TAR Lecce, sez. III, sentenza 2017-10-02, n. 201701552

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. III, sentenza 2017-10-02, n. 201701552
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 201701552
Data del deposito : 2 ottobre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2017

N. 01552/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00213/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 213 del 2009, proposto da:
Carrozza Flora, rappresentata e difesa dall'Avv. F F, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, alla via degli Stampacchia, 8;

contro

Comune di Gallipoli, n.c.;

per l'annullamento:

- dell’ordinanza di demolizione n. 507 del 18 novembre 2008, comunicata in data 10 dicembre 2008, a firma del Dirigente dell’Area n. 1 - “Politiche Territoriali” del Comune di Gallipoli;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2017 la dott.ssa Maria Luisa Rotondano e udito per la parte ricorrente l'Avv. M. Lembo, in sostituzione dell’Avv. F. Fasano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La sig.ra Carrozza Flora - comproprietaria del terreno di cui infra - ha impugnato, domandandone l’annullamento:

1) l’ordinanza n. 507 del 18 novembre 2008, notificata in data 10 dicembre 2008, con cui il Dirigente dell’Area n. 1 - “Politiche Territoriali” del Comune di Gallipoli le ha ingiunto, ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, la demolizione dell’immobile per civile abitazione di mq 48,70 circa (altezza interna m 3,00 circa, composto da camera da letto, cucina-soggiorno e bagno), realizzato in località “Nanni” (su area tipizzata a “Zona Agricola” nel vigente P.R.G. e sottoposta a vincolo paesaggistico) in assenza di permesso di costruire;

2) ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale.

A sostegno dell’impugnazione interposta ha dedotto:

1) violazione del principio del giusto procedimento per violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 7 e 8 della L. n. 241/1990 nonché per violazione delle norme procedimentali dettate dalla L.R. n. 56/1980 e dal D.P.R. n. 380/2001;

2) violazione dell’art. 41, comma 5, della L.R. n. 56/1980, in quanto l’ordinanza di demolizione non è stata preceduta dalla doverosa acquisizione dei pareri dell’Ufficio Tecnico Comunale e della Commissione Edilizia;

3) eccesso di potere per palese difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti ed omessa motivazione, violazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 167 e 181 del D.Lgs. n. 42/2004, nonché del Regolamento Edilizio del Comune di Gallipoli.

Non si è costituito in giudizio il Comune di Gallipoli.

All’udienza pubblica del 13 giugno 2017, su istanza di parte, la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

0. - Il ricorso è infondato nel merito e va respinto.

1. - Con la prima censura, la ricorrente deduce, sostanzialmente, la violazione degli artt. 7 e 8 della Legge n. 241/1990, sostenendo che il Comune di Gallipoli avrebbe illegittimamente disposto la demolizione delle opere edilizie realizzate senza consentirle di presentare le proprie osservazioni e/o memorie (ciò anche al fine della sanatoria di eventuali abusi).

1.1 - La doglianza non coglie nel segno.

1.1 - Il Collegio osserva che, per giurisprudenza costante e condivisibile, “ l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della pubblica amministrazione e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto ” ( ex multis , Consiglio di Stato, IV, 10 agosto 2011, n. 4764): si tratta, infatti, “ di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato, che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto, cioè l'abuso, di cui peraltro l'interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo ( cfr. sez. V, 7/07/2014, n. 3438) ” ( ex plurimis , Consiglio di Stato, III, 14 maggio 2015, n. 2411; idem, IV, 10 agosto 2011, n. 4764;
IV, 20 luglio 2011, n. 4403;
VI, 24 settembre 2010, n. 7129).

Ed invero, trascura la ricorrente come, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 21- octies, secondo comma , della Legge n. 241 del 1990 (“ che ha recepito, sul punto le indicazioni della giurisprudenza ” - Consiglio di Stato, IV, cit., n. 4403/2011), << a fronte di attività interamente vincolata, quale quella di repressione degli abusi edilizi, i vizi di carattere “formale” - tra cui rientra pacificamente anche la violazione dell’art. 7, L. 241 - difettano ormai di capacità invalidante, al cospetto dell’invarianza dell’esito provvedimentale e del principio di “strumentalità delle forme” (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 22 settembre 2014, n. 4740) >>(T.A.R. Umbria, Perugia, I, 26 gennaio 2016, n. 52).

2. - La ricorrente lamenta, poi, la violazione dell’art. 41, comma 5, della L.R. n. 56/1980 (ai sensi del quale “… il Sindaco emette i provvedimenti definitivi …., sentiti il dirigente dell'Ufficio tecnico comunale e le Commissioni urbanistica e/o edilizia comunale ”), in quanto l’ordinanza di demolizione non è stata preceduta dalla (asseritamente) doverosa acquisizione dei pareri della Commissione Edilizia e dell’Ufficio Tecnico Comunale.

2.1 - Anche tale doglianza va disattesa.

2.1.1 - E’ stato al riguardo condivisibilmente ritenuto (T.A.R. Puglia, Lecce, III, 12 settembre 2012, n. 1520) che “l’ingiunzione a demolire le opere edilizie abusive non deve essere preceduta dal parere della Commissione edilizia comunale, in quanto il relativo procedimento è disciplinato dall’art. 31 del d.p.r. 380/2001, che non prevede l’intervento della citata commissione, né l’inserzione della stessa nel procedimento può essere giustificata dall’art. 41 l.r. Puglia 56/1980, dato che la commissione in parola è stata soppressa ai sensi dell’art. 96 del D.lgs. 267/2000 ” (statuente che “ 1. Al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi i consigli e le giunte, secondo le rispettive competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni esercizio finanziario, individuano i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato. Gli organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese successivo all'emanazione del provvedimento. Le relative funzioni sono attribuite all'ufficio che riveste preminente competenza nella materia ”).

La Sezione osserva, inoltre, che l’art. 4 del D.P.R. n. 380/2001 (ai sensi del quale “ 2. Nel caso in cui il Comune intenda istituire la Commissione edilizia, il regolamento indica gli interventi sottoposti al preventivo parere di tale organo consultivo”), nel rendere per i comuni facoltativa l'istituzione della commissione edilizia, ha introdotto un principio fondamentale in materia di governo del territorio, al quale deve sottostare la normativa regionale, ai sensi dell'art. 117 Cost. (cfr, Consiglio Stato, sez. IV, 02 ottobre 2008, n. 4793). Al riguardo è già stato affermato che le norme regionali in materia devono essere interpretate in senso costituzionalmente coerente con i principi generali introdotti in materia dal predetto Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia n. 380 (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 02 ottobre 2008, n. 4793) ” (Consiglio di Stato, IV, 23 febbraio 2012, n. 974), e, dunque (T.A.R. Piemonte, Torino, II, 11 aprile 2012, n. 440), “ devono ritenersi implicitamente abrogate ai sensi dell’art. 10 della Legge n. 62/1953 ” (statuente che “ Le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali di cui al primo comma dell'articolo precedente abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse ”), laddove, eventualmente, prevedano ancora l’obbligatorietà del parere della C.E.C. ”.

Orbene, non risulta che il Comune di Gallipoli abbia esercitato la facoltà di cui alle summenzionate disposizioni normative statali.

Peraltro, in ogni caso, “ trattandosi di atto non discrezionale ma dovuto, la mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia comunale non sarebbe stata idonea a determinare la caducazione dell’impugnato provvedimento, posto che la natura vincolata di quest’ultimo impone di fare applicazione del richiamato art. 21-octies ” (secondo comma) della “ Legge 241/1990, per il quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato >>
( T.A.R. Puglia Lecce, III, 7 aprile 2011, n. 608) ” (T.A.R. Puglia, Lecce, III, cit., n. 1520/2012).

2.1.2 - La provenienza dell’impugnata ordinanza proprio dal Dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale (stante il vigente “ principio di distinzione tra organi di indirizzo politico-amministrativo ed attività di gestione, nella quale ultima i titolari dei primi organi non devono ingerirsi ” - v. Consiglio di Stato, IV, cit., n. 4763/2011 -, ex artt. 107 e ss. del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), poi, rende priva di significato la necessità di acquisire, rispetto a tale provvedimento, un parere dello stesso organo di amministrazione attiva emanante (parere, invece, prescritto dal su riportato art. 41, comma 5 della L.R. Puglia n. 56 del 1980, con riferimento al previgente regime normativo, che ascriveva al Sindaco la competenza funzionale all’adozione dei provvedimenti sanzionatori de quibus ).

3. - La ricorrente lamenta, inoltre, la violazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (c.d. “accertamento di conformità”), degli artt. 167 e 181 del D. Lgs. n. 42/2004, nonché dell’art. 78 del Regolamento Edilizio del Comune di Gallipoli (statuente, nel testo riportato nel ricorso, che, “Qualora non sia possibile procedere alla restituzione in pristino, ovvero alla demolizione delle opere eseguite senza licenza di costruzione o in contrasto con questo, si applica in via amministrativa una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere e loro parti abusivamente eseguite valutate dall’Ufficio Tecnico Erariale”). Deduce, essenzialmente, che il Comune di Gallipoli avrebbe illegittimamente omesso di valutare la possibilità di sanare l’eventuale abuso e/o di evitare la sua demolizione previa applicazione, in via amministrativa, di una sanzione pecuniaria e che la “semplice presa d’atto”, da parte della P.A., dell’esistenza di una costruzione realizzata in assenza del permesso di costruire e/o in violazione della normativa paesaggistica non legittimerebbe “ ex lege ” l’Ente pubblico all’abbattimento dell’opera medesima, né sancirebbe un’assoluta e insanabile incompatibilità tra il manufatto e la zona paesaggistica in questione. Sostiene, in particolare, che l’ordinanza di demolizione, quand’anche ci si trovi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, rappresenterebbe l “ultima tappa” del procedimento amministrativo e, pertanto, del tutto illogica sarebbe la sua emanazione quando ancora l’interessato potrebbe sanare la propria posizione (risultando irrazionale la demolizione di opere assentibili o sanabili), vieppiù nel caso di specie, “ove non è dato sapere se il presunto vincolo paesaggistico sia stato apposto precedentemente alla realizzazione delle opere oggetto di contestazione”.

3.1 - Neppure tale assunto è condivisibile.

Al riguardo è dirimente osservare (in disparte ogni considerazione di ordine sostanziale, pur non mancando di evidenziare che il manufatto edilizio de quo - realizzazione di un fabbricato per civile abitazione - costituisce intervento di “nuova costruzione”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. “e.1” del D.P.R. n. 380/2001): da un lato, che le censure appaiono formulate del tutto genericamente (si veda, in particolare, l’invocata, ma espressa in modo non circostanziato, nonchè dubitativo e meramente eventuale - “non è dato sapere se” - apposizione del vincolo paesaggistico “precedentemente alla realizzazione delle opere”);
e, dall’altro, che le invocate disposizioni presuppongono tutte l’attivazione della parte privata, tramite l’esplicita/e domanda/e di sanatoria dell’interessato (domanda/e che, nella specie, non risulta/risultano presentata/e), sicchè palesemente infondata è la dedotta carenza di istruttoria.

Ed invero, “ L'ingiunzione di demolizione costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analitico- ricognitivo dell'abuso commesso ” >>
(T.A.R. Lazio, Roma, II quater , 14 ottobre 2015, n. 11671) . In altri termini , ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione, che essendo finalizzato a ripristinare la legalità violata, costituisce il contenuto che, in via ordinaria, è tenuto ad assumere l'atto repressivo dell'illecito, l’amministrazione è tenuta al solo accertamento che l'opera sia abusiva” (T.A.R. Lazio, Roma, II quater , cit., n. 11671/2015) , posto che ulteriori preventivi adempimenti (relativi all’assentibilità ex post degli interventi edilizi ed all’applicazione di sanzioni pecuniarie in luogo della rimessione in pristino) richiederebbero sopralluoghi ed accertamenti incompatibili con lo stesso principio di buon andamento dell’azione amministrativa (di cui all’art. 97 della Costituzione), tale da assicurare il soddisfacimento degli interessi pubblici cui l’azione medesima è preposta . Ne consegue che la parte pubblica non può essere onerata di verifiche tecniche, anche complesse, da effettuarsi d’ufficio in una fase anteriore all’emissione dell’ordine di demolizione.

4. - Per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso deve essere respinto.

5. - Nulla per le spese, in considerazione della mancata costituzione in giudizio del Comune di Gallipoli.

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