TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2012-06-15, n. 201205505
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N. 05505/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01590/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1590 del 2012, proposto, ai sensi dell’art. 117 c.p.a., da:
Siram Spa, rappresentata e difesa dall'avv. M B, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, via Antonio Bertoloni, 26/B;
contro
Azienda U.S.L. RM/D, in persona del Direttore Generale p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti F F e G D G, con domicilio eletto presso la sede legale dell’Azienda, in Roma, via di Casal Bernocchi,73;
per l'accertamento dell’inadempimento
dell’Azienda Sanitaria Locale Roma D a provvedere sull’istanza presentata da Siram s.p.a. di vedersi riconosciuta la revisione del prezzo, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 537 del 1993, come sostituito dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994 e come previsto dalla clausola contenuta nel contratto per l'esecuzione dei servizi manutentivi e gestionali dei presidi ospedalieri ed extraospedalieri, stipulato da Siram e dall’Azienda Sanitaria Locale RM/D il 29.4.2002;
con conseguente declaratoria
dell’obbligo della ASL intimata a porre in essere i dovuti accertamenti istruttori previsti dall’art. 6, comma 4, della legge n. 537/93, nonché dall’art. 115 del D.Lgs. n. 163 del 2006, al fine di determinare l’importo revisionale spettante a Siram s.p.a., dalla stessa già quantificato, per il periodo 1° gennaio 2005 – 30 giugno 2007, in complessivi euro 2.815.011,97, oltre IVA, interessi moratori e rivalutazione;
anche per il tramite della nomina
di un Commissario ad acta, che a ciò provveda in via sostitutiva;
con conseguente condanna
al pagamento della somma dovuta a titolo di revisione del prezzo contrattuale maturata nel periodo 1° gennaio 2005 – 30 giugno 2007, quantificata in euro 2.815.011,97, oltre IVA, interessi moratori e rivalutazione monetaria;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ASL RM/D;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore designato per la camera di consiglio del giorno 30 aprile 2012 il Cons. Domenico Lundini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato all’Azienda Sanitaria Locale Roma D, Siram s.p.a. insta, davanti a questo TAR, per l’accertamento, in via prioritaria, del silenzio inadempimento che assume essersi formato sull’atto di diffida e messa in mora, datato 30.5.2011 e notificato il successivo 6 giugno alla ASL predetta, ai fini del riconoscimento e pagamento del compenso revisionale asseritamente spettante a Siram stessa, per il periodo dall’1.1.2005 al 30.6.2007, per le prestazioni eseguite, a favore dell’Azienda intimata, nell’ambito del contratto (inizialmente stipulato il 13.3.2000, poi rinnovato il 29.4.2002 e più volte successivamente prorogato fino alla definitiva conclusione del rapporto avvenuta il 30.6.2007) per l’espletamento dei servizi manutentivi e gestionali dei Presidi ospedalieri ed extraospedalieri della ripetuta Azienda Sanitaria.
Con altro, connesso e contestuale, capo di domanda contenuto nel medesimo ricorso all’esame, l’impresa istante chiede poi che l’Amministrazione intimata venga condannata al pagamento della somma dovuta, per il periodo suddetto, a titolo di compenso revisionale, che la ricorrente stessa quantifica in euro 2.815.011,97 (oltre interessi e rivalutazione).
Deduce quanto segue, ai fini dell’accertamento dell’inadempimento della P.A. e per la condanna della stessa al pagamento del dovuto compenso revisionale:
- Violazione ed omessa applicazione dell’art. 6 della legge n. 537 del 1993, come sostituito dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994. Violazione ed omessa applicazione dell’art. 115 del D.Lgs. n. 163 del 2006 ed omessa applicazione dell’art. 3 del contratto di appalto. Violazione degli artt. 1, 2, 3 e 7 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere. Ingiustizia manifesta. Sviamento. Errore di fatto e dei presupposti di legge. Violazione dell’art. 97 della Costituzione.
L’Amministrazione, costituita in giudizio, si oppone motivatamente all’accoglimento del ricorso, con memoria depositata il 13.4.2012, rimarcando la tardività ed improcedibilità del ricorso medesimo e l’indeterminatezza, nel quantum, della domanda azionata.
La ricorrente, con memoria di replica del 19.4.2012, insiste peraltro nei propri assunti e nelle proprie domande.
Alla Camera di Consiglio del 30.4.2012, uditi gli avvocati presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Premesso quanto sopra, rileva il Collegio che il ricorso è fondato e da accogliere alla stregua e nei limiti delle considerazioni che seguono:
1) il ricorso di cui in epigrafe è proposto ai sensi dell’art. 117 del codice della giustizia amministrativa (D.Lgs. n. 104/2010) e quindi, in via prioritaria, per l’accertamento di un silenzio inadempimento asseritamente formatosi su domanda di revisione prezzi;
2) in effetti, il giudizio contro l’ inerzia della pubblica amministrazione è apprestato, dall’art. 117 sopra citato, a tutela di posizioni soggettive di interesse legittimo e non v’è dubbio che in tema di revisione prezzi, limitatamente all’an della pretesa, vengano in rilievo dette posizioni;
3) l'azione della ricorrente è volta peraltro, oltre che al riconoscimento dell’obbligo della P.A. di pronunciarsi sulla pretesa riguardante il compenso revisionale, alla richiesta di condanna dell’Azienda intimata al pagamento effettivo della somma quantificata come spettante a titolo di revisione prezzi (ex art. 6 della legge n. 537/93, come modificato dall'art. 44 della legge n. 724/94 e successivamente trasfuso nell’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006) sulla base dei criteri e parametri di calcolo riferibili alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, e risultanti, in particolare, dall’applicazione della clausola revisionale contenuta nell’art. 3 del contratto di appalto;
4) si tratta quindi di una controversia che, sebbene ora interamente rientrante nella giurisdizione esclusiva di questo Tribunale, ai sensi dell'art. 133 del c.g.a. (ma già precedentemente attribuita a detta giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 244, terzo comma, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ) deve continuare ad essere definita secondo un'indagine di tipo bifasico, ossia prima volta all'accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale - aspetto per il quale è consentito il giudizio impugnatorio riferito all’atto autoritativo della P.A. ed al suo surrogato costituito dal silenzio rifiuto- e poi alla verifica del quantum debeatur secondo meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo;
5) sotto il profilo strutturale l'istituto in questione si configura dunque secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale che sottende un potere autoritativo tecnico-discrezionale dell'amministrazione, potendo il privato contraente collocarsi su un piano di equiordinazione con l'Amministrazione solo con riferimento a problematiche che attengono all'entità della pretesa. Di conseguenza, la posizione del privato stesso si articolerà nella titolarità di un interesse legittimo riguardo all'an della pretesa ed eventualmente di diritto soggettivo, riguardo al quantum, ma solo una volta che vi sarà stato il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale. E tale costruzione, sebbene ormai del tutto ininfluente ai fini della giurisdizione, mantiene tuttavia inalterata nella specie la sua rilevanza (riguardo alle diverse posizioni giuridiche soggettive del contraente dell'Amministrazione) proprio perché il ricorso contro il silenzio, ex art. 117 c.g.a., è ammissibile solo in riferimento al primo aspetto, non potendo, in difetto di preliminare pronuncia dell’Amministrazione sull’an della pretesa, estendersi al quantum della pretesa revisionale stessa e alla richiesta di condanna al relativo pagamento a carico della P.A.;
6) come sopra delimitato, dunque, l’oggetto del giudizio, reputa il Collegio che il ricorso contro il silenzio dell’Amministrazione nella specie mantenuto in relazione alla diffida proposta dalla ricorrente nel giugno 2011 per ottenere una pronuncia dell’Amministrazione stessa (previa la necessaria istruttoria) sulla spettanza del compenso revisionale, sia fondato e da accogliere, in presenza dell’obbligo di trasparente ed esplicita conclusione del procedimento amministrativo riveniente in generale dalla legge n. 241/1990 ed in particolare dagli artt. 6 della legge n. 537/1993 e 115 del D.Lgs. n. 163/2006;
7) né rilevano, in contrario, le eccezioni di tardività ed improcedibilità al riguardo sollevate dall’Amministrazione resistente, dal momento che il ricorso è stato proposto, come consentito dalla legge, entro l’anno dalla formazione del silenzio mantenuto dall’Amministrazione sull’istanza-diffida dell’impresa opponente del giugno 2011. Quanto alle precedenti domande della ricorrente, esse non valgono, ad avviso di questo Collegio, a sconfessare la tempestività del ricorso de quo, sia perché l’istanza di avvio procedimentale può essere sempre riproposta, ex art. 31 c.g.a., ricorrendone i presupposti (che nella specie la ricorrente stessa ha non illogicamente individuato nell’esigenza di acquisire una pronuncia formale e definitiva, sulla totalità ed interezza della sua pretesa, da parte dei competenti organi aziendali), sia perché nemmeno rilevano i reiterati dinieghi del Direttore dei Lavori e di altri organi tecnici, espressi in relazione alle riserve iscritte dalla ditta ricorrente (sulla mancata attribuzione dei compensi revisionali) nei registri della contabilità, dato che la “revisione prezzi” esula dalle questioni per le quali esiste l’onere dell’appaltatore di iscrivere apposite riserve nei registri suddetti (v. Cass. Civ., I, n. 21035/2009) e considerato altresì che il Direttore dei Lavori, come organo tecnico, non è competente ad esprimersi in via definitiva (impegnando l’Amministrazione) sulla spettanza o meno della revisione prezzi, questione riservata invece agli organi decisionali dell’Amministrazione (come ora risulta anche dall’art. 115 del D.Lgs n. 163/2006: “La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5.”). D’altra parte è consolidato l’orientamento giurisprudenziale circa la natura endoprocedimentale della relazione e degli atti del Direttore dei Lavori in tema di compensi revisionali (cfr. CdS, V, n. 1137/97;Cass. Civ., SS.UU., n. 6034/2002). Da ultimo, rileva il Collegio che nemmeno può attribuirsi, nella specie, rilievo di atto formale di riscontro dell’istanza della ricorrente, agli atti depositati in giudizio dall’Azienda ed aventi (in quanto, oltretutto, nemmeno indirizzati alla ricorrente stessa) natura di semplici atti e relazioni difensivi limitati all’ambito processuale e alla relativa difesa giudiziale.
Il proposto ricorso va conclusivamente accolto, nei limiti dell’impugnato silenzio rifiuto (restando il merito della questione riservato ai necessari accertamenti tecnico-discrezionali dei competenti organi della P.A.), dovendo essere dichiarati l’illegittimità del silenzio stesso e, per l’effetto, l’obbligo dell’Amministrazione di pronunciarsi con atto espresso, nel termine di 30 (trenta) giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, sulla domanda-diffida dell’impresa ricorrente.
Si preavverte l’Azienda che in caso di inottemperanza, oltre il termine suddetto, potrà essere nominato, a semplice richiesta della ricorrente, un Commissario ad acta per gli adempimenti sostitutivi, con aggravio di spese a carico dell’Amministrazione.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono equitativamente liquidate, in relazione all’esito complessivo della controversia, nella limitata misura di cui al dispositivo.