TAR Genova, sez. I, sentenza 2023-04-12, n. 202300439
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 12/04/2023
N. 00439/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00579/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 579 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati V P, B L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Chiavari, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del Provvedimento datato -OMISSIS- ricevuto in data -OMISSIS- a firma del Dirigente- Settore 5, Programma ed attuazione delle politiche urbanistiche,-OMISSIS- relativo al diniego per la pratica volta ad ottenere la concessione in sanatoria edilizia ai sensi dell'art. 31 L 28/02/1985 n. 47 relativa alla realizzazione abusiva di un box auto e annesso ripostiglio sito in -OMISSIS- e per l'annullamento di qualsiasi atto presupposto, connesso e comunque consequenziale, ivi compreso il preavviso di diniego del -OMISSIS- del Comune di Chiavari e, con riferimento all'art. 6 comma 7 della LR n. 5/2004 accerti il Tar adito l'avvenuta formazione del silenzio assenso sulla predetta pratica di condono ai sensi dell'art. 31 cpa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 23 marzo 2023 il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La sig.ra -OMISSIS- ha impugnato il Provvedimento del Comune di Chiavari -OMISSIS- di diniego di concessione in sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 31 L 28/02/1985 n. 47 relativa alla realizzazione abusiva di un box auto e annesso ripostiglio sito in -OMISSIS-.
La ricorrente ha esposto che la madre, signora -OMISSIS-, autrice dell’abuso e proprietaria del sedime ebbe a formulare istanza di condono (in data -OMISSIS-), relativamente ad un box.
Il Comune, a seguito delle verifiche istruttorie compiute, ha accertato che il bene di cui è chiesto il condono - il box (individuato con la lettera B nel progetto)- era situato in fregio alla sponda del Torrente Rupinaro, ad una distanza inferiore a mt. 5,00 dalla sponda destra dello stesso.
Trattandosi di abuso realizzato successivamente alla imposizione del vincolo di cui all’art. 96 RD 523/1904, il Comune, comunicato il preavviso di diniego, ha assunto il provvedimento impugnato.
Il ricorso è stato affidato ai seguenti motivi:
1) Violazione della L.R n. 5 del 29 marzo 2004. Eccesso di potere per difetto di presupposto e/o di istruttoria. Errore di fatto su un presupposto fondamentale ai fini dell’emissione del condono. Sulla domanda di condono si sarebbe formato il silenzio assenso avendo a suo tempo la ricorrente presentato la documentazione integrativa richiesta dal Comune e non avendo questo provveduto nei termini previsti dalla legge;
2) Violazione di legge, eccesso di potere. Errata applicazione del Rd 523/1904 art 96. Il provvedimento ritiene che l’art. 96 rd. 523/1904 contenesse una norma inderogabile laddove invece la stessa faceva salva la disciplina derogatoria locale. Nella specie non sarebbero rinvenibili norme locali che impongono la rimozione del manufatto.
All’udienza pubblica del 23 marzo 2023 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è rivolto avverso un provvedimento di diniego di condono edilizio relativo ad un box motivato con la circostanza che lo stesso fosse stato realizzato in violazione dell’art. 96 rd 523/1904.
Il ricorso non è fondato.
Devono essere evidenziate le seguenti circostanze: 1) il manufatto è stato realizzato successivamente alla imposizione del vincolo;2) il condono è stato richiesto ai sensi dell’art. 31 l. 47/85 (primo condono).
Orbene tali circostanze precludono la condonabilità del manufatto.
L’art. 33 l.47/85, infatti, stabilisce: “Le opere di cui all'art. 31non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse: a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree. Sono altresì escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e che non siano compatibili con la tutela medesima. Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal capo I” .
La legge regolatrice del condono escludeva, già in allora, la condonabilità dell’abuso siccome realizzato su area vincolata prima della realizzazione dell’abuso stesso.
Ma anche la successiva normativa nazionale ha confermato la non condonabilità degli abusi realizzati su area vincolata precedentemente alla realizzazione dell’abuso (art. 32, commi 26 e 27 d.l. 269/03).
Deve, infine, precisarsi come l’art. 4 l. r. 5/04, che ammetteva la possibilità di condonare abusi realizzati su area già vincolata, sia stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 11 ottobre 2012 n. 225.
Alla luce della pronuncia della Corte costituzionale anche l’art. 6 l.r. 5/04 che sembra ammettere la condonabilità degli abusi realizzati in area soggetta a vicolo idrogeologico deve essere inteso nel senso che tale condonabilità non possa ritenersi illimitata ma segua le condizioni di ammissibilità previsti dalla normativa nazionale e regionale e come tale sia esclusa quando l’abuso sia posteriore alla apposizione del vincolo.
Per completezza deve darsi conto come il provvedimento impugnato dia conto dell’attuale contrasto dell’opera con la normativa di bacino sopravvenuta.
Per quanto riguarda la formazione del silenzio assenso è sufficiente rilevare come l’art. 35 l. 47/85 stabilisce, tra l’altro, che: “Fermo il disposto del primo comma dell'art. 40 e con l'esclusione dei casi di cui all'art. 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento. Trascorsi trentasei mesi si prescrive l'eventuale diritto conguaglio o al rimborso spettanti” .
Deve, pertanto, escludersi che nella specie si sia formato il silenzio assenso invocato dalla ricorrente.
Per le ragioni sopra espresse il primo motivo deve essere respinto.
Anche il secondo motivo è infondato.
E’ vero che l’art. 96 lett. F rd 523/1904 ammette la possibilità di norme locali derogatorie, e tuttavia la ricorrente non ha dimostrato la presenza di tale norme locali, limitandosi a sostenere che non vi siano norme che impongono la demolizione. In realtà la demolizione è imposta dalla presenza del vincolo e la possibilità di superare la previsione dell’art. 96 rd 523/1904 per effetto della presenza di una norma locale derogatoria doveva essere oggetto di specifica dimostrazione (che nella specie non è avvenuta), avendo il provvedimento impugnato dato conto della presenza di una normativa egualmente preclusiva al condono.
Il ricorso deve essere respinto.
Non si fa luogo a statuizione sulle spese di giudizio stante la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.