TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2011-03-25, n. 201101786
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 01786/2011 REG.PROV.COLL.
N. 03033/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3033 del 2009, proposto da:
FERPANDI s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti B C, G C e M R F, con domicilio eletto in Napoli, alla via A. De Gasperi n. 55
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Capitaneria di Porto di Napoli, in persona dei rispettivi legali rapp.ti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria per legge in Napoli, alla via Diaz n. 11
nei confronti di
Cantieri del Mediterraneo s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Enrico Angelone e Luigi Salvatori, con domicilio eletto presso il primo in Napoli, alla Calata San Marco n. 4
per l'annullamento
del provvedimento del Ministro dell’Ambiente del 10 marzo 2009, prot. DPN – 2009 – n. 005276, col quale la società ricorrente (in uno alla Cantieri del Mediterraneo s.p.a.) viene invitata a provvedere, immediatamente e comunque entro e non oltre trenta giorni, al rimborso in favore dell’amministrazione procedente, della somma di € 22.237,18, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, “sostenuta per gli interventi antinquinamento effettuati dalla stessa amministrazione a seguito della fuoriuscita accidentale di nafta pesante dalla nave Chesapeake Bay, avvenuta in data 17 giugno 2003 all’interno del porto di Napoli”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente, della Capitaneria di Porto di Napoli e della Cantieri del Mediterraneo s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2011 il dott. Alfredo Storto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Col ricorso in esame, la Ferpandi s.r.l. impugna il provvedimento col quale il Ministero dell’Ambiente l’ha invitata, quale rappresentante in Italia degli armatori – “The American Club” (e in uno alla Cantieri del Mediterranei s.p.a.) a rimborsare la somma di € 22.237,18 sostenuta dall’amministrazione per effettuare le operazioni antinquinamento, durate dal 17 al 19 giugno 2003, resesi necessarie a seguito della fuoriuscita accidentale di nafta pesante dalla nave “Chesapeake Bay”, avvenuta durante lavori nel bacino n. 3 dei Cantieri del Mediterraneo s.p.a. in data 17 giugno 2003.
Il ricorso contesta:
1) erronea e/o contraddittoria individuazione del soggetto legittimato passivamente, assoluta carenza di legittimazione passiva della Ferpandi s.r.l., assolutamente estranea a qualsiasi profilo di responsabilità in quanto, per un verso, la proprietà della nave all’epoca dei fatti era della First American Bulk Carrier Corp mentre la gestione tecnica era affidata alla Nicholas Bachko Co. Inc., società statunitensi senza agenti o rappresentanti in Italia e, per altro verso, la rappresentanza della nave e dei suoi armatori era, ai sensi della legge n. 135 del 1977, in capo al raccomandatario marittimo nominato nel porto di Napoli, Pegasus Marittime S.r.l.;la Ferpandi, invece, all’epoca dei fatti, aveva un ruolo di mera incaricata o corrispondente dell’assicuratore della nave, “The American Club”, peraltro senza assumere nient’altro che la qualifica di consulente fiduciario non esclusivo di questo;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della legge n. 979 del 1982, violazione dell’art. 304 del T.U. in materia ambientale, intervenuta prescrizione del diritto di rivalsa vantato dall’amministrazione, erroneità dei presupposti, sviamento, in quanto dalla lettura combinata delle norme indicate emergerebbe che il Ministero dell’ambiente, quando esercita la facoltà di adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie per evitare il danno ambientale, approva la nota spese con diritto di rivalsa da esercitarsi entro cinque anni dall’effettuato pagamento, termine prescrizionale nel caso di specie ampiamente decorso, posto che le operazioni in mare erano terminate il 19 giugno 2003 e il pagamento delle fatture era avvenuto nello stesso anno, nel mentre la richiesta di rimborso è stata formulata solo il 10 marzo 2009 e comunicata il 2 aprile 2009;
3) violazione degli artt. 312 e 313 del T.U. n. 152 del 2006, intervenuta decadenza, violazione della legge n. 241 del 1990, difetto assoluto di istruttoria, omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, in quanto, posto che l’istruttoria per l’emanazione delle ordinanze ministeriali di cui agli artt. 312 e 313 cit. si deve svolgere ai sensi della legge sul procedimento amministrativo, sarebbero stati illegittimamente pretermessi la comunicazione dell’avvio del procedimento e, più in generale, l’instaurazione del contraddittorio procedimentale (col risultato di una specificazione dei costi oltremodo sommaria e non comprovata da documentazione giustificativa) e, inoltre, non sarebbero stati rispettati i termini perentori di emanazione del provvedimento di 120 giorni decorrente dalla comunicazione ex art. 7 e di due anni dalla notizia del fatto;infine, il diritto di rivalsa sarebbe comunque prescritto in cinque anni, decorrenti dal giorno in cui si è verificato l’evento dannoso, ai sensi dell’art. 2043 c.c.
Si è costituita la Cantieri del Mediterraneo s.p.a. la quale, nel far rilevare anche la propria carenza di legittimazione passiva sulla richiesta di rivalsa, ha invocato nel merito l’accoglimento del ricorso.
Le amministrazioni intimate hanno pregiudizialmente eccepito il difetto di giurisdizione del g.a., chiedendo nel merito il rigetto dell’impugnativa.
Con ordinanza camerale del 16 luglio 2009 (che ha fatto seguito ad una precedente ordinanza istruttoria) la Sezione ha respinto la domanda cautelare formulata dalla ricorrente.
All’esito dell’odierna udienza la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Il 16 giugno 2003, nel porto di Napoli, all’interno del bacino di carenaggio n. 3 gestito dalla Cantieri del Mediterraneo s.p.a., si verificava, a causa della errata rimozione dell’aleggio del DDFF n. 3 contenente depositi oleosi anziché acque pulite di zavorra, un accidentale svuotamento di carburante dalla nave statunitense “Chesapeake Bay” con conseguente sversamento in mare e pericolo di inquinamento ambientale per evitare il quale la Capitaneria di Porto di Napoli diffidava, in data 17 giugno 2003, il comandante della nave e il direttore dei Cantieri ai sensi dell’art. 12, comma 2, della legge 31.12.1982, n. 979 «ad adottare immediatamente le misure ritenute necessarie per eliminare gli effetti già prodotti dallo sversamento», avvertendo che, in caso di inottemperanza, avrebbe eseguito «le misure ritenute necessarie per conto dei responsabili recuperando successivamente le spese sostenute a termini di legge»;lo stesso giorno, su indicazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la stessa Capitaneria impiegava unità navali di proprietà della società Castalia-Ecolmar ed effettuava, dal 17 al 19 giugno 2003, le necessarie operazioni in funzione di tutela dell’ambiente.
Per il recupero delle spese sostenute in tale frangente il Ministero dell’Ambiente, con nota del 10 marzo 2009, invitava la cantieri del Mediterraneo s.p.a. e la Ferpandi s.r.l. a provvedere ad effettuare, entro trenta giorni, il pagamento della somma di € 22.237,18, oltre interessi e rivalutazione.
Con l’odierno ricorso, la Ferpandi, senza porre in discussione la legittimità dell’esercizio dei poteri esercitati in via d’urgenza dall’amministrazione ai sensi dell’art. 12, comma 3, della legge n. 979/82, chiede l’annullamento di quest’ultimo invito, contestando in limine la direzione soggettiva e, sempre in via preliminare, l’intervenuta prescrizione del credito a termini, sia dell’art. 304, comma 4, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che dell’art. 2947 cod. civ. quale norma generale in materia di illecito aquiliano.
La ricorrente ha poi ulteriormente censurato la predetta richiesta per violazione di norme sul procedimento, con riferimento a quanto previsto dagli artt. 312 e 313 del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché per errata e carente determinazione del credito.
Così scolpito l’oggetto dell’odierno processo, occorre in primo luogo far emergere lo statuto normativo applicabile al fine di effettuare la pregiudiziale verifica della sussistenza della giurisdizione amministrativa.
Come reso evidente dalla ricostruzione fin qui operata, nel caso di specie risulta in esclusiva contestazione la pretesa patrimoniale dell’amministrazione al recupero delle spese anticipate per gli interventi urgenti in materia ambientale, ai sensi del menzionato art. 12, comma 3, cit., norma applicabile ratione temporis al caso di specie.
L’azione giudiziaria così esercitata non evoca, dunque, profili di censura dell’esercizio del potere autoritativo dell’amministrazione, ma si rivolge per intero avverso la pretesa patrimoniale che identifica, stando alla previsione legislativa appena richiamata, un credito di valuta, in quanto tale sganciato da profili risarcitori, insorto a seguito del legittimo esercizio dell’attività amministrativa.
Ciò posto, lo statuto normativo che sostiene la pretesa dell’amministrazione è correttamente rintracciato nell’art. 12, comma 3, della legge n. 979 del 1982, disposizione che – in assenza di specifiche previsioni in punto di giurisdizione esclusiva – sollecita un inquadramento di tipo generale alla stregua del principio per cui appartengono alla cognizione del giudice ordinario le controversie in tema di diritti, essendo riservate alla giurisdizione generale di legittimità quelle concernenti interessi legittimi.
Proprio facendo applicazione di tale principio, si deve pertanto concludere nel senso che l’odierna domanda giudiziaria, involgendo esclusivamente profili di contestazione della pretesa patrimoniale azionata dall’amministrazione per il recupero delle spese affrontate per la tutela del mare e non contenendo censure in ordine all’esercizio del potere autoritativo, va sottoposta alla giurisdizione del giudice ordinario.
Né tale conclusione può risultare inficiata dal riferimento, operato dalla ricorrente, al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in materia ambientale” e, segnatamente, agli artt. 304, 312 e 313, tenuto conto anche del fatto che questo corpus normativo (il c.d. Codice dell’ambiente) è entrato in vigore ben dopo l’insorgenza del diritto di ripetizione azionato dall’amministrazione, verificatasi sin dal 2003.
Ed invero:
- l’art. 304, comma 4, alla luce del quale risulta confermata la natura di credito di rivalsa della pretesa patrimoniale per cui è causa, sicuramente non risulta utilmente evocabile sul piano della giurisdizione, posto che con riguardo a tale norma l’art. 310 non detta un criterio di giurisdizione esclusiva: «sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l’annullamento»;
- né sarebbero utilmente applicabili gli artt. 312 e 313 sopra citati che, pure assistiti da una previsione di giurisdizione esclusiva (art. 316, ora sostanzialmente trasfuso nella previsione generale dell’art. 133, comma 1, lettera s, del codice del processo amministrativo), disciplinano la diversa ipotesi del risarcimento del danno ambientale, laddove nel caso di specie viene invece in esclusivo rilievo la pretesa al recupero di somme anticipate dall’amministrazione per azioni di prevenzione ambientale.
Stando così le cose, questo Tribunale, alla stregua del disposto dell’art. 11, comma 1, c.p.a., deve declinare la propria giurisdizione, sussistendo quella del giudice ordinario.
Le spese, alla luce dell’esito del processo e della complessità delle questioni esaminate, possono essere compensate.