TAR Roma, sez. II, sentenza 2024-05-23, n. 202410449

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2024-05-23, n. 202410449
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202410449
Data del deposito : 23 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/05/2024

N. 10449/2024 REG.PROV.COLL.

N. 07180/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7180 del 2023, proposto dalla società-OMISSIS- S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

a) dell’atto dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – DT IV – Lazio e Abruzzo – Ufficio delle Dogane di Roma 1, -OMISSIS- datato -OMISSIS-, notificato in data 24.03.2023, con il quale è stata rigettata la richiesta presentata dalla società -OMISSIS-Srl di autorizzazione alla vendita di energia elettrica ai consumatori;

b) di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o, comunque connesso, ivi inclusi, per quanto possa occorrere: la nota prot. n. -OMISSIS-del -OMISSIS- dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – DT IV– Lazio e Abruzzo – Ufficio delle Dogane di Roma 1


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2024 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’odierno ricorso ritualmente notificato e depositato presso la segreteria di questo T.A.R., la difesa di parte ricorrente espone i seguenti fatti:

a) la società ricorrente è stata costituita nel 2011 ed opera nel settore del commercio, lavorazione, distribuzione e vendita di energia elettrica e gas naturale;

b) in data 31 maggio 2022, l’ufficio di -OMISSIS- dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (nel prosieguo anche “ADM”) rilasciava alla ricorrente, all’esito di un’apposita istruttoria, l’autorizzazione ex art. 53 del D. Lgs. n. 1995/504 (c.d. T.U.A.) all’esercizio dell’attività di vendita di energia elettrica, con attribuzione del codice ditta-OMISSIS- (codice necessario per il versamento delle accise all’erario);

c) la società ha sempre assolto con regolarità e tempestività a tutti gli obblighi di pagamento delle accise;

d) con atto notarile del 19 dicembre 2022, la ricorrente trasferiva la propria sede da -OMISSIS- a Roma (in -OMISSIS-), sicchè dal 10 gennaio 2023 la società istante risulta iscritta presso la CCIA di Roma;

e) in data 8 febbraio 2023, la società ricorrente comunicava all’ufficio ADM di Roma (avente competenza sulla nuova sede di Roma) il trasferimento della propria sede legale da -OMISSIS- a Roma, instando quindi per la voltura dell’autorizzazione e per l’assegnazione del nuovo codice ditta (quest’ultimo necessario per la nuova competenza tributaria su cui versare le accise);

f) in riscontro a tale richiesta, con nota del -OMISSIS- l’ufficio ADM di Roma ha comunicato alla ricorrente, ex art 10 bis della L. n. 241/1990, il preavviso di rigetto della richiesta;
ciò in quanto dai controlli svolti e dalla consultazione delle banche dati istituzionali emergevano molteplici iscrizioni a ruolo nei confronti della società istante, relative a crediti vantati dall’Agenzia delle Entrate (ancorchè per imposte diverse dall’accisa). Tale circostanza appariva ostativa ai fini del rilascio della richiesta di autorizzazione della voltura, atteso che essa evidenziava una mancanza di affidabilità sotto il profilo fiscale-tributario, in quanto una delle esigenze primarie perseguite da ADM è quella di garantire la tutela dell’Erario, il che implica il rilascio (o il mantenimento) di autorizzazioni fiscali soltanto in favore di soggetti che - rivestendo la qualifica di soggetti passivi dell’accisa sul prodotto energetico fatturato ai consumatori finali - dimostrino solvibilità, affidabilità, e trasparenza;
tutti elementi che ADM ha ritenuto insussistenti nel caso di specie;

g) con atto dell’8 marzo 2023, la società ricorrente ha tempestivamente trasmesso le proprie osservazioni difensive all’ufficio ADM di Roma, deducendo per ogni cartella contestata l’inesistenza del debito e la piena regolarità dei pagamenti;

h) in data 23 marzo 2023, l’ufficio ADM di Roma ha adottato il provvedimento -OMISSIS-, con cui ha negato alla ricorrente l’attribuzione del nuovo Codice Ditta e, quindi, il rilascio dell’autorizzazione alla vendita di energia elettrica.

2. Con l’odierno ricorso, pertanto, la società ricorrente insta per l’annullamento del provvedimento di diniego del 23 marzo 2023 sulla scorta di sei distinti mezzi di censura;

a) con il primo mezzo di censura, la ricorrente si duole di una presunta violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, atteso che il provvedimento impugnato poggerebbe su motivazioni reiettive in parte diverse rispetto a quelle esposte con il preavviso di rigetto, motivazioni sulle quali la ricorrente, quindi, non avrebbe potuto difendersi in seno al procedimento amministrativo (la ricorrente si riferisce, in particolare, alle contestazioni provvedimentali di mancanza di solvibilità e di mancanza di trasparenza, nonché alla contestazione provvedimentale secondo cui “ da un’ulteriore consultazione delle banche dati in uso presso la scrivente Agenzia, sono state riscontrate due iscrizioni a ruolo, non ancora notificate, per € 71.112,35 e per € 17.015,70, a seguito di irregolarità rilevate su dichiarazioni fiscali per l’anno d’imposta 2018, che portano il debito residuo della Società ad € 654.530,86;
Evidenziato quindi il peggioramento della situazione debitoria nei confronti dell’Erario, è stato svolto un approfondimento per monitorare l’anno d’imposta 2019 e in tale sede è emerso che codesta Società ha ricevuto notifica di altre due comunicazioni ex art. 36 bis TUIR da parte dell’Agenzia delle entrate, per varie irregolarità, con importi che superano € 100.000,00, che, allo stato attuale, non risultano regolarizzate”
) ;

b) con il secondo mezzo di censura, la ricorrente si duole di una carenza assoluta di motivazione del provvedimento impugnato, non potendosi riscontrare nel caso di specie né alcuna “assenza di solvibilità” (la società ricorrente dispone, infatti, di un capitale sociale di oltre 480.000 euro), né alcuna “assenza di trasparenza”, né infine alcuna assenza di affidabilità tributaria (espone a tal riguardo la ricorrente che tutte le cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate sono state regolarizzate con apposita definizione di specifici piani di rientro e rateizzazione);

c) con il terzo mezzo di censura, la ricorrente si duole dell’asserita contraddittorietà del provvedimento impugnato, atteso che lo stesso sembra contraddire apertamente l’atto autorizzatorio inizialmente rilasciato (poco meno di un anno prima) dall’ufficio ADM di -OMISSIS- in sede di avvio dell’attività della società istante, sicchè sarebbe “ del tutto contraddittorio ed illogico che nella stessa situazione la medesima amministrazione (seppur di sede territoriale diversa - Roma) abbia espresso immotivatamente una valutazione esattamente contraria ”;

d) con il quarto mezzo di censura, la ricorrente si duole della violazione dell’art. 53, c. 5, del T.U.A., atteso che tale disposizione di legge non prevedrebbe affatto il potere di ADM di negare l’autorizzazione in questione ( id est l’autorizzazione alla vendita di energia elettrica e gas naturale) per le ragioni ostative concretamente spese nel provvedimento de quo ( id est per inaffidabilità fiscale dell’operatore economico);

e) con il quinto mezzo di censura, la ricorrente si duole della violazione dell’art. 53, c. 6, del T.U.A., atteso che in base a tale disposizione di legge nazionale l’eventuale inaffidabilità fiscale dell’operatore economico non costituirebbe affatto una ragione di diniego al rilascio dell’autorizzazione, bensì soltanto una ragione di richiesta di cauzione a garanzia dei versamenti che l’operatore economico deve effettuare in favore di ADM;

f) con il sesto mezzo di censura, infine, la ricorrente si duole di un’ulteriore violazione dell’art. 53 del T.U.A., per il fatto che il provvedimento impugnato – sebbene rilasciato in relazione ad una mera richiesta di voltura (e cioè di attribuzione di un nuovo “codice ditta” per mero mutamento della sede legale di un operatore economico già dotato di autorizzazione ex art. 53 del T.U.A.) – si è rideterminato negativamente sulla sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione iniziale, così violando in tesi le norme in materia di autotutela (la ricorrente espone, a tal riguardo, che non sarebbe sopravvenuto né alcun motivo di interesse pubblico, né alcuna emergenza fattuale, che possano giustificare l’esercizio del potere di revoca ex art. 21 quinquies l. n. 241 del 1990).

3. ADM si è ritualmente costituita in giudizio per resistere al ricorso, instando per la sua reiezione nel merito.

4. All’udienza pubblica del 22 maggio 2024, il Collegio – previa discussione della causa – ha introiettato quest’ultima in decisione.

DIRITTO

5. Il ricorso è infondato.

6. Quanto al primo mezzo di censura, emerge chiaramente dagli atti di causa che la motivazione principale (ed autosufficiente) del provvedimento impugnato consiste nell’inaffidabilità fiscale della società ricorrente.

Più in particolare, il preavviso di rigetto trasmesso alla ricorrente ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 attesta che:

a) la società ricorrente - in qualità di venditrice di energia elettrica ai consumatori finali - svolge un ruolo particolarmente delicato, e cioè il ruolo di sostituto di imposta in relazione all’accisa sul prodotto energetico fatturato ai consumatori, sicchè è essenziale che il suddetto sostituto di imposta manifesti in via continuativa una sua intrinseca affidabilità fiscale, ovverossia la sua naturale inclinazione ad adempiere tempestivamente a tutti i propri obblighi fiscali (con la conseguenza che la sistematica violazione di tali obblighi - anche se questi ultimi non riguardano direttamente le accise - può essere indicativa di una tendenziale inaffidabilità fiscale);

b) dalla consultazione delle banche dati in uso presso ADM sono emerse molteplici iscrizioni a ruolo per crediti fiscali vantati dall’Agenzia delle Entrate, così come riportate in un apposito elenco debitamente allegato al preavviso di rigetto;
tali iscrizioni, anche se seguite da appositi piani di rateizzazione, denotano comunque una tendenziale inclinazione dell’operatore economico a saldare tardivamente i propri debiti fiscali.

Orbene, tale contestazione chiaramente enucleata da ADM nel preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, non è stata affatto stravolta (o comunque modificata) dal successivo provvedimento di definizione negativa del procedimento autorizzatorio.

Il provvedimento finale riposa, anch’esso, sulla rilevazione di una sopravvenuta inidoneità professionale per acclarata inaffidabilità fiscale dell’operatore economico.

Il fatto che tale giudizio di inaffidabilità fiscale sia stato corroborato (in sede di provvedimento finale) dal richiamo ad ulteriori iscrizioni a ruolo e/o verbali di accertamento di cui non era stata fatta menzione nel preavviso di rigetto non basta – ad avviso del Collegio – ad infrangere la relazione di omogeneità contenutistica tra detto preavviso e il successivo provvedimento finale.

Le ulteriori iscrizioni a ruolo citate con il provvedimento finale non fanno altro che confermare, infatti, la contestazione di inaffidabilità fiscale già elevata con il preavviso di rigetto iniziale, contestazione in merito alla quale la ricorrente si è potuta difendere in seno al procedimento amministrativo.

La citazione di queste ulteriori iscrizioni a ruolo non determina, pertanto, alcuna inammissibile immutatio della contestazione iniziale, rappresentandone semmai soltanto una mera conferma.

Le conclusioni che precedono appaiono coerenti, peraltro, con il consolidato insegnamento giurisprudenziale al lume del quale “ non si richiede un rapporto di identità tra il preavviso di rigetto e la determinazione conclusiva del procedimento, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto dei due atti ” (cfr. ex multis Cons. St., sez, IV, 16 novembre 2023 n. 9852).

Tanto basta a respingere, quindi, il primo mezzo di censura.

7. Infondati sono anche il secondo, il quarto e il quinto mezzo di censura.

Atteso che tali motivi sono contraddistinti da una sostanziale omogeneità contenutistica (appuntandosi tutti sul presunto difetto di motivazione del provvedimento lesivo impugnato), il Collegio ritiene opportuno trattarli contestualmente.

Orbene, la questio iuris di cui si controverte è se l’autorizzazione amministrativa avente ad oggetto l’esercizio dell’attività di vendita di energia elettrica possa essere subordinata (o meno) ad una valutazione discrezionale di generale affidabilità fiscale dell’operatore economico istante.

A tal proposito, vanno anzitutto richiamati i commi 4 e 5 dell’art. 53 del T.U.A. sui quali si radica il potere autorizzatorio de quo agitur .

I suddetti commi prevedono quanto segue:

4. I soggetti di cui ai commi 1 e 2 hanno l’obbligo di denunciare preventivamente la propria attività all’Ufficio dell’Agenzia delle dogane competente per territorio e di dichiarare ogni variazione, relativa agli impianti di pertinenza e alle modifiche societarie, nonché la cessazione dell’attività, entro trenta giorni dalla data in cui tali eventi si sono verificati.

5. I soggetti di cui ai commi 1 e 2, fatta eccezione per quelli che versano anticipatamente l’imposta dovuta mediante canone di abbonamento annuale, prestano una cauzione sul pagamento dell’accisa determinata dal competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane in misura pari ad un dodicesimo dell’imposta annua che si presume dovuta in relazione ai dati comunicati dal soggetto nella denuncia di cui al comma 4 e a quelli eventualmente in possesso dello stesso Ufficio. Il medesimo Ufficio, effettuati i controlli di competenza e verificata la completezza dei dati relativi alla denuncia e alla cauzione prestata, rilascia, ai soggetti di cui ai commi 1, 2 e alle società di cui al comma 3 un’autorizzazione, entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della denuncia. L’autorizzazione viene negata o revocata a chiunque sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per reati connessi all’accertamento ed al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici o sull’energia elettrica per i quali è prevista la pena della reclusione ”.

Il Collegio non disconosce che la base legale sopra enunciata omette di prevedere, expressis verbis , la necessità di un giudizio di affidabilità fiscale dell’operatore economico istante (l’unico caso di mancato rilascio dell’autorizzazione in esame espressamente citato dalla disposizione di legge consiste, infatti, nella condanna penale con sentenza passata in giudicato per taluni specifici reati).

Cionondimeno, la necessità di un giudizio di affidabilità fiscale dell’operatore economico appare comunque immanente nel sistema di regole che concorrono a disciplinare le attività soggette ad accisa in base al T.U.A. (d.lgs. n. 504 del 1995).

Ed infatti, le significative responsabilità fiscali che il venditore di energia elettrica si assume ex lege (in qualità di sostituto di imposta) nei confronti dell’erario e dei consumatori finali, sono talmente rilevanti e gravose da rendere inevitabile che il potere autorizzatorio de quo presupponga il previo accertamento dell’affidabilità fiscale dell’operatore economico.

Sovviene in tal proposito l’autorevole insegnamento recentemente impartito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. St., sez. VII, 18 settembre 2023 n. 8401 e, nello stesso senso, Cons. Stato, VII, n. 4343/2023): tale insegnamento - pur essendosi formato in relazione ad una diversa tipologia di attività merceologica soggetta ad accisa (segnatamente l’attività di stoccaggio di prodotti energetici) – traccia coordinate ermeneutiche che appaiono indubbiamente traslabili all’attività di vendita di energia elettrica (anch’essa soggetta ad accisa).

In particolare, è stato affermato quanto segue:

Va premesso che la statuizione di annullamento del diniego di autorizzazione impugnato si fonda sul presupposto che i requisiti per accedere al regime del deposito fiscale siano esclusivamente quelli previsti dall’art. 23 del testo unico sulle accise, come riformulato nel 2016, i quali attengono essenzialmente a cause ostative rappresentate dalla presenza di precedenti penali per reati specifici a carico dei soggetti che chiedono l’autorizzazione, alla sottoposizione a procedure concorsuale o ancora a violazioni qualificate della legislazione tributaria. Plurimi elementi depongono tuttavia per una lettura estensiva del potere autorizzativo dell’amministrazione finanziaria, non ridotto ad una ricognizione dei requisiti previsti dalla norma primaria, ma orientato ad una più ampia verifica dell’affidabilità dei soggetti che intendono operare nel settore dei prodotti sottoposti ad accisa, in funzione preventiva dell’interesse erariale alla corretta applicazione dei differenti regimi previsti per il medesimo settore economico e all’accertamento e all’esazione dell’imposta. In questa direzione, deve innanzitutto precisarsi che la riforma del 2016 non ha inciso sull’impianto complessivo della disciplina in materia di depositi fiscali. Essa ha per contro inteso rafforzare al contempo il principio per cui il riconoscimento del regime sospensivo tipico degli impianti così classificati dal punto di vista fiscale deve corrispondere all’attività ivi effettivamente espletata ed il correlato potere di controllo e sanzionatorio dell’amministrazione finanziaria. …

14. Alle considerazioni sinora svolte deve aggiungersi, sul più generale piano sistematico, che le licenze fiscali non possono essere ricondotte ad un accertamento di tipo ricognitivo di requisiti soggettivi di soggetti interessati ad operare in un settore economico autonomamente regolato dal mercato e dalle libere dinamiche della concorrenza, come ricavabile la sentenza di primo grado. A differenza delle licenze commerciali, in relazione alle quali una volta venuti meno gli aspetti di programmazione dell’offerta l’amministrazione rimane titolare delle condizioni legali di liceità dell’attività di impresa, le autorizzazioni in materia fiscale sono invece preordinate alla tutela dell’immanente interesse pubblico al regolare funzionamento dei tributi cui sono soggetti i prodotti commercializzati nel settore economico in questione. L’interesse pubblico primario è quello di assicurare il gettito fiscale e di «impedire ogni possibile evasione o abuso», come previsto dal già richiamato art. 16, par. 1, della direttiva 2008/118/CE, e più in generale di assicurare l’esatta applicazione ed attuazione della norma tributaria.

15. Nel descritto sistema i provvedimenti di autorizzazione di carattere fiscale sono quindi il prodromo del regime di vigilanza cui sono per legge sottoposti gli operatori del settore, contraddistinto da obblighi strumentali finalizzati all’attuazione dell’imposta che l’autorità tributaria è titolata a fare valere in ogni momento. Attraverso il potere autorizzativo quest’ultima è quindi posta nelle condizioni di verificare in via preventiva l’affidabilità dei soggetti sotto il profilo del regolare adempimento degli obblighi tributari su di essi gravanti. La funzione autorizzativa in materia fiscale assume pertanto le caratteristiche tipiche del potere amministrativo di carattere discrezionale, in cui l’interesse privato dell’operatore economico all’accesso al mercato dei prodotti soggetti ad imposizione tributaria va comparato con l’interesse pubblico primario alla corretta applicazione delle imposte. Secondo le regole generali, la discrezionalità riservata all’amministrazione finanziaria può quindi essere conformata non solo in base alla legge, ma anche attraverso atti di carattere amministrativo, quali le circolari, se non in contrasto con la norma primaria ”.

In sintesi, quindi, un conto sono le “licenze commerciali” aventi ad oggetto una qualsiasi attività libero-imprenditoriale (licenze che presuppongono “ un accertamento di tipo ricognitivo di requisiti soggettivi di soggetti interessati ad operare in un settore economico autonomamente regolato dal mercato e dalle libere dinamiche della concorrenza ”), un altro conto sono invece le “licenze fiscali” aventi ad oggetto specifiche attività che - pur avendo anch’esse natura commerciale - sono però anche “ preordinate alla tutela dell’immanente interesse pubblico al regolare funzionamento dei tributi cui sono soggetti i prodotti commercializzati nel settore economico in questione ”.

In questo secondo caso, pertanto, l’interesse pubblico primario è quello di assicurare il gettito fiscale e di «impedire ogni possibile evasione o abuso » (come previsto dal già richiamato art. 16, par. 1, della direttiva 2008/118/CE), sicchè il rilascio di dette licenze fiscali non può mai essere subordinato al solo rilevamento della presenza (o meno) di requisiti specifici predeterminati ex lege .

Al contrario, il potere di rilascio di dette licenze fiscali non può mai prescindere (se non a pena di violazione del principio costituzionale di tutela dell’erario, cfr. art. 81 Cost.) da una valutazione discrezionale dell’affidabilità fiscale dell’operatore economico istante.

Nel caso di specie, pertanto, la scelta di ADM di valutare la persistente affidabilità fiscale della società ricorrente, nonchè di subordinare il rilascio ( recte il mantenimento) dell’autorizzazione ex art. 53 T.U.A. all’esito positivo di tale valutazione, appare immune da censure.

Non manifestamente irragionevole appare, inoltre, il modo in cui ADM ha concretamente esercitato questo potere valutativo.

Per affidabilità fiscale si intende, infatti, la sistematica tendenza dell’operatore economico a pagare con tempestività e regolarità le imposte (quale che sia la loro natura), tempestività e regolarità che sono ictu oculi essenziali per essere certi della serietà di un operatore economico chiamato (come nel caso della ricorrente) a svolgere un delicato ruolo di sostituto di imposta per il pagamento dell’accisa sull’energia elettrica.

Orbene, l’esistenza a carico della ricorrente di numerose iscrizioni a ruolo e verbali di accertamento (quali quelle analiticamente indicate con il preavviso di rigetto) disvela una chiara tendenza della ricorrente a non onerare tempestivamente i propri obblighi fiscali, palesando quindi una sua intrinseca inaffidabilità fiscale.

Inaffidabilità fiscale che non può dirsi ragionevolmente superata soltanto perché la ricorrente ha poi provveduto (a valle degli atti di accertamento e/o iscrizione a ruolo) alla definizione con l’erario di specifici piani di rateizzazione o rottamazione delle cartelle esattoriali.

La sopravvenuta rateizzazione di numerosi debiti fiscali iscritti a ruolo non fa venir meno, infatti, l’unica circostanza veramente rilevante ai fini del giudizio di affidabilità fiscale, e cioè il fatto che l’operatore economico non abbia pagato le imposte con la tempestività e periodicità dovute ex lege (tanto da divenire destinatario di atti di riscossione coattiva).

Il che stride apertamente con l’esigenza primaria di ADM di rilasciare la licenza fiscale ex art. 53 T.U.A. ad un soggetto che assicuri, in via continuativa, il tempestivo e puntuale assolvimento dei propri obblighi fiscali di sostituto di imposta.

Parimenti irrilevante è il fatto che gli inadempimenti fiscali contestati alla ricorrente abbiano ad oggetto imposte sostanzialmente diverse rispetto alle accise sull’energia elettrica.

Ed infatti, il giudizio di affidabilità fiscale – per come sopra delineato ed inteso – è svincolato dalla concreta natura delle imposte specificamente evase (o comunque tardivamente saldate).

L’affidabilità fiscale dell’operatore economico si evince, invero, da un giudizio globale della condotta tributaria del contribuente, condotta che nel caso di specie – stando al numero di violazioni contestate e al particolare atteggiarsi della vicenda (si pensi, a tal riguardo, alla scelta della ricorrente di rateizzare uno dei debiti fiscali in questione soltanto dopo aver ricevuto il preavviso di rigetto di ADM) – appare ragionevolmente indicativa di una tendenziale inaffidabilità fiscale.

Tanto basta a respingere, pertanto, il secondo, il quarto e il quinto mezzo di censura.

8. Restano da esaminare, a questo punto, il terzo ed il sesto mezzo di censura.

A tal riguardo, il Collegio non disconosce che in data 31 maggio 2022 l’ufficio ADM di -OMISSIS- abbia già rilasciato alla ricorrente l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di vendita di energia elettrica ex art. 53 del T.U.A., con la conseguenza che l’istanza successivamente trasmessa dalla ricorrente ad ADM in data 8 febbraio 2023 – lungi dal perseguire lo scopo di ottenere la suddetta autorizzazione (che già esisteva) – assolveva piuttosto alla funzione di dichiarare il mutamento di sede legale della società al fine ottenere il nuovo “codice ditta” radicante la competenza territoriale dell’ufficio ADM di Roma.

Ciò non basta, tuttavia, a dimostrare che il provvedimento ora impugnato (adottato da ADM in riscontro all’istanza di voltura sopra menzionata) sia illegittimo per violazione delle norme in materia di autotutela.

Il Collegio ritiene, infatti, che l’atto impugnato non sia inquadrabile nella categoria dei provvedimenti di autotutela annullatoria e/o revocatoria, bensì nella diversa categoria dei provvedimenti di decadenza.

A tal proposito, va evidenziato che in materia di licenze fiscali (ivi inclusa quella avente ad oggetto lo svolgimento di attività di vendita di energia elettrica) l’Amministrazione finanziaria dispone di poteri di tutela degli interessi erariali particolarmente ampi, poteri che – proprio a motivo della delicatezza degli interessi erariali coinvolti – non si esauriscono soltanto nella fase iniziale di valutazione dei presupposti di rilascio dell’autorizzazione, ma si protraggono anche nel corso dell’esecuzione del rapporto al fine di accertare la persistenza dei requisiti di idoneità professionale inizialmente accertati.

Il fondamento legale di tali poteri va rinvenuto - per quanto di rilievo nel presente giudizio - nell’art. 18 c. 5 del T.U.A., il quale dispone quanto segue: “ L’Amministrazione finanziaria può effettuare interventi presso soggetti che svolgono attività di produzione e distribuzione di beni e servizi per accertamenti tecnici, per controllare, anche a fini diversi da quelli tributari, l’osservanza di disposizioni nazionali o comunitarie. Tali interventi e controlli possono essere eseguiti anche dalla Guardia di finanza, previo il necessario coordinamento con gli uffici dell’Amministrazione finanziaria ”.

Va da sé che il rilascio dell’autorizzazione iniziale allo svolgimento dell’attività di vendita di energia elettrica (previo esito positivo del giudizio di affidabilità fiscale del singolo operatore economico) non equivale all’abdicazione da ogni successiva verifica, ma anzi prelude al successivo esercizio di penetranti poteri di controllo e vigilanza dell’Amministrazione competente.

Poteri rivolti al perseguimento di scopi eterogenei, come ad esempio quello di verificare la veridicità delle dichiarazioni rese prima del rilascio dell’autorizzazione iniziale, oppure quello di controllare il rispetto delle prescrizioni eventualmente impartite in sede autorizzatoria e, infine, quello di accertare l’eventuale venir meno dei requisiti di idoneità inizialmente acclarati (primo tra tutti il requisito dell’affidabilità fiscale dell’operatore economico).

I summenzionati poteri di controllo e vigilanza, così come in nuce delineati dall’art. 18 del T.U.A., ricomprendono inevitabilmente il potere dell’Amministrazione di dichiarare l’operatore economico decaduto dall’autorizzazione fiscale ogniqualvolta l’organo vigilante accerti – all’esito di apposita istruttoria – la falsità delle dichiarazioni rese oppure la violazione degli impegni assunti oppure la sopravvenuta carenza dei requisiti di idoneità professionale inizialmente acclarati.

L’esistenza di un potere amministrativo di decadenza svincolato dai presupposti dell’autotutela annullatoria/revocatoria trova conferma nella recente giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. Ad. Plen. n. 18 del 19 settembre 2020), secondo la quale “ la decadenza, intesa quale vicenda pubblicistica estintiva, ex tunc (o in alcuni casi ex nunc), di una posizione giuridica di vantaggio (c.d. beneficio), è istituto che, pur presentando tratti comuni col più ampio genus dell’autotutela, ne deve essere opportunamente differenziato, caratterizzandosi specificatamente:

a) per l’espressa e specifica previsione, da parte della legge, non sussistendo, in materia di decadenza, una norma generale quale quelle prevista dall’art. 21 nonies della legge 241/90 che ne disciplini presupposti, condizioni ed effetti;

b) per la tipologia del vizio, more solito individuato nella falsità o non veridicità degli stati e delle condizioni dichiarate dall’istante, o nella violazione di prescrizioni amministrative ritenute essenziali per il perdurante godimento dei benefici, ovvero, ancora, nel venir meno dei requisiti di idoneità per la costituzione e la continuazione del rapporto;

c) per il carattere vincolato del potere, una volta accertato il ricorrere dei presupposti ”.

Orbene, nel caso di specie il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato assolva alla sostanziale funzione di dichiarare la ricorrente decaduta dall’autorizzazione ex art. 53 del T.U.A.;
più in particolare, con tale atto ADM ha eliso con efficacia ex nunc la suddetta autorizzazione soltanto dopo aver rilevato, all’esito di apposita istruttoria, il venir meno del requisito di idoneità professionale su cui tale autorizzazione poggiava, e cioè l’affidabilità fiscale dell’operatore economico.

Emerge ex actis , invero, che il preavviso di rigetto notificato alla società ricorrente in data -OMISSIS- offre evidenza di ben quattro cartelle esattoriali consegnate in un periodo compreso tra il 25 giugno 2022 e il 10 febbraio 2023 (ovverossia in epoca successiva rispetto all’autorizzazione iniziale del 31 maggio 2022), dalle quali si evincono plurimi debiti fiscali ancora da saldare pari a:

- € 239.197,78 (cfr. cartella consegnata il 10 febbraio 2023);

- € 66.759,62 (cfr. cartella consegnata il 25 dicembre 2022);

- € 13.706,44 (cfr. cartella consegnata il 25 dicembre 2022):

- € 27.801,59 (cfr. cartella consegnata il 25 giugno 2022).

Il fatto oggettivo dell’ulteriore accumulazione di così tanti ingenti debiti fiscali ben può integrare la fattispecie della sopravvenuta carenza del requisito di affidabilità fiscale (requisito che, come visto, rappresenta il presupposto ineludibile dell’attività di distributore di energia elettrica).

Appare evidente, infatti, che tale requisito di affidabilità - a fronte di così tante inadempienze sfociate in correlative cartelle esattoriali - non può essere recuperato soltanto perché l’operatore ha poi provveduto alla rateizzazione delle cartelle (o perché le ha saldate una volta per tutte).

La tendenza dell’operatore economico al tardivo versamento dei tributi (tendenza che non può non impattare negativamente sulla sua valutazione di affidabilità fiscale e sulla sua idoneità ad agire quale sostituto di imposta) non è infatti revocata in dubbio dalla prassi dello stesso operatore economico di chiedere sistematicamente la rateizzazione del debito (o il suo stralcio) soltanto dopo che gli è stata notificata la cartella esattoriale.

Va soggiunto, infine, che la riferita contraddittorietà tra l’autorizzazione ex art. 53 T.U.A. rilasciata in data 31 maggio 2022 dall’ufficio ADM di -OMISSIS- e il successivo diniego autorizzatorio frapposto invece dall’ufficio ADM di Roma in data 23 marzo 2023 non basta, da sola, ad inficiare la legittimità di quest’ultimo.

La legittimità del provvedimento di diniego va infatti scrutinata soltanto in base ai parametri legali e giurisprudenziali già sopra enunciati, parametri che confermano - come già visto - che la licenza fiscale di vendita di energia elettrica ben può essere posta nel nulla una volta appurata la sopravvenuta carenza del requisito di affidabilità fiscale inizialmente accertato.

Le considerazioni che precedono conducono, pertanto, alla reiezione del terzo e sesto motivo di ricorso.

9. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, il ricorso va respinto in quanto infondato.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore di ADM.

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