TAR Bari, sez. II, sentenza 2010-11-11, n. 201003902

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2010-11-11, n. 201003902
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201003902
Data del deposito : 11 novembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01016/2008 REG.RIC.

N. 03902/2010 REG.SN.

N. 01016/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SNTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1016 del 2008, proposto da:
S M, F M, P M, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giovanni S e R D M D M, con domicilio eletto presso Giovanni S in Bari, p.zza Eroi del Mare, 5;

contro

Comune di Giovinazzo, rappresentato e difeso dall'avv. R C, con domicilio eletto presso R C in Bari, via P. Fiore, 14;

per l'annullamento

1) dell’ordinanza n. 34 del 24 aprile a firma del responsabile del Settore Urbanistica ed Ambiente del Comune di Giovinazzo, arch. V T, con cui si ingiungeva nei confronti dei ricorrenti la demolizione dei manufatti, realizzati abusivamente, indicati in verbale di sopralluogo prot. 85 del 2.01.2007, ubicati in Giovinazzo alla Via Crocifisso n. 60 e censiti in NCEU al foglio 2 pt. 43,1368 e 1369;

2) di ogni altro atto e provvedimento prodromico, conseguenziale e connesso, benchè non conosciuto;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Giovinazzo in Persona del Sindaco P.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2010 il dott. A U e uditi per le parti i difensori avv. M.M.Carbonara, su delega dell'avv. G.S e l'avv. R.Chieffi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) Con ricorso notificato il 18.7.2008, Magrelli Stefano, Magreffi Fabio e Magrelli Paola hanno impugnato, chiedendone l’annullamento, l’ingiunzione da parte del Comune di Giovinazzo (n. 34 del 24.4.2008) a demolire manufatti abusivi in via Crocifisso n. 60 del predetto Comune.

Ai ricorrenti, proprietari delle opere da abbattere, viene contestata:

a) la demolizione e ricostruzione, effettuata però modificandone la sagoma e la volumetria, dei capannoni oggetto della concessione in sanatoria 12.10.2001, della concessione edilizia 6.3.2003 e della denuncia di inizio attività edilizia del 13.5.2005 per lavori in variante;

b) la costruzione abusiva di un edificio ad uso deposito;

e) l’installazione di recinzioni con modalità difformi dai titoli abilitativi. Questi i motivi dell’ordinanza:

- i lavori sono sprovvisti della necessaria autorizzazione paesaggistica e del permesso comunale;

- le opere, per una parte, insistono su aree di rispetto cimiteriale e, per il resto, ricadono in zona tipizzata VPU, e sono state avviate senza che il Consiglio comunale si fosse pronunciato sulla loro possibilità nonostante la diversa destinazione di zona delle aree interessate dall’attività edilizia a cura dei ricorrenti.



2 - Il ricorso è infondato.

2.1. - La demolizione e ricostruzione dei due capannoni, avendo determinato l’aumento della volumetria complessiva e la modificazione della sagoma degli edifici preesistenti, non può ricondursi all’attività di ristrutturazione edilizia che, definita dall’art. 3 comma i lettera d) del T.U. 6 giugno 2001 11. 380, deve consistere in “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente” a seguito anche della demolizione e ricostruzione dell’edificio conservando, però, in quest’ultima ipotesi — ha precisato la nonna anzidetta — “la stessa volumetria e sagoma” dell’immobile demolito”.

E, secondo l’avviso costante della giurisprudenza, allorquando la ristrutturazione sia preceduta dalla demolizione dell’esistente, non si può prescindere dal rispetto, nella successiva ricostruzione del manufatto, sia della volumetria, sia della sagoma del precedente fabbricato, osservandosi che, in caso contrario, la distinzione fra ristrutturazione e costruzione nuova svanirebbe di fatto, potendosi altrimenti definire ristrutturazione qualsiasi immobile nuovo sorto là dove preesisteva qualunque altro corpo di fabbrica dallo stesso volume (tra le altre, C.d.S. sez. IV 22 marzo 2007 n.1388 e 16 marzo 2007 n.1276, nonché C.d.S. sez. V 19 febbraio 2007 11. 827).

Pertanto, ancorchè nella specie l’inserimento di nuovi volumi e le modifiche della sagoma possano essere dipesi (come riferiscono i ricorrenti) dalla “esigenza tecnica edilizia rappresentata negli atti progettuali e rispondente alle necessità connesse all’ingente consistenza degli interventi di recupero strutturale previsti nei progetti assentiti”, nondimeno le opere in parola ricadono sotto la disciplina del successivo art. 10 del T.U. 380/2001, secondo cui, ove il risultato finale dell’attività dernolitoria-costruttiva non coincida, per volumetria o sagoma, con il manufatto preesistente, l’intervento deve essere qualificato come “nuova costruzione” e necessita del permesso di costruire.

Perciò, l’Autorità comunale, doverosamente, ha qualificato come abusiva l’attività di ricostruzione effettuata senza riproporre la medesima volumetria e sagoma degli edifici abbattuti, ed altresì correttamente, stante la “novità” dei manufatti, ha osservato che l’iniziativa edilizia dei ricorrenti non è stata rispettosa delle indicazioni delle nta di piano e dei vincoli cimiteriale e paesaggistico in vigore al tempo della riedificazione dei capannoni.

2.2 - Altrettanto doveroso risulta l’ordine di demolizione del fabbricato che, all’insaputa dell’autorità competente, è stato costruito per essere impiegato come deposito.

I lavori contestati sono così descritti: “realizzazione di edificio ad uso deposito, costituito da mura perimetrali di tufi e copertura in lamiera grecata”.

I ricorrenti non negano di aver operato in assenza di titolo edilizio e/o di denuncia di inizio attività, ma dichiarano, a difesa della loro attività, che “il manufatto in questione per la sua natura ... e per la sua modesta consistenza, è destinato esclusivamente alle esigenze di cantiere, per il ricovero di attrezzature e materiali e come tale sarebbe stato certamente rimosso una volta terminati i lavori”.

Si tratta tuttavia di deduzioni prive di pregio.

Le opere murarie da abbattere insistono su di un suolo ricadente in zona assoggettata a vincolo paesaggistico ex art. 142 del d.l.vo n. 42/2004 e, ai sensi del successivo art. 146, l’esecuzione di opere e lavori su aree di interesse paesaggistico è subordinata alla previa autorizzazione dall’amministrazione al fine di verificare la compatibilità con le esigenze di tutela.

Pertanto, poiché ai sensi della normativa su citata, è irrilevante la natura delle opere da intraprendere, essendosi prescritto che deve essere previamente autorizzato dall’amministrazione qualsiasi intervento, tanto stabile, che precario, sia esso per un tempo determinato o meno, quando sia progettato su aree tutelate dalla legge a termini del su citato art. 142, il fatto che la struttura in questione insista all’interno di un territorio d’interesse paesaggistico, “per quanto temporanea” abbia ad essere la presenza di detto manufatto, esclude in radice ogni ipotesi di realizzazione (installazione, che sia) in difetto di titoli validi (cfr., da ultimo sul punto specifico, Tar Campania, sezione sesta, n. 16268 del 17 dicembre 2007), e tale circostanza, puntualmente rilevata dall’Amministrazione, costituisce fondato motivo dell’opposta ingiunzione.

2.3 — In merito, poi, all’ordine di demolizione delle recinzioni perché non autorizzate, si ricorda che è in atti copia della nota 2.1.2007 con la quale il Capo Servizio Ambiente del Comune di Giovinazzo riferisce che il 12.12.2006, a seguito di apposito sopralluogo, era stata accertata, tra l’altro, la “realizzazione della recinzioni delle particelle 1368 e 1369 in difformità rispetto alla concessione edilizia n. 14/03, rilasciata in data 6.3.2006, e alla comunicazione di remissione in pristino del 19.12.2005 riferita al demolito muro a secco ed oggetto della precedente ordinanza di sospensione lavori n. 95 del 16.9.2005”.

Pertanto, alla stregua di quanto precede, anche sul punto l’impugnata diffida a demolire risulta legittima essendo espressione di un’attività vincolata a fronte della quale non è invocabile il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione denunciato dai ricorrenti, circa le ragioni della ritenuta non conformità agli atti abilitativi, nonostante la loro comunicazione al Comune in data 7.2.2006 cui fece seguito l’autorizzazione a riprendere i lavori, nel frattempo sospesi, rilasciata il 14.2.2006 dal Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Giovinazzo.

In vero, costituisce jus receptum che “l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione ulteriore rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi” (T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 12 ottobre 2006, n. 824), con la conseguenza che l’ingiunzione a demolire è sufficientemente motivata con l’accertamento dell’abuso, essendo “ in re ipsa ” l’interesse pubblico alla sua rimozione e sussistendo l’eventuale obbligo di motivazione al riguardo solo se l’ordinanza stessa intervenga a distanza di tempo dall’ultimazione dell’opera avendo l’inerzia dell’amministrazione creato un qualche affidamento nel privato” (Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2006 n.3270).

3. — In definitiva, dal momento che il contenuto dispositivo del provvedimento in esame non sarebbe potuto essere diverso (cfr.. art. 21 octies, comma 2, 1. n.241/1990 introdotto dalla 1. n. 15/2005), assorbito l’esame delle altre censure di eccesso di potere formulate dagli interessati, il presente ricorso va respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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