TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-05-23, n. 201906311

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-05-23, n. 201906311
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201906311
Data del deposito : 23 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/05/2019

N. 06311/2019 REG.PROV.COLL.

N. 06396/2018 REG.RIC.

N. 06413/2018 REG.RIC.

N. 06398/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6396 del 2018, proposto da
G. Energy S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G C, D A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio presso l’Avv. Alessandro Boso Caretta in Roma, alla Via dei Due Macelli n. 66;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Gestore dei Servizi Energetici S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulio Napolitano, G V, Maria Antonietta Fadel, Antonio Pugliese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G V in Roma, piazza di Spagna n. 15;



sul ricorso numero di registro generale 6413 del 2018, proposto da
G. Energy S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G C, D A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio presso l’Avv. Alessandro Boso Caretta in Roma, alla Via dei Due Macelli n. 66;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Gestore dei Servizi Energetici S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulio Napolitano, G V, Maria Antonietta Fadel, Antonio Pugliese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G V in Roma, piazza di Spagna, n. 15;



sul ricorso numero di registro generale 6398 del 2018, proposto da
G. Energy S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G C, D A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio presso l’Avv. Alessandro Boso Caretta in Roma, alla Via dei Due Macelli n. 66;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Gestore dei Servizi Energetici S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulio Napolitano, G V, Maria Antonietta Fadel, Antonio Pugliese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G V in Roma, piazza di Spagna, n. 15;

quanto al ricorso n. 6396 del 2018:

per l'annullamento

- del provvedimento prot. GSEWEB/P20180087182 del 20 marzo 2018, con oggetto: “FER103443 / Diniego – Richiesta di accesso ai meccanismi di incentivazione degli impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici (ai sensi del Titolo VI del D.M. 23 giugno 2016 e del D.P.R. n. 445/2000) per l'intervento di Nuova Costruzione dell'impianto di generazione di energia elettrica da fonte Eolica onshore con potenza pari a 0,180 MW, sito nel Comune di TUFARA (CB)”;

- di ogni altro atto presupposto, successivo, connesso e conseguente quand'anche sconosciuto, ivi inclusa la nota prot. GSEWEB/P20170195911 del 7 novembre 2017, con oggetto “FER103443 / Preavviso di rigetto – Richiesta di accesso ai meccanismi di incentivazione degli impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici (ai sensi del Titolo VI del D.M. 23 giugno 2016 e del D.P.R. n.445/2000) per l'intervento di Nuova Costruzione dell'impianto di generazione di energia elettrica da fonte Eolica onshore con potenza pari a 0,060 MW, sito in località “Pianella” nel Comune di TUFARA (CB)”;

- dell'art. 5, comma 2, lett. b) del D.M. 23 giugno 2016 del Ministero dello Sviluppo Economico, recante le norme in materia di “Incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico”;

- del paragrafo 1.3.3.2 delle Procedure Applicative del D.M. 23 giugno 2016, adottate dal GSE in data 15 luglio 2016;

- dell'art. 29 del D.M. 23 giugno 2016, rubricato “Frazionamento della potenza degli impianti”;

nonché per l'accertamento del diritto della Società ricorrente a ottenere il riconoscimento delle tariffe incentivanti ai sensi dell'art. 4, comma 3, lett. a) del D.M. 23 giugno 2016;

quanto al ricorso n. 6413 del 2018:

per l'annullamento, previa sospensione cautelare degli effetti:

- del provvedimento prot. GSEWEB/P20180087196 del 20 marzo 2018, con oggetto: “FER103749 / Diniego – Richiesta di accesso ai meccanismi di incentivazione degli impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici (ai sensi del Titolo VI del D.M. 23 giugno 2016 e del D.P.R. n. 445/2000) per l'intervento di Nuova Costruzione dell'impianto di generazione di energia elettrica da fonte Eolica onshore con potenza pari a 0,180 MW, sito nel Comune di TUFARA (CB)”;

- di ogni altro atto presupposto, successivo, connesso e conseguente quand'anche sconosciuto, ivi inclusa la nota prot. GSEWEB/P20170195939 del 7 novembre 2017, con oggetto “FER103749 / Preavviso di rigetto – Richiesta di accesso ai meccanismi di incentivazione degli impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici (ai sensi del Titolo VI del D.M. 23 giugno 2016 e del D.P.R. n.445/2000) per l'intervento di Nuova Costruzione dell'impianto di generazione di energia elettrica da fonte Eolica onshore con potenza pari a 0,060 MW, sito in località “Pianella” nel Comune di TUFARA (CB)”;

in subordine, per quanto occorrer possa, per l'annullamento e/o disapplicazione, previa sospensione

- dell'art. 5, comma 2, lett. b) del D.M. 23 giugno 2016 del Ministero dello Sviluppo Economico, recante le norme in materia di “Incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico”;

- del paragrafo 1.3.3.2 delle Procedure Applicative del D.M. 23 giugno 2016, adottate dal GSE in data 15 luglio 2016;

- dell'art. 29 del D.M. 23 giugno 2016, rubricato “Frazionamento della potenza degli impianti”;

nonché per l'accertamento del diritto della Società ricorrente a ottenere il riconoscimento delle tariffe incentivanti ai sensi dell'art. 4, comma 3, lett. a) del D.M. 23 giugno 2016;

quanto al ricorso n. 6398 del 2018:

per l'annullamento

- del provvedimento prot. GSEWEB/P20180087178 del 20 marzo 2018, con oggetto: “FER103745 / Diniego – Richiesta di accesso ai meccanismi di incentivazione degli impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici (ai sensi del Titolo VI del D.M. 23 giugno 2016 e del D.P.R. n. 445/2000) per l'intervento di Nuova Costruzione dell'impianto di generazione di energia elettrica da fonte Eolica onshore con potenza pari a 0,180 MW, sito nel Comune di TUFARA (CB)”;

- di ogni altro atto presupposto, successivo, connesso e conseguente quand'anche sconosciuto, ivi inclusa la nota prot. GSEWEB/P20170195937 del 7 novembre 2017, con oggetto “FER103745 / Preavviso di rigetto – Richiesta di accesso ai meccanismi di incentivazione degli impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici (ai sensi del Titolo VI del D.M. 23 giugno 2016 e del D.P.R. n.445/2000) per l'intervento di Nuova Costruzione dell'impianto di generazione di energia elettrica da fonte Eolica onshore con potenza pari a 0,060 MW, sito in località “Pianella” nel Comune di TUFARA (CB)”;

- dell'art. 5, comma 2, lett. b) del D.M. 23 giugno 2016 del Ministero dello Sviluppo Economico, recante le norme in materia di “Incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico”;

- del paragrafo 1.3.3.2 delle Procedure Applicative del D.M. 23 giugno 2016, adottate dal GSE in data 15 luglio 2016;

- dell'art. 29 del D.M. 23 giugno 2016, rubricato “Frazionamento della potenza degli impianti”;

nonché per l'accertamento del diritto della Società ricorrente a ottenere il riconoscimento delle tariffe incentivanti ai sensi dell'art. 4, comma 3, lett. a) del D.M. 23 giugno 2016;


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Gestore dei Servizi Energetici S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2019 il dott. Luca De Gennaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società G. Energy S.r.l. ha impugnato con i ricorsi in epigrafe i provvedimenti suindicati con i quali il Gestore ha negato le richieste di accesso ai meccanismi di incentivazione degli impianti a fonti rinnovabili presentate ai sensi del Titolo VI del D.M. 23 giugno 2016 in relazione ad impianti di generazione di energia elettrica da fonte eolica onshore, siti nel Comune di Tufara (CB) (FER103745, FER103749, FER103443);
viene altresì domandato l’annullamento delle note recanti il preavviso di rigetto nonché, in subordine, degli artt. 5, comma 2, lett. b) e 29 del D.M. 23 giugno 2016, congiuntamente al paragrafo 1.3.3.2. delle procedure applicative GSE del medesimo Decreto.

I provvedimento di diniego dell'incentivazione, oggetto dell'odierna impugnazione, sono basati sull'assunto che i predetti tre impianti siano da considerarsi come un unico impianto di potenza cumulativa pari a 0,180 MW, in applicazione della disciplina in materia di artato frazionamento di cui agli articoli 5, comma 2 e 29 del DM 23 giugno 2016.

Nel caso di specie, il GSE ha infatti ritenuto che l’intera operazione celasse un’ipotesi di un artato frazionamento di un unico impianto in tre sottoimpianti solo apparentemente distinti, onde percepire tariffe incentivanti più remunerative in violazione del principio dell’inversa proporzionalità tra la potenza dell’impianto e il livello di incentivazione ed eludere il meccanismo (di iscrizione al Registro) previsto dal D.M. 23 giugno 2016 ai fini dell’accesso agli incentivi degli impianti eolici.

In particolare, il Gestore ha contestato a fondamento della propria decisione:

- la medesima ubicazione degli impianti, in quanto dotati di contatori di energia elettrica immessa in rete posizionati sulla medesima particella catastale (Foglio 35, particella 307 del Comune di Tufara);

- l’autorizzazione con PAS protocollate nel medesimo giorno (6 ottobre 2014) e con numero di protocollo successivo (PAS prot. n. 2156 per l’impianto FER103745 e PAS prot. n. 2157 per l’impianto FER103749);
o comunque in prossimità (PAS prot. n. 2094 del 30 settembre 2014 per l’Impianto FER103443);

- la realizzazione nel medesimo periodo, in quanto è identica per tutti e tre gli impianti la data di inizio lavori (14 dicembre 2015) e la data di entrata in esercizio (28 giugno 2017);

- l’unicità del preventivo di connessione per lotto di impianti con codice di rintracciabilità T0686527.

1.1 Con le impugnative sopra indicate vengono articolate plurime censure (identiche per ciascun ricorso) per violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito il Gestore Servizi Energetici chiedendo la reiezione del ricorso.

In rappresentanza dei Ministeri intimati si è costituita l’avvocatura dello Stato con memoria di mero stile.

1.2 In sede cautelare questa Sezione ha rigettato la domanda di sospensiva ritenendo i provvedimenti impugnati correttamente motivati in relazione alla sussistenza di plurimi elementi indicativi dell’artato frazionamento.

Ai soli fini della sollecita trattazione della causa nel merito, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello cautelare ritenendo che «le questioni prospettate meritano […] di essere trattate nella più opportuna sede di merito, anche eventualmente mediante un approfondimento istruttorio volto a chiarire – alla stregua delle prescrizioni tecniche applicabili alla fattispecie – la natura e la consistenza del contatore di scambio, ai fini della qualificazione (o meno) in termini di impianto, dipendendo sostanzialmente da tale accertamento la soluzione della lite”.

1.3 All’udienza del 13 marzo 2019 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Va preliminarmente disposta la riunione dei giudizi, considerata l’evidente connessione soggettiva e oggettiva dei ricorsi.

2. I ricorsi vanno respinti.

2.1 Con il primo motivo si deduce che non vi sarebbe contiguità tra gli impianti poiché erroneamente l’amministrazione, nel localizzare gli impianti interessati, avrebbe considerato i contatori di scambio dell'energia elettrica come parte integrante degli impianti di produzione e dunque come elementi valutabili ai fini dell'applicazione dell'articolo 5, comma 2 del DM 23 giugno 2016.

La censura va disattesa.

La ratio della regolamentazione vigente in materia di artato frazionamento mira ad evitare che i responsabili degli impianti possano, in violazione del criterio dell’inversa proporzionalità tra la potenza dell’impianto e il livello di incentivazione, mediante l’artificiosa moltiplicazione degli impianti, eludere le soglie di potenza per le quali è stabilita l’ammissione agli incentivi.

Al riguardo dunque è previsto che:

- si intendono come unico impianto, di potenza cumulativa pari alla somma dei singoli impianti “più impianti alimentati dalla stessa fonte, nella disponibilità del medesimo produttore o riconducibili, a livello societario, a un unico produttore e localizzati nella medesima particella catastale o su particelle catastali contigue” (art. 5, comma 2, lett. b) del D.M. 23 giugno 2016);

- nell’applicare le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 2, il Gestore “verifica, inoltre, la sussistenza di elementi indicativi di un artato frazionamento della potenza degli impianti, che costituisce violazione del criterio dell’equa remunerazione degli investimenti secondo cui gli incentivi decrescono con l’aumentare delle dimensioni degli impianti” (art. 29 D.M. 2016).

Correttamente il Gestore ha verificato l’esistenza del presupposto della localizzazione posto che, come anticipato, una parte degli impianti in questione (identificata nei contatori di energia elettrica scambiata con la rete) risulta situata sulla medesima particella catastale (foglio 35, particella 307del Comune di Tufara).

Non può essere condiviso l’assunto della ricorrente secondo cui i suddetti contatori non farebbero parte dell’impianto di produzione e sarebbero in ogni caso di proprietà del gestore della rete.

In base alla regolamentazione di settore, il contatore di scambio va considerato un elemento dell’impianto di produzione energetica: in tale senso depone chiaramente l’art. 2, comma 1 lett. a) DM 23 giugno 2016 il quale stabilisce la definizione generale di impianto valevole anche per la presente fattispecie;
in tale definizione si comprendono infatti tra gli elementi costitutivi “i misuratori dell’energia elettrica funzionali alla quantificazione degli incentivi”.

Posto che il contatore di scambio registra l’energia immessa in rete e dunque l’energia per la quale il Gestore corrisponde l’incentivo (che l’art. 2 DM 23 giugno 2016 definisce come integrazione economica al ricavo connesso alla valorizzazione dell'energia prodotta e corrisposta dal GSE al produttore “in riferimento alla produzione netta immessa in rete”), il Collegio ritiene che tale componente vada considerata parte integrante dell’impianto e come tale valga a determinare la localizzazione dell’impianto sulla medesima particella catastale come richiesto dall’art. 5, comma 2, lett. b) del D.M. 23 giugno 2016.

In assenza del “contatore di scambio”, e valendosi solo del contatore di produzione (che registra l’energia totale prodotta dall’impianto), come pretenderebbe la ricorrente, non sarebbe possibile quantificare l’energia immessa in rete e dunque, non si potrebbe quantificare gli incentivi spettanti al soggetto produttore (che come visto fanno riferimento all’energia ceduta alla rete). Di conseguenza il contatore di scambio rientra a pieno titolo tra “i misuratori dell’energia elettrica funzionali alla quantificazione degli incentivi” che fanno parte dell’impianto.

Ad avviso del Collegio non ha poi rilievo, una volta appurata la sua appartenenza all’impianto, che la specifica componente sia di proprietà di terzi (ovvero del Gestore della rete) in quanto la significatività del dato formale della proprietà è superata dalla specifica destinazione alla produzione di energia, dato dirimente, visto che, più che la proprietà del componente, vale la circostanza che l’impianto sia “nella disponibilità del medesimo produttore” ex art. 5, comma 2, lett. b). D.M. 23 giugno 2016.

Non appare infine conferente il riferimento all’art. 5, comma 2, lett. a) che richiama “la potenza installata a monte di un unico punto di connessione alla rete elettrica”;
tale riferimento non esclude la qualificazione di più impianti in termini di unico impianto ai fini della disciplina sul c.d. antifrazionamento, poiché quest’ultima normativa opera ogni volta – come nella presente fattispecie – ricorrano i presupposti previsti dal combinato di cui all’art. 5, comma 2 lett. b) e 29 D.M. 23 giugno 2016.

2.2 Con il secondo motivo ci si duole che il Gestore avrebbe erroneamente valutato le circostanze allegate a dimostrazione dell’ipotesi di artato frazionamento, dando luogo ad un procedimento viziato per carenza di motivazione ed istruttoria.

Il motivo è infondato.

In primo luogo non ha alcun pregio l’assunto secondo cui essendo l’impianto connesso in bassa tensione sarebbe escluso dalla disciplina in tema di artato frazionamento;
il riferimento dell’art. 29 del D.M. 23 giugno 2016, secondo cui “il GSE può valutare anche, come possibile elemento indicativo di un artato frazionamento, l’unicità del nodo di raccolta dell'energia prodotta da impianti riconducibili a un medesimo soggetto, identificando tale nodo con la stazione di raccolta MT/AT” è appunto, come indicato chiaramente uno dei possibili elementi di valutazione e non vale certo a esonerare a priori gli impianti in bassa tensione dalla generale disciplina antielusiva.

Per il resto l’accertamento effettuato dal Gestore in merito alla configurabilità dell’artato frazionamento appare, anche alla luce delle invocate circolari ministeriali, esente da censure in quanto congruamente motivato con riferimento ad un pluralità di elementi indicativi consistenti: 1) nella alimentazione dalla stessa fonte (eolica) e nella disponibilità della ricorrente;
2) nella dotazione di contatori di energia elettrica posizionati sulla medesima particella catastale;
3) nei tempi di autorizzazione delle iniziative;
4) nei tempi di realizzazione dell’iniziativa sia con riferimento all’avvio dei lavori che all’avvio della produzione energetica 5) nell’unicità del preventivo di connessione.

Ne consegue che non appare censurabile la conclusione, circa la riconducibilità degli impianti in oggetto ad un’unica iniziativa, in quanto basata su plurimi elementi indiziari o sintomatici, oggettivi e soggettivi.

2.3 Con il terzo motivo si deduce l’illegittimità del paragrafo 1.3.3.2 delle Procedure Applicative di cui al D.M. del 23 giugno 2016, che il GSE pretenderebbe di applicare al caso di specie nonostante gli impianti della ricorrente siano entrati in esercizio nel termine stabilito dalla norma di salvaguardia di cui all’art. 7 comma 1 lett. b) del D.M. 23 giugno 2016.

La doglianza non ha fondamento.

L’art. 7, comma 1, lett. b) citato stabilisce la disciplina transitoria limitatamente alla determinazione del quantum delle tariffe incentivanti e degli eventuali premi per gli impianti “che entrano in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto”;
da tale moratoria vanno escluse tutte le altre disposizioni del D.M. 2016, ivi comprese quelle applicate, la cui entrata in vigore deve ritenersi immediata (come peraltro si deduce dalla stessa norma ove il termine di un anno per l’applicazione delle nuove tariffe è fissato “dalla data di entrata in vigore del presente decreto”, che non avrebbe senso logico se la moratoria si applicasse a tutto il decreto indistintamente).

2.4 Con il quarto motivo si deduce la violazione del principio di proporzionalità.

Il motivo è infondato.

Il mancato riconoscimento degli incentivi da parte del Gestore trova giustificazione sulla base dell’accertata mancanza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente, come sopra richiamati, e volti a tutelare l’interesse pubblico alla equa remunerazione dell’energia elettrica prodotta dagli impianti alimentati dalle fonti rinnovabili e ad impedire che i soggetti responsabili pongano in essere comportamenti elusivi al fine di accedere ai più favorevoli meccanismi di incentivazione previsti per gli impianti di piccole dimensioni.

Non potrebbe quindi giustificarsi, come preteso nel ricorso, l’accesso ai benefici per almeno uno degli impianti interessati, posto che una volta riconosciuta l’unicità sostanziale dell’iniziativa, non sarebbe ammissibile un trattamento differenziato di alcune sue componenti.

2.5 Con il quinto motivo, proposto in via subordinata, si denunzia l’illegittimità del paragrafo 1.3.3.2 delle Procedure applicative allegate al DM 23.6.2016, ove introduce una modifica delle precedenti procedure applicative, in tema di qualificazione della contiguità delle particelle catastali con riferimento alla cabina di connessione, nella parte in cui avrebbe portata retroattiva, in pretesa contraddizione con la stessa previsione di cui all’art. 7 del DM stesso.

Il motivo è infondato.

Come già rilevato nell’esaminare la terza censura, l’art. 7 non è applicabile al di fuori della materia tariffaria;
di conseguenza correttamente l’amministrazione ha dato applicazione alle previsioni di cui al DM 23.6.2016 e alla relative procedure applicative, quali disposizioni in vigore ratione temporis al momento dell’entrata in esercizio degli impianti.

Le nuove procedure applicative poi non escludono più la rilevanza della posizione della cabina di connessione (ove è posizionato il contatore di scambio) ai fini della localizzazione dell’impianto, mantenendo tale esenzione solo per la posizione dei cavidotti.

Anche alla luce di quanto premesso, la nuova regolamentazione non può ritenersi illegittima atteso che non appare incongruo tenere in considerare la posizione della cabina di connessione (come implicitamente viene ammesso dalla nuova procedura applicativa) tenuto conto della definizione di impianto sopra richiamata – che include appunto i contatori di scambio - e della necessità di verificare la potenza cumulativa di impianti facenti sostanzialmente parte di un progetto unitario;
a fronti di tali esigenze la ricorrente non può vantare alcun legittimo affidamento visto anche che il riconoscimento dell’esistenza della norma antielusiva in esame e del divieto di artato frazionamento è riconducibile ad un “principio generale e immanente dell’ordinamento di settore” rispondente alla finalità di impedire indebiti effetti di sovraincentivazione (cfr. ex multis per maggiori riferimenti, quale precedente conforme questa Sezione, sentenza n. 6935/2018).

2.6 Con il sesto motivo si deduce che, nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere che la localizzazione del contatore di scambio rientri nella definizione di “impianto” e rilevi ai fini della sussistenza della contiguità o meno, le previsioni impugnate di cui all'art. 5, comma 2 del DM 23.62016 e al paragrafo 1.3.3.2 delle Procedure applicative sarebbero palesemente illegittime, irragionevoli, arbitrarie oltreché manifestamente ingiuste.

2.7 Con il settimo motivo si impugna l’art. 29 del DM 23.6.2016 per analoghe ragioni.

I motivi sono infondati.

In primo luogo la localizzazione dell’impianto è direttamente e principalmente riconducibile alla ricorrente e non dipende da una scelta del gestore della rete, se non in parte trascurabile e solo per ragioni tecniche;
la precisa localizzazione del contatore di scambio, per quanto compete al gestore della rete, è infatti una decisione che avviene in base a ragioni esclusivamente tecniche e che è subordinata e condizionata in ogni caso all’ubicazione dell’impianto, scelta evidentemente imputabile alla società produttrice o ai suoi danti causa (come già affermato dalla Sezione, nel senso che, in linea di massima, “è l’ubicazione dell’impianto, rimessa alle libere determinazioni del produttore, a determinare le soluzioni tecniche per la connessione alla rete e non il contrario”;
v. le sentt. 7 gennaio 2019, n. 185, e 24 maggio 2017, n. 6206).

Si può dunque pacificamente presumere, in assenza di elementi di segno contrario, che se gli impianti condividono la localizzazione dei misuratori di scambio, ciò è imputabile a ragioni di connessione oggettiva tra gli impianti interessati, stante l’unicità dell’iniziativa contestata, e non dall’arbitrio del soggetto gestore.

Fuor di luogo appare poi il richiamo alla libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) e alla direttiva comunitaria (2009/28/CE) sulla promozione delle energie rinnovabili posto che i principi invocati non garantiscono ad ogni produttore l’accesso incondizionato agli incentivi pubblici, i quali costituendo una ricorsa limitata, vengono distribuiti secondo predeterminati criteri, che nel caso di specie, per le ragioni esposte, non danno titolo al beneficio richiesto.

2.8 Con l’ottavo motivo di doglianza si deduce la violazione dell’art. 42 Cost. e del D.lgs. 28/2011, come modificato dall’art. 1, comma 960, lett. a), della Legge di Bilancio 2018, (ove nega o limita il potere del GSE di disporre la decadenza degli incentivi in presenza di impianti in esercizio) o in subordine l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione ove ritenuta non applicabile alla presente fattispecie per violazione degli artt. 2, 3, 41 e 97 della Costituzione.

Anche tale censura è priva di pregio.

La disposizione invocata è successiva all’adozione del provvedimento di decadenza impugnato. Di conseguenza, in base al principio tempus regit actum , la legittimità del provvedimento amministrativo finale deve essere accertata con riferimento alla normativa vigente al momento della sua adozione, senza che possa essere fatto valere un contrasto con una disposizione di legge sopravvenuta, frutto di una diversa valutazione da parte del legislatore sull’assetto di interessi in gioco (cfr., in questo senso, Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 6060 del 2018, cit., secondo cui la disposizione de qua, “stante il suo univoco tenore letterale, è applicabile ratione temporis solo in relazione a provvedimenti emanati dal Gestore successivamente alla sua entrata in vigore - 1 gennaio 2018”).

Si osserva poi che la presente fattispecie fuoriesce dal campo di applicazione della disciplina invocata posto che non viene irrogata una sanzione caducatoria ad un impianto già ammesso al beneficio ma viene respinta una domanda sulla base della accertata mancanza dei requisiti normativi. Di conseguenza non vi è in radice la premessa per riconoscere la lamentata disparità di trattamento che comunque presuppone l’omogeneità delle situazioni comparate.

3. In conclusione i ricorsi, stante l’infondatezza delle doglianze presentate, vengono respinti.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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