TAR Palermo, sez. III, sentenza 2023-06-06, n. 202301874

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2023-06-06, n. 202301874
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202301874
Data del deposito : 6 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/06/2023

N. 01874/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00421/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 421 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati M S, A S, O G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, domicilio fisico legale presso la sede di questa, in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

per l'annullamento

degli atti di accertamento di inosservanza dell'obbligo vaccinale e contestuale sospensione ex art. 4 ter D.L. 44/2021, convertito dalla L. 76/2021, introdotto dal D.L. 172/2021, con i quali è stata disposta la sospensione con effetto immediato dei ricorrenti “dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenza disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro” con privazione della retribuzione e di ogni altro compenso o emolumento, sino al completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021 dell'invito di cui all' art.

4-ter, comma 3, D.L. 44/2021;

del conferimento di delega e autorizzazione al trattamento dei dati personali ai fini della verifica dell'obbligo vaccinale Covid-19;

della Circolare Ministero della Difesa, n. 0537805 del 13 dicembre 2021 e successive modifiche e circolari/atti ad essa correlati;
della Circolare del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, SM – Ufficio Antinfortunistica e Ambiente n. 1/1/2/16-2021 del 9 dicembre 2021 e successive modifiche e circolari/atti ad esso correlati e/o derogativi;

della Circolare/Direttiva Stato Maggiore della Difesa, n. 0228670 del 10 dicembre 2021 e successive modifiche e circolari/atti ad esso correlati;

del Decreto Legge n. 172 del 26 novembre 2021, art. 2, introduttivo dell'art.

4-ter del Decreto Legge n.44 del 1 aprile 2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n.76 del 28 maggio 2021;

del Decreto Legge n.44 del 1 aprile 2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n.76 del 28 maggio 2021;

del Decreto Legge 21 settembre 2021, n. 127, convertito con modificazioni dalla Legge 165 del 19 novembre 2021;

del Decreto Legge del 24 dicembre 2021 n. 221;

del Decreto Legge 7 giugno 2022, n.1;

nonché ogni altro atto normativo e/o amministrativo presupposto, connesso e conseguente;

nonché per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2023 il dott. G P Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 421 dell’anno 2022, i ricorrenti impugnavano i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle loro doglianze, premettevano:

- di essere militari, e di essere stati sospesi dal servizio, senza alcun emolumento, in applicazione dell’art. 4 ter d.l. n. 44/2021.

Instavano quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.

Si costituiva l’Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre.

Con decreto cautelare n-OMISSIS- l’istanza cautelare veniva respinta;
all’udienza camerale del 4.04.2022, la parte ricorrente rinunciava all’istanza cautelare.

All’udienza pubblica del 5 giugno 2023, il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1), 2), 3) l’art. 4 ter d.l. 44/2021 viola sia i principi costituzionali sia la Carta di Nizza;
non sussistono i presupposti della necessità e dell’urgenza;
è violato il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il principio di ragionevolezza e di non discriminazione;
4) vi è una disparità di trattamento, visto che solo per alcune categorie di lavoratori è stato previsto l’obbligo di vaccinazione;
5) è irragionevole la privazione di tutta la retribuzione mentre in caso di sospensione dovuta alla commissione di gravi reati ed illeciti disciplinari è comunque riconosciuto l’assegno alimentare;
6) è irragionevole non prevedere il cd. lavoro agile per i lavoratori che non intendono sottoporsi alla vaccinazione;
7) l’art. 24 co. 3 del Codice della Protezione Civile prevede una durata massima dell’emergenza pari a 24 mesi;
dunque, l’efficacia dei provvedimenti di sospensione in questione deve scadere in data 1°.02.2022;
8) disparità di trattamento ed irragionevolezza, atteso che la normativa impone l’obbligo vaccinale per esercitare il proprio diritto al lavoro (artt. 44-quinquies D.L. 44/2021), mentre è consentito il libero accesso a ogni attività o servizio, si ripete, anche in zona rossa, a qualsiasi soggetto proveniente dall’estero che, ai sensi della normativa italiana, non gode di alcuna copertura vaccinale, purché dimostri la negatività attraverso tampone.

L’Avvocatura dello Stato, in memoria depositata in data 25.03.2022, eccepiva che la scelta legislativa di imporre l’obbligo vaccinale a determinate categorie di lavoratori è del tutto legittima e ragionevole, alla luce dei principi costituzionali e della giurisprudenza della Consulta.

In data 29.03.2022 la parte ricorrente depositava atto di rinunzia alla domanda cautelare, attesa la nuova disciplina di cui all’art. 8 comma 6 d.l. n. 24/2022, fermo restando l’interesse alla decisione del ricorso nel merito.

In data 14.06.2022 la parte ricorrente depositava un’istanza istruttoria.

All’udienza camerale del 19.07.2022, con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-l’istanza istruttoria veniva respinta, in quanto finalizzata ad effettuare un sindacato sul merito dell’azione amministrativa.

In memoria depositata in data 26.04.2023 l’Amministrazione ribadiva l’infondatezza del ricorso, anche alla luce della recente giurisprudenza della Corte costituzionale.

In memoria depositata in data 26.04.2023 la parte ricorrente ribadiva la fondatezza del ricorso ed insisteva nelle richieste istruttorie.

In note depositate in data 31.05.2023 la parte ricorrente insisteva nella domanda di rinvio pregiudiziale per sottoporre alla Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., una serie di questioni di diritto;
nell’accoglimento delle richieste istruttorie già formulate;
nella sospensione del giudizio in attesa dell’esito della rimessione alla Corte di giustizia UE effettuata dal Tribunale di Padova;
in subordine, nell’accoglimento del ricorso.

Preliminarmente, va respinta l’istanza istruttoria presentata con memoria depositata dalla parte ricorrente in data 26.04.2023. Come già rilevato per analoga istanza depositata da parte ricorrente in data 14.06.2022, si tratta di richieste probatorie finalizzate a sindacare il merito delle scelte effettuate dal legislatore: si pretende di dimostrare l’erroneità del presupposto tecnico scientifico della norma, onde affermarne l’illegittimità costituzionale. Le istanze istruttorie sono, pertanto, inammissibili, come già ritenuto da questa Sezione nell’ordinanza collegiale n. -OMISSIS-

Anche le istanze di sospensione del processo, in attesa di ulteriori pronunce della Corte costituzionale e della Corte di giustizia, sono da respingere, atteso che – successivamente alle sentenze nn. 14 e 15 della Corte costituzionale – il ricorso è maturo per la decisione.

Nel merito, il ricorso è infondato.

Sono infondate le censure con cui la parte ricorrente si duole del contrasto della norma in parola con i principi costituzionali. Infatti, la Corte costituzionale (sent. n. 15/2023) ha stabilito che la previsione dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 anziché di quello di sottoporsi ai relativi test diagnostici (c.d. tampone), non ha costituito una soluzione irragionevole o sproporzionata rispetto ai dati scientifici disponibili. In risposta alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali ordinari di Brescia, di Catania e di Padova, la Corte ha affermato che la normativa censurata ha operato un contemperamento non irragionevole del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività, in una situazione in cui era necessario assumere iniziative che consentissero di porre le strutture sanitarie al riparo dal rischio di non poter svolgere la propria insostituibile funzione. Il sacrificio imposto agli operatori sanitari – ma il principio appare applicabile anche ai militari e ai membri delle forze di polizia - non ha ecceduto quanto indispensabile per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus, ed è stato costantemente modulato in base all’andamento della situazione sanitaria, peraltro rivelandosi idoneo a questi stessi fini. La mancata osservanza dell’obbligo vaccinale ha riversato i suoi effetti sul piano degli obblighi e dei diritti nascenti dal contratto di lavoro, determinando la temporanea impossibilità per il dipendente di svolgere mansioni implicanti contatti interpersonali o che comportassero, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio. La sentenza della Consulta ha ritenuto non contraria ai principi di eguaglianza e di ragionevolezza anche la scelta legislativa di non prevedere, per i lavoratori che avessero deciso di non vaccinarsi, un obbligo del datore di lavoro di assegnazione a mansioni diverse, a differenza di quanto invece stabilito per coloro che non potessero essere sottoposti a vaccinazione per motivi di salute o per il personale docente ed educativo della scuola.

È infondata la censura con cui la parte ricorrente si duole dell’illegittimità costituzionale della disposizione che esclude, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale e per il tempo della sospensione, la corresponsione di un assegno a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso. La Corte costituzionale (sent. n. 15/2023) ha infatti giustificato anche la non erogazione al dipendente sospeso di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio. La Corte, infatti, ha ritenuto non comparabile la posizione del lavoratore che non ha inteso vaccinarsi con quella del lavoratore del quale sia stata disposta la sospensione dal servizio a seguito della sottoposizione a procedimento penale o disciplinare, casi questi ultimi in cui l’assegno alimentare può essere erogato. In particolare, la Corte ha escluso che fosse costituzionalmente obbligata la soluzione di porre a carico del datore di lavoro l’erogazione solidaristica di una provvidenza di natura assistenziale in favore del lavoratore che non avesse inteso vaccinarsi e che fosse, perciò, temporaneamente inidoneo allo svolgimento della propria attività lavorativa.

È infondata la censura con cui ci si duole del contrasto della norma in parola col diritto dell’Unione europea e con la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. La Corte costituzionale (sent. n. 14/2023) ha osservato come i molti altri Paesi europei siano state adottate misure simili a quelle contestate in questa sede;
né va dimenticato che la Corte europea dei diritti dell’uomo, grande camera, sentenza 8 aprile 2021, cause riunite 47621/13 3867/14 73094/14 19298/15 19306/15 43883/15, in Foro it., 2021, IV, 353, ha ribadito come la vaccinazione obbligatoria non costituisca un’ingerenza nella vita privata in violazione dell’art. 8 CEDU ove sia: i) conforme a legge;
ii) imposta per uno scopo legittimo, consistente nel proteggere, sia coloro che ricevono la vaccinazione sia coloro che non possono riceverla, dalle malattie che possono comportare un grave rischio per la salute;
iii) necessaria per un “urgente bisogno sociale”;
iv) proporzionata allo scopo perseguito;
v) previsto un sistema sanzionatorio proporzionato. Anche la giurisprudenza (Tar Lazio, Roma, 13 gennaio 2022, ord. n. 137;
Tar Puglia, Bari, Sez. I, n. 461/2022) ha escluso che la normativa contestata violi il diritto europeo ed internazionale.

È infondata la censura con cui ci si duole della violazione dell’art. 24 co. 3 del Codice della Protezione Civile, che prevede una durata massima dell’emergenza pari a 24 mesi;
infatti, l’emergenza in questione è di natura sanitaria, dovuta ad una pandemia la cui durata non può essere predeterminata;
sicché la norma dettata in materia di protezione civile non appare pertinente.

È infine infondata anche la censura con cui ci si duole della disparità di trattamento tra coloro che prestano determinate attività lavorative ed i soggetti provenienti dall’estero: si tratta di situazioni non assimilabili, sicché non è irragionevole il diverso trattamento previsto dal legislatore;
che, d’altronde, non ha imposto l’obbligo vaccinale a tutti i lavoratori ma soltanto ad alcune categorie di essi. E tale scelta, come già detto, è stata ritenuta costituzionalmente legittima.

L’infondatezza del ricorso comporta anche il rigetto della domanda risarcitoria.

Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.

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