TAR Latina, sez. I, sentenza 2009-04-20, n. 200900356

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2009-04-20, n. 200900356
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 200900356
Data del deposito : 20 aprile 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00115/2006 REG.RIC.

N. 00356/2009 REG.SEN.

N. 00115/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 115 del 2006, proposto da F S F, rappresentato e difeso dall’avvocato F L, presso il cui studio in Latina, viale Petrarca n. 38, è elettivamente domiciliato;

contro

l’Università degli studi di Cassino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata ex lege;

per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione

del provvedimento, di estremi sconosciuti, con cui è stato calcolato il trattamento economico spettante al ricorrente e della lettera raccomandata del “servizio bilanci – ufficio stipendi con cui è stato comunicato il recupero della somma di euro 24.189,36.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Universita' degli Studi di Cassino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26/03/2009 il dott. D S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. Il ricorrente presta servizio come professore associato di diritto penale e di diritto penale commerciale presso l’Università di Cassino.

Con il ricorso all’esame egli espone di aver chiesto in data 10 giugno 2005 la “definizione” della propria posizione amministrativa;
a questa richiesta seguiva la raccomandata datata 9 novembre 2005 con cui l’amministrazione - richiamandosi a una nota del precedente 14 settembre, che comunicava che dai conteggi eseguiti era risultato un debito a suo carico, relativo al periodo 1-11-1994/ 31-8-2005, pari a euro 24.189,36 – comunicava che avrebbe eseguito il recupero in rate mensili di euro mille, facendo comunque presente che, qualora egli avesse voluto, avrebbe potuto concordare con l’ufficio “diverse forme di rimborso”.

2. Di qui il ricorso all’esame con cui il professor F impugna la raccomandata con cui l’amministrazione ha stabilito le modalità di restituzione del debito e il provvedimento, che asserisce di non conoscere, che ha ricalcolato il trattamento economico spettantegli denunciando il difetto di motivazione, l’omissione delle garanzie procedimentali e l’eccesso di potere per “illogicità manifesta”.

3. L’amministrazione si è costituita in giudizio e resiste al ricorso.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Ai fini di una migliore comprensione delle ragioni della decisione è opportuna una breve premessa in punto di fatto.

2.1. Come risulta dalla documentazione depositata dall’amministrazione il ricorrente è stato nominato con decorrenza giuridica 5 luglio 1991 e decorrenza economica 1° novembre 1991 professore associato presso l’Università di Cassino.

Con decreto rettorale n. 302 del 27 aprile 1999 egli era “confermato” quale professore associato con decorrenza 1° novembre 1994.

In precedenza il ricorrente aveva prestato servizio quale assistente ordinario presso l’Università degli studi di Roma dal 20 aprile 1979 al 31 ottobre 1991 e come magistrato ordinario nel periodo 28 dicembre 1967/ 19 aprile 1979.

2.2. Sulla base di questi precedenti di carriera e su domanda del professor F con decreto rettorale n. 672 del 19 luglio 1999 veniva operato l’inquadramento e rideterminato il trattamento economico spettantegli a partire dalla data della conferma, con riconoscimento in misura pari a due terzi del periodo prestato nella posizione di assistente ordinario (come previsto dall’articolo 103 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382).

Il decreto in questione era comunicato al ricorrente o comunque da lui “ufficiosamente” conosciuto in quanto egli lo contestava con nota del 23 ottobre 1999;
nella nota il ricorrente faceva presente di essere stato informato che negli anni precedenti gli sarebbero state versate somme non dovute;
in ordine al suo trattamento economico contestava che il decreto non “conteggiava la pregressa anzianità nei ruoli della magistratura ordinaria dal 28-12-1967 al 19-4-1979”.

2.3. Non è chiaro cosa sia avvenuto successivamente;
sta di fatto che nel giugno 2005 il ricorrente si rivolgeva al Rettore chiedendogli che fosse “definita” la sua posizione amministrativa.

Il competente ufficio eseguiva i conteggi necessari dai quali risultava che nel periodo 1994-2005 al ricorrente era stata versata indebitamente la somma di euro 24.189,36;
il ricorrente era quindi invitato a far conoscere in qual modo intendeva provvedere alla restituzione del dovuto;
in assenza di riscontro con nota del 9 novembre l’università decideva di rateizzare il debito provvedendo al recupero di 1.000 euro al mese;
a questo punto il 17 novembre il ricorrente inviava una nota all’Università con cui: a) ribadiva che il decreto rettorale del 19 luglio 1999 n. 672 illegittimamente non considerava il servizio da lui prestato come magistrato ordinario;
b) chiedeva che l’università sospendesse il recupero disposto e disponesse la “corresponsione dello stipendio giusta quanto previsto dal decreto rettorale n. 672 del 19 luglio 1999”.

2.5. Nella memoria di costituzione l’amministrazione ha chiarito che in realtà non esiste alcun ulteriore provvedimento di rideterminazione del trattamento economico spettante al ricorrente;
l’unico provvedimento di determinazione del trattamento economico è infatti costituito dal provvedimento di inquadramento del 19 luglio 1999, cosicchè il recupero disposto nel novembre 2005 troverebbe il suo titolo proprio in quast’ultimo provvedimento, ormai inoppugnabile dato che il professor F, pur avendolo pienamente conosciuto (come dimostra la circostanza che lo ha contestato per iscritto sin dall’ottobre del 1999), non lo ha impugnato.

3. Ciò premesso in punto di fatto, il ricorso è fondato nei limiti oltre precisati.

4. In sintesi può cominciare con l’osservarsi che la documentazione depositata dall’amministrazione, seppur non di agevole lettura, dimostra che non esiste un provvedimento di rideterminazione del trattamento economico spettante al professor F diverso e ulteriore da quello adottato nel luglio del 1999;
di conseguenza il recupero disposto con la nota impugnata ha ad oggetto somme versate in eccedenza rispetto a quanto stabilito dal decreto rettorale in questione;
ciò è dimostrato dalla circostanza che le somme indicate come dovute al ricorrente nella ottava colonna della tabella recante la quantificazione del suo debito corrispondono esattamente a quelle risultanti dal decreto rettorale del 19 luglio 1999;
quanto poi a quest’ultimo decreto, anche ad ammetterne l’impugnabilità, esso appare immune dai profili di illegittimità dedotti, invero molto genericamente, dal ricorrente;
e infatti l’unica argomentazione a contenuto sufficientemente definito – vale a dire la circostanza che nell’operare il ricalcolo della retribuzione complessivamente dovuta non si sarebbero considerati gli anni di servizio prestati nella magistratura ordinaria – è infondata dato che l’articolo 103 del D.P.R. n. 382 del 1980, sulla cui base l’amministrazione ha operato, non prevede la rilevanza di tale tipo di servizio;
d’altra parte, come si legge nella corrispondenza tra l’Università e il ricorrente, a quest’ultimo, all’atto del passaggio dalla magistratura all’Università “La Sapienza” di Roma, tale servizio era stato riconosciuto in sede di determinazione del trattamento economico (tant’è che al professor F era stato riconosciuto un assegno personale che nel corso degli anni era stato riassorbito secondo quanto prevedeva la normativa all’epoca vigente).

In conclusione, tenuto anche conto che il ricorrente non ha fornito alcun elemento che faccia ritenere che egli non abbia percepito nel corso degli anni un trattamento economico superiore a quello fissato dal decreto rettorale n. 672 del 19 luglio 1999, deve ritenersi che effettivamente sussista un indebito.

5. In questa prospettiva – e rilevato che, prima di assumere la determinazione relativa alle modalità di recupero, l’amministrazione aveva informato il ricorrente dei risultati dell’attività svolta con conseguente esclusione della violazione delle garanzie procedimentali - la determinazione dell’amministrazione di provvedere al recupero non solo non è illegittima ma costituisce un vero e proprio atto dovuto dato che la giurisprudenza amministrativa è ormai consolidata nel ritenere che né il decorso di un lungo lasso di tempo dall’avvenuta corresponsione delle somme in eccedenza né la buona fede dell’accipiens costituiscono un ostacolo al recupero (Consiglio di Stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2789);
l’unico limite che incontra l’amministrazione nella doverosa attività di recupero è costituito dalla necessità che essa scelga modalità tali da non incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore;
nella fattispecie risulta che l’amministrazione ha invitato il ricorrente a concordare con il competente ufficio le modalità del recupero e che il ricorrente non ha accolto tale invito;
di conseguenza l’amministrazione ha provveduto d’ufficio a rateizzare il debito determinando in 1000 euro mensili l’ammontare della ritenuta.

Ritiene il Collegio che tale modalità di recupero violi del principio stabilito dalla giurisprudenza dato che la rata così fissata corrisponde a poco più della metà della retribuzione mensile del ricorrente (che ha depositato in allegato al ricorso i “cedolini” relativi ai mesi di settembre e ottobre 2005, da cui risulta una retribuzione netta di circa 1.950 euro mensili). Insomma la rata appare eccessivamente alta in relazione all’ammontare della retribuzione del ricorrente per cui, non avendo l’amministrazione fornito elementi che facciano ritenere che un tale ammontare non incida sul normale tenore di vita del ricorrente, la nota del 9 novembre 2005 impugnata deve essere annullata con salvezza delle ulteriori determinazioni dell’amministrazione in ordine ale modalità di recupero.

6. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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