia) sulle istanze del 14 marzo 2021 e del 16 aprile 2021.

L’ente locale dovrà perciò valutare la ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento, in favore dell’interessato, dell’indennizzo ex art. 21- quinquies , comma 1, l. n. 241/1990, e, in ipotesi affermativa, procedere alla sua quantificazione, in coerenza con detto referente normativo, o in alternativa, valutare l’eventuale possibilità di ricollocare il chiosco del ricorrente in altra area.

8.7 – Il Collegio deve dunque assegnare al Comune un termine di 90 (novanta) giorni dalla comunicazione - o dalla notificazione, se antecedente - della presente sentenza, affinché lo stesso si attivi nel senso testé indicato.

8.8 – Non può invece essere accolta la domanda, formulata soltanto in sede di conclusioni del ricorso, con cui il ricorrente ha richiesto la liquidazione dell’indennizzo da mero ritardo previsto dall’art. 2- bis della l. n. 241/1990.

Difatti, il Collegio non ravvisa controindicazioni ad applicare alla fattispecie il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo il quale, “ ai fini del riconoscimento del diritto all'indennizzo da mero ritardo, previsto dall'art.

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