TAR Catania, sez. III, sentenza 2013-10-17, n. 201302487
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N. 02487/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03289/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3289 del 2012, proposto da:
Mondo Mostre S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. R S R, M B M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ignazio Scuderi in Catania, via V. Giuffrida, 37;
contro
Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana;, Ass.To Beni Culturali e eell'Identità Siciliana-Serv. Soprintendenza per I Beni Culturali ed Ambientali di Messina, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t.,rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata ria per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti di
Syremont S.p.A., in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento con Prismi Editrice, Il Cigno . e Politecnica s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avv. Valentino Vulpetti, Valentina Lipari e Vito Bellia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vito Bellia in Catania, via Musumeci, 171;
per l'annullamento
- del verbale del 13 dicembre 2012 delle operazioni relative alla gara per l'affidamento del servizio di adeguamento tecnologico e allestimento di strutture pubbliche esistenti finalizzati alla conservazione ed esposizione di contenuti artistici e culturali contemporanei e nella organizzazione di una rassegna Eolie Tappe di viaggio con artisti di fama internazionale, in Lipari, Filicudi, Tindari, nella parte in cui la società ricorrente è stata esclusa dalla procedura di gara e nella parte in cui alla gara è stata ammessa a partecipare l'ATI controinteressata;
- della nota prot. n. 9360 del 18 dicembre 2012;
- di qualsivoglia provvedimento di aggiudicazione nelle more intervenuto e del quale, allo stato, la ricorrente non ha compiuta conoscenza;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e delle società contro interessate in proprio ed in costituenda ATI.
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2013 la dott.ssa Gabriella Guzzardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente, che ha partecipato ala gara indetta dall’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana per l’affidamento del servizio di adeguamento tecnologico e allestimento di strutture pubbliche esistenti finalizzati alla conservazione ed esposizione di contenuti artistici e culturali contemporanei e nella organizzazione di una rassegna Eolie- Tappe di viaggio con artisti di fama internazionale in Lipari, Filicudi e Tindari, impugna la propria esclusione adottata dalla commissione di gara nella seduta del 13 dicembre 2012 e comunicatale con nota n. 9360 del 18/12/2012.
A sostegno del ricorso deduce le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 46 del D. L.vo 163/2006. Violazione dell’art. 3 della L. n. 241/90 e dell’art. 3 L. Reg. n. 10/91- Eccesso di potere per motivazione insufficiente ed illogica - Eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa e per carenza di istruttoria.
La società ricorrente contesta la legittimità della propria esclusione operata dalla stazione appaltante sull’assunto che il socio al 50% T R, privo di poteri di amministrazione e di rappresentanza , non ha reso la dichiarazione ex art. 38 D. L.vo 163/2006, ignorando le osservazioni presentate dal ricorrente, corroborate da prodotta giurisprudenza in base alla quale due soci quotisti al 50% non potrebbero essere considerati entrambi soci di maggioranza.
2) e 3) Violazione degli artt. 37, 41, 42 e 46 del D. L.vo 163/2006. Violazione del bando di gara (punti III.2.21 e II.1.1.) - Eccesso di potere per arbitrio e illogicità. Violazione dell’art. 75 del D. L.vo 163/2006- Violazione del bando (punti II.2.1.2. e III.1.1)- Eccesso di potere per arbitrio ed irragionevolezza.
Si impugna altresì l’ammissione alla gara del raggruppamento controinteressato (unico concorrente ammesso), malgrado l’asserita assenza dei requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico professionale previsti dal bando in capo alle società mandanti del raggruppamento autoqualificatasi di tipo orizzontale. La contestata ammissione sarebbe stata disposta dalla Commissione di gara sull’assunto che il raggruppamento fosse di tipo verticale e non orizzontale. Sotto altro profilo il raggruppamento controinteressato avrebbe prodotto una cauzione provvisoria insufficiente perché non commisurata all’importo complessivo dell’appalto, comprensivo degli oneri della sicurezza.
In via subordinata la società ricorrente impugna altresì il bando di gara del quale deduce la nullità sulla scorta della seguente ulteriore censura:
4) Violazione dell’art. 2 L.Reg. n. 15/2008. Nullità del bando e degli atti ad esso consequenziali ex art. 21 septies L. n.241/90.
La dedotta nullità del bando si fonderebbe sulla circostanza che nel bando non è previsto l’obbligo per l’aggiudicatario di indicare un numero di conto corrente unico sul quale gli enti appaltanti faranno confluire le somme relative all’appalto, né la comminatoria della risoluzione del contratto nell’ipotesi in cui il legale rappresentante o uno dei dirigenti dell’impresa aggiudicataria siano rinviati a giudizio per favoreggiamento nell’ambito di procedimenti relativi a reati di criminalità organizzata. La mancanza di tali indicazioni comporterebbe la nullità del bando come espressamente sancito dall’art. 2 della L. Reg. n. 15/08, nullità che si assume rilevabile d’ufficio senza prescrizioni decadenziali.
L’assessorato intimato costituito in giudizio con memoria depositata in data 12 gennaio 2013 ha eccepito la infondatezza del ricorso sia con riferimento alle censure addotte avverso l’esclusione della ricorrente, che con riferimento a quelle addotte avverso l’ammissione del raggruppamento controinteressato, sostenendo, sotto il primo profilo che i soci al 50% devono essere qualificati di fatto come soci di maggioranza in quanto ciascuno contribuisce pariteticamente all’espletamento dei poteri gestionali;sotto il secondo profilo che la qualificazione dell’ATI controinteressata quale associazione verticale sarebbe scaturita dal rilievo che le singole partecipanti possedevano idoneità professionali differenti e che la cauzione provvisoria presentata copre l’1% dell’importo a base d’asta compresi i costi per la sicurezza.
L’ATI controinteressata, pure costituita in giudizio, con memoria depositata in data 14 gennaio 2013 ha proposto le medesime eccezioni spiegate dalla difesa erariale con riferimento alle censure proposte dalla ricorrente avverso la propria esclusione ed ha eccepito altresì la inammissibilità delle censure afferenti la propria asserita illegittima ammissione alla gara de qua in quanto generiche, non contenendo specifiche indicazioni in ordine alla dedotta carenza di requisiti di capacità economica finanziaria. Precisa ancora di avere costituito un’ATI orizzontale con le due mandanti avendo specificato in seno alla promessa di ATI le quote di partecipazione di ciascuna impresa che avrebbe svolto le proprie prestazione in ragione delle citate quote. Con riferimento alla cauzione prestata ne protesta la congruenza rispetto alle previsioni del bando avendola prestata nella misura di Euro 19.167,00 pari all’1% dell’importo a base d’asta compresi i costi per la sicurezza.
Eccepisce infine la inammissibilità delle censure proposte avverso il bando di gara non avendo parte ricorrente fornito prova della concreta lesività dei propri interessi scaturenti dalla dedotta omessa prescrizione di indicazione del numero di conto corrente unico. Comunque eccepisce la infondatezza della censura in quanto il bando prevede l’obbligo per il concorrente di presentare la dichiarazione ai sensi del protocollo di legalità stipulato il 12/07/2005, la sottoscrizione del quale comporta l’introduzione nella normativa di gara di clausole di autotutela in materia di contrasto alla criminalità organizzata. Con memoria depositata in data 21 settembre 2013 ribadisce le eccezioni di infondatezza e di inammissibilità formulate avverso tutte le censure su cui si fonda il ricorso.
Alla Pubblica Udienza del giorno 9 ottobre 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il Collegio procede all’esame della prima censura posta a sostegno del ricorso introduttivo, con la quale parte ricorrente deduce la illegittimità della propria esclusione determinata dalla omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 38 del codice degli appalti da parte di uno dei due soci al 50% della società Mondo Mostre s.r.l.., sostenendo di avere adempiuto a tale obbligo avendo reso tale dichiarazione uno dei due soci detentore dei poteri di rappresentanza.
Al fine di definire la questione occorre partire dal dato normativo contenuto nell’art. 38 del D. L.vo 163/2006, a tenore del quale ove partecipante alla gara sia una società di capitali con meno di quattro soci, in caso di omessa dichiarazione ex art 38, l’esclusione opera qualora il socio di maggioranza non renda la necessaria dichiarazione.
L’interpretazione logica e sistematica della norma richiamata porta a ritenere la necessarietà della dichiarazione ex art. 38 nel caso in cui i soci siano meno di quattro in quanto nell’ambito ristretto di tale numero, il socio di maggioranza (a prescindere dalle funzioni societarie rivestite) può efficacemente assumere poteri di direzione e comunque di influenza strategica sulle scelte e sulla gestione della società per cui è necessario che dichiari la insussistenza delle condizioni ostative delineate nei vari punti dell’art. 38 citato.
Lo stesso obbligo, ovviamente, non sussiste nei confronti dei soci delle società con un numero di soci superiore a quattro poiché in esse il pericolo di interferenza nella gestione è alquanto relativo in quanto “spalmato”, per così dire, su un maggiore numero di soci (nessuno dei quali ha presumibilmente - i numeri, in termini di partecipazione societaria, per determinare le scelte operative e gestionali della società), a garanzia delle cui posizioni vigila comunque il legale rappresentante della società con poteri di rappresentanza, obbligato per legge a rendere le dichiarazioni de quibus .
Diversa è la situazione delle società con due soci al 50%. In esse entrambi i soci hanno di fatto, in ragione della uguale rilevanza societaria, la possibilità di esercitare un determinante potere di direzione e di influenza nelle scelte societarie, ed è quindi necessario appurare che nessuno dei due soci versi in una delle ipotesi di cui all’art. 38 cod. contratti, al fine, di escludere possibili, concrete, interferenze malavitose nella gestione della società.
Ricostruita così la ratio della norma, legittimamente la stazione appaltante ha escluso la società ricorrente per non avere, entrambi i soci al 50% reso le prescritte dichiarazioni, a nulla rilevando gli argomenti addotti in sede di gara dalla stessa società, non avendo la stazione appaltante l’obbligo di aprire un sub procedimento istruttorio per verificare la sussistenza o meno dei requisiti richiesti in capo a ciascun socio, posto che l’esclusione della società della ricorrente scaturisce dall’applicazione di norme cogenti al di fuori di ogni spazio di discrezionalità.
La rilevata infondatezza della censura esaminata proposta da parte ricorrente avverso la propria esclusione, determina la sopravvenuta carenza di interesse in capo alla stessa con riferimento alle altre censure proposte avverso l’ammissione alla gara della controiteressata aggiudicataria.
A questo punto il Collegio, per completezza di esame, affronta il delicato e controverso problema sollevato, in via subordinata, con la quarta ed ultima censura del ricorso (sorretta da un evidente interesse strumentale all’intera caducazione della gara), con la quale si deduce la nullità del bando (e degli atti consequenziali adottati dalla stazione appaltante) laddove non contiene le previsioni di cui all’art. 2 della L. Reg. n. 15del 2008, ai sensi del quale, per gli appalti di importo superiore a 100.000 Euro, i bandi di gara devono prevedere, a pena di nullità, l’obbligo per gli aggiudicatari di indicare il numero di conto corrente unico sul quale gli enti appaltanti fanno confluire tutte le somme relative all’appalto.
L’argomento è stato fatto oggetto di diversi contrastanti arresti giurisprudenziali, uno dei quali, portato dalla sentenza del C.G.A. n. 721 del 27/7/2012 è stato richiamato nell’ordinanza n. 24/2013 resa in questo giudizio.
Ritiene però il Collegio di rivedere la propria posizione, a seguito di ponderata valutazione dell’argomento, in relazione al fatto che la materia della tracciabilità dei flussi finanziari collegati agli appoalti pubblici resta assorbita nella materia “dell’ordine pubblico e della sicurezza”, materia che l’art. 117 della Costituzione, nella nuova formulazione, ha ritenuto espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato, come del resto esplicitamente confermato dalla Corte Costituzionale con sent. n. 35/2012 e, negli stessi termini dal Tar Palermo, con sez. II, sent. n. 725 del 26/03/2013 (lo stesso C,G.A., del resto, con provvedimento n. 560 del 17 giugno 2013, melius res perpensa, ha ritenuto di rimettere la questione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato).
Nell’ambito di tale competenza esclusiva statale è intervenuta legge n. 136/2010 (successiva alla legge reg. n. 15/2008, che si assume violata e che richiamata nel bando qui all’esame), che:
- all’art. 3, c.1 prescrive per gli aggiudicatari di gare pubbliche l’obbligo di utilizzare il conto corrente unico al fine di assicurare la “tracciabilità dei flussi finanziari finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali”;
- al comma 8 dello steso articolo, testualmente prescrive: “La stazione appaltante, nei contratti sottoscritti con gli appaltatori relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui al comma 1, inserisce, a pena di nullita' assoluta, un'apposita clausola con la quale essi assumono gli obblighi di tracciabilita' dei flussi finanziari di cui alla presente legge”.
In tal modo, la normativa nazionale appena richiamata, sposta in avanti l’obbligo di indicare il numero del conto corrente unico sul quale fare confluire i flussi finanziari attinenti il relativo appalto, dal momento della formulazione del bando (come previsto nella norma regionale) al momento della stipula del contratto, successivamente all’aggiudicazione, contratto che resterebbe affetto da nullità assoluta ove la clausola non fosse in esso contenuta.
Nel delineato quadro normativo di competenza esclusiva dello Stato, si rileva pertanto che non permane un margine di accesso alla normativa delle regioni, anche a statuto speciale, che possa disciplinare diversamente la tracciabilità dei flussi finanziari, a nulla rilevando la competenza esclusiva che le stesse possiedono in materia di “appalti pubblici”, diversa da quella cui afferisce la normativa sopra richiamata .
Sotto il profilo sostanziale rileva del resto il Collegio che la finalità perseguita dal legislatore siciliano con la L. n. 15/2008, art. 2, è efficacemente perseguita dalla successiva norma statale portata dalla L. n. 136/2010 (alle cui disposizioni il bando della gara de qua si richiama) che commina la nullità del contratto stipulato dalla stazione appaltante con l’aggiudicataria della gara, ove in esso non fosse prevista la indicazione del numero di conto corrente unico bancario sul quale fare confluire i flussi finanziari a garanzia della tracciabilità, considerato questo valido deterrente alle infiltrazioni mafiose, in un settore economico, quale quello degli appalti pubblici, di particolare appetibilità dato il rilevante flusso finanziario che in esso si realizza.
La fattispecie per cui è causa quindi è da ritenersi regolata dalla normativa nazionale e la censura all’esame va rigettata.
La rilevata infondatezza delle censure esaminate, determina il rigetto del ricorso introduttivo.
Le spese del giudizio, date le incertezze interpretative sorte sulle disposizioni normative di cui si è fatta applicazione, possono andare integralmente compensate tra le parti.