TAR Salerno, sez. I, sentenza 2018-04-17, n. 201800577
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Testo completo
Pubblicato il 17/04/2018
N. 00577/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00002/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2 del 2010, proposto da:
G C – M C, rappresentati e difesi dagli avvocati M F, Vincenzo D'Ambrosio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Salerno, alla via F.P.Volpe,2 c/o Avv.Giordano;
contro
Comune di Montoro Inferiore, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Mario D'Urso, Antonio D'Urso, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Salerno, alla via Arce,122;
Provincia di Avellino, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato G G, con domicilio eletto presso il suo studio, in Salerno, alla via F. Manzo,53 c/o Cassandra;
per l'ottemperanza
del giudicato formatosi sulla sentenza n. 89 del 7/2/2005 di questo Tribunale, confermata dal Consiglio di Stato (Sezione IV) con la sentenza n. 6174 del 16/10/2006 ed a seguito della sentenza n. 6956 del 23/3/2009 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibili i ricorsi del Comune di Montoro Inferiore e della Provincia di Avellino.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio sia del Comune di Montoro Inferiore che della Provincia di Avellino;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2018 il dott. Fabio Maffei;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- In limine , ritiene il Collegio necessario muovere dalla sentenza non definitiva n. 402/2011, resa dall’adito Tribunale in data 3 marzo 2011, confermata dal Consiglio di Stato - Sez. IV^ con la pronuncia n. 2050/2012 del 6 aprile 2012.
Con tale dictum il Tribunale, previa estromissione della Provincia di Avellino, ha, da un lato, respinto la domanda restitutoria dei fondi illegittimamente occupati e, dall’altro, ritenuto fondata la connessa pretesa risarcitoria proposta dagli odierni ricorrenti, precisando che la stessa dovesse essere commisurata alla posizione dominicale di “livellari” dei predetti fondi a quest’ultimi riconosciuta incidenter tantum .
Quanto statuito da tale pronuncia riveste per il Tribunale una portata vincolante, dovendosi al riguardo richiamare il costante orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Cassazione, secondo cui “ Ai sensi dell'art. 279 commi 2 e 4, c.p.c., nel caso di sentenza non definitiva e di prosecuzione del giudizio per l'ulteriore definizione della controversia, il giudice resta da questa vincolato (anche se non passata in giudicato) sia in ordine alle questioni definite, sia per quelle che ne costituiscano il presupposto logico necessario, senza poter risolvere quelle questioni in senso diverso con la sentenza definitiva e, ove lo faccia, il giudice di legittimità può rilevare d'ufficio non solo la violazione del giudicato interno originante dalla sentenza non definitiva che non sia immediatamente impugnata, né fatta oggetto di riserva di impugnazione differita, ma anche la preclusione che gli derivi dalla propria decisione non definitiva sul punto, ove fatta oggetto di riserva di impugnazione differita” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 21/11/2016, n. 4863;cfr. Cass. civ., VI, n. 6689/2012;I, n. 13513/2007).
2.- Tanto chiarito, considerato il disposto mutamento del rito ex art. 32 c.p.a. (vedi ordinanza del 23.5.2017), stante l’acclarata fondatezza della azionata pretesa risarcitoria come accertata dalla menzionata sentenza non definitiva, la sua quantificazione deve essere parametrata al diritto di enfiteusi di cui gli istanti sono stati riconosciuti titolari. Invero, il regime giuridico dell'antico istituto del cd. livello - mediante il quale storicamente ai contadini veniva concesso di condurre in affitto i fondi - è assimilato in giurisprudenza all'enfiteusi ( cfr.: per tutte, Cassazione civile, sez. VI, 6.6.2012, n. 9135;cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 3.7.2013, n. 757), in quanto i due istituti, pur se originariamente distinti, finirono in prosieguo per confondersi ed unificarsi, dovendosi, pertanto, ricomprendere anche il primo, al pari della seconda, tra i diritti reali di godimento.
Al riguardo, giova rammentare che l'art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede espressamente, al comma 1, l'indennità di esproprio a favore dell'enfiteuta che sia anche possessore e, al comma 4, che " Salvo quanto previsto dall'articolo 42, il titolare di un diritto reale o personale sul bene non ha diritto ad una indennità aggiuntiva, può far valere il suo diritto sull'indennità di esproprio e può proporre l'opposizione alla stima, ovvero intervenire nel giudizio promosso dal proprietario ”. Inoltre, l'art. 963, comma 5, c.c., nel caso di espropriazione per pubblico interesse, stabilisce che l'indennità si ripartisce a norma del comma precedente (riferito al caso del perimento totale o parziale del fondo che sia assicurato e l'assicurazione sia fatta anche nell'interesse del concedente) nel senso che la stessa " è ripartita tra il concedente e l'enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi diritti " (cfr. Cassazione civile, sez. I, 28.4.1998, n. 4320).
Dalla sostanziale assimilazione dei due istituti, la giurisprudenza amministrativa fa discendere che anche il livellario è ricompreso nell'ambito dei soggetti legittimati non solo ad impugnare gli atti di una procedura espropriativa, - in quanto il livello costituisce un diritto reale di godimento sul fondo e conferisce al titolare una posizione differenziata e qualificata relativamente all'area in suo possesso -, ma anche ad agire in giudizio onde conseguire il risarcimento del danno subito a causa dell’illegittima espropriazione (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 29.7.2010, n. 29121;T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 26.2.2009, n. 669).
Più precisamente, in applicazione analogica della disciplina dettata in materia di enfiteusi (istituto al quale - si ripete - la giurisprudenza ha equiparato il contratto di livello), deve ritenersi che la previsione di cui all'art. 34, primo comma, d.p.r. n. 327/2001 (" l'indennità di esproprio spetta al proprietario del bene da espropriare ovvero all'enfiteuta, se ne sia anche possessore ") valga anche per il livellario, il quale ha quindi titolo a percepire l'indennità di esproprio.
Al diritto del livellario di conseguire l'indennità di esproprio non può non corrispondere, peraltro, il diritto dello stesso a reclamare il risarcimento del danno patito per la privazione dell'immobile da parte della Pubblica Amministrazione in occasione dell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti in materia espropriativa.
Va ribadita, pertanto, anche sotto il profilo esaminato, la piena legittimazione dei ricorrenti ad agire in giudizio per ottenere il domandato risarcimento dall’Amministrazione che utilizza il bene oggetto della procedura ablatoria, mai conclusasi con l'emissione di un formale provvedimento di espropriazione o di altro atto idoneo a trasferirne la proprietà.
3.- Quanto alla misura di tale risarcimento, reputa il Collegio che, nella specie, essendo il Comune Montoro il concedente il predetto diritto di livello, in quanto titolare del c.d. “ dominio diretto” sui beni concessi, la pretesa risarcitoria dei ricorrenti deve essere parametrata al c.d. “ dominio utile” di cui sono stati illegittimamente privati.
Di conseguenza, attribuendo quest’ultimo la facoltà di godere e di utilizzare un bene di proprietà altrui nei limiti previsti dagli art. 957 e segg. Cod. civ., e considerata inestinguibilità del dominio diretto preservato dal concedente Comune, anche in caso di mancato pagamento del canone (cfr. Tar Sicilia, Sez. staccata di Catania, Sez. II, n. 1988/2012 con richiamo a Cass. Civ., n. 4231/1976;n. 323/1973;n. 2905/1962;n. 2100/1960 e n. 177/1946), reputa il Collegio di dover aderire alla quantificazione del danno subito dai ricorrenti nella misura determinata dal nominato CTU con la prima delle formulate soluzioni (vedi relazione depositata dal CTU ing. P A in data 7.1.2015).
Tale ipotesi di calcolo, infatti, ha quantificato il risarcimento danni in ragione del valore d’uso dei fondi in questione, compresi i miglioramenti nel tempo apportati, atteso che i ricorrenti, quali enfiteuti, a causa della illegittima vicenda espropriativa, sono stati privati esclusivamente della facoltà di godimento ad essi attribuita dal “ dominio utile ” di cui erano titolari.
Applicando, pertanto, il criterio della quantificazione del reddito netto ritraibile dalle colture in atto nei terreni espropriati, riferito alla data dell'immissione in possesso (settembre 2001), appare congruo il risarcimento ai medesimi spettanti determinato nell’importo € 18.941,37 (Euro diciottomilanovecentoquarantuno/37).
Quest’ultimo, costituendo adempimento di un'obbligazione di valore quale quella risarcitoria, deve essere sottoposto a rivalutazione monetaria fino alla data della presente sentenza, sulla base degli indici ISTAT del costo della vita per gli operai ed impiegati, cosicchè il risarcimento spettante ai ricorrenti può essere determinato all’attualità nella somma di € 24.813,00 (coefficiente di rivalutazione 1,31).
Ai ricorrenti, inoltre, sulla somma originariamente determinata (€ 18.941,37), rivalutata anno per anno, spettano gli interessi legali nonché gli interessi legali sulla somma finale di € 24.813,00 dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all'effettivo soddisfo.
In definitiva, il Comune di Montoro Inferiore, in accoglimento del proposto ricorso, deve essere condannato a corrispondere ai ricorrente, a titolo di risarcimento danni, gli importi come sopra quantificati.
4.- Nei rapporti tra i ricorrenti ed il resistente Comune, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue, unitamente alla spettanze del consulente tecnico d’ufficio, in conformità alla redatta specifica ed alle tariffe professionali.
Stante l’avvenuta definizione in rito, vanno, viceversa, compensate le spese di giudizio con riguardo alla Provincia di Avellino, già estromessa dalla sopra menzionata sentenza non definitiva.