TAR Bari, sez. I, sentenza 2019-07-02, n. 201900953
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Testo completo
Pubblicato il 02/07/2019
N. 00953/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01283/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1283 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Tecnodelta s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati A L, M P, P P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Bari, Via Nicolai, 29
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliato in Bari, Via Melo, 97;
Agenzia delle Entrate – Riscossione, non costituita in giudizio
nei confronti
Unione di Banche Italiane S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati A B, F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Bari, Via E. Fieramosca, 82
per l'annullamento
decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n. 2195 dell’11 luglio 2018, con cui è stata disposta la revoca totale delle agevolazioni concesse alla società ricorrente nel contempo disponendosi la restituzione dell’importo di €. 4.366.178,27 rivalutato sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie oltre agli interessi legali calcolati dalla data dell’erogazione fino alla restituzione, nonché il disimpegno delle somme residue disponibili in bilancio, trasmesso con la nota del MI.S.E. Registro Ufficiale U. 0250767 del 12 luglio 2018;il diniego dell’istanza di proroga di 6 mesi del programma agevolativo, richiesta dalla ricorrente in data 25.2.2005: atti impugnati con il ricorso principale, integrato con motivi aggiunti depositati il 2.1.2019;
- della cartella di pagamento n. 014 2019 00033036 71/000 emessa dall’Agenzia delle Entrate - Riscossione su incarico del Ministero dello Sviluppo Economico per l'importo di €. 7.800.545,09, notificata in data 14 gennaio 2019: atto impugnato con motivi aggiunti depositati il 21.2.2019.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e di Unione di Banche Italiane S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2019 il dott. A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente proposto la società Tecnodelta s.r.l. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n. 2195 dell’11 luglio 2018, con cui è stata disposta la revoca totale delle agevolazioni concesse alla società ricorrente nel contempo disponendosi la restituzione dell’importo di €. 4.366.178,27 rivalutato sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie oltre agli interessi legali calcolati dalla data dell’erogazione fino alla restituzione, nonché il disimpegno delle somme residue disponibili in bilancio, trasmesso con la nota del MI.S.E. Registro Ufficiale U. 0250767 del 12 luglio 2018;il diniego dell’istanza di proroga di 6 mesi del programma agevolativo, richiesta dalla ricorrente in data 25.2.2005.
In sintesi, è accaduto che con decreto dirigenziale del 9.4.2011 è stato concesso in via provvisoria ai sensi della legge 488/1992 all’impresa Futura Bari s.r.l., per la realizzazione di un opificio per attività industriali e logistiche, un contributo in conto impianti dell'importo di €. 13.124.027,12 a fronte di investimenti ammessi per l'importo di €. 38.907.280,49, da erogare, per il tramite della Banca concessionaria Centrobanca SF S.p.A. (poi Ubi Banca S.p.A), in due quote annuali di €. 6.562.013,56 (la prima delle quali effettivamente erogata in data 27.7.2001).
Nel corso della procedura è, però, emerso che, in ragione della difficoltà di avviare le procedure espropriative da parte del Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Bari, l’intervento infrastrutturale non sarebbe stato più realizzabile nel territorio del Comune di Bitonto, come in origine previsto, il che ha determinato il rilascio dell’autorizzazione per un sito alternativo (in località Bellavista nel Comune di Taranto, oggetto di istanza della ricorrente del 28.6.2002) ed il differimento (al 9.4.2005) della data di ultimazione del programma degli investimenti, peraltro non più compatibile con le condizioni di erogabilità del contributo in due quote, da ciò conseguendo una rimodulazione del finanziamento in tre rate annuali di €. 4.366.178,27 (approvato con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 9.2.2004, relativo, altresì, alla rideterminazione dell’ammontare del contributo in €. 13.098.534,81).
Occorre, poi, soggiungere che la società beneficiaria società Futura Bari s.r.l. ha chiesto in data 25.2.2005 una proroga di 6 mesi (a partire dal 30.6.2005) per il completamento dell’iniziativa, motivata da problemi afferenti alla viabilità principale in corso di costruzione per il collegamento con la strada statale 106 e agli eventi metereologici che avrebbero notevolmente rallentato le lavorazioni. Tale proroga non è mai stata accordata.
Sono seguite alcune modificazioni della compagine societaria: in data 12.5.2005 la società Futura Bari s.r.l. ha mutato la propria denominazione in Deltalease s.r.l. e con atto di fusione del 25.10.2006 la società Deltalease s.r.l. è stata incorporata nella società Tecnodelta S.p.A., la quale, a sua volta, in data 17.4.2008 ha modificato la propria denominazione sociale in Tecnodelta s.r.l. (l’attuale ricorrente).
Ad ogni modo, l’opificio sarebbe stato, comunque, effettivamente realizzato conformemente agli atti di assenso edilizio (perizia asseverata del 27.6.2006) e l’unità produttiva sarebbe stata realmente avviata all’esercizio dell’attività aziendale.
Dopo qualche anno dall’avvio dell’attività, però, con nota del 23.10.2008, facente seguito a indagini di polizia giudiziaria, la Guardia di Finanza – Nucleo Polizia Tributaria di Bari ha comunicato al Ministero alcune irregolarità rilevate a carico dell'impresa beneficiaria. Nella motivazione dell’impugnato provvedimento si è fatta menzione di “ condotte fraudolente mediante artificiose rappresentazioni documentali e contabili, indispensabili per conseguire il pagamento delle somme non ancora erogate, (posta in essere il 27.12.2005, quando veniva trasmessa dall'impresa la richiesta di erogazione tranche del finanziamento);falsa documentazione prodotta per far apparire come reali i conferimenti in denaro effettuati per aumentare il capitale sociale;fittizietà dei requisiti attinenti la conformità del suolo e degli immobili interessati dal programma di investimenti ai vigenti specifici vincoli edilizi, urbanistici, e di destinazione d'uso;mancato rispetto dei termini di completamento del programma d'investimento entro 48 mesi dal decreto di concessione provvisoria adducendo simulate "cause di forza maggiore" per indurre l'amministrazione a concedere la proroga di sei mesi per il completamento dello stesso;presentazione di titoli di spesa per l'acquisto del suolo in misura artificiosamente gonfiata rispetto a quella effettiva ”.
La banca concessionaria ha, perciò, condotto un’istruttoria conclusasi con la proposta di revoca delle agevolazioni concesse (relazione del 30.4.2009), e ciò sull’assunto che non risultando accolta l'istanza di concessione della proroga di 6 mesi, in quanto non imputabile a cause di forza maggiore, sono state escluse dall'ammissibilità fatture successive ai 48 mesi dalla data del decreto di concessione provvisoria (spese di progettazione, macchinari, impianti ed attrezzature);ha, inoltre, opposto: che tali spese sarebbero state sostenute anche successivamente al termine per il completamento degli investimenti prorogato al 30.6.2005 dalla legge 350/2003 (c.d. legge finanziaria 2004, art. 4, comma 188);che l'investimento realizzato sarebbe risultato eccedente rispetto alle effettive necessità produttive, da ciò derivando che buona parte delle spese attinenti l'acquisto dell'immobile (e del relativo suolo) sono state escluse per riporto a congruità;che il programma di investimenti consuntivato ed ammissibile per effetto degli stralci operati in sede finale sarebbe stato snaturato rispetto a quello approvato in via provvisoria (assenza del requisito di organicità e funzionalità del programma).
Questi i prodromi dell’adozione dell’impugnato provvedimento, la cui legittimità è stata censurata per i seguenti motivi:
1°) violazione del DM 527/1995;eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, Errata notificazione dell’avvio del procedimento.
La società Tecnodelta s.r.l. avrebbe scisso i cespiti mobiliari da quelli immobiliari relativi al finanziamento, sicché, per quanto d’interesse, la reale legittimata ad essere destinataria del provvedimento sarebbe la società Tecnodelta Costruzioni S.p.A., in capo alla quale sarebbero transitati anche tutti i rapporti creditori e debitori dipendenti dal finanziamento in oggetto: ragione per cui la comunicazione di avvio del procedimento sarebbe stata erroneamente notificata.
2°) Violazione dell’art. 2946 del codice civile;prescrizione del diritto alla ripetizione;eccesso di potere.
Le irregolarità contestate alla ricorrente sarebbero avvenute nel 2005 e, pertanto, la notifica del provvedimento di revoca sarebbe intervenuta ben oltre il termine decennale di prescrizione “ senza che il Ministero abbia mai fatto valere nelle opportune forme il proprio diritto alla restituzione delle agevolazioni finanziarie già erogate a titolo di anticipazione ” (cfr. pag. 4).
3°) Violazione dell’art. 8, commi 1 e 4, dell’art. 2, comma 3 del DM 527/1995;della circolare esplicativa n. 900315 del 14.7.2000;eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, erronea presupposizione, illogicità manifesta e contraddittorietà.
La ricorrente ha dedotto che il progetto a suo tempo approvato ai fini dell’accesso alle agevolazioni è stato, comunque, realizzato, laddove l’ammissibilità di alcune fatture di acquisto non avrebbe rilevanza ai fini del giudizio sull’organicità e funzionalità dell’opera finita;né potrebbero contestarsi le spese sostenute dopo il decorso di 48 mesi dall’originario decreto di concessione della sovvenzione, tenuto conto che il termine prorogato ex lege al 30.6.2005 avrebbe dovuto ritenersi automaticamente prorogato di ulteriori 6 mesi in applicazione dell’art. 8, comma 4 del DM 527/1995 (“ la proroga si intende concessa qualora trascorrano sessanta giorni dalla ricezione senza l'espressione di un avviso contrario ”).
4°) Violazione dell’art. 8, comma 4 del DM 527/1995;eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, erronea presupposizione.
In via subordinata, la ricorrente ha evidenziato che il Ministero non avrebbe condotto un’istruttoria approfondita, nel senso che le opere oggetto del programma di investimenti sarebbero state ultimate e che, pertanto, al più avrebbe dovuto trovare applicazione la misura della revoca parziale delle agevolazioni controverse. In più, è stato stigmatizzato l’uso strumentale degli accertamenti disposti in sede di indagine, non approdati “ neppure ad una sentenza di primo grado ” (cfr. pag. 10).
5°) Violazione dell’art. 654 c.p.p., dell’art. 8 del DM 527/1995;eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione, erronea presupposizione.
In stretta attinenza con la precedente censura, la ricorrente ha dedotto che i fatti contenuti nella relazione della Guardia di Finanza “ non possiedono alcun regime probatorio speciale e concreto ” (cfr. pag. 11), ai quali avrebbe dovuto far seguito un’istruttoria “ apposita (…) onde procedere ad un autonomo apprezzamento, prima di includere tali ipotesi investigative nel corredo motivazionale del provvedimento di revoca ” (cfr. pag. 12).
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dello Sviluppo Economico (6.11.2018) e la UBI Banca S.p.A. (13.11.2018), quest’ultima eccependo, nella memoria del 15.11.2018, che la dedotta scissione non potrebbe essere opposta alla luce della disciplina trasfusa nell’art. 8, comma 1 del DM 527/1995 in ordine alla vietata dismissione delle immobilizzazioni materiali perpetrata mediante qualsiasi operazione societaria, oltre che in base alla circolare del 14.7.2000 (art. 5.9), da ciò dovendosi ritenere che la liberazione dell’originario beneficiario non sia ammissibile in via unilaterale;in ordine all’eccepita prescrizione ha evidenziato che l’atto impugnato costituirebbe una revoca decadenziale avente “ rilievo sul piano amministrativo e sul piano penale ” (cfr. pag. 7), tale situazione escludendo, inevitabilmente, la possibilità di far valere, nella specie, un legittimo affidamento;che, in ogni caso, le irregolarità sarebbero state rilevate nel mese di ottobre 2018 e, da parte della stessa banca concessionaria, in data 30.4.2009 (cfr. pag. 8);che, in ogni caso, le ragioni che hanno sostanziato la revoca sarebbero congruamente motivate da circostanziati indizi di simulazione nell’apporto di capitale e che, addirittura, il suolo originariamente disponibile a Bitonto sarebbe il risultato di un contraffatta sottoscrizione del provvedimento di assegnazione così come altrettanto falsa sarebbe la nota del direttore generale del Consorzio ASI del 10.6.2003 nella quale sarebbe stata attestata la mancata infrastrutturazione del lotto originariamente individuato;che il diniego di proroga sarebbe stato sorretto da solidi presupposti afferenti all’insussistenza di motivi di forza maggiore (cfr. pag. 14);che la mancata ultimazione delle opere entro il termine prescritto sarebbe provata dal fatto che gli unici titoli di spesa effettivamente rendicontati risalirebbero al 21.6.2002 e che anche la dichiarazione resa dalla società Futura Bari s.r.l. in data 18.11.2005 sarebbe successiva alla scadenza del predetto termine (perfino di quello prorogato ex lege );che, in particolare, il costo del suolo aziendale, indicato dalla beneficiaria in €. 30,50/mq, sarebbe stato invece assai inferiore (€. 15,00/mq, in linea con gli immobili limitrofi di pari caratteristiche), e analoghe considerazioni riguarderebbero l’abnormità del costo parametrico delle opere murarie e della superficie realizzata (un opificio di mq. 24.000 a fronte di esigenze aziendali da ricondurre a mq. 10.000).
Con motivi aggiunti depositati il 2.1.2019 la ricorrente ha compendiato le argomentazioni oggetto dei motivi di impugnazione con specifico riguardo ai motivi eccezionali che avrebbero dovuto giustificare la concessione della proroga, al costo dei suoli (che sarebbe stato individuato sulla base di informazioni assunte dal Consorzio ASI di Taranto, cfr. pag. 9), alla contestata estensione dell’opificio, al contenuto della relazione finale dell’organismo di ispezione;ha, infine, rivendicato la circostanza che i capitali privati investiti nell’iniziativa sarebbero stati notevolmente cospicui (€. 16.065.490,73), a dimostrazione della solidità finanziaria della stessa ricorrente.
Nella memoria del 18.1.2019 la banca controinteressata si è motivatamente opposta ai motivi aggiunti, in particolare eccependo: che le ragioni del mancato accoglimento della domanda di proroga sarebbero state espresse nella nota del 27.9.2005 e di seguito richiamate nella nota del 30.1.2006 e del 1.9.2006;che, in ogni caso, “ a fronte di elementi corposi, approfonditi e ben circostanziati, nonché a fronte dei fatti (es. disconoscimenti, dichiarazioni) che i pubblici ufficiali ” hanno trasfuso negli atti di indagine, il Ministero si sarebbe potuto discostare soltanto nell’ipotesi in cui la ricorrente avesse allegato elementi univocamente contrari (cfr. pag. 12).
La società Tecnodelta s.r.l. ha, infine, proposto un secondo ricorso per motivi aggiunti (21.2.2019) al fine di impugnare la cartella di pagamento n. 014 2019 00033036 71/000 emessa dall’Agenzia delle Entrate - Riscossione su incarico del Ministero dello Sviluppo Economico dell’importo di €. 7.800.545,09, nonché del presupposto ruolo n. 2018/006325 iscritto dal Ministero dello Sviluppo Economico di €. 7.573.339,04. L’illegittimità di tali atti è stata dedotta in via derivata con rinvio alle censure proposte con il ricorso principale e con il primo ricorso per motivi aggiunti.
La trattazione della domanda cautelare, in precedenza più volte rinviata, ha condotto all’emissione dell’ordinanza n. 119 del 21 marzo 2019, con cui la Sezione ha, per un verso, evidenziato di non potersi pronunciare in via di delibazione sommaria sulle questioni dedotte con i primi due ricorsi e, per altro verso, ha rilevato che il secondo ricorso per motivi aggiunti, relativo all’impugnazione della cartella esattoriale notificata dall’Agenzia delle Entrate in data 14.1.2019, sarebbe indiziato di inammissibilità alla luce della piana disciplina di cui all’art. 19 del d.lgs. 546/1992.
È stata fissata la discussione del ricorso nel merito per l’udienza pubblica del 19 giugno 2019, prima della quale le parti hanno depositato i rispettivi scritti conclusivi, senza aggiungere elementi di sostanziale novità alle posizioni articolate in precedenza, fatta eccezione per una replica della società ricorrente in punto di giurisdizione sull’impugnazione della cartella esattoriale (cfr. memoria del 30.5.2019);a tale udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
È infondato il primo motivo, con cui è stata opposta la scissione societaria per effetto della quale la ricorrente non sarebbe da considerare come la legittima destinataria dell’impugnato provvedimento di revoca.
Sul punto, l’art. 8, comma 1, lett. b) del DM 527/1995 disciplina la revoca delle agevolazioni “ qualora vengano distolte, in qualsiasi forma, anche mediante cessione di attività ad altro imprenditore, dall'uso previsto le immobilizzazioni materiali o immateriali, la cui realizzazione od acquisizione è stata oggetto dell'agevolazione, prima di cinque anni dalla data di entrata in funzione dell'impianto ”. Tale previsione allude alla tendenziale immodificabilità della compagine societaria prima del decorso di un preciso periodo dalla data di entrata in esercizio dell’iniziativa programmata: tendenziale perché in forza della previsione della circolare attuativa del regolamento ministeriale (14.7.2000) “ nel caso in cui, successivamente alla domanda di agevolazioni, al soggetto richiedente le agevolazioni ne subentri un altro a seguito di fusione, scissione, conferimento o cessione d’azienda o di ramo d’azienda, il soggetto subentrante può richiedere di subentrare nella titolarità della domanda e, qualora già emessa, della concessione delle agevolazioni ” (art. 5.9). Dunque la successione nei rapporti societari – anche per l’ipotesi, come nel caso, in cui il beneficiario sia soggetto a scissione – è in astratto ammissibile, ma in concreto sotto la condizione dell’espletamento di un procedimento complesso che prevede, quale passaggio tecnicamente determinante, la verifica della banca concessionaria “ con riferimento al nuovo soggetto, alla dimensione dello stesso ed al programma di cui alla domanda di agevolazioni, la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi per la concessione o la conferma delle agevolazioni medesime ”: in altri termini, in base al decreto ministeriale non è ammissibile una successione nella titolarità della posizione di beneficiario indotta da un’iniziativa autonoma e unilaterale di una società cedente (nella specie la ricorrente) in favore di una società cessionaria (Tecnodelta Costruzioni S.p.A.) senza che tale successione sia stata previamente autorizzata (e neppure, come pare, comunicata).
Parimenti infondata è l’eccezione di prescrizione del diritti alla ripetizione delle somme erogate, dedotta con il secondo motivo di ricorso.
L’attività di verifica che ha condotto all’emissione dell’impugnato provvedimento di revoca è da rinvenire nella nota del 23.10.2008, con cui il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Bari ha notiziato il Ministero dello Sviluppo Economico dell’incardinamento di un procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Bari, e ciò al precipuo fine di favorire “ le autonome procedure amministrative di competenza, in attesa di concludere le attività di polizia giudiziaria tuttora in corso ” (queste ultime, peraltro, tradottesi nell’avviso di conclusione delle indagini del 7.6.2012, allegato in atti).
Non vi è dubbio, né tantomeno tale circostanza risulta obliata nella motivazione dell’impugnato provvedimento (le “ irregolarità rilevate dalla Guardia di Finanza sono da ritenersi motivi aggiuntivi rispetto a quelli evidenziati dalla Banca concessionaria con nota del 30.04.2009 per giustificare la revoca delle agevolazioni ”), che l’istruttoria condotta dal Ministero e dalla banca concessionaria abbia tratto decisiva sostanza dall’attività di indagine e dalle sue risultanze;va, quindi, posposto al 23.10.2008 il momento della conoscenza della sussistenza dei presupposti della revoca totale delle agevolazioni (ossia la sopravvenuta consapevolezza di emolumenti erogati indebitamente) ai fini della decorrenza del termine decennale di prescrizione del diritto alla ripetizione ai sensi dell’art. 2033 del codice civile: termine, nella specie, rispettato alla luce dell’adozione del provvedimento impugnato in data 11.7.2018.
Proprio l’azione di indagine condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari ha inciso profondamente sulla configurazione di un accertamento che, diversamente, sarebbe rimasto (e, ad avviso della ricorrente, sarebbe dovuto rimanere) nell’alveo di una (mera) verifica sull’effettività dell’iniziativa. Tema che costituisce il filo conduttore delle censure proposte con il terzo, quarto e quinto motivo (innervati dalle deduzioni proposte con il primo ricorso per motivi aggiunti), i quali possono, dunque, essere trattati congiuntamente.
A tal riguardo, occorre, anzitutto, rilevare che a fronte della domanda di proroga di 6 mesi del programma agevolativo, richiesta dalla ricorrente in data 25.2.2005, non avrebbe potuto trovare applicazione l’istituto del silenzio-assenso previsto dall’art. 8, comma 4 del DM 527/1995 (“ la proroga si intende concessa qualora trascorrano sessanta giorni dalla ricezione senza l'espressione di un avviso contrario ”), tenuto conto che la banca concessionaria, cui compete l’istruttoria (“ motivato parere ”):
a) ha, con nota del 27.9.2005, chiesto precisi documenti e, soprattutto, la produzione della documentazione “ attestante i giorni di chiusura della statale ” ionica 106 e quella “ circa gli allagamenti del cantiere ”, oltre ai “ dati circa i giorni di pioggia che si sono susseguiti ”: in altri termini la prova delle cause di “forza maggiore” cui fa menzione il comma 1, lett. d) del citato art. 8;
b) ha ribadito, con nota 30.1.2006, che la documentazione prodotta non sarebbe stata, ancora, sufficiente, rimettendo ogni valutazione all’esito dell’attività di collaudo dal momento che in data 30.12.2005 la ricorrente (o meglio, la società Deltalease s.r.l.) aveva comunicato la data di ultimazione del programma di investimento.
Si può, quindi, ritenere che la banca controinteressata ha messo in chiaro, da subito, gli elementi ostativi all’immediata concedibilità del provvedimento di proroga: il termine di ultimazione è, quindi, da fissare nel 30.6.2005 (come prorogato dalla legge finanziaria 2004).
Il che proietta la cognizione su due, ulteriori, profili: il primo riguardante l’effettiva realizzazione del programma di investimento e il secondo riguardante le irregolarità oggetto dell’accertamento condotto dalla Guardia di Finanza.
Quanto al primo profilo, il Collego è dell’avviso che dall’istruttoria processuale non sia emersa la prova dell’erroneità delle risultanze contenute nella relazione dell’organo di ispezione (Eurisp), il quale ha evidenziato che “ il costo relativo alla realizzazione di un capannone industriale non supera il valore di 455 / 460 euro al mq ”, mentre nella specie il costo esposto dalla ricorrente sarebbe risultato superiore a €. 600,00/mq, reputato “ non congruo rispetto ai parametri di prezzo di immobili simili a quello di stima ”, ossia “ un costo unitario di euro 500,00 ” (in linea con le indicazioni dell’Ordine degli Architetti e degli Ingegneri della Provincia di Milano).
Oltre a tale aspetto, dal controllo è emerso che la superficie coperta dell’opificio (24.000 mq) sarebbe stata sovradimensionata rispetto “ alle effettive e reali esigenze aziendali risultando pertanto non funzionale al programma di investimento in questione ”, nel senso che “ ad eccezione dell'area adibita ad uffici si riscontravano all'interno dell'opificio in questione diversi spazi inutilizzati ” e, pertanto, gli ispettori hanno contestato la mancanza delle “ caratteristiche logistiche industriali e funzionali alla base del programma di investimento ”: l’estensione superficiale congrua è stata, di contro, determinata in meno della metà (10.000 mq) sulla base dei mezzi e delle attrezzature aziendali, il che – valutato congiuntamente al costo unitario di mercato (€. 500,00/mq) – ha comportato una stima del prezzo “ ritenuto ammissibile e proporzionale alle effettive esigenze aziendali (…) pari a euro 5.000.000,00 ”.
Neppure è stato contestato, poi, che alla scadenza del termine per l’ultimazione dell’investimento non fosse ancora stato realizzato il collegamento stradale (cfr. nota della società Deltalease del 18.11.2005 a Centrobanca S.p.A., nella quale si è sottolineato che “ la realizzazione dell’opera stradale era ed è di fondamentale importanza per l’iniziativa della Deltaleas s.r.l., essendo l’unica via di comunicazione col mondo esterno ”), così come non è stato contestato che la rendicontazione delle attrezzature e dei macchinari necessari all’esercizio dell’impresa sia intervenuta mediante fatture (per un importo di quasi due milioni di euro, assai inferiore agli oltre 12 milioni di euro previsti dal decreto di concessione) emesse nel periodo tra il 27 e il 29 dicembre 2005 (cfr. elenco allegato alla dichiarazione del legale rappresentante della Deltalease s.r.l. del 28.6.2006), ciò, presumibilmente, giustificando l’insistenza della ricorrente sulla formazione del silenzio-assenso che avrebbe sostanziato la proroga ai sensi dell’art. 8, comma 4 del DM 527/1995.
Le risultanze riferite, al di là del merito tecnico che la ricorrente non è riuscita a contestare in modo adeguato, rispecchiano, comunque, i principi di pertinenza e congruità delle spese, i quali a loro volta sottendono due distinte tipologie di esame che la circolare attuativa del regolamento (14.7.2000) espressamente disciplina all’art. 5.8.
La prima tipologia (esame di pertinenza) “ deve tendere ad evidenziare spese, appunto, non pertinenti, ai sensi della normativa vigente, al programma da agevolare e ad escluderle da quelle proposte per le agevolazioni ” (ad esempio, spese relative a “ manutenzioni, beni usati, acquisto di terreno di superficie eccedente rispetto ai reali fabbisogni produttivi dell’impresa ”), mentre la seconda tipologia (esame di congruità) va differenziata – quanto all’impostazione del controllo – a seconda che si tratti di verificare gli investimenti previsti dal decreto di concessione provvisoria ovvero dal decreto di concessione definitiva;nel primo caso “ tale esame deve essere finalizzato alla valutazione del costo complessivo del programma ”, cioè in relazione alle caratteristiche tecniche ed alla validità economica dello stesso, laddove, in sede di relazione finale di spesa, l’esame “ dovrà essere, invece, puntuale e dovrà essere teso a valutare, anche attraverso la documentazione di spesa ed in riferimento alle caratteristiche costruttive e di prestazione, l’adeguatezza dei più significativi costi esposti rispetto al totale complessivo dell’investimento prospettato ”.
Il secondo profilo decisivo – come più sopra si è detto – ai fini della disposta revoca è, invece, da rapportare all’attività di indagine che ha messo in luce l’ipotesi di condotte penalmente rilevanti, valutate verosimili e, quindi, tali da giustificare il sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Bari p.p. n. 13284/08 R.G.N.R. e, infine, puntualmente trasfuse nell’avviso di conclusione delle indagini del 7.6.2012.
Sul punto, il Collegio non reputa persuasiva la tesi dedotta, in particolare, nel quarto e quinto motivo, oltre che ribadita nel primo ricorso per motivi aggiunti, secondo cui vi sarebbe stato da parte del Ministero un uso strumentale degli accertamenti svolti dagli inquirenti.
Nella specie, senza mezzi termini, sono stati raccolti elementi a supporto di una falsificazione della firma apposta su una nota del 15.12.2000 del Presidente del Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Bari finalizzata ad attestare l’assegnazione del lotto in località Bitonto, che invero non sarebbe stato nella disponibilità della Futura Bari s.r.l., beneficiaria delle agevolazioni, ed analoga apocrifìa della firma riguarderebbe una seconda nota del 10.06.2003 del direttore generale del medesimo consorzio, nella quale sarebbe stata significata la mancata infrastrutturazione del lotto di Bitonto e, per tale motivo, l’omesso avvio della procedura espropriativa che avrebbe dovuto condurre all’assegnazione di tale lotto alla società beneficiaria.
Si è, quindi, prospettato che gli amministratori della dante causa della ricorrente avrebbero posto in essere una serie di condotte dolosamente preordinate ad ottenere l’assenso alla delocalizzazione dell’investimento a Taranto e alla proroga del programma dei lavori (in effetti accordata con il DM 9.2.2004), nonché – come si legge nell’avviso di conclusione delle indagini – a indurre nei funzionari ministeriali “ la convinzione che la documentazione prodotta fosse veritiera e pertanto fossero esistenti le condizioni normative e regolamentari previste e richieste dalla normativa 488/1992 per l’ammissione, nonché in ogni successiva fase procedimentale, al programma d’investimento cofinanziato, a seguito delle quali gli stessi pubblici ufficiali rilasciavano le precitate necessarie autorizzazioni e pareri ideologicamente falsi ”.
Non è, dunque, rimproverabile al Ministero resistente di aver tenuto conto, ai fini della revoca, del notevole peso esercitato dagli esiti dell’indagine penale;anzi il Collegio è del parere opposto, cioè che ignorare gli indizi della viziata formazione delle valutazioni istruttorie che avevano determinato l’originario assenso alla sovvenzione avrebbe costituito un vizio della funzione di vigilanza e, a fortiori , una condotta amministrativamente poco opportuna.
L’infondatezza del ricorso principale e del primo ricorso per motivi aggiunti non può che comportare il rigetto del secondo ricorso per motivi aggiunti, relativo all’impugnazione della cartella esattoriale emessa in data 14.1.2019 dall’Agenzia delle Entrate di Bari - Riscossione, dovendosi, a tal fine, rimeditare la statuizione espressa in sede cautelare e, pertanto, ritenere sussistente la giurisdizione amministrativa fondatamente eccepita nella memoria di replica della ricorrente con richiamo alle statuizioni dell’Adunanza plenaria n. 17/2013.
In conclusione, il ricorso principale e i due ricorsi per motivi aggiunti vanno respinti.
Le spese processuali seguono parzialmente la soccombenza e vengono quantificate, ai sensi del DM 55/2014, in €. 1.500,00, oltre accessori, che la ricorrente dovrà corrispondere a UBI Banca S.p.A.;restano, invece, compensate le spese processuali nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico, costituitosi con memoria formale.