TAR Bologna, sez. II, sentenza 2009-11-27, n. 200902508
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Testo completo
N. 02508/2009 REG.SEN.
N. 01166/1996 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1166 del 1996, proposto da:
C E ed A, rappresentato e difeso dall'avv. M M, con domicilio eletto presso M M in Bologna, via San Vitale 40/3/A;Bogliari Domenica;
contro
Comune di Imola, rappresentato e difeso dall'avv. S G, con domicilio eletto presso S G in Bologna, via Santo Stefano 43;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del diniego di concessione edilizia in sanatoria protocollo n. 14627/96 emesso dal Sindaco del Comune di Imola e notificato il 30/03/1996;
dell’ingiunzione a demolire prot.21798 del 9/05/1996 relativa al fabbricato sito in Imola, via Ponticelli Pieve.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Imola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2009 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Il ricorso ha ad oggetto l’impugnativa del diniego di sanatoria su istanza presentata ai sensi della legge n.724 del 1994, e della conseguente ordinanza di demolizione, relativi ad abitazione abusivamente edificata nella fascia di rispetto (entro i 10 metri dall’argine) del rio Ponticelli in Imola.
Sostengono i ricorrenti che l’immobile è stato realizzato al di fuori della fascia di 10 metri dal corso d’acqua, previsto come limite assoluto per la edificabilità, che il vincolo è successivo alla costruzione abusiva e che è “relativo” e non assoluto.
Il vincolo ostativo alla costruzione, come si legge nel provvedimento impugnato, è disciplinato dall’art.96, lett. f) del R.D. n. 523 del 1904.
La normativa successiva non ha fatto che confermarlo.
Infatti, l’art.1 della Legge n.431 del 1985 sottopone a vincolo i corsi d’acqua inseriti negli Elenchi previsti dal R.D. N.1775 del 1933, demandando alle Regioni di redigere un Elenco di quelli che “per la loro irrilevanza a fini paesaggistici” possono esserne esclusi, il che non è stato per il Rio Ponticelli.
Se anche fosse che la Regione all’epoca non aveva ancora predisposto l’Elenco, di certo il Rio Ponticelli Pieve non sarebbe “sospeso”, ma sottoposto a vincolo, in mancanza di accertamento della sua “irrilevanza a fini paesaggistici” (cfr. motivo B).
Il diniego di condono è motivato in ragione della violazione del vincolo disciplinato dall’art.96 del R.D. n.523 del 1904 e, pertanto, rispetto ad esso nessuna fondatezza può avere il motivo d), che ne contesta la preesistenza alla costruzione abusiva, pacificamente successiva al 1904, siccome rsalente al periodo compreso tra il 1983 e il 1992, come si vedrà in appresso.
La pretesa illegittimità derivante dalla mancata menzione della norma (motivo A) applicata (art.33 della Legge n.47 del 1985), è censura pretestuosa, dal momento che il provvedimento impugnato indica, come norma violata, l’art.96 del R.D. del 1904 e che, in ogni caso, la mancata menzione della norma non rivestirebbe alcuna conseguenza sulla legittimità dell’atto.
La norma sostanziale violata è stata ben citata nel provvedimento impugnato, ed essa contempla un assoluto divieto di edificare a meno di 10 metri dal piede degli argini dei corsi d’acqua, derogabile solo allorquando la materia sia contemporaneamente disciplinata dalle normative locali “aventi gli stessi fini di salvaguardia e tutela del buon regime delle acque pubbliche e quindi di prevenzione”. (cfr. TAR Emilia Romagna, Parma 581/03).
Quindi, il vincolo è assoluto e non è derogabile dalle norme urbanistiche, e segnatamente dall’invocato (sub C) art. 140 delle NTA, che secondo i ricorrenti lo avrebbe trasformato in vincolo relativo.
Del tutto infondato appare dunque il motivo di impugnazione sub C, laddove si contesta la mancata valutazione di compatibilità dell’opera con il paesaggio.
Se il vincolo è assoluto, nessuna valutazione avrebbe dovuto essere effettuata, essendo sufficiente la menzione del vincolo stesso.
Si passa, infine, a quanto contestato sub E, laddove si afferma che la costruzione sarebbe stata realizzata ad oltre 10 metri dal corso d’acqua, come risulterebbe dalle “cartografie ufficiali esistenti”.
A tal fine, in data 8 ottobre 2009, i ricorrenti hanno depositato estratto di mappa catastale, con misurazioni apposte “a mano”.
A parte la evidente inattendibilità di quanto aggiunto “a mani”, il catasto non costituisce prova alcuna tanto meno per il tracciato dei corsi d’acqua. Pertanto, la esibizione della mappa nulla può provare.
E’ inoltre pacifico in causa e risulta documentalmente che il Rio Ponticelli abbia, da oltre 30 anni, mutato il suo corso e si trovi da allora nella posizione attuale.
Gli stessi ricorrenti si dolgono di tale circostanza, evidentemente ben consapevoli del fatto che la modifica sia avvenuta molti anni prima della realizzazione dell’abuso, compiuta in periodo di tempo che va dal 1983 al 1992 come affermato dallo stesso C nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegata alla domanda di condono, e datata 21 febbraio 1995.
La nota 22 settembre 1995, n.175/Ed. Privata, del tecnico istruttore della domanda di condono precisa infatti, incontestatamente,:«al fine di chiarire tale punto e a conferma di quanto rilevato dal tecnico istruttore della richiesta di condono 1986, poi negato, si allegano copie C.T.R. con rilievo aerofotogrammatico del 1976 con posizione Rio già modificato rispetto al catastale e successivo aggiornamento del 1985 con indicata parte dell’edificio in oggetto, in cui si rileva che l’intero immobile oggetto di condono ricade quasi completamente nella fascia di rispetto di mt. 10,00 ai sensi del R.D. 25 luglio 1904.
Avendo il signor C dichiarato, con atto notorio 21 febbraio 1995 che la realizzazione dei manufatti è avvenuta negli anni dal 1983 al 1992 si ritiene applicabile l’art. 33 della Legge n.47 del 1985».
Anche il motivo sub E, con il quale si contesta che la costruzione sia posta ad una distanza inferiore a 10 metri dal corso d’acqua, è dunque infondato.
Infine, l’assegnazione della numerazione civica, la riscossione dell’ICI, e il controllo igienico-sanitario sull’uso del fabbricato non implicano alcuna valutazione sulla sua sanabilità, ma dimostrano soltanto contezza della sua esistenza.
Pertanto non sono affatto invocabili come sintomi della contraddittorietà dedotta sub F).
Le motivazioni del diniego (motivo G) sono ben chiare in relazione a tutto quanto esposto sopra.
Quanto all’ordinanza di demolizione, non sono stati dedotti vizi autonomi.
Il ricorso deve pertanto essere respinto in tutti i motivi prospettati.
Le spese seguono la soccombenza.