TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-06-07, n. 202309570

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-06-07, n. 202309570
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202309570
Data del deposito : 7 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/06/2023

N. 09570/2023 REG.PROV.COLL.

N. 06180/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6180 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A M e F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

del provvedimento n. -OMISSIS- del 17 febbraio 2019, notificato il 25 febbraio 2019, con cui il Ministero dell’Interno ha rigettato la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dall’odierna ricorrente in data 22 gennaio 2016, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 aprile 2023 il dott. Enrico Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe si contesta la legittimità del provvedimento n. -OMISSIS- del 17 febbraio 2019, con cui il Ministero dell’Interno ha rigettato la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dall’odierna ricorrente in data 22 gennaio 2016, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, per assenza dei richiesti requisiti di carattere economico-patrimoniale, relativi al possesso di adeguate fonti di sussistenza per l’anno 2017.

Avverso il provvedimento impugnato si eccepisce in sintesi la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, il difetto d’istruttoria e di motivazione, la falsità dei presupposti ed il travisamento dei fatti, non avendo l’Amministrazione considerato quanto rappresentato in risposta al preavviso di diniego, in ordine ai redditi prodotti all’estero del marito dell’odierna ricorrente.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, evidenziando come nella fattispecie in esame sarebbe emerso che l’interessata e il proprio nucleo familiare, nel periodo d’imposta 2017, non hanno percepito redditi uguali o superiori a quelli fissati nei prescritti parametri reddituali.

Con memoria depositata in data 24 marzo 2023, la ricorrente ha ribadito la mancata valutazione da parte del Ministero dell’Interno di quanto rappresentato in risposta al preavviso di diniego.

All’udienza pubblica del giorno 26 aprile 2023, la causa è passata in decisione.

Ciò posto, osserva il Collegio che nella valutazione sulla sussistenza del requisito della capacità reddituale, l’Amministrazione deve tenere conto non soltanto del reddito dell’istante ma deve anche verificare l’eventuale, effettivo, contributo offerto dagli altri membri del nucleo familiare (in tal senso, ex plurimis , Cons. St., III, 25 giugno 2019, n. 4372).

Come già chiarito da questa Sezione si tratta di principi di solidarietà familiare, su cui si fonda l’obbligo alimentare sancito dall’art. 433 c.c. che è applicabile, ai sensi dell’art. 45 della legge 2 gennaio 1995, n. 218, del Reg. CE n. 4/2009 e del richiamato protocollo dell’Aia del 23 novembre 2007 sulla normativa applicabile alle obbligazioni alimentari, anche agli stranieri residenti in Italia sulla base del criterio della residenza ove questi non abbiano optato per l’applicazione di una legge diversa (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. V bis, n. 1590/2022, n. 1698/2022).

L’orientamento in tal senso da tempo espresso dalla giurisprudenza è stato recepito dallo stesso Ministero dell’Interno, che, nella circolare prot. n. K.60.1 del 5 febbraio 2007, diramata agli Uffici competenti, ha ribadito che è necessario, “nel rispetto del concetto di solidarietà familiare cui sono tenuti i membri della famiglia, valutare la consistenza economica dell’intero nucleo al quale l’aspirante cittadino appartiene quando, dalla documentazione prodotta e/o dalla istruttoria esperita, si può evincere che esistono altre risorse che concorrono a formare il reddito” .

Ebbene, nella fattispecie in esame, dalla disamina degli atti di causa emerge che la ricorrente in sede procedimentale, segnatamente nelle osservazioni in risposta al preavviso di diniego del 30 agosto 2018, aveva prodotto la documentazione reddituale relativa non solo a se stessa ma anche al marito convivente, dimostrando in tal modo di soddisfare la richiesta capacità reddituale per l’annualità 2017 contestata dal Ministero.

In tale sede era stato infatti evidenziato che il coniuge dell’istante, in attesa di nuova occupazione, aveva prestato attività lavorativa all’estero a favore della “-OMISSIS-” , percependo un reddito pari ad € 4.731,68, che sommato a quello percepito in Italia, raggiunge la cifra di € 12.839,28 ben superiore al livello minimo standard fissato in € 11.362,05.

Da quanto descritto emerge chiaramente che l’istante aveva debitamente comprovato il possesso di un reddito familiare complessivo – avuto riguardo anche a quello del marito convivente - superiore al parametro minimo richiesto.

Non può pertanto condividersi l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato secondo cui dalle “deduzioni prodotte dall’interessata, tramite il proprio legale rappresentante, in data 31.8.2018 (…) non emergono nuovi elementi utili per una definizione favorevole del procedimento (…)” di concessione della cittadinanza, risultando la valutazione dell’Amministrazione effettuata in spregio a quanto rappresentato in risposta al preavviso di diniego, la cui ratio è appunto quella di far affluire, una volta che sia stata raggiunta la consapevolezza di dover respingere l’istanza presentata, ulteriori e nuovi elementi di giudizio idonei a capovolgere l’orientamento negativo verso il quale ci si sta dirigendo (cfr., T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater , sent. n. 11115/2016).

Deve in conclusione affermarsi che la mancata valutazione degli nuovi elementi sottoposti al vaglio dell’Amministrazione prima dell’emanazione del decreto di rigetto, ha comportato un’evidente incompletezza dell’istruttoria che vizia il provvedimento, rendendolo illegittimo e dunque annullabile per non aver ponderato il “quantum reddituale” del nucleo familiare di cui l’istante poteva disporre unitamente ai propri familiari ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3306/2012 – TA.R. Lazio, Roma, sez. II quater , n. 04316/2011).

Alla luce dei suddetti rilievi il ricorso va accolto e, per l’effetto, il decreto ministeriale impugnato deve essere annullato, con il conseguente obbligo, in capo al Ministero, di rideterminarsi secondo i principi e criteri sopra enunciati.

Come da regola, le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno pertanto poste a carico dell’Amministrazione resistente, nella misura indicata in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi