TAR Napoli, sez. III, sentenza 2014-10-22, n. 201405406
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N. 05406/2014 REG.PROV.COLL.
N. 05224/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5224 del 2011, proposto da:
Primi Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G C, presso lo studio del quale elegge domicilio, in Napoli, via Cervantes, n. 55/27;
contro
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – in persona del Direttore generale pro tempore,, rappresentato e difeso dagli avv. V D M, E D R, con domicilio eletto in Napoli, via Medina, n. 61 presso l’Ufficio legale INPS;
per l'annullamento
a) dei provvedimenti di reiezione totale prot. n. 5116893379/51010002/10000008, n. 5116893379/51010002/10000009, n. 5116893379/51010002/10000010, n. 5116893379/51010002/10000011, n. 5116893379/51010002/10000012, tutti del 15 febbraio 2011 e comunicati a mezzo raccomandata il 10 marzo 2011, con i quali l’INPS di Castellammare di Stabia ha respinto le domande del 25 luglio 1995 della ricorrente per l’ammissione alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (di seguito CIGO)
b) degli atti in essi richiamati e presupposti, compresi:b.1.) dell’allegato ai citati provvedimenti del 10 febbraio 2011;
b.2.) del parere della Commissione Provinciale di Napoli per la CIGO del 10 febbraio 2011 e del verbale di accertamento del 17 luglio 1995.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2014 il dott. G P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente in epigrafe, a seguito di opposizione al Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica proposto dall’INPS, si è costituita innanzi a questo Tribunale con l’odierno ricorso, notificato il 10 ottobre 2011 e depositato il successivo 12, col quale ha chiesto l'annullamento dei provvedimenti in epigrafe meglio specificati.
Con tali provvedimenti l’INPS, sede di Castellammare di Stabia, ha respinto le domande presentate dalla ricorrente il 25 luglio 1995, per l'ammissione alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria nonché degli atti in essi richiamati e presupposti.
Ha dedotto i seguenti motivi di censura.
1) nullità assoluta dei provvedimenti, carenza assoluta di potere;incompetenza, violazione sotto diversi profili L. n. 164/1975 e L. n. 241/1990;eccesso di potere;
2) elusione e violazione del giudicato per contrasto con la sentenza Tar Campania, Napoli, n. 3902/2009, nullità ed inesistenza del provvedimento;violazione e mancata applicazione dell’art. 21-septies L. n. 241/1990.
Si è costituita in giudizio l'Inps che ha rilevato l'inammissibilità dell'atto introduttivo nonché la sua infondatezza.
Alla pubblica udienza del 19 giugno 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.- Il ricorso non è fondato.
2.- L’art. 1 L. 164/1975 e dell’art. 14 L. n. 223/1991 prevedono l'accesso alla CIGO e l’erogazione dei conseguenti importi all’azienda in difficoltà, in presenza di sospensioni o riduzioni di attività contingenti nonché di crisi temporanee di mercato conseguenti a situazioni determinate da eventi transitori, non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori, rivolta tra gli altri anche alle industrie manifatturiere, nell’ambito delle quali rientra l’impresa ricorrente.
In linea con le sopra indicate disposizioni, i presupposti per accedere all’integrazione salariale ordinaria sono i seguenti:
- la sussistenza di un rapporto di lavoro di tipo subordinato preesistente da almeno tre mesi;
- la sospensione dal lavoro o riduzione dell'orario di lavoro giornaliero;
- la previsione fondata e certa di ripresa dell'attività lavorativa.
La normativa di riferimento fissa anche il limite temporale di durata del trattamento di CIGO, pari ad un massimo di tredici settimane consecutive, prorogabili eccezionalmente fino ad un massimo di cinquantadue settimane nel biennio.
La richiesta di CIGO, redatta su apposito modulo, deve essere inoltrata alla sede INPS territorialmente competente entro venticinque giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione del lavoro o la riduzione dell'orario (ovvero il 25 del mese successivo) alla quale occorre allegare:
a) il verbale di consultazione sindacale;
b) la documentazione comprovante la causale della richiesta, il periodo di sospensione, il numero dei lavoratori in forza e quello per i quali è chiesta l'integrazione salariale nonché la data della prevedibile ripresa delle attività.
L'INPS cura l’istruttoria delle richieste e le sottopone all'esame della Commissione Provinciale per la CIG, organo - costituito dal Direttore Provinciale del Lavoro con funzioni di Presidente, da un rappresentante dei datori di lavoro, da un rappresentante dei lavoratori e da un rappresentante dell'Istituto erogatore (INPS), avente funzioni consultive - che ai sensi dell’art. 8 L. 164/1975 delibera sulle istanze.
La Commissione, ove necessario, può chiedere un supplemento d’istruttoria ovvero attivare controlli ispettivi per acquisire ulteriori elementi o quei dati considerati indispensabili per un corretto ed esaustivo esame delle domande.
Su decisione della Commissione, che approva o respinge la domanda di integrazione salariale, l'INPS autorizza il pagamento della CIGO oppure rigetta l'istanza.
3.- Le precisazioni di cui si sopra si rendono necessarie per una migliore comprensione degli elementi di fatto alla base della vicenda.
Parte ricorrente fa infatti riferimento a delibere di rigetto dell'INPS e non già della Commissione in seno alla quale sono presenti anche i rappresentanti di categoria (imprese e lavoratori) e sono prese le decisioni influenti sul trattamento.
In data antecedente alla costituzione della Navaltecno srl, il 6 marzo 1992, tra Navalcarena Italia srl e la rappresentanza sindacale della fallita ditta Calogero Pecoraro fu stipulato un verbale di accordo, nel quale si conveniva tra l’altro un piano di riutilizzo dell’intero personale del soggetto fallito. Tale personale sarebbe stato assorbito da una nuova società da costituirsi, con partecipazione di maggioranza della Navalcarena Italia srl. L’accordo, nelle date dell’8 aprile 1992 e del 4 giugno 1992, fu recepito anche in sede prefettizia.
Navaltecno s.r.l., (ora Primi Italia s.r.l.) in adempimento del citato accordo, nel periodo che va dalla data di avvio dell'attività, avvenuta nel mese di febbraio 1993 e fino al 20 ottobre 1993, aveva assunto trentacinque lavoratori ed, in seguito, dal 2 febbraio 1994, altri undici lavoratori.
E’ chiaro che le predette assunzioni non si collegano ad una necessità aziendale effettiva né a ragioni legate a fattori economici contingenti, bensì ad una prevalente esigenza contrattuale e sociale, collegata ai pregressi impegni assunti con l’accordo sindacale di cui sopra.
Non a caso, l'amministratore unico della società affermava che le assunzioni si erano rese necessarie "per il rispetto degli accordi intervenuti" e "per le continue pressioni esercitate sulla società”.
Va peraltro osservato che Navaltecno s.r.l. , anche nei periodi immediatamente antecedenti, ovvero in coincidenza con la fase d’integrazione salariale ordinaria, assumeva personale, in adempimento agli accordi sottoscritti, assunzioni non giustificate da effettive esigenze imprenditoriali, per le quali si faceva ricorso alla CIGS.
Ebbene, i provvedimenti impugnati riportano esattamente le circostanze sopra indicate, le quali, per derivazione logico-giuridica, hanno condotto all’impossibilità di riconoscere il trattamento di CIGO.
Nel caso in esame, pertanto, contrariamente alle deduzioni di parte ricorrente, non si pone un profilo di violazione o elusione della sentenza n. 3902/2009 di questo TAR.
I provvedimenti adottati dall’INPS, in esecuzione della decisione assunta dalla Commissione provinciale, appaiono esenti dalle censure formulate, posto che, in questo caso, hanno valutato in maniera esaustiva le premesse di fatto, per concludere con l’assenza dei necessari presupposti normativi per autorizzare la CIGO.
In particolare, le domande di CIGO sono state respinte sulla base degli accertamenti ispettivi condotti dall'INPS e dall'Ispettorato Provinciale del Lavoro , rispettivamente, nelle date del 14 aprile 1995 e del 15 luglio 1995.
Invero, negli stessi si dà ampiamente conto che le domande di ammissione al trattamento ordinario d’integrazione salariale, riguardanti i periodi dal 12 giugno 1995 al 28 ottobre 1995 (35/44 operai) e dal 4 settembre 1995 al 28 ottobre 1995 (un impiegato sospeso), non avrebbero comunque trovare esito favorevole perché l’indirizzo seguito dalla società, intenzionata ad assumere altro personale in concomitanza con il periodo di integrazione salariale, appariva contraddittoria alle ragioni poste alla base del preteso intervento di assistenza
Nella fattispecie in esame, la società ricorrente è stata anche sottoposta ad indagine ispettiva, condotta sia dall'INPS sia dalla Direzione Provinciale del Lavoro, dalla quale è emersa una realtà fattuale del tutto coerente e conforme con le risultanze dell'accertamento preliminare al diniego di riconoscimento al trattamento di cassa integrazione ordinaria.
4.- La società ricorrente deduce, inoltre, la nullità degli atti impugnati per assenza negli stessi dell'elemento essenziale della sottoscrizione.
Sul punto, osserva il Collegio, parte ricorrente non pone comunque in discussione la provenienza di tali datti dall’INPS, pur tuttavia ne sostiene la nullità perche non firmati.
La censura non ha pregio.
Gli elementi essenziali che compongono un atto amministrativo sono: l'intestazione dell'atto ( che indica l'autorità da cui l'atto stesso promana), il preambolo (contenente la decisione con i presupposti fattuali e giuridici nonché la motivazione), la sottoscrizione.
In questa materia il quadro normativo di riferimento è costituito dal DPR. 445/2000 e dal d. lgs 82/2005 (conosciuto come codice dell'amministrazione digitale), normativa di rilievo in quanto ha posto il passaggio dalla produzione esclusivamente cartacea degli atti amministrativi a quella digitale, con le conseguenze connesse ai profili formali dell’attività amministrativa.
La giurisprudenza prevalente, condivisa dal Collegio, ritiene che, ai fini della validità dell'atto amministrativo, risulta utile sia la firma autografa sia quella meccanizzata, in ossequio al principio secondo cui assume rilievo non l'uso del diverso tipo di firma ammessa (autografa o meccanizzata) quanto la riferibilità in concreto e non ambigua dell'atto all’amministrazione che lo ha emanato.
Nel caso controverso, è fuori discussione la riconducibilità dell'atto all'INPS, aspetto che la stessa ricorrente, come sopra indicato, non contesta.
Inoltre, gli atti impugnati, conformemente alle prescrizioni di cui alla L. 241/90, riportano il nominativo del responsabile del provvedimento, nella specie Dr. Antonio Rivoli.
Orbene, è un dato non contestabile che la firma apposta in calce ad un provvedimento o ad un atto amministrativo costituisca fattore inequivocabile per attribuire lo stesso, sotto il profilo volontaristico e quindi legale, all'agente che lo ha formalmente adottato.
Tuttavia, in ossequio al più generale principio di correttezza e buona fede, cui debbono essere improntati i rapporti tra Pubblica amministrazione e cittadino, non solo la non leggibilità della firma, ma anche la stessa autografia della sottoscrizione non possono costituire requisiti di validità dell'atto amministrativo ove concorrano elementi testuali (indicazione dell'ente competente, qualifica, ufficio di appartenenza del funzionario che ha adottato la determinazione), anche laddove emergenti dal complesso dei documenti che lo accompagnano, i quali comunque permettano di individuare con sicurezza la sua provenienza e non pongano dubbi circa l’elemento volontaristico dell’atto stesso.
In altri termini, l'atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di risalire all’amministrazione ed al suo autore materiale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2012, n. 3119).
Nel caso di specie, tutti gli atti impugnati non sono incerti relativamente non solo alla provenienza da parte dell’INPS, ma al singolo ufficio che li ha prodotti.
5.- Per quanto sopra, il ricorso va respinto.
La particolare natura della materia controversa, attinente ad integrazioni salariali in ambito lavorativo, inducono il collegio a compensare ugualmente le spese di giudizio.