TAR Trieste, sez. I, sentenza 2017-01-10, n. 201700004

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2017-01-10, n. 201700004
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 201700004
Data del deposito : 10 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2017

N. 00004/2017 REG.SEN.

N. 00019/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 19 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Consulta d'Ambito per il Servizio Idrico Integrato Centrale Friuli, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati L P e L D P, domiciliata ex art. 25 cpa presso la Segreteria Generale del T.A.R. per il FVG in Trieste, piazza Unità D'Italia 7;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, presso la quale è domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
dott. ing. R S, Commissario straordinario, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t., non costituito in giudizio;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, presso la quale è domiciliato in Trieste, piazza Dalmazia 3;
Agenzia per la Coesione Territoriale, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio;
Consulta d'Ambito per il Servizio Idrico Integrato dell'Ato Occidentale, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
Cafc s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Ciliberti, domiciliata ex art. 25 cpa presso la Segreteria Generale del T.A.R. per il FVG in Trieste, piazza Unità D'Italia 7;
Hydrogea s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
Sistema Ambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione cautelare

- del decreto dd. 29.10.2015 del Presidente del Consiglio dei Ministro, a firma p. Il Presidente del Consiglio dei Ministri Il Sottosegretario di Stato (prof. C De Vincenti, registrato dalla Corte dei Conti a n.2947 dd. 25.10.2015, annotato a n. 2518/2015 dd.

4.11.2015 del Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, comunicato alla ricorrente per il tramite della Direzione centrale Ambiente e Energia della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (nota prot. 002518/P dd. 17.12.2015, pervenuta in data 18.12.2015), con cui disponevasi la nomina dell’ing. R S quale <<Commissario straordinario per la progettazione, l’affidamento e la realizzazione dei lavori per l’agglomerato di Cervignano: “Rete fognaria mista”, per l’agglomerato di Pordenone – Porcia – Cordenons: “Depuratore di via Burida (ampliamento idraulico, sezione di defosfatazione)”, “Collegamento rete fognaria del quartiere di Borgomeduna al depuratore di via Savio, a mezzo dorsale di via S. Gregorio”, “Adeguamento depuratore via Aquileia e via Chiavornicco di Cordenons (denitrificazione e defosfatazione)”, “Depuratore Porcia via del Platano adeguamento idraulico da 10.000 a 20.000 a. e. sezione de fosfatazione”, per l’agglomerato di Sacile: “Adeguamento depuratore Sant’Odorico” e per l’agglomerato di Rivignano: “Realizzazione rete fognaria separata” e “Impianti di depurazione (n. 2 primari)”, con i poteri di cui ai commi 4, 5 e 6 dell’art. 10 del d.l. 24.06.2014, n. 91, conv, con modificazioni, dalla l. 11.08.2014, n. 116>> ;

- per quanto di ragione, della presupposta disposizione del Presidente del Consiglio dei Ministri d.d. 27.08.2015;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, anche se non conosciuto dalla ricorrente, ivi compresa la “proposta” del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare prot. 15461/GAB del 06.08.2015, atto menzionato nelle premesse della disposizione sub b), ma non comunicato né sin qui messo a disposizione


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e della società Cafc s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2016 la dott.ssa M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso depositato in data 20 gennaio 2016, la Consulta d’Ambito per il servizio idrico integrato centrale Friuli ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e degli altri atti in epigrafe indicati riguardanti la nomina del Commissario straordinario per la progettazione, l’affidamento e la realizzazione dei lavori relativi alla rete fognaria e agli impianti di depurazione di vari agglomerati ubicati nel territorio regionale.

La ricorrente ne assume, invero, l’illegittimità per i seguenti motivi di diritto:

1. “Violazione di legge (art. 7, co. 7 d.l. 12.09.2014, n. 133, conv. con modificazioni dalla l. 11.11.2014, n. 164 – art. 8 l. 5.06.2003, n. 131 – art. 10 d.l. 24.06.2014, n. 91, conv. con modificazioni dalla l. 11.08.2014, n. 116 – art. 120 Cost. – art. 16 bis l. 04.02.2005, n. 11) – Violazione di auto vincolo (art. 20 APQ) – Violazione del principio di leale collaborazione – Difetto dei presupposti – Travisamento – Carenza di legittimazione passiva ”.

Innanzi tutto, il provvedimento depriva delle proprie competenze la CATO, consorzio di funzioni ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. 267/2000, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, ma non contemplato né nell’elenco di cui all’art. 120 Cost., né nell’art. 8, co. 1 l. 131/2003, e nei confronti del quale pertanto non può essere esercitato alcun potere sostitutivo, per carenza di previsione normativa in tal senso.

In seconda battuta, sotto il profilo del procedimento che ha portato all’esercizio dei poteri sostitutivi ed anche a prescindere da quanto appena evidenziato, in manifesta violazione dell’art. 8, co. 1, ultimo periodo della l. 131/2003 non risulta che alla riunione del Consiglio dei Ministri, nella quale si è deciso l’esercizio dei poteri sostitutivi, abbia preso parte il Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, interessata al provvedimento.

Sotto ulteriore profilo, poi, l’esercizio dei poteri sostitutivi ha interessato un soggetto quale CATO (ente pubblico) in quanto “i soggetti attuatori di cui all’Accordo di Programma Quadro sottoscritto in data 31 ottobre 2014 sono società di natura privata, pertanto non diffidabili, e che la Consulta d’Ambito dell’ATO Centrale Friuli e la Consulta d’Ambito dell’ATO Occidentale sono gli enti ai quali sono stati affidati il governo del servizio idrico integrato” ;
in sostanza, ritenendo “non diffidabili” i gestori, si è ritenuto di dover diffidare (e sostituire) chi stava immediatamente sopra di loro.

Anche questa decisione è assolutamente illegittima ed inaccettabile, in quanto i gestori del servizio idrico (in questo caso CAFC S.p.A.) sono sì formalmente “società di natura privata”, ma di completa partecipazione pubblica, che operano quali gestori in house dei Comuni che ne detengono le azioni, e quindi a tutti gli effetti sono società pubbliche, sottoposte alle regole della evidenza

pubblica nella scelta dei loro contraenti, ed i cui amministratori sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti.

Infine, va evidenziata la violazione della procedura, individuata per l’esercizio dei poteri sostitutivi, dall’art. 20, co. 2 dell’APQ (“2. Nel caso di ritardo, inerzia o inadempimento, il RUA, fermo restando quanto previsto agli articoli precedenti, invita il soggetto al quale il ritardo, l’inerzia o l’inadempimento siano imputabili ad assicurare che la struttura da esso dipendente adempia entro un termine prefissato. Il soggetto sottoscrittore cui è imputabile l’inadempimento è tenuto a far conoscere, entro il termine prefissato dal RUA, le iniziative a tal fine assunte e i risultati conseguiti”) ;
in questo caso, infatti, il RUA (nella persona dell’ing. S, prima della sua nomina a Commissario, in quanto tale era la sua veste) non aveva sollevato questioni di sorta e, nel fornire gli aggiornamenti del monitoraggio bimestrale, non erano state evidenziate inadempienze, né mai lo aveva fatto il Ministero nei confronti della Regione.

2. “ Violazione di legge (art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241) – Difetto di motivazione e di istruttoria – Violazione di auto vincolo (art. 20 APQ)”.

L’atto che ci occupa è peraltro del tutto immotivato, a dispetto dei gravi effetti che vi si correlano.

3. “Illogicità – Contraddittorietà – Violazione del principio del giusto procedimento”.

Il provvedimento finale, poi, si pone in evidente contrasto logico, materiale e motivazionale, rispetto alla precedente determinazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la quale – prefigurando l’esercizio dei poteri sostitutivi – si era avanzata richiesta di fornire al CATO (“considerato che alla data del 31 luglio 2015 non sono stati assunti atti giuridicamente vincolanti, né sono stati predisposti progetti da porre a base di gara” ), entro 30 giorni dal ricevimento della disposizione dd. 27.08.2015, “gli atti progettuali da porre a base di gara di cui alle premesse”.

4. “Illogicità – Violazione del principio della buona fede e del minimo mezzo – Violazione del principio di proporzionalità – Violazione del principio del giusto procedimento – Errore di fatto e travisamento – Violazione di autolimite (art. 17 APQ)”.

Peraltro, le supposte inadempienze, in forza delle quali si è ritenuto di dover agire con poteri sostitutivi, in ogni caso non sussistono minimamente, in quanto i lievissimi scostamenti rispetto all’originario cronoprogramma da un lato sono di impercettibile momento (e quindi del tutto irrilevanti, tenendo conto del fatto che in via di autolimite l’art. 17 dell’APQ aveva individuato una

specifica e predeterminata soglia critica di rilevanza di 180 giorni, nel caso in esame assolutamente non sussistente), dall’altro non sono mai stati oggetto di contestazione.

5. “Violazione di legge (art. 16 bis l. 04.02.2005, n. 11 – art. 97 Cost. – art. 158 bis d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) – Illogicità – Sviamento dalla causa tipica – Eccesso di potere – Illogicità e contraddittorietà”.

Le gravi carenze procedimentali, sostanziali e motivazionali del provvedimento del 29.10.2015 costituiscono la migliore riprova della finalità effettiva dell’atto in discussione.

Il medesimo ha, infatti, obbedito, con tutta evidenza, all’unico ed assorbente scopo – sviato nel fine – di spostare quanto più in basso possibile (in questo caso – erroneamente ritenendo di non poter arrivare ai livello dei gestori, in quanto pretesamente “non diffidabili” – sino al livello dei CATO) la eventuale responsabilità patrimoniale che potrebbe derivare da possibili future contestazioni che dovessero venire allo Stato italiano dagli organismi comunitari.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, entrambi costituiti con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, hanno affidato a separate memorie le loro rispettive controdeduzioni difensive.

In particolare, la Presidenza ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per incompetenza territoriale del Tar adito e la tardività dell’impugnazione dell’atto dispositivo del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 agosto 2015, che ritiene atto autonomamente impugnabile.

Si è pure costituita la società CAFC s.p.a., condividendo per buona parte gli assunti difensivi della ricorrente, fatta eccezione per quelli concernenti l’esatta individuazione del soggetto destinatario della diffida in data 27 agosto 2015.

Dopo la rinuncia da parte della ricorrente all’istanza cautelare, la trattazione del merito è stata fissata per l’udienza pubblica del 13 luglio 2016, nelle more della quale la ricorrente medesima, conosciuti i contenuti della “proposta” del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare prot. n. 15461/GAB del 6 agosto 2015 (dimessa in giudizio su ordine giudiziale), con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 31 maggio 2016, ha articolato le seguenti ulteriori censure avverso il provvedimento impugnato:

6. “Violazione del principio del giusto procedimento e dell’art. 97 Cost. – Sviamento dalla causa tipica – Eccesso di potere – Arbitrarietà – Illegittimità propria e derivata”.

Risulta innanzi tutto evidente dal tenore della nota – in disparte il tono colloquiale e confidenziale della stessa (“Caro C…” ) – la volontà aprioristica del Ministero dell’Ambiente di disporre il commissariamento, a prescindere cioè da qualsivoglia considerazione e/o acquisizione procedimentale, finalizzata al vaglio di una qualche responsabilità.

Il termine “congruo” indicato in “30 giorni dalla data di ricevimento dell’atto” è pertanto un termine meramente “pro forma”, in un contesto complessivo nel quale è già stato deciso a tavolino, in quanto “necessario e urgente”, di “adottare iniziative idonee ad accelerarne le fasi di progettazione e realizzazione e prevenire un ulteriore deferimento dell’Italia in Corte di Giustizia”, in particolare “con la nomina di un apposito commissario straordinario al quale affidare la realizzazione dei lavori nel citato agglomerato”.

7. “Eccesso di potere – Illogicità e contraddittorietà – Travisamento e difetto di istruttoria – Violazione di legge (art. 16 bis, co. 4 l. 04.02.2005, n. 11art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241) – Violazione del principio del giusto procedimento – Carenza di legittimazione passiva – Illegittimità propria e derivata”.

Nel contempo, si evidenzia altresì una insanabile contraddizione, nell’avere prefigurato la responsabilità di “ATO Centrale Friuli, in qualità di soggetto attuatore” (così si legge nel primo dei tre schemi di diffida, quello direttamente di interesse ai fini del presente giudizio, e analogamente in relazione agli altri ATO coinvolti), allorquando invece i soggetti attuatori non sono affatto le Consulte d’Ambito – enti di governo del servizio idrico integrato in ciascuno dei territori di riferimento – ma i singoli gestori del servizio idrico integrato, che peraltro sono stati alla fine ritenuti “società di natura privata, pertanto non diffidabili”.

Ai sensi dell’art. 2 del’APQ (art. 2, lett. k) il “soggetto attuatore” è infatti il soggetto aggiudicatore, responsabile dell’intervento, e quindi il singolo gestore del servizio idrico integrato che, con i fondi che per il tramite delle ATO gli sono conferiti, è tenuto alla realizzazione diretta del singolo intervento.

In vista dell’udienza su indicata, le parti hanno dimesso le loro conclusive memorie e, in seguito, le rispettive repliche. La trattazione della causa è stata, tuttavia, rinviata su istanza di parte ricorrente a quella successiva del 6 dicembre 2016, in ragione dell’intenzione manifestata dalla medesima di articolare ulteriori motivi aggiunti, poi, di fatto, non proposti.

Le parti si sono scambiate ulteriori memorie e repliche.

Celebrata l’udienza, l’affare è stato introitato per la decisione.

Il Collegio, nel dare per nota la vicenda fattuale, per come ricostruita dalle parti nei propri scritti, ritiene, innanzitutto, di disattendere le eccezioni preliminari sollevate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Al riguardo, conviene, invero, con la difesa della ricorrente laddove pone l’accento: a) sul fatto che il provvedimento di commissariamento ha, con tutta evidenza, effetti territoriali ben definiti e delimitati, pacificamente rientranti nell’ambito territoriale della Regione Autonoma FVG, in cui ha sede questo Tribunale;
b) sulla natura endo-procedimentale della disposizione del Presidente del Consiglio dei Ministri d.d. 27.08.2015, con la conseguenza che la medesima è da ritenersi tempestivamente impugnata unitamente al provvedimento conclusivo del procedimento.

Nel merito, il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Al di là di ogni considerazione in ordine alla correttezza o meno dell’individuazione del soggetto ritenuto inadempiente, esigenza questa che, nell’ambito del presente scrutinio, appare, in questo momento, recessiva, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, difettino alla radice proprio i presupposti per l’esercizio del potere sostitutivo e che, in ogni caso, lo stesso sia stato declinato in maniera non conforme alle norme di riferimento.

Coglie nel segno, infatti, la ricorrente, laddove, dopo essersi soffermata a puntualizzare che non avendo sottoscritto l’AQP, non le possono essere, in alcun modo, imputate inadempienze per non aver rispettato le scadenze indicate nello stesso o in tabelle comunque ad esso riferibili, contesta la violazione dell’art. 8, co. 1, ultimo periodo della l. 131/2003 e della procedura individuata per l’esercizio dei poteri sostitutivi dall’art. 20, co. 2 dell’APQ (motivo n. 1), l’illogicità – contraddittorietà – violazione del principio del giusto procedimento (motivo 3) e l’illogicità – violazione del principio della buona fede – violazione del principio del giusto procedimento (motivo 4).

Contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa erariale, devesi invero, in primo luogo, evidenziare che la procedura specificamente applicata richiede necessariamente il coinvolgimento del Presidente della Regione, cosa che non è, però, avvenuta nel caso di specie.

L’art. 7, comma 7, del d.l. n. 133/2014, laddove dispone che “Al fine di accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione europea in ordine all'applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane (…) può essere attivata la procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo secondo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche con la nomina di appositi commissari straordinari (…)”, è esplicito, infatti, nel richiamare proprio la disciplina dettata dall’art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003,

E’, dunque, evidente che, secondo quanto prescritto da tale norma, alla riunione del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto partecipare il Presidente della Giunta regionale del FVG.

In secondo luogo, pare altrettanto pacifico che, nel caso di specie, siano state disattese anche le guarentigie tutte stabilite per l’esercizio del potere sostitutivo dall’art. 20, comma 2, dell’Accordo di Programma Quadro per l’attuazione del Piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica, finalizzato prioritariamente a potenziare la capacità di depurazione dei reflui urbani (“Nel caso di ritardo, inerzia o inadempimento, il RUA, fermo restando quanto previsto agli articoli precedenti, invita il soggetto al quale il ritardo, l’inerzia o l’inadempimento siano imputabili ad assicurare che la struttura da esso dipendente adempia entro un termine prefissato. Il soggetto sottoscrittore cui è imputabile l’inadempimento è tenuto a far conoscere, entro il termine prefissato dal RUA, le iniziative a tal fine assunte e i risultati conseguiti”) .

Si rammenta, invero, che, come evidenziato dalla ricorrente e dalla società CAFC, e non smentito in alcun modo dalla difesa erariale, la CATO ha acquisito da CAFC i dati afferenti al monitoraggio e li ha trasmessi alla Regione con cadenza bimestrale, senza che la Regione o il Responsabile Unico dell’Attuazione (RUA) dell’APQ (nella persona dell’ing. S, prima della sua nomina a Commissario) abbia mai sollevato questioni di sorta. Né, tantomeno, mai lo ha fatto il Ministero nei confronti della Regione.

Consta, peraltro, che all’atto dei monitoraggi CAFC abbia comunicato le esigenze tecniche e amministrative eventualmente comportanti la necessità di scostamenti rispetto al cronoprogramma previsto dall’APQ, senza che mai nulla sia stato obiettato o contestato.

Sicché, anche sotto tale profilo, l’attivazione della procedura di esercizio del potere sostitutivo pare gravemente viziata, atteso che né il RUA, quale soggetto incaricato del coordinamento e della vigilanza sulla complessiva attuazione dell’APQ, né tanto meno il Responsabile Unico delle Parti (RUPA), ovvero il rappresentante di ciascuna delle parti (contraenti), incaricato di vigilare sull’attuazione di tutti gli impegni assunti e degli altri compiti previsti dall’APQ e individuato nel Direttore Centrale della Direzione Centrale Ambiente ed Energia, hanno mai sollevato alcun rilievo, tale da legittimare l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’art. 20 del più volte citato APQ.

In terzo luogo, non può trascurarsi di rilevare l’evidente “scollamento” procedurale che, in effetti, sussiste tra la disposizione del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 agosto 2015 e il decreto poi dal medesimo adottato in data 29 ottobre 2015, atteso che con il primo – prefigurando l’esercizio di poteri sostitutivi – il Presidente del CATO era stato richiesto di fornire, entro il termine di 30 gg., “gli elaborati progettuali dell’intervento da porre a base di gara (…)”, nel mentre col II, pur avendo CATO trasmesso entro il termine stabilito gli elaborati richiesti, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha ritenuto di attivare l’esercizio dei poteri sostitutivi sulla base di presupposti nuovi, o per lo meno sino a quel momento mai invocati o chiaramente esplicitati, ovvero per il ritenuto mancato rispetto del crono programma previsto dall’APQ, il tutto senza l’attivazione di previo e adeguato contraddittorio.

E’ evidente, dunque, che, nonostante la bontà delle finalità perseguite dal Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero di imprimere un’accelerazione alla progettazione e alla realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione europea in ordine all'applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane, la procedura in concreto seguita desta perplessità sotto plurimi profili ed è tale da inficiare la legittimità del provvedimento con cui sono stati attivati i poteri sostitutivi.

In accoglimento delle doglianze scrutinate e assorbite quelle ulteriori svolte, dal cui eventuale accoglimento non potrebbe comunque derivare a parte ricorrente alcuna ulteriore utilità, il ricorso va, quindi, accolto.

Però, proprio in considerazione dell’importanza degli interessi alla cui salvaguardia risulta preordinato l’atto opposto pare opportuno accedere al suggerimento di parte ricorrente e pronunciare, quale effetto dell’accoglimento del ricorso, non l’annullamento ex tunc (o la caducazione ex nunc ) dell’atto impugnato, ma più opportunamente la sola declaratoria d’illegittimità, ponendo, quindi, in salvo l’attività tutta svolta dal Commissario nominato.

Facendo proprio, quindi, l’insegnamento ritraibile dalla pronuncia della VI sezione del Consiglio di Stato 10 maggio 2011, n. 2755, invocata da parte ricorrente, il Collegio ritiene, dunque, di statuire che l'accoglimento del ricorso in epigrafe comporta unicamente la declaratoria d’illegittimità, in assenza di effetti caducatori e d'annullamento, con la conseguenza che l’atto impugnato conserverà i propri effetti sino a sua modifica o sostituzione. Va da sé che, laddove il Presidente del Consiglio dei Ministri intendesse rieditare la procedura, emendandola dai vizi ora riscontrati, e attivare ulteriormente i poteri sostitutivi dovrà farlo conformandosi ai principi tutti ritraibili dalla presente sentenza ovvero verificando previamente l’effettiva sussistenza dei prescritti presupposti e esplicitandoli in maniera trasparente, nonché rispettando la procedura stabilita dalle norme di riferimento, anche a salvaguardia delle esigenze del necessario contraddittorio endo-procedimentale.

Le spese di lite seguono la soccombenza nei rapporti tra la ricorrente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (la cui “proposta” è stata, in sostanza, fatta propria dal Presidente del Consiglio dei Ministri) e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo. Possono essere compensate per il resto.

Ai sensi di legge, la Presidenza del Consiglio dei Ministri sarà, inoltre, tenuta a rimborsare alla ricorrente (all’atto del passaggio in giudicato della sentenza), ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis.1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall’art. 21 della L. 4 agosto 2006, n. 248, il contributo unificato nella misura versata.

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