TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-06, n. 202301791

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-06, n. 202301791
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202301791
Data del deposito : 6 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/06/2023

N. 01791/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01658/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1658 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M G e M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Siciliana - Assessorato Regionale Energia e Servizi di Pubblica Utilita', in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

Dipartimento dell'Acqua e dei Rifiuti dell'Assessorato dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità, Servizio 8 "Autorizzazioni Impianti Gestione Rifiuti - A.I.A.", Comune di -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della nota prot. n. -OMISSIS- a firma del Dirigente del Servizio 8 Autorizzazioni Impianti Gestione Rifiuti – A.I.A., arch. -OMISSIS-, notificata a mani in data -OMISSIS-, avente ad oggetto: “Impresa -OMISSIS- – Istanza di rilascio Autorizzazione Integrata Ambientale per la realizzazione di una discarica per rifiuti speciali pericolosi da ubicare in -OMISSIS- nel territorio di -OMISSIS- (-OMISSIS-). Riscontro P.E.C. Impresa -OMISSIS-”;

-della successiva nota prot. n. -OMISSIS-, anch’essa a firma del Dirigente del Servizio 8 Autorizzazioni Impianti Gestione Rifiuti –A.I.A., arch. -OMISSIS-, pervenuta con pec in pari data, avente ad oggetto: “Istanza di riesame della nota dipartimentale prot. n. -OMISSIS-. Riscontro P.E.C. Impresa -OMISSIS-.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Siciliana - Assessorato Regionale Energia e Servizi di Pubblica Utilità;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2023 il dott. Salvatore Accolla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente esponeva che, con D.R.S. n. 65 del 22 gennaio -OMISSIS-, l’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente aveva espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale, subordinato al successivo rilascio dell’Autorizzazione Integrale Ambientale ai sensi del d.lgs. n. 59/2005, in relazione al progetto che egli stesso aveva proposto, nella qualità di titolare della omonima impresa individuale, per la realizzazione di una discarica per rifiuti speciali pericolosi in contrada -OMISSIS- nel Comune di -OMISSIS- (-OMISSIS-).

In data -OMISSIS- aveva pertanto richiesto, sulla scorta del predetto provvedimento, il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, depositando anche la necessaria documentazione. Nel -OMISSIS- l’Assessorato Regionale competente aveva richiesto un’integrazione documentale che il ricorrente affermava, sempre nel ricorso, di aver regolarmente soddisfatto.

A causa del ritardo dell’Amministrazione nell’emanare il provvedimento conclusivo, il ricorrente aveva presentato diversi solleciti, finché, con p.e.c. del -OMISSIS-, e poi tramite comunicazione a mani del titolare in data -OMISSIS-, l’Assessorato aveva dato notizia dell’adozione del provvedimento n. -OMISSIS- con cui l’istanza in questione era stata dichiarata manifestamente irricevibile, inammissibile ed improcedibile sul rilievo che il precedente giudizio di compatibilità ambientale, espresso con il D.R.S. n. 65 del 22 gennaio -OMISSIS-, non sarebbe stato più efficace e sarebbe stata omessa la reitera del procedimento, da ritenersi necessaria, in base alla motivazione del provvedimento, ai sensi dell’art. 25 co. 5 del d. lgs. n.152/2006, in ragione della limitata efficacia temporale caratterizzante il provvedimento di V.I.A.

Con p.e.c. del -OMISSIS-, l’odierno ricorrente aveva chiesto il riesame del predetto provvedimento di diniego.

L’Assessorato, con la nota impugnata n. -OMISSIS-, comunicata in pari data tramite p.e.c., aveva rigettato anche tale istanza di riesame, deducendo l’inesistenza in archivio di rilevanti atti del procedimento, quali il progetto definitivo per l’espressione del parere ambientale e gli atti delle due note del progetto definitivo di A.I.A., e suggerendo all’impresa ricorrente, anche in ragione del lungo tempo decorso dall’espressione, nel -OMISSIS-, del giudizio sulla compatibilità ambientale del progetto, di presentare una nuova istanza per il rilascio del Provvedimento Autorizzativo Unico Regionale ex art. 27 bis del d. lgs. n. 152/2006 presso il competente Dipartimento regionale dell’Ambiente.

Avverso tali provvedimenti il ricorrente articolava i seguenti motivi di ricorso.

Affermava, in primo luogo, che il parere di compatibilità ambientale a suo tempo rilasciato dall’Assessorato regionale al Territorio, contrariamente agli assunti dell’Amministrazione, sarebbe stato pienamente valido ed efficace.

Non avrebbe, infatti, trovato applicazione la disciplina, erroneamente richiamata, a suo parere, dall’Amministrazione, di cui all’art. 25 co. 5 del d. lgs. n.152/2006, dal momento che la disciplina intertemporale contenuta nell’art. 52 del medesimo decreto legislativo avrebbe in realtà previsto che i provvedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto si sarebbero conclusi in conformità alle disposizioni in vigore alla data di presentazione della relativa istanza.

Analogo criterio sarebbe valso per la norma relativa ai termini di realizzazione dei progetti: il termine quinquennale di cui all’art. 1 comma 3 del d. lgs. n. 4/2008, richiamato nel provvedimento, non sarebbe stato, pertanto, applicabile in quanto lo stesso decreto legislativo avrebbe previsto all’art. 35 (tra le disposizioni transitorie) che le procedure di VAS e VIA pendenti si sarebbero concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell’avvio del procedimento.

Affermava, poi, in un secondo motivo di ricorso, che il provvedimento sarebbe stato affetto da erronea motivazione ed eccesso di potere, non essendo sussistente, a suo modo di vedere, l’asserita carenza documentale ritenuta dall’Amministrazione Regionale preclusiva della possibilità di adottare il provvedimento conclusivo. Né, d’altra parte, lo stesso ricorrente avrebbe avuto modo di dimostrare, in proposito, il contrario di quanto asserito dall’Amministrazione, in quanto avrebbe potuto, tutt’al più, depositare copie della stessa documentazione, ma non gli originali, consegnati, per l’appunto, alla stessa Amministrazione, all’atto della presentazione dell’istanza.

In conclusione, per tali ragioni chiedeva l’annullamento degli atti impugnati.

Con ordinanza collegiale n. 3234/2020, emessa all’esito della camera di consiglio del 2 dicembre 2020, il Collegio rilevava una possibile causa di inammissibilità del ricorso per avvenuta notifica, in contrasto con le previsioni di cui all’art. 44 co. 3 c.p.a, presso la sede legale dell’Amministrazione Regionale e non presso l’Avvocatura dello Stato.

Con successiva ordinanza collegiale n. 120/2021, emessa a seguito della camera di consiglio riconvocata del 13 gennaio 2021, il Collegio sospendeva il giudizio in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato sez. V, con l’ordinanza n. 2489 del 20 aprile 2020 per contrasto dell’art. 44 co. 3 c.p.a. con gli artt. 3, 24 e 113 Cost.

Con ordinanza collegiale n. 2958/2021, il Collegio, preso atto del pronunciamento della Corte Costituzionale sulla predetta questione e della declaratoria di incostituzionalità (con sentenza n. 148 del 9 luglio 2021) dell’art. 44 co. 4 c.p.a. nella parte in cui esclude la rinnovazione della notifica allorché l’esito negativo della notificazione dipenda da causa imputabile al notificante, disponeva la prosecuzione del giudizio, considerato che, nelle more, era stata effettuata dal ricorrente la notifica del ricorso all’Assessorato Regionale presso l’Avvocatura dello Stato Distrettuale di Catania.

L’Assessorato convenuto si costituiva in giudizio con atto di mera forma.

Con l’ordinanza cautelare n. 622/2021, il Collegio fissava l’udienza di merito ai sensi dell’art. 55 co. 10 c.p.a., ordinando all’Amministrazione resistente il deposito di una documentata relazione idonea a rendere i necessari chiarimenti del caso entro 90 giorni dalla comunicazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si sarebbero desunti argomenti di prova ai sensi dell’art. 64 c.p.a. e dell’art. 116 c.p.c.

L’Amministrazione rimaneva inerte.

Il ricorrente depositava, invece, in vista dell’udienza pubblica (rinviata, prima su richiesta della ricorrente, poi per assenza del relatore) memorie conclusive in cui ribadiva le argomentazioni sviluppate nel ricorso.

All’udienza pubblica del 27 gennaio 2022, il Collegio, uditi i procuratori delle parti costituite, tratteneva il ricorso in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio ritiene di dover esaminare la sussistenza della legittimazione passiva del Comune di -OMISSIS-, intimato in giudizio dal ricorrente.

Per il diritto processuale, la legittimazione attiva e quella passiva, ai fini della valutazione in ordine all'ammissibilità del ricorso, vanno individuate sulla base della titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio e, quindi, in relazione alla situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio (cfr. Cass., sez. I., ord. 22 settembre 2010, n. 20048).

Più specificamente, nel processo amministrativo, l'individuazione del soggetto titolare della legittimazione passiva risente del carattere impugnatorio del processo medesimo, ricavabile dall' art. 41, comma 2, c.p.a. - ricognitivo sul punto del precedente art. 21 comma 1 della L. n. 1034 del 1971 - quale strumento per impugnare un atto e chiederne l'annullamento ed elidere i risultati prodotti dall'illegittima attività dell'Amministrazione (Cons. Stato Sez. IV, sent., 11 giugno 2015, n. 2857).

In aderenza a tale specifico carattere del processo amministrativo, pertanto, la legittimazione passiva deve essere riferita all'Amministrazione che ha effettivamente emesso l'atto amministrativo, con la conseguenza che la notificazione del ricorso, in quanto volto all'ottenimento dell'annullamento di un atto amministrativo, deve essere effettuata presso l'Amministrazione che ha adottato il provvedimento impugnato ovvero all'Amministrazione cui è ex lege attribuito il potere di porre in essere i provvedimenti reclamati (Cons. St., Sez. IV, 15 luglio 2011, n. 4343;
v. pure Cons. St., Sez. VI, 22 ottobre 1984, n. 669), alla stregua di quanto disposto dal citato art. 41 comma 2 c.p.a, in base al quale " qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato (...)".

Pertanto, considerato che, nel caso in esame, i provvedimenti impugnati sono stati emessi dall’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità e non dal Comune di -OMISSIS-, deve ritenersi che quest’ultimo Ente non abbia alcuna legittimazione passiva per interloquire sull’esito della controversia.

Deve, pertanto, disporsi l’estromissione del Comune di -OMISSIS- dal giudizio.

Con riguardo, poi, alla natura dei due provvedimenti impugnati, e alla conseguente impugnabilità o meno di entrambi, occorre precisare che il primo (in ordine temporale di adozione) costituisce espressione di una valutazione ambientale del progetto del ricorrente esplicativa dell’esercizio del potere di amministrazione attiva, mentre il secondo, adottato in data -OMISSIS-, ha natura confermativa del primo.

Con i rilievi formulati, d’ufficio, nel verbale di causa del 27 gennaio 2022, si è posta la questione relativa alla possibile natura meramente confermativa di tale secondo atto.

Res melius perpensa, tale ultima ricostruzione, anche alla luce delle osservazioni contenute nella memoria con cui il ricorrente ha preso posizione sulla questione, merita, però, una riconsiderazione.

Ed invero, non solo il secondo dei due provvedimenti impugnati individua (seppur, parzialmente, in contraddizione con il primo provvedimento) specifiche (supposte) carenze documentali del procedimento di AIA, ma individua anche, nel punto n. 3, un difetto di istruttoria del procedimento (conseguente alla mancata trasmissione di documentazione da parte dell’altro Assessorato) - che, in tesi, non avrebbe comunque potuto consentire il rilascio del provvedimento - non specificamente indicato nel primo dei provvedimenti adottati.

Pertanto, il provvedimento deve ritenersi frutto, secondo l’insegnamento giurisprudenziale, « di una nuova istruttoria e di una rivalutazione degli interessi in gioco ” essendo scaturito da “… un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie da decidere ”.

In relazione alla contestazione della carenza documentale dell’istanza autorizzatoria, la nota prot. n. -OMISSIS-, di riscontro alla richiesta di riesame del ricorrente, deve dunque considerarsi atto propriamente confermativo, in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento che, pur addivenendo al medesimo esito del precedente, si sostituisce, in parte qua, a quest'ultimo, in relazione ai profili considerati, come fonte di disciplina del rapporto amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, IV, 29 agosto 2019, n. 5977;
Consiglio di Stato, III, 30 maggio 2017 n. 2564;
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 23 luglio 2020, n. 8647)".

Resta fermo che, in relazione alle valutazioni articolate nel provvedimento “principale” del -OMISSIS- in merito alla disciplina intertemporale applicabile ai procedimenti pendenti all’atto dell’entrata in vigore della disciplina dell’art. 25 comma 5 del d. lgs n. 152/06 attualmente vigente e alla dedotta conseguente inefficacia del precedente giudizio di compatibilità ambientale di cui al D.R.S n. 65 del 22 gennaio -OMISSIS- – profili su cui la nota prot. n. -OMISSIS- non si pronuncia - il primo dei provvedimenti impugnati rimane autonomamente efficace.

Ancora sul piano delle questioni preliminari sollevate dal Collegio nel verbale del 27 gennaio 2022, deve altresì escludersi, anche alla luce delle deduzioni presente in proposito dal ricorrente, la sussistenza di una causa di irricevibilità del ricorso derivante dalla dedotta mancata tempestiva notificazione dello stesso, in quanto, come riportato nella nota formulata dal funzionario notificante in calce al provvedimento n. -OMISSIS-, con cui si è attestata la notifica a mani del provvedimento, non vi era stato riscontro dell’avvenuta consegna della medesima nota precedentemente inviata via pec nella stessa data del -OMISSIS-.

Né, d’altra parte, l’Amministrazione, pur compulsata, nel merito, dal Collegio, a depositare una relazione sui fatti di causa, ha riscontrato il predetto adempimento istruttorio, sicché, considerate, come detto, la predetta attestazione del funzionario notificatore e le affermazioni non contestate, sulla questione, contenute nella memoria depositata in data 13 giugno 2022 dal ricorrente, deve ritenersi che la notifica validamente effettuata sia quella successiva avvenuta “a mani” e, conseguentemente, la presentazione del ricorso debba ritenersi tempestiva.

Può, dunque, esaminarsi il ricorso nel merito.

Come già indicato, vengono impugnati il provvedimento con cui è stato negato il rilascio dell’A.I.A. richiesta dal ricorrente per la messa in funzione dell’impianto IPPC per cui è causa ed il successivo provvedimento con cui l’Amministrazione ha riscontrato l’istanza di riesame in autotutela del medesimo provvedimento di rigetto, entrambi indicati in epigrafe.

A monte di tali provvedimenti si situa il D.R.S. n. 65 del 22 gennaio -OMISSIS-, emesso in riscontro all’istanza (di riesame del precedente provvedimento di compatibilità ambientale negativo n. -OMISSIS-) presentata dal ricorrente in data -OMISSIS-, con cui l’Assessorato Territorio ed Ambiente aveva espresso, in relazione al medesimo progetto, “giudizio di compatibilità ambientale positivo con prescrizioni, ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 12.4.1996 e ss. mm.”.

Il diniego di rilascio dell’AIA è dipeso, secondo quanto indicato nella motivazione dei provvedimenti impugnati, sia dall’inesistenza in atti dell’istanza originaria, del progetto e della successiva nota di riattivazione della procedura, sia dalla considerazione che il giudizio di compatibilità ambientale espresso con il citato D.R.S. n. 65 del 22 gennaio -OMISSIS- sarebbe stato espresso sulla base di norme, quelle contenute nel D.P.R. 12 aprile 1996, in realtà superate ed abrogate dalla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 152/2006, e, in particolare, dall’art. 25 comma 5, in base a cui il provvedimento di V.I.A. deve riportare un termine espresso di durata, decorso il quale, in caso di mancata realizzazione del progetto, è necessaria la reiterazione del procedimento di V.I.A..

Il ricorrente censura il provvedimento evidenziando che, in base alla corretta ricostruzione della normativa, anche di natura intertemporale, regolante la materia in questione, sarebbe stato corretto il riferimento, nel provvedimento di VIA rilasciato nel -OMISSIS-, al D.P.R. 12 aprile 1996, mentre non avrebbe potuto trovare applicazione la citata normativa di cui al d. lgs. 152/2006, in base alla quale i progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale.

Inoltre, contesta l’affermazione secondo cui non sarebbe stata presente agli atti del procedimento fondamentale documentazione per il rilascio sia del provvedimento di A.I.A, sia della precedente valutazione di compatibilità ambientale (in particolare, addirittura lo stesso progetto).

In relazione a tale ultimo profilo le argomentazioni del ricorrente non paiono del tutto destituite di fondamento.

In effetti appare francamente inverosimile che quest’ultimo provvedimento possa essere stato rilasciato in assenza del progetto e che il procedimento di A.I.A. possa, anch’esso, essere stato avviato ed esaminato, in assenza delle stesse istanze di avvio, del progetto e delle note di riattivazione del procedimento che l’Amministrazione afferma, nei provvedimenti, di non aver rinvenuto, considerato che, come correttamente evidenziato dal ricorrente, in diversi passaggi del provvedimento di compatibilità ambientale del -OMISSIS- si fa riferimento al progetto presentato e, d’altra parte, non si vede altrimenti a cosa avrebbe potuto fare riferimento e su cosa avrebbe dovuto basarsi la valutazione di impatto ambientale positiva adottata dall’Assessorato competente.

Inoltre, deve riconoscersi, in base al principio di vicinanza della prova, che il ricorrente abbia, effettivamente, oggettive difficoltà a dimostrare cosa abbia all’epoca depositato presso l’Amministrazione, che, per sua parte, deve considerarsi detentrice della documentazione e, pertanto, tenuta ad effettuare tutti gli sforzi per il suo rinvenimento.

A questo proposito, non può ritenersi affatto privo di rilievo il fatto che l’Assessorato convenuto, sollecitato dal Collegio, in occasione della precedente udienza, a depositare relazione illustrativa dei fatti di causa, nulla abbia invece prodotto in giudizio e non risulti essersi attivato con tutte le iniziative necessarie, come sarebbe stato suo dovere istituzionale, per il reperimento, anche presso gli altri Assessorati coinvolti, della documentazione relativa ai procedimenti in esame;
da tali circostanze, infatti. è lecito trarre argomenti di prova in merito all’erroneità, sotto il profilo appena esaminato, della motivazione del provvedimento.

In ogni caso, non può certamente ritenersi il ricorrente responsabile di quello che appare, in base ai frammentari e in parte oscuri riferimenti presenti nei provvedimenti impugnato, uno smarrimento della documentazione non imputabile, indubbiamente, al ricorrente.

Ciò premesso, non possono invece trovare accoglimento le censure, formulate nel primo motivo di ricorso, relative alla questione, in effetti decisiva per la risoluzione della controversia, riguardanti la disciplina intertemporale applicabile ai procedimenti venuti in rilievo nell’esame dell’istanza di rilascio di AIA presentata dal ricorrente.

Se è vero, infatti, che alla data di presentazione dell’istanza di riesame per il rilascio della V.I.A. (-OMISSIS-), il predetto D.P.R. 12 aprile 1996 e ss.mm.ii., che non prevedeva una durata massima delle autorizzazioni, era ancora applicabile, in quanto in base alla originaria previsione dell’art. 52 del d. lgs. 152/06 la “ parte seconda del presente decreto entra in vigore centoventi giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ” (tale pubblicazione era, infatti, avvenuta in data 14 aprile 2006) è, tuttavia, altrettanto vero che i provvedimenti impugnati riguardano il rigetto della richiesta di rilascio di AIA che era stata presentata in data 23 aprile 2010, ovvero in un momento in cui doveva ritenersi pienamente operante la disciplina di cui all’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006 (espressamente applicabile “ ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4” ) secondo cui " i progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale ... ";
poiché alla data di riscontro, con i provvedimenti impugnati, della richiesta di AIA (21 aprile e 4 settembre 2020) era comunque ampiamente trascorso il suddetto termine massimo quinquennale per la realizzazione del progetto, il provvedimento di rigetto impugnato, contrariamente agli assunti del ricorrente, si palesa perfettamente legittimo.

Né tale interpretazione può trovare smentita nella previsione dell’art. 35 comma 2 ter del citato d.lgs. n. 152 del 2006 secondo cui “ le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente

all'entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento ”.

Ed invero, non solo la lettera della citata disposizione si riferisce alla disciplina applicabile solo alle “procedure” di VIA e VAS e non al loro regime sostanziale, ma, soprattutto, anche il principio di tutela dell’affidamento, invocato dal ricorrente a sostegno della propria interpretazione della disciplina, deve ritenersi recessivo rispetto sia alle esigenze di tutela ambientale sottostanti alla disciplina dei provvedimenti autorizzatori in esame, che esigono periodici adeguamenti e revisioni delle medesime valutazioni, sia rispetto al principio di parità di trattamento e di ragionevolezza, di cui all’art. 3 della Costituzione, che verrebbe ingiustificatamente leso ove si riconoscesse un doppio regime delle valutazioni ambientali espresse sotto il vigore delle discipline di cui al D.P.R. 12 aprile 1996 e al d.lgs. n. 152 del 2006 irragionevolmente a durata illimitata o limitata a seconda, semplicemente, della data di rilascio del provvedimento autorizzatorio, senza, invece, alcuna rilevanza della data di effettiva realizzazione del progetto.

Una tale conclusione, evidentemente inaccettabile, rende chiaramente priva di fondamento la censura, formulata nel primo motivo di ricorso, secondo cui l’Amministrazione, nel dare riscontro alla richiesta di rilascio di A.I.A. non avrebbe dovuto dare alcun rilievo alla disciplina in materia di valutazioni ambientali sopraggiunta all’adozione del provvedimento di VIA precedentemente rilasciato.

In definitiva, la ricostruzione della disciplina applicabile effettuata dal ricorrente per dimostrare l’asserita illegittimità della motivazione del provvedimento impugnato appare errata e contraria a fondamentali principi ermeneutici di rilevanza anche costituzionale.

Considerato che, al di là del discutibile richiamo, nella motivazione dei provvedimenti di diniego impugnati, al mancato reperimento di documentazione relativa ai medesimi e ai precedenti procedimenti autorizzatori, la parte di motivazione, appena esaminata, relativa alla sopravvenuta inefficacia delle valutazioni di impatto ambientale effettuate a monte, appare in sé idonea a sostenere l’espressione del diniego di rilascio dei provvedimenti richiesti dal ricorrente, ricorrono i presupposti, ad opinione del Collegio, per disporre, comunque, il rigetto del ricorso.

Attesa la complessità delle questioni interpretative, anche di diritto intertemporale, sottese alla controversia e considerata l’assenza di attività difensive spiegate in giudizio dall’Amministrazione, sussistono giusti motivi per disporre, in via eccezionale, la compensazione integrale delle spese di causa.

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