TAR Milano, sez. III, sentenza 2021-06-30, n. 202101592

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2021-06-30, n. 202101592
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202101592
Data del deposito : 30 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/06/2021

N. 01592/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01579/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1579 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da
COMUNE DI SANNAZZARO DE' BURGONDI, in persona del Sindaco p.t.;
COMUNE DI FERRERA ERBOGNONE, in persona del legale rappresentante p.t.;
COMUNE DI GALLIAVOLA, in persona del Sindaco p.t.;
COMUNE DI MEZZANA BIGLI, in persona del Sindaco p.t.;
CONFAGRICOLTURA-SEDE PROVINCIALE DI PAVIA, in persona del legale rappresentante p.t.;
FEDERAZIONE COLDIRETTI PAVIA, in persona del legale rappresentante p.t.;
tutti rappresentati e difesi dall'avvocato P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Piazza Bertarelli, n. 1;

PROVINCIA DI PAVIA, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Roberto Denti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

REGIONE LOMBARDIA-DIREZIONE GENERALE AMBIENTE, ENERGIA E SVILUPPO SOSTENIBILE, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Viviana
Fidani e Piera Pujatti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Piazza Città di Lombardia, n. 1;

nei confronti

ACTA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris ed Enzo Robaldo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Milano, P. Mascagni, n. 24;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
SIMONE VERNI e CRISTIAN ROMANIELLO, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Carullo, Ilaria Battistini e Giuditta Carullo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Battistini in Milano, Via Montebello, n. 24;

quanto al ricorso introduttivo

per l'annullamento

del Decreto del Dirigente della Struttura della Giunta Regionale della Regione Lombardia n. 2258 del 17 marzo 2014, pubblicato sul

BURL

Serie Ordinaria n. 13 in data 26 marzo 2014, di espressione di pronuncia di compatibilità ambientale del "Progetto di una nuova discarica monodedicata per rifiuti contenenti amianto" in Comune di Ferrera Erbognone, presentato da Acta s.r.l., nonché di tutti gli altri provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali anche non notificati;

quanto ai motivi aggiunti,

per l’annullamento:

del Decreto del Dirigente dell’Unità Organizzativa della Regione Lombardia del 27 aprile 2015 n. 3291, pubblicato in BURL n. 18 del 30 aprile 2015;

di tutti i provvedimenti presupposti, connessi e conseguenti tra cui, in particolare:

- la deliberazione n. X/1990 della Giunta della Regione Lombardia del 20 giugno 2014 quanto all’art. 13 delle NTA del Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti;

- la deliberazione n. X/3487 del 24 aprile 2015 della Giunta della Regione Lombardia;

- la deliberazione n. X/2461 del 7 ottobre 2014 della Giunta della Regione Lombardia, punto 4 del deliberato.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lombardia e di Acta s.r.l.;

Visti gli atti di intervento ad adiuvandum del sig. S V e del sig. C R;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2021 il dott. S C C, tenutasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, convertito con legge n. 137 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del presente giudizio, i Comuni e le associazioni di categoria agricole indicati in epigrafe hanno impugnato il Decreto del Dirigente di Struttura della Giunta Regionale della Regione Lombardia n. 2258 del 17 marzo 2014 n. 2258/2014 con il quale è stato rilasciato parere positivo di compatibilità ambientale riguardante una nuova discarica monodedicata per rifiuti contenenti amianto, da realizzarsi nel territorio del Comune di Ferrera Erbognone al confine con il Comune di Sannazzaro de’ Burgundi.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, Regione Lombardia e la società Acta s.r.l., soggetto interessato alla realizzazione della suddetta opera.

Con motivi aggiunti depositati in data 23 luglio 2015, i ricorrenti hanno principalmente impugnato l’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata ad Acta s.r.l. ai fini della realizzazione della discarica.

Sono intervenuti ad adiuvandum i sigg. S V e C R (entrambi membri del Consiglio Regionale della Lombardia). La Sezione, con ordinanza n. 1133 dell’11 settembre 2015, ha respinto l’istanza cautelare. Con successiva ordinanza n. 2680 del 16 dicembre 2019, è stata disposta verificazione.

Nel corso del giudizio le parti costituite hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni.

La causa è stata trattenuta in decisione in esito all’udienza telematica del 27 aprile 2021.

Con il primo motivo del ricorso introduttivo e con il primo motivo dei motivi aggiunti, gli interessati evidenziano che l’autorizzazione alla realizzazione della discarica di cui si discute è stata rilasciata in assenza del Piano Regionale di Smaltimento, strumento che, in base alle previsioni contenute nell’art. 10 della legge n. 257 del 1992 e dell’art. 4 della legge regionale n. 17 del 2003, avrebbe dovuto dettare i criteri finalizzati alla localizzazione di siti idonei per lo smaltimento dell’amianto. Ciò, a dire dei ricorrenti, comporterebbe già di per sé l’illegittimità degli atti impugnati. Le parti deducono inoltre che – pur ammettendo che la realizzazione di nuove discariche per amianto sia comunque consentita anche in assenza di Piano Regionale di Smaltimento – l’Amministrazione avrebbe quantomeno dovuto sottoporre il progetto assentito a verifica di VAS, e ciò al fine di ovviare alla mancata sottoposizione a VAS del suddetto Piano mai approvato.

In proposito il Collegio osserva quanto segue.

Effettivamente, come rilevano i ricorrenti, l’art. 10, primo comma, della legge n. 257 del 1992 stabilisce che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano avrebbero dovuto adottare piani di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto, piani che, ai sensi del secondo comma, lett. d), del medesimo articolo, avrebbero dovuto provvedere alla individuazione dei siti di smaltimento.

Analoga disposizione è contenuta nell’art. 4, lett. f), punto 2-bis), della legge regionale n. 17 del 2003, il quale prevede che la Regione, in attuazione dei criteri stabiliti dal Piano Regionale Amianto Lombardia (PRAL) di cui al precedente art. 3, avrebbe dovuto approvare un piano regionale di smaltimento (PRS) il quale, a sua volta, avrebbe dovuto individuare le linee guida per la localizzazione di siti idonei per lo smaltimento dell'amianto.

La Regione Lombardia ha provveduto all’approvazione del PRAL che però, avendo assunto efficacia nell’anno 2005, è scaduto prima dell’adozione degli atti impugnati (l’art. 4, ultimo comma, della legge regionale n. 17 del 2003 stabilisce infatti che il PRAL ha durata quinquennale). Il PRS non è invece mai stato approvato.

Occorre dunque stabilire se, come sostengono i ricorrenti, l’assenza di atti di pianificazione che individuino i siti ove collocare le discariche per lo smaltimento dell’amianto (o che dettino perlomeno i criteri per procedere all’individuazione) comporti l’impossibilità di rilascio di autorizzazioni all’apertura di tali discariche.

Ritiene il Collegio che, in mancanza di un esplicito divieto ed in mancanza di specifiche previsioni riguardanti misure sanzionatorie o sostitutive che assicurino l’effettivo rispetto dell’obbligo di emanazione dei suddetti piani, al quesito debba essere data risposta negativa, nel senso che la mancata approvazione del piano non preclude l’apertura di nuove discariche.

Va difatti osservato che l’attività di smaltimento dell’amianto è strettamente correlata a valori costituzionalmente garantiti, primo fra tutti il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., posto che, come noto, la dispersione delle fibre contenute in tale materiale provoca seri danni alla salute umana e che solo la sua rimozione dalle strutture esistenti e la sua collocazione in siti sicuri permette di ovviare ai pericoli insiti nella sua presenza nell’ambiente. Ne consegue che vietare l’apertura di nuove discariche in attesa dell’approvazione del PRS avrebbe come conseguenza quella di ostacolare un’attività connessa ad interessi di primaria importanza, tanto più che, come detto, le norme che impongono l’approvazione del PRS non prevedono misure sanzionatorie o sostitutive funzionali a rendere l’obbligo effettivamente cogente e che, quindi, se si ritenesse che la mancata approvazione del piano sia preclusiva all’emissione di nuove autorizzazioni, si rischierebbe di ostacolare a tempo indefinito l’attività di smaltimento dell’amianto con grave pregiudizio per il diritto alla salute.

Del resto già in passato la giurisprudenza ha ritenuto che la mancata approvazione di piani previsti dalla legge non possa comportare, in assenza di espliciti divieti, la preclusione di attività connesse a diritti costituzionalmente garantiti. Si può citare ad esempio l’orientamento formatosi in materia di piani di commercio di cui agli artt. 11 e 12 dell’abrogata legge n. 426 del 1971, secondo il quale, la mancata approvazione di tali piani da parte dei comuni non avrebbe potuto precludere il rilascio delle autorizzazioni all’apertura di nuovi esercizi commerciali, attività questa correlata alla libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41, primo comma, Cost. (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 28 febbraio 1995, n. 296;
id., 13 febbraio 1993, n. 246;
T.A.R. Puglia Bari, 7 giugno 1999, n. 389)

Stabilito quindi che la mancanza di PRS non può di per sé precludere il rilascio di autorizzazioni all’apertura di nuove discariche per lo smaltimento dell’amianto, occorre verificare se, come sostengono i ricorrenti, tali autorizzazioni debbano essere sottoposte a verifica di VAS.

A questo proposito si osserva che, come noto, la valutazione ambientale strategica (VAS), di cui alla direttiva comunitaria n. 2001/42/CE, costituisce uno strumento per l'integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell'elaborazione e nell'adozione di taluni piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente. Tale risultato è ottenuto attraverso la previsione di una apposita procedura che garantisce che gli effetti dell'attuazione di tali piani e programmi siano presi in considerazione già durante la fase della loro elaborazione e, comunque, prima della loro adozione.

La VAS consiste dunque in una procedura che deve essere condotta a livello di piani e programmi, e non già a livello di provvedimenti autorizzativi di singoli progetti quali possono essere quelli predisposti per l’autorizzazione all’apertura di nuove discariche.

I ricorrenti sostengono tuttavia che, nel caso concreto, si sarebbe dovuto procedere a verifica di VAS in modo da ovviare alla mancata effettuazione della VAS riguardante il PRS, come detto mai approvato.

Ritiene il Collegio che questa argomentazione non possa essere condivisa.

Va difatti osservato che, come noto, con riferimento alle esigenze di compatibilità ambientale di singoli progetti, è già prevista la diversa apposita procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) di cui alla direttiva comunitaria n. 2011/92/UE (che ha sostituito la direttiva n. 85/337/CEE) la quale, analogamente alla VAS, ha come finalità quella subordinare l'autorizzazione dei progetti che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente alla valutazione delle loro probabili ripercussioni sull'ambiente stesso.

Pur avendo in sostanza le due procedure la medesima funzione, la ragione per cui, successivamente alla VIA, è stata introdotta anche la VAS risiede nell’esigenza di assicurare che le considerazioni di carattere ambientale siano svolte già a livello di piani e programmi, in modo da consentire valutazioni di insieme condotte su vasta scala riguardanti l’interazione dei possibili impatti provocati sull’ambiente dalla pluralità degli interventi programmati, e non limitate all’impatto provocato dalla realizzazione della singola opera (cfr. T.A.R. Marche, sez. I, 6 marzo 2014, n.291).

La giurisprudenza, sulla scorta dell’art. 6, comma 12, del d.lgs. n. 152 del 2006 (il quale stabilisce che le varianti localizzative effettuate mediante l’approvazione di singoli progetti non necessitano di VAS) ha stabilito che, in talune particolari ipotesi, la procedura di VAS debba essere attivata anche con riguardo a procedimenti che hanno ad oggetto l’autorizzazione di un singolo intervento;
ma tali ipotesi ricorrono quando il singolo intervento non sia conforme alle previsioni di un piano o programma già approvato e sottoposto a VAS, e sia perciò necessario valutare l’incidenza del suo impatto nel contesto già programmato, considerando l’interazione dei suoi effetti sull’ambiente con gli effetti propri degli altri interventi già previsti nel medesimo piano o programma (in questo senso Consiglio di Stato, sez. V, 13 gennaio 2015, n. 263 richiamata da parte ricorrente, riguardante il caso di un progetto in variante ad un piano cave già sottoposto a VAS).

L’effettuazione della VAS relativamente ad un singolo progetto ha dunque senso solo in presenza di piani e programmi (di cui il progetto stesso costituisca variante non meramente localizzativa) in cui sia prevista la realizzazione di una pluralità di interventi, onde permettere la sopra illustrata valutazione di insieme.

In assenza di questi piani o programmi la sottoposizione di un singolo progetto a VAS, oltre che a VIA, non avrebbe invece alcun senso e comporterebbe una inutile duplicazione di procedure aventi in sostanza la medesima funzione.

Si deve dunque ritenere che, nel caso concreto, poiché il progetto di cui è causa non ha comportato alcuna variante a piani o progetti già sottoposti a VAS, non si dovesse procedere a verifica di VAS.

Va quindi ribadita l’infondatezza della censura.

Con il secondo motivo del ricorso introduttivo e con il secondo motivo dei motivi aggiunti, viene dedotta la violazione dell’art. 22 del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché dell’allegato VII di tale d.lgs. (richiamato dal citato art. 22), per non aver, dapprima, il SIA e, successivamente, l’Amministrazione nel proprio parere effettuato la valutazione delle soluzioni localizzative alternative compresa quella relativa alla cd. “opzione zero”.

Ritiene il Collegio che anche questa censura sia infondata per le ragioni di seguito esposte.

Stabilisce l’art. 22, terzo comma, lett. d), del d.lgs. n. 152 del 2006 che lo studio di impatto ambientale (SIA), e cioè il documento contenete le valutazioni ambientali che deve essere redatto dal soggetto proponente e che deve essere allegato al progetto dell’opera da sottoporre a VIA, deve fra l’altro contenere una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente stesso, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali.

La giurisprudenza ha osservato che questa prescrizione risponde alla finalità di assicurare che la valutazione d'impatto ambientale non si risolva in una generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma in una complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa cd. opzione zero, il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita. Tale analisi si rende dunque necessaria per evitare che l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa posto che, data la rilevanza del valore ambiente (tutelato dall’art. 9 Cost.), al ricorrere di questa evenienza, l’intervento deve essere senz’altro precluso dovendosi evitare fin dall’inizio inquinamenti ed altre perturbazioni non giustificate da apprezzabili interessi (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 8 marzo 2021, n. 1902;
id., sez. IV, 24 marzo 2016, n. 1225;
id., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246).

Ciò premesso si deve però osservare che, contrariamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, il SIA redatto dalla controinteressata ed il provvedimento impugnato hanno effettuato una analisi approfondita riguardo alle alternative localizzative possibili, concludendo per l’opportunità di assentire la soluzione allocativa proposta nel progetto sottoposto a verifica.

Si deve invero rilevare che, nell’allegato A al provvedimento impugnato, sono indicati i criteri, individuati dal proponente e condivisi dall’Amministrazione, utilizzati per la localizzazione della discarica. Si precisa, in particolare, in tale documento che, considerata la volontà di procedere in sinergia con il Consorzio Lomellino Incenerimento Rifiuti (C.L.l.R. s.p.a.) di Mortara, sono stati esclusi dal campo di ricerca i siti collocati in comuni della Provincia di Pavia non associati al suddetto Consorzio, e che, all’interno di tale perimetro, sono stati presi in considerazioni anche altri siti i quali tuttavia sono stati ritenuti inidonei in ragione di una pluralità di elementi (sussistenza di fattori "escludenti" assoluti come definiti dal P.P.G.R.;
ridotta soggiacenza della falda o presenza di falda affiorante;
ridotta distanza da centri abitati ecc…). Per quanto concerne poi l’opzione zero, il SIA ha messo ben in risalto i numerosi elementi che depongono per la realizzazione della discarica e i rilevanti interessi che verrebbero invece sacrificati in caso di sua mancata realizzazione, evidenziando, fra l’altro, che l’opera contribuirebbe in maniera determinante all’abbattimento dei costi di smaltimento dell’amianto, incentivando così la sostituzione delle numerose coperture alterate presenti nel territorio.

Si deve pertanto ribadire che, nel caso concreto, le analisi riguardanti le alternative localizzative (compresa l’alternativa zero) sono state adeguatamente condotte. Ne consegue che, come anticipato, la censura in esame non può essere accolta.

Con il terzo motivo del ricorso introduttivo e con il terzo motivo dei motivi aggiunti, viene dedotta una pluralità di censure. Rilevano innanzitutto gli interessati che l’avviso pubblicato sul quotidiano “Il Giorno” in data 7 giugno 2011 non possiederebbe i requisiti previsti dagli artt. 5, comma 2, e 7, commi 2 e 4, della direttiva 2011/92/UE nonché dell’art. 24, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152 del 2006.

Ritiene il Collegio che la censura non possa essere condivisa in quanto i ricorrenti, oltre ad aver fatto riferimento a norme non pertinenti (gli elementi da portare a conoscenza preventiva del pubblico sono in realtà indicati dall’art. 6, par. 2, della direttiva 2011/92/UE), sono stati del tutto generici non avendo essi precisato quali siano specificamente le informazioni non fornite.

Con altra censura, gli interessati sostengono che l’Amministrazione avrebbe dovuto provvedere alla ripubblicazione dell’avviso a seguito delle modifiche progettuali effettuate nel corso del procedimento.

Anche questa censura non può essere condivisa in quanto le modifiche progettuali effettuate in corso di procedimento hanno avuto principalmente ad oggetto l’innalzamento del piano di fondo della discarica;
si tratta pertanto di varianti che non hanno determinato alcun impatto sull’ambiente e che, soprattutto, non hanno modificato gli elementi che caratterizzano l’opera e che consentono al pubblico di percepirne qualità e consistenza. Non era perciò necessaria alcuna ripubblicazione.

Con una terza censura, i ricorrenti sostengono che i provvedimenti impugnati sarebbero affetti dal vizio di difetto motivazionale, per non aver l’Amministrazione indicato le ragioni per le quali si è ritenuto di poter superare le osservazioni depositate nel corso del procedimento.

Infine con altra censura sempre contenuta nei medesimi motivi, gli interessati sostengono che il SIA non si sarebbe fatto carico di alcune specifiche problematiche considerate decisive, ed in particolare: la presenza in prossimità della discarica di imprese a rischio di incidente rilevante;
la presenza di un notevole flusso veicolare;
la presenza di una bonifica in corso di svolgimento;
il pericolo dovuto alla possibilità di dispersione dell’amianto.

In proposito si osserva innanzitutto che, a parere del Collegio, in tema di valutazione di impatto ambientale, il principio di tendenziale completezza dell'istruttoria, che permea il modello di procedimento disegnato in generale dalla legge n. 241 del 1990 e, nello specifico, dall'art. 20, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006, non va inteso in senso formalistico e non richiede dunque l'espresso riscontro ad ogni eventuale osservazione, essendo sufficiente che la motivazione permetta sostanzialmente di far comprendere le ragioni che hanno permesso di superare i rilievi mossi con gli interventi procedimentali, ben potendosi implicitamente dar risposta a questi ultimi nel contesto della motivazione stessa, in particolare ove sia in essa contenuto il riferimento a risultanze documentate e a pareri autorevoli che valgano a giustificare il diverso avviso (cfr. sul punto T.A.R. Abruzzo, sez. I, 18 febbraio 2013, n.158).

Ciò premesso, va osservato che nell’allegato al provvedimento VIA si dà atto che le osservazioni pervenute hanno avuto ad oggetto le problematiche riguardanti: la soggiacenza della falda nell'area di progetto;
la prossimità dell’opera con industrie a rischio di incidente rilevante (Raffineria ENI) e con il S.I.C. "Garzaia di Gallia";
il traffico indotto dall’opera e la criticità della viabilità esistente;
la vicinanza con abitazioni.

Ritiene il Collegio che, dalla lettura del suddetto allegato e dagli atti dell’istruttoria, sia possibile comprendere il ragionamento seguito dall’Autorità amministrativa per ritenere superate le criticità evidenziate dalle osservazioni: ad esempio, per quanto riguarda il problema della soggiacenza della falda, si è già accennato che, una volta emerso il problema nel corso dell’istruttoria, la controinteressata ha proposto una modifica del progetto originario che prevede l’innalzamento del piano di fondo della discarica. Per quanto riguarda poi il problema riguardante la localizzazione si è già detto che, nel provvedimento VIA e nel SIA, sono stati ben indicati i criteri seguiti per individuare il sito in cui collocare l’opera e le ragioni per le quali si è ritenuto di escludere la possibilità di realizzarla in altro luogo. Il provvedimento si è peraltro fatto carico di valutare anche gli aspetti viabilistici, imponendo a tal fine apposite prescrizioni (punto n. III del par.

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