TAR Venezia, sez. I, sentenza 2011-01-18, n. 201100064

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2011-01-18, n. 201100064
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201100064
Data del deposito : 18 gennaio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02821/2002 REG.RIC.

N. 00064/2011 REG.PROV.COLL.

N. 02821/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2821 del 2002, proposto da:
M L, rappresentato e difeso dall'avv. P F B, con domicilio presso l’intestato Tribunale ai sensi dell’art. 25, I comma del DLgs n. 104/2010;

contro

Universita' degli Studi di Padova - (Pd), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le Venezia, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63;
Azienda Ospedaliera di Padova - (Pd);
Regione Veneto - (Ve), rappresentato e difeso dagli avv. L L, Romano Morra, con domicilio eletto presso Romano ( C.A.) Morra in Venezia, Regione Veneto - Cannaregio, 23;

per l'annullamento

del decreto del Rettore dell’Università di Padova n. 1837, prot. 37057, del 4 settembre 2002, con il quale il ricorrente veniva collocato fuori ruolo sino al 30 settembre 2005, ai sensi dell’art. 2, co. I°, L.

7.8.1990 n. 239, con decorrenza dal 1°.11.2002;
del provvedimento 11.11.2002 con cui l’Università di Padova ha comunicato all’Azienda ospedaliera di Padova che il ricorrente cessa dalla convenzione per collocamento fuori ruolo dal 1.11.2002;
del provvedimento 26.10.2002 con cui l’Azienda ospedaliera di Padova ritirava al ricorrente, a decorrere dal 1.11.2002, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività libero-professionale;
nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto ivi compreso il protocollo d’intesa Regione/Università di Padova stipulato il 5.11.2002, limitatamente all’art. 5 bis;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Universita' degli Studi di Padova - (Pd) e di Regione Veneto - (Ve);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2010 il dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con provvedimento rettorale 4.9.2002 n. 1837 l’odierno ricorrente, professore associato in materie cliniche presso l’Università di Padova e dirigente medico presso l’UOA di “clinica oculistica” ove svolgeva, in regime di convenzione, attività ambulatoriale autorizzata infra ed extra moenia , veniva collocato fuori ruolo ai sensi dell’art. 2, I comma della legge n. 239/90 a decorrere dall’1.11.2002 per avvenuto compimento del 67° anno di età.

Contestualmente veniva sollevato da ogni incarico di carattere assistenziale in regime di convenzione.

Donde il presente gravame con il quale l’interessato, che ha continuato ad espletare, seppur in maniera limitata, attività didattica e di ricerca, contesta – asserendone illegittimità per violazione di legge e per eccesso di potere sotto diversi profili - la disposta cessazione dell’attività assistenziale.

Resistevano in giudizio sia l’Università che la Regione Veneto, la prima eccependo l’irricevibilità del proposto gravame per tardività (in quanto asseritamente comunicato all’interessato in data 24.9.2002) ed assumendone, comunque, nel merito l’infondatezza, e la seconda eccependo, preliminarmente, la propria carenza di legittimazione passiva (il protocollo Università/Regione non poteva essere considerato atto presupposto degli impugnati provvedimenti, in quanto adottato successivamente agli stessi) e, nel merito, l’infondatezza (l’art. 5 bis non disponeva la cessazione delle attività assistenziali al momento del collocamento fuori ruolo del personale medico universitario).

Su tali presupposti la causa è passata in decisione all’udienza del 10 dicembre 2010.

DIRITTO

1.- Va respinta l’eccezione di tardività del ricorso formulata dall’avvocatura erariale sul presupposto che il ricorrente avrebbe avuto conoscenza del decreto rettorale di collocamento fuori ruolo già in data 24.9.2002 ricevendo, per posta interna, la nota di comunicazione di pari data: l’Università, invero, non ha fornito alcuna prova - l'eccezione di tardività, essendo destinata ad incidere sul fondamentale diritto alla tutela giurisdizionale, postula una prova rigorosa che deve essere fornita dalla parte che la formula (cfr., ex pluribus , CdS, V, 6.2.2008 n. 320) – relativamente all’effettiva conoscenza da parte dell’interessato di aver ricevuto o, comunque, avuto conoscenza dell’atto nell’affermata data.

2.- È analogamente infondata anche l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Regione Veneto, in quanto il ricorrente, lungi dall’aver assunto il protocollo d’intesa Regione/Università quale atto presupposto degli impugnati provvedimenti, ne ha soltanto contestato il contenuto, peraltro limitatamente all’art. 5 bis qualora quest’ultimo fosse interpretato nel senso di consentire la cessazione dell’attività assistenziale al momento del collocamento fuori ruolo del docente.

3.- Nel merito, va anzitutto esaminata la censura, avanzata in via principale, con la quale l’interessato afferma l’illegittimità del provvedimento rettorale di collocamento fuori ruolo per violazione dell’art. 15 nonies del DLgs n. 502/92, il quale dispone che il personale medico universitario cessa dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali al raggiungimento dell’età di sessantotto anni se alla data del 31 dicembre 1999 aveva già compiuto – ed il ricorrente li aveva compiuti - sessanta anni.

La censura è infondata.

La predetta disposizione, infatti, afferma testualmente che cessa dallo svolgimento dell’attività assistenziale al compimento di sessantotto anni, se alla data del 31 dicembre 1999 aveva già compiuto sessanta anni, “il personale medico universitario di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382”: ossia, come recita la richiamata norma, “il personale docente universitario e i ricercatori che esplicano attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura…convenzionati ai sensi dell’art. 39 della legge n. 833/78”.

In altre parole il precetto in questione si rivolge non già ai medici universitari collocati fuori ruolo, ma esclusivamente al personale medico universitario in servizio attivo: né tale determinazione potrebbe essere tacciata di incostituzionalità, attesa la diversità di status del professore universitario fuori ruolo per limiti di età rispetto al docente di ruolo.

4.- Con la doglianza formulata in subordine il ricorrente assume l’illegittimità della disposta cessazione dell’attività assistenziale in quanto quest’ultima non può essere disgiunta, ai sensi dell’art. 15 nonies del DLgs n. 502/92, da quella didattica e di ricerca, attività queste che il ricorrente ha continuato a svolgere – e tale circostanza non è stata contestata dalle controparti - anche dopo il collocamento fuori ruolo.

4.1.- Va anzitutto premesso che la prospettazione formale del ricorrente non assume carattere vincolante per l'attività del giudice, dovendo questi valutare, alla stregua del petitum sostanziale, quale sia la consistenza effettiva della pretesa fatta valere in giudizio, allo scopo di vagliare sia se un ricorso di natura formalmente impugnatoria rechi in sé una richiesta di accertamento di un diritto perfetto, sia se, specularmente, attraverso un'azione indebitamente rivolta alla declaratoria di un diritto soggettivo si richieda, invece, la tutela di un interesse legittimo del quale possano ravvisarsi in concreto i presupposti.

In considerazione di quanto detto, ritiene il Collegio che la domanda di annullamento delle determinazioni con le quali gli si inibisce l’esercizio dell’attività assistenziale, proposta dall’odierno ricorrente, possa essere intesa quale pretesa di accertamento del suo diritto allo svolgimento di funzioni assistenziali, negato appunto dall’Università di Padova e dall'Azienda ospedaliera di Padova (è peraltro appena il caso di osservare che la qualità di docente universitario del ricorrente radica la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo).

4.2.- Tanto premesso, ritiene il collegio che, conformemente al condivisibile orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr. CdS, VI, 17.5.2004 n. 3183 e, da ultimo, TAR Roma, III, 26.8.2009 n. 8250), la doglianza sia fondata.

L’art. 15 nonies , II comma dispone (per quel che interessa) che "il personale medico universitario…cessa dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali…, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento del limite massimo di età…. I protocolli d'intesa tra le regioni e le Università e gli accordi attuativi dei medesimi, stipulati tra le Università e le aziende sanitarie…., disciplinano le modalità e i limiti per l'utilizzazione del suddetto personale universitario per specifiche attività assistenziali strettamente correlate all'attività didattica e di ricerca".

Con sentenza 16 maggio 2001 n. 71 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità di questa disposizione muovendo dal principio, da essa ripetutamente affermato, che "l'attività di assistenza ospedaliera e quella didattico-scientifica affidate dalla legislazione vigente al personale medico universitario si pongono tra loro in un rapporto che non è solo di stretta connessione, ma di vera e propria compenetrazione", e tanto "in considerazione della natura necessariamente teorico-pratica dell'insegnamento medico, a livello sia universitario sia post-universitario".

Tale canone, pur non precludendo al legislatore "di modulare in concreto, nell'esercizio della sua discrezionalità, ampiezza e modalità di svolgimento della attività assistenziale dei medici universitari, eventualmente anche in funzione dell'età dei docenti", non consente tuttavia, "pena la violazione del generale criterio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., oltre che del principio di buon andamento tutelato dall'art. 97 Cost", di operare una "scissione tra l'uno e l'altro settore di attività, con la conseguente creazione di figure di docenti medici destinati ad un insegnamento privo del supporto della necessaria attività assistenziale".

La Corte - riconoscendo inoltre come di tale limite si sia mostrato consapevole il legislatore delegato "laddove ha previsto, nella seconda parte dell'art. 15-nonies, comma 2,… che in sede di protocolli di intesa tra le regioni e le università e di accordi attuativi dei medesimi, stipulati tra le università e le aziende sanitarie, siano individuate le specifiche attività assistenziali strettamente correlate all'attività didattica e di ricerca che devono rimanere affidate al predetto personale docente cessato dall'attività assistenziale ordinaria per il raggiungimento del limite di età indicato dalla norma stessa" - ha infine affermato che "la disposizione relativa alla cessazione della attività assistenziale ordinaria al raggiungimento del previsto limite di età e quella riguardante le modalità di individuazione delle specifiche attività assistenziali da ritenersi strettamente connesse all'attività didattica e di ricerca - e da lasciarsi perciò affidate al personale docente pur dopo il superamento di detto limite di età - sono tuttavia tra loro prive di consequenzialità cronologica, nel senso che l'operatività della prima delle due disposizioni non è subordinata alla previa stipula dei protocolli d'intesa tra università e regioni".

Con la conseguenza che il destinatario del provvedimento di cessazione dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali non può essere "irragionevolmente privato della possibilità di svolgimento di qualsivoglia, pur minima, attività assistenziale, con evidente ed ingiustificato pregiudizio per l'efficacia delle funzioni didattiche e di ricerca che al medesimo docente restano affidate", risultando dunque "necessario, onde evitare siffatte conseguenze, che si pervenga alla stipula dei protocolli d'intesa prima che possa essere disposta la cessazione dei docenti interessati dalle ordinarie attività assistenziali".

Il Giudice delle leggi ha conclusivamente dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma in esame "nella parte in cui dispone la cessazione del personale medico universitario…dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento dei limiti massimi di età ivi indicati, in assenza della stipula dei protocolli d'intesa tra università e regioni previsti dalla stessa norma ai fini della disciplina delle modalità e dei limiti per l'utilizzazione del suddetto personale universitario per specifiche attività assistenziali strettamente connesse all'attività didattica e di ricerca".

Con riguardo al caso di specie, risulta che l'intimata Azienda ospedaliera abbia comunicato al ricorrente, in considerazione dell’avvenuto collocamento fuori ruolo per compimento del 67° anno di età, la cessazione dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali (cfr. nota 26.10.2002).

Non è tuttavia emersa l'avvenuta stipulazione, prima della privazione delle cennate funzioni, dei protocolli d'intesa necessari a garantire lo svolgimento di una (sia pur limitata) attività assistenziale, secondo quanto statuito dalla Corte: non solo, infatti, i predetti protocolli sono stati stipulati il 5.11.2002 (e cioè successivamente al collocamento fuori ruolo del ricorrente), ma con essi non si è comunque provveduto a tutelare il diritto dei soggetti collocati fuori ruolo ad espletare l’attività assistenziale correlata a quella didattica e di ricerca: tant’è che l’art. 5 bis – infondatamente impugnato dal ricorrente, in quanto non dispone assolutamente la cessazione dell’attività assistenziale al momento del collocamento fuori ruolo del docente - rinvia ad un futuro accordo tra il Direttore generale dell’Azienda ospedaliera ed il Rettore dell’Università la definizione di modalità e criteri per disciplinare la cessazione dalle attività assistenziali del docente universitario.

5.- L’inesistenza, dunque, di un protocollo d’intesa Regione/Università che disciplini concretamente, come prefigurato dall’art. 15 nonies del DLgs n. 502/92, le modalità ed i limiti per l’utilizzazione del personale medico universitario in campo assistenziale, in stretta correlazione con l’attività didattica e di ricerca che il personale medesimo continua a svolgere anche dopo il collocamento fuori ruolo (cfr., a tal proposito, la documentazione prodotta dal ricorrente in allegato alle “note d’udienza”), impone, dunque, l’accoglimento del ricorso: con conseguente declaratoria del diritto del ricorrente allo svolgimento delle funzioni assistenziali dal collocamento fuori ruolo fino alla data di effettiva cessazione del rapporto d'impiego con l'Università di Padova.

La revoca dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività assistenziale ha comportato al ricorrente una diminuzione reddituale mensile superiore a 2.000 € per tredici mensilità per l’a/a 2002-2003, come comprovato dai cedolini stipendiali anteriori e posteriori alla revoca della convenzione con l’Azienda ospedaliera prodotti dall’interessato. In tali termini, pertanto – e cioè nella misura di € 26.040,82, oltre agli accessori -, va risarcito il danno patito dal ricorrente, conformemente al petitum : trattandosi, peraltro, di crediti maturati dopo il 31.12.1994, deve applicarsi l'art. 22, XXXVI comma della legge n. 724/1994, per effetto del quale relativamente ai crediti retributivi tardivamente corrisposti l'importo dovuto a titolo di interessi si deve portare in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito, dovendo, quindi, essere riconosciuta la maggior somma tra interessi e rivalutazione, con esclusione del cumulo. (cfr., ex pluribus , CdS, VI, 8.6.2009 n. 3481).

Le spese possono essere compensate, stante la particolarità della materia oggetto di giudizio.

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