TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2014-10-24, n. 201400573
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N. 00573/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00094/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 94 del 2010, proposto da:
S S, rappresentata e difesa dagli avv.ti S D P e G M, con domicilio eletto presso il primo in Campobasso, via Berlinguer, n. 1;
contro
Regione Molise in persona del presidente p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Campobasso, via Garibaldi, n. 124;
per l'annullamento della determinazione del Direttore Generale della Regione Molise, Direzione Generale III, n. 445 del 21.12.09, notificata il 23 dicembre 2009 con la quale è stata disposta la decadenza totale dell'aiuto e la revoca del provvedimento di concessione del contributo del 14.12.06, nonchè di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, nella parte in cui si dispone la decadenza e/o revoca e/o esclude la concessione delle agevolazioni previste dalla Programmazione del POR Molise 2000/2006 alla misura 4.9 "investimenti nelle aziende agricole - Acquisto di riproduttori"
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Molise in Pers. del Presidente P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con bando pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise (n. 21 del 4 giugno 2005), il Presidente della Regione in attuazione della delibera di giunta n. 285 del 24 marzo 2005 recante le modalità per la concessione delle agevolazioni previste, tra le altre, dalla misura 4.9 sugli investimenti nelle aziende agricole, ha indetto una procedura per la presentazione delle domande di assegnazione di finanziamenti specificamente rivolti all’acquisto di riproduttori.
Ai sensi del paragrafo 3 del bando, alla procedura potevano partecipare “aziende agricole singole e associate iscritte nei registri della Camera di Commercio Industria e Artigianato e in possesso di partita IVA che hanno allevamenti”;il par. 6.2 secondo trattino del bando escludeva dal finanziamento le imprese agricole che non rispettassero “i requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali”e precisava che le imprese agricole dovessero essere iscritte alla C.C.I.A.A. e fossero dotate di contabilità fiscale (par. 6.1 del bando).
In data 2 agosto 2005 la sig.ra S S proponeva domanda di partecipazione alla selezione, dichiarando la propria qualifica di imprenditore agricolo professionale e chiedendo pertanto, di essere ammessa al finanziamento per l’acquisto di animali riproduttori.
Con determinazione n. 24/2006 pubblicata sul BURM del 16 febbraio 2006, veniva approvata la graduatoria delle istanze ammissibili, tra cui figurava anche quella proposta dalla sig.ra S. Pertanto con determinazione dirigenziale del 14 dicembre 2006, veniva approvata la domanda di finanziamento per l’importo complessivo di euro 14.300,00 di cui 7.150,00 a carico della Regione finanziatrice.
Con nota del 12 marzo 2007 ricevuta dall’assessorato competente in data 15 marzo 2007, la sig.ra S comunicava di aver acquistato i riproduttori e chiedeva quindi la liquidazione del contributo pubblico sopra indicato.
Con nota interna dell’8 giugno 2007 n. 16286, l’assessorato regionale che aveva ricevuto la richiesta di liquidazione del contributo, chiedeva ai responsabili dei settori regionali competenti, tra l’altro, di verificare presso l’INPS la regolarità della posizione previdenziale della sig.ra S.
Con nota de 6 agosto 2007 n. 4423, l’INPS trasmetteva un elenco nel quale erano riportate le situazioni contributive dei soggetti per i quali era stata effettuata la richiesta verifica tra i quali figurava anche la sig.ra S, la quale, tuttavia, non risultava iscritta negli elenchi della gestione INPS.
Con nota n. 27885 del 16 settembre 2008 la Regione Molise comunicava, quindi, alla sig.ra S l’avvio del procedimento di “revoca della concessione dell’aiuto e archiviazione della domanda presentata” per la seguente motivazione “mancata iscrizione alla gestione previdenziale e assistenziale per l’agricoltura, condizione per essere imprenditore professionale e di accesso al bando”.
Infine con determinazione del direttore generale della Regione Molise n. 445 del 21 dicembre 2009, notificata il 23 dicembre 2009, la sig.ra S veniva dichiarata “decaduta dai benefici di cui alla misura 4.9 - acquisto riproduttori” e, per l’effetto, veniva revocata la determinazione dirigenziale del 14 dicembre 2006 con la quale era stata ammessa a beneficiare del contributo.
Avverso tale determinazione la sig.ra S ha proposto ricorso ritualmente notificato il 25 febbraio 2010, affidato ad un unico articolato motivo di ricorso così rubricato: violazione della legge n. 241/1990 e ss.mm.;violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 99/2004;violazione e falsa applicazione della delibera di giunta della Regione Molise n. 285/2005;eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti, illogicità, sviamento dall’interesse pubblico, disparità di trattamento, difetto di motivazione, manifesta ingiustizia, violazione dei principi di ragionevolezza e trasparenza. Violazione dei principi di correttezza e buona fede eccesso di potere per carenza di motivazione.
Con memoria depositata in data 1° luglio 2010 si è costituita in giudizio l’Amministrazione regionale, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza del 27 febbraio 2013, la ricorrente ha manifestato la permanenza dell’interesse al ricorso e la causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 9 ottobre 2014, all’esito della quale è stata trattenuta in decisione.
E’utile preliminarmente confermare la sussistenza della giurisdizione amministrativa, trattandosi di giudizio avente ad oggetto la revoca dell’ammissione ad un beneficio per il venir meno di un requisito di partecipazione. Sul punto, il consiglio di Stato ha di recente ribadito l’orientamento dominante secondo cui nella materia delle sovvenzioni e dei finanziamenti pubblici deve applicarsi l’ordinario criterio di riparto basato sulla causa petendi. Ne consegue che qualora l’amministrazione ravvisi l’inadempimento del beneficiario e disponga la revoca di un contributo o di una agevolazione, sussiste la giurisdizione del giudice civile per la controversia avente per oggetto la legittimità della revoca, poiché non sussiste né la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (non potendo essere assimilata l’agevolazione o il finanziamento ad una concessione di un bene pubblico), né quella di legittimità (poiché la revoca costituisce espressione di una ‘autotutela privatistica’ dell’amministrazione ed incide sul diritto sorto con il contributo o l’agevolazione;così Cons. Stato Ad Plen., 29 gennaio 2014, n. 6). Diversamente, quando si faccia questione di un requisito di ammissione torna ad essere oggetto di considerazione l’esercizio del potere pubblicistico innanzi al quale si presenta una situazione di interesse legittimo naturalmente rientrante nella giurisdizione amministrativa.
Ciò è quanto ricorre nel caso di specie in cui si fa questione della titolarità in capo alla ricorrente della qualifica di imprenditore agricolo professionale quale presupposto per l’ammissione al finanziamento regionale.
Ciò premesso, può dunque passarsi allo scrutinio dell’unico articolato motivo di ricorso con il quale nella sostanza la ricorrente contesta la legittimità del provvedimento di revoca/decadenza adottato in autotutela, contestando che la propria qualifica di imprenditore agricolo professionale possa venir meno per il solo fatto di non risultare iscritta alla gestione previdenziale dell’INPS.
Secondo la ricorrente tale iscrizione costituisce un obbligo distinto che non incide sull’effettività della qualifica di imprenditore agricolo e la cui violazione può forse condurre all’applicazione di sanzioni o dare luogo ad altre conseguenze che, però, non incidono sulla sussistenza e conservazione della qualifica stessa.
Sotto altro profilo la ricorrente rileva la violazione dei principi dell’affidamento e delle regole in materia di provvedimenti di autotutela dettate dalla l. 241/1990, precludono il ritiro dell’atto ampliativo una volta decorso, come nella specie, un lasso di tempo dalla sua adozione sufficiente a determinare la maturazione in capo al destinatario di un legittimo affidamento in ordine alla permanenza del beneficio.
Il motivo è fondato.
Giova rilevare in punto di fatto che il bando subordina l’erogazione del finanziamento alla sussistenza della qualifica di imprenditore agricolo professionale, senza tuttavia prevedere che questi debba anche essere iscritto alla gestione previdenziale dell’INPS.
Invero, il bando, ai fini del conseguimento del contributo, si limita a richiedere, in aggiunta alla qualifica di imprenditore agricolo professionale, anche l’iscrizione presso la Camera di Commercio ed il possesso della partita IVA, a cui si aggiunge la prescrizione che impone agli aspiranti di essere in regola, al momento della proposizione della domanda, con le norme nazionali ed europee in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali.
Nessun riferimento nemmeno implicito è, invece, contenuto nella lex specialis all’iscrizione negli elenchi dell’INPS o alla titolarità di una gestione contributiva, quale requisito di ammissione al finanziamento.
Occorre quindi verificare se tale condizione costituisca presupposto per l’acquisto o la permanenza della qualifica di IAP, sulla base dell’ordinamento generale.
Giova muovere dalla definizione di imprenditore agricolo di cui all’art. 1 del d. lgs. 29 marzo 2004, n. 99.
Ai sensi di tale disposizione “è imprenditore agricolo professionale colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro”. Il comma 2 del medesimo articolo, conferisce alle regioni il compito di accertare “ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1. È fatta salva la facoltà dell'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476”. Ancora il comma 5bis prevede che “l'imprenditore agricolo professionale persona fisica, anche ove socio di società di persone o cooperative, ovvero amministratore di società di capitali, deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale per l'agricoltura”.
Dalle disposizioni testè riportate non risulta che la qualifica di imprenditore agricolo presupponga l’iscrizione negli elenchi dell’INPS;invero sussiste un generalizzato obbligo di iscrizione alla gestione previdenziale, ma esso non appare costitutivo della qualifica in questione, la quale invece si fonda su requisiti di carattere fattuale che richiedono l’accertamento in concreto dell’attività svolta.
Ciò è confermato dalle stesse linee guida con cui la Regione Molise ha disciplinato le modalità di accertamento della qualifica di imprenditore agricolo ai sensi del comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. n. 99/2004 citato (approvate con delibera della Giunta Regionale 31 maggio 2010, n 395), in cui anzi si legge esattamente il contrario ovvero che “le norme di settore (previdenziali) relativamente ad alcune categorie di soggetti (in genere per volume di affari o dimensioni aziendali inferiori o superiori a certi limiti) non richiedono obbligatoriamente l’iscrizione all’INPS”, di modo che essi “possono essere considerati imprenditori agricoli, anche senza essere iscritti all’INPS”.
Tale quadro normativo trova conferma anche in una recentissima pronuncia di merito secondo cui la mancata iscrizione di un imprenditore agricolo alla gestione previdenziale dell’INPS, seppure può rappresentare in molti casi una violazione di un obbligo previdenziale, non costituisce un requisito influente sul conseguimento o la conservazione della qualifica soggettiva in questione (cfr. TAR Umbria, 14 febbraio 2014, n. 88), in coerenza con l’approccio sostanzialistico seguito dal legislatore e dalle linee guida regionali sopra menzionate in cui la qualifica di imprenditore agricolo costituisce frutto di un accertamento di requisiti fattuali, tra cui quello del tempo di lavoro dedicato dall’imprenditore (almeno il 50% della sua energia lavorativa).
Ne consegue la tendenziale inammissibilità di presunzioni assolute (quale ad esempio sarebbe l’iscrizione INPS) che surrogando l’accertamento fattuale dei requisiti di legge finiscano per introdurre surrettiziamente condizioni non contemplate dalle norme, di derivazione europea, che disciplinano l’acquisto della qualifica di imprenditore agricolo professionale.
Non si ravvisano quindi nemmeno nell’ordinamento generale dati normativi che inducano a ritenere l’iscrizione alla gestione INPS essenziale ai fini del conseguimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale, con la conseguenza che la revoca disposta dalla Regione sulla base di tale presupposto deve ritenersi erronea e debba pertanto essere annullata.
Né val a dimostrare la legittimità della revoca la circostanza, addotta dall’Amministrazione nella memoria difensiva , secondo cui dei dieci riproduttori acquistati dalla ricorrente ne siano rimasti in stalla soltanto tre poiché i restanti sette sarebbero stati destinati al macello, in violazione dell’obbligo stabilito dal bando che imponeva di mantenerli nei tre anni successivi alla domanda.
Tale circostanza, non è minimamente menzionata nel provvedimento impugnato, nel quale si invoca quale unica ragione dell’atto di ritiro adottato la mancata iscrizione della ricorrente nella gestione previdenziale INPS. Pertanto, il preteso inadempimento agli impegni assunti in sede di partecipazione non può essere invocato per la prima volta in sede giudiziale, senza che su tale circostanza vi sia stato alcun contraddittorio procedimentale.
L’obiettiva complessità delle questioni oggetto del presente giudizio sulle quali risultano limitati precedenti giurisprudenziali, giustifica la compensazione delle spese di giudizio.