TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-12-21, n. 202113218
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Pubblicato il 21/12/2021
N. 13218/2021 REG.PROV.COLL.
N. 06245/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6245 del 2020, proposto da
Urbs S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F F, A P, C S M, Raffaele D'Ottavio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio C S M in Roma, via Guido D'Arezzo 2;
contro
Senato della Repubblica, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Istruzione, non costituito in giudizio;
per l'accertamento e la declaratoria
della occupazione abusiva di Palazzo Giustiniani in Roma alla via della Dogana Vecchia n. 29, attualmente in uso al Senato della Repubblica
nonché per la condanna alla restituzione del predetto bene immobile in favore della ricorrente, oltre al conseguente risarcimento dei danni da occupazione abusiva
in via subordinata per l'accertamento e la declaratoria dell'inadempimento del Senato della Repubblica agli obblighi derivanti dall'Atto di transazione sottoscritto, con atto pubblico avente n. 25485 del 14 novembre 1991, tra l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, l'URBS e l'Amministrazione dello Stato
nonché per la condanna del Senato della Repubblica all'esecuzione degli obblighi derivanti dall'art. 5 del predetto Atto di transazione, in particolare, a consentire all'URBS l'uso di una limitata porzione dei locali di Palazzo Giustiniani.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Senato della Repubblica, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero dell'Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2021 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Vista l’ordinanza collegiale ex art. 73, comma 3, c.p.a., n. 11916/2021;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe la società URBS chiede, in via principale, che sia accertata l’occupazione abusiva, da parte del Senato della Repubblica, di Palazzo Giustiniani, sostenendo che sarebbe ancora esistente, valido ed efficace l’atto di compravendita del 1911 stipulato in favore della società. Aggiunge che non potrebbe trovare applicazione il Regio Decreto-legge n. 2192/1925, che prevedeva la nullità degli atti di compravendita stipulati in violazione dei divieti della L. 364/1909, essendosi consolidati, all’epoca della sua emanazione, gli effetti traslativi della vendita di Palazzo Giustiniani. La società sostiene, quindi, che il decreto ministeriale di esercizio del diritto di prelazione del 1926, emanato in forza di detto Regio Decreto legge, non potrebbe intaccare gli effetti traslativi consolidati dell’atto di trasferimento in favore di URBS.
2. In via subordinata, parte ricorrente lamenta la mancata esecuzione degli obblighi derivanti da un accordo transattivo del 14 novembre 1991, con cui venivano definite le pendenze finanziarie riguardanti la pregressa occupazione dei locali di Palazzo Giustiniani da parte di URBS, dopo la scadenza delle precedenti concessioni, per gli anni dal 1980 al 1988 e il Senato si impegnava a consentire a URBS “l’uso di una limitata porzione dei locali dell’immobile rilasciati” al fine di “destinarli a sede del Museo storico della Massoneria italiana, tenendo conto anche dell’interesse storico cui la finalità da realizzare si ispira”. In particolare, parte ricorrente lamenta che, nonostante URBS avesse adempiuto a quanto convenuto in transazione, sgomberando i locali di Palazzo Giustiniani, il Senato della Repubblica non aveva provveduto a consegnarle i locali assegnati.
3. Dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio ha rilevato la sussistenza di dubbi in ordine alla giurisdizione del giudice amministrativo e ha assegnato alle parti, con l’ordinanza n. 11916 del 18 novembre 2021, il termine di venti giorni per presentare memorie vertenti sulla questione.
Nel termine previsto, entrambe le parti hanno depositato memorie: URBS ha insistito per la presenza della giurisdizione del giudice amministrativo mentre il Senato della Repubblica ha ritenuto sussistente, come prospettato nell’ordinanza di questo Tribunale, quella dell’autorità giudiziaria ordinaria.
4. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione, venendo in considerazione questioni rimesse alla cognizione dell’A.g.o.
5. Per quanto riguarda la domanda principale, secondo la prospettazione di parte ricorrente il Senato della Repubblica sarebbe tenuto a restituire i locali di Palazzo Giustiniani, perché il potere di prelazione a suo tempo esercitato doveva essere preceduto dalla declaratoria di nullità da parte della amministrazione dell’atto di compravendita di Palazzo Giustiniani in favore di URBS, necessaria al fine di consentire il trasferimento del diritto dominicale dall’originario proprietario/venditore allo Stato che intendeva acquisire detto immobile al proprio patrimonio.
Preliminarmente si osserva che è totalmente inconferente il richiamo, operato negli scritti difensivi della ricorrente, al diverso tema del riconoscimento della giurisdizione del giudice amministrativo nel caso in cui sia oggetto di censura l’adozione del provvedimento con cui l’amministrazione esercita il diritto di prelazione artistica su un bene, poiché ciò che viene contestato è l’esistenza delle condizioni per l’esercizio della prelazione legale prevista nel regio decreto n. 2192/1925, in ragione della asserita validità ed efficacia dell’originario atto di compravendita del bene stipulato in precedenza da URBS.
In sostanza, è prospettata da parte ricorrente l’esistenza di una occupazione sine titulo da parte del Senato della Repubblica, che si sarebbe sviluppata, fin dall’origine, in totale assenza dei presupposti richiesti di legge per privare il proprietario del proprio diritto dominicale sul bene.
L’oggetto della controversia è, quindi, assimilabile all’ipotesi di una occupazione cd. usurpativa, nella quale un bene viene occupato in assenza di un provvedimento amministrativo che possa costituire una manifestazione, ancorché viziata, della funzione pubblica. E ciò in quanto URBS contesta la carenza di potere assoluta dell’amministrazione nell’esercizio della prelazione legale, che la avrebbe privata del possesso su Palazzo Giustiniani per il tramite di atti del tutto inidonei a trasferirne la proprietà.
Pertanto, l’odierno giudizio, tenuto conto natura della posizione dedotta in giudizio dalla ricorrente, non ha ad oggetto una occupazione avvenuta a seguito di un comportamento dell’amministrazione che possa considerarsi riconducibile, anche solo mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.
Secondo la tesi di URBS, infatti, i provvedimenti adottati nel corso degli anni dall’amministrazione, a partire dal decreto ministeriale di dichiarazione del diritto di prelazione del 20 gennaio 1926, sarebbero esorbitanti rispetto alle prerogative riconosciute dalla legge allo Stato italiano in tema di prelazione legale e di conseguenza sarebbero radicalmente nulli ovvero inesistenti. Nel gravame, è la stessa ricorrente a sostenere che si tratterebbe “ di atti totalmente estranei a qualsivoglia modello astratto afferente all’esercizio del diritto di prelazione quale strumento di trasferimento della proprietà e in quanto tali tanquam non esset ”. Tali atti, pertanto, non sarebbero in grado di degradare la posizione soggettiva di cui URBS afferma di essere titolare, vale a dire quella di proprietaria dell’immobile e, conseguentemente, la giurisdizione sulle questioni prospettate, afferendo alla presunta violazione di un diritto soggettivo - segnatamente del diritto di proprietà di URBS su Palazzo Giustiniani – devono essere sottoposte al giudice ordinario.
6. Anche la domanda presentata in via subordinata va devoluta alla cognizione dell’A.g.o.
7. Come osservato nell’ordinanza n. 11916/2021, le questioni dedotte in via gradata riguardano la mancata esecuzione degli obblighi derivanti da un accordo transattivo stipulato tra le parti, dalla cui lettura si evince la volontà di definire ogni materia litigiosa pendente attraverso reciproche concessioni.
Secondo parte ricorrente, il contenuto dell’atto transattivo e l’iter che ha portato alla sua approvazione confermerebbero la sua natura di accordo di cui all’art. 11 della l. n. 241/1990, con conseguente giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Aggiunge che, anche laddove non si volesse qualificare la transazione del 1991 come un accordo ex art. 11, l. n. 241/1990, considerato il suo contenuto, verrebbe in rilievo l’art. 133, comma 1, lett. b) , c.p.a., che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “ le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi ”.
La tesi di parte ricorrente non può trovare accoglimento.
L’atto transattivo ha un duplice contenuto: la rinuncia ai giudizi pendenti da parte di URBS, nonché l’impegno della società a corrispondere all’amministrazione “ a titolo di indennizzo di occupazione dal giugno 1980 fino alla data di rilascio dell’immobile avvenuto il 12.03.1988 ” la somma complessiva di lire 500.000.000;l’impegno da parte dell’amministrazione a consentire alla ricorrente, mediante la stipula di una apposita convenzione, l’utilizzo di alcuni locali da destinare a Museo Storico della Massoneria (cfr. l’art. 5 dell’atto).
La ricorrente lamenta l’inadempimento agli obblighi nascenti dalla transazione, avuto riguardo al mancato rilascio di una porzione dei locali di Palazzo Giustiniani.
In primo luogo deve osservarsi che non è stata stipulata la convenzione prevista nell’atto transattivo per l’utilizzo dei locali in questione e, quindi, non esiste un rapporto concessorio tra le parti cui fare riferimento per trattenere, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a., la giurisdizione.
Neppure può richiamarsi l’art. 133, comma 1, lett. a) n. 2 c.p.a., che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di “ formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni ”.
Un accordo integrativo del provvedimento, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241/1990, presuppone l’esistenza di un “procedimento” in cui l’assetto definitivo degli interessi pubblici e privati coinvolti viene definito, anziché con l’utilizzo del consueto schema provvedimentale, attraverso il ricorso a uno strumento tipico negoziale. Tuttavia, è ineludibile il vincolo, per l’amministrazione, del perseguimento dell’interesse pubblico, in quanto la scelta dello strumento consensuale non fa comunque venir meno l’esercizio di un potere discrezionale che avrebbe permesso la definizione del procedimento.
L’atto transattivo del 1991 è privo delle menzionate caratteristiche, tenuto conto dell’assenza di una pregressa attività procedimentale guidata dalla volontà dell’amministrazione di perseguire un interesse pubblico. In proposito, non rileva il contenuto della documentazione richiamata da parte ricorrente, vale a dire il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato del 25 febbraio 1988, con cui la difesa erariale si è limitata a presentare all’amministrazione una relazione sulla possibilità di addivenire a una transazione con URBS, tenuto conto della situazione di “estremo disagio” sofferto dal Senato per l’indisponibilità di alcuni spazi occupati dalla società.
8. Dunque, come già prospettato nell’ordinanza n. 11916/2021, il Collegio rileva che, essendo stato esercitato da parte dell’amministrazione un potere di natura esclusivamente privatistica, anche la domanda relativa all’accertamento di presunti inadempimenti delle obbligazioni nascenti dalla transazione è soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario.
9. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito, trattandosi di controversia riservata alla cognizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo potrà essere proseguito con le modalità e nei termini di cui all'art. 11 c.p.a.
10. Le spese del giudizio sono compensate, tenuto conto della peculiarità delle questioni sottoposte.