TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-04-26, n. 202204992

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-04-26, n. 202204992
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202204992
Data del deposito : 26 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/04/2022

N. 04992/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01699/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1699 del 2020, proposto da V D, rappresentata e difesa dagli avvocati A B e G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio materiale in Roma, via di San Nicola Da Tolentino, 67;

contro

Csm - Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

L F, rappresentata e difesa dagli avvocati A M e G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio materiale in Roma, piazza San Bernardo 101;

per l'annullamento

previa adozione di idonee misure cautelari, anche ai sensi dell’art. 56 CPA,

a) della delibera del CSM adottata dalla

III

Commissione nella seduta del 5 febbraio 2020, nella parte di cui al punto “17. - Fasc. n. 562/CD/2019”, con la quale è stata dichiarata inammissibile la richiesta di disponibilità della Dott.ssa Draetta ad ottenere il trasferimento presso la Procura della Repubblica di Benevento;

b) del bando “Individuazione delle sedi da assegnare ai magistrati ordinari in tirocinio nominati con D.M. 12 febbraio 2019” adottato con Delibera CSM del 5 febbraio 2020;

c) di ogni atto presupposto, connesso e/o collegato, ivi espressamente incluso, ove necessario, in subordine, il bando “Pratica num. 99/VA/2019 - pubblicazione di sedi vacanti giudicanti e requirenti di primo e secondo grado per i quali sussistono i requisiti previsti dall’art. 1, comma 3, della legge 4 maggio 1998, n. 133, per l’anno 2019” prot. del CSM P19638/2019 del 21 novembre 2019.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Csm - Consiglio Superiore della Magistratura, del Ministero della Giustizia e di L F;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2022 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Parte ricorrente ha impugnato, unitamente agli altri atti connessi e presupposti in epigrafe indicati, la delibera del CSM, resa in data 5 febbraio 2020, con la quale è stata dichiarata inammissibile la domanda di trasferimento a sede disagiata presentata dall’istante stessa, contestualmente disponendosi che due dei tre posti di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento rimanessero vacanti in assenza di aspiranti legittimati, mentre un posto venisse assegnato alla dott.ssa Donatella Palumbo.

L’esponente ha lamentato l’illegittimità degli atti, articolando il seguente motivo di diritto:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del Bando. Violazione e falsa applicazione della L. 133/1998 e del R.D. 12/1941. Eccesso di potere sotto tutti i profili sintomatici, in particolare per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti, illogicità manifesta, disparità di trattamento, sviamento.

Ha concluso, come in atti, per l’annullamento del provvedimento, previa concessione di tutela cautelare.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, contestando il ricorso.

Con ordinanza n. 2666/2020, il Collegio ha rigettato la domanda cautelare.

Con successiva ordinanza n. 8168/2021, il medesimo Collegio ha ordinato integrarsi il contraddittorio nei confronti di tutti magistrati che avevano chiesto e/o ottenuto l’assegnazione alla Procura di Benevento in esito all’interpello de quo, indetto con il bando “Individuazione delle sedi da assegnare ai magistrati ordinari in tirocinio nominati con D.M. 12 febbraio 2019” (Delibera CSM del 5 febbraio 2020).

Si è costituita in giudizio la dott.ssa L F, instando per il rigetto del gravame.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 26 gennaio 2022.

2. Tanto sinteticamente ricordato in fatto, rileva il Tar l’infondatezza del ricorso nel merito.

3. Preliminarmente deve essere dichiarata la carenza di legittimazione passiva del Ministero della Giustizia, posto che gli atti impugnati sono stati adottati dal CSM ed il Ministero in nessun modo ha partecipato al relativo procedimento.

4. Merita subito osservare che il bando de quo individuava le “sedi disagiate”, tra le quali figurava anche il Distretto di Napoli (1 posto per Magistrato Distrettuale Giudicante;
3 posti per Sostituto Tribunale Benevento).

Il medesimo bando, all’articolo 2, prevedeva che:

“Possono presentare domanda i magistrati che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità, che prestino servizio in una sede non disagiata e distante più di 100 chilometri dalla sede disagiata richiesta.

I magistrati in servizio presso sedi non disagiate possono presentare domanda anche quando non abbiano maturato il termine di legittimazione ordinario di cui all’art. 194 dell’ordinamento giudiziario.

Non possono presentare domanda i magistrati in servizio presso una delle sedi dichiarate disagiate con il presente bando nonché i magistrati in servizio presso una sede dichiarata disagiata con precedenti bandi se non siano decorsi almeno quattro anni, alla data di scadenza delle domande (4 dicembre 2019), dalla presa in possesso presso detti uffici”.

5. L’istante lamenta, per mezzo del sopra riportato cumulativo motivo di gravame, l’errore in cui sarebbe incorso il CSM, il quale non avrebbe correttamente inteso il senso delle riferite previsioni del bando ed avrebbe dichiarato inammissibile la domanda di trasferimento dell’esponente, perché non erano trascorsi almeno quattro anni dal momento in cui Castrovillari era stata annoverata tra le sedi disagiate (il 12 ottobre 2016).

La ricorrente sostiene, infatti, che l’art. 2 del bando dovrebbe essere interpretato nel senso che il menzionato quadriennio debba essere calcolato a partire “dalla presa in possesso presso i detti uffici” (mera presa di possesso, indipendentemente dal fatto se l’ufficio de quo fosse già ab origine sede disagiata o lo fosse divenuto solo successivamente);
con la conseguenza che essa istante era perfettamente legittimata a partecipare all’interpello, a fronte di una presa di possesso presso la sede di Castrovillari che risale al 12 gennaio 2015 (e dunque dell’avvenuto decorso del quadriennio in rilievo alla data del 4 dicembre 2019).

6. Il Collegio reputa di dover disattendere la “lettura” del bando proposta dalla parte esponente.

Deve ricordarsi che l’art. 1 della legge n. 133 del 1998 stabilisce che:

“1. Ai fini della presente legge, per trasferimento d'ufficio si intende ogni tramutamento dalla sede di servizio per il quale non sia stata proposta domanda dal magistrato, ancorché egli abbia manifestato il consenso o la disponibilità, e che determini lo spostamento in una delle sedi disagiate di cui al comma 2, comportando una distanza superiore ai 100 chilometri dalla sede ove il magistrato presta servizio. La presente legge non si applica alle assegnazioni di sede dei magistrati al termine del tirocinio, ai trasferimenti di cui all' articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e successive modificazioni, e ai trasferimenti di cui all' articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109.

2. Per sede disagiata si intende l'ufficio giudiziario per il quale ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti:

a) mancata copertura dei posti messi a concorso nell'ultima pubblicazione;

b) quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell'organico.

3. Il Consiglio superiore della magistratura, con delibera, su proposta del Ministro della giustizia, individua annualmente le sedi disagiate, in numero non superiore a ottanta.

4. Alle sedi disagiate possono essere destinati d'ufficio magistrati provenienti da sedi non disagiate, che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità, in numero non superiore a centocinquanta unità. Il termine previsto dall'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, non opera per i tramutamenti nelle sedi disagiate di cui al comma 2.

5. Il Consiglio superiore della magistratura, accertati il consenso o la disponibilità dei magistrati, delibera con priorità in ordine al trasferimento d'ufficio nelle sedi disagiate”.

7. Come condivisibilmente dedotto dalla difesa erariale, la citata normativa ha introdotto un meccanismo premiante ed incentivante per i magistrati che vogliano trasferirsi presso le sedi disagiate. E’ tuttavia evidente che una coerente applicazione della normativa postula che non si verifichino effetti distorti, in base ai quali il mero “travaso” di magistrati da una sede disagiata ad un’altra sede disagiata (esito inutile per l’amministrazione, oltre che economicamente dispendioso).

In caso di trasferimento da una sede disagiata ad un’altra, l’amministrazione deve infatti sopportare un ulteriore onere economico, ed anche se il trasferimento del magistrato determina, contemporaneamente, una situazione di carenza in un ufficio che attualmente sta indirettamente finanziando per garantirgli copertura.

Il meccanismo degli incentivi funziona cioè a condizione che in una sede disagiata arrivino magistrati da sedi poste in condizioni meno critiche e che, per effetto di tale trasferimento, non vengano a trovarsi in una condizione di difficoltà e di scopertura analoga a quella che il trasferimento intende soddisfare.

8. Posta tale evidente ratio, il CSM, nella spendita della sua discrezionalità, tesa ad una allocazione ottimale della dotazione del personale di magistratura, può poi fissare nei bandi i criteri concreti per stabilire i requisiti di legittimazione per trasferirsi, in linea con la normativa primaria.

Ne deriva che è del tutto fisiologico che il Consiglio, nella procedura “speciale” per la copertura delle sedi disagiate, verifichi il quadro nazionale delle scoperture degli uffici, ponderi gli interessi pubblici coinvolti e individui requisiti concreti di legittimazione e di selezione dei magistrati.

Detto altrimenti, il CSM, al fine di garantire il servizio giustizia, deve poter modulare i trasferimenti d’ufficio assicurando che gli incentivi siano attribuiti in modo tale da coprire gli uffici disagiati, senza che tale copertura avvenga a danno di altri uffici di cui, in precedenza, è stata ugualmente verificata la criticità con la qualifica di sede “disagiata”.

Ma se così è, è stata corretta l’interpretazione propugnata dal Consiglio.

9. La delibera, in modo del tutto coerente con la finalità della soprarichimata normative, ha rilevato che “….ove la sede sia stata dichiarata disagiata negli ultimi quattro anni, deve escludersi la possibilità di trasferimento anche per chi vi presti servizio da più di un quadriennio…. l’interpretazione della locuzione “magistrati provenienti da sedi non disagiate” come innanzi prospettata, consente di evitare la scopertura di uffici già dichiarati disagiati nel quadriennio, ove l’amministrazione statale sta tuttora versando incentivi economici per garantire la presenza e permanenza dei magistrati trasferiti.”

10. Il ragionamento del CSM è perfettamente logico.

Secondo la delibera, il dies a quo di quattro anni, nel caso di specie, non può che decorrere dalla data in cui si è accertato che la sede aveva i requisiti per essere dichiarata disagiata e non dalla originaria mera presa di possesso (presso una sede che all’epoca non era ancora, per l’appunto, “sede disagiata”).

I magistrati che provengono da sedi come la Procura di Castrovillari, dichiarata disagiata nel 2016 e che hanno preso possesso nel 2015, avendo maturato 4 anni di legittimazione, possono trasferirsi in via ordinaria ad altra sede, inclusa quella della Procura di Benevento, ma non possono trasferirsi presso una sede disagiata con incentivi economici, perché questi si tradurrebbero in un costo inutile per l’Erario, coprendosi l’ufficio dichiarato disagiato (in un momento successive alla presa di possesso) con la contestuale scopertura di un ufficio dichiarato disagiato nel 2016 e così, di fatto, compromettendo lo spirito e la stessa efficacia della disciplina sui piani di copertura delle sedi in questione.

Nè rileva l’art. 194 dell’ordinamento giudiziario, secondo il quale il magistrato ha diritto, in generale, di trasferirsi dopo un quadriennio trascorso presso una sede, posto che la disciplina delle sedi disagiate è una disciplina speciale, la quale prevede un trasferimento d’ufficio aggiuntivo rispetto a quello ordinario, che resta facoltà immutata per l’interessato.

Ritenere diversamente condurrebbe agli esiti paradossali, ben descritti nella memora difensiva depositata dalla difesa erariale.

Va anche soggiunto che, se è necessario che gli uffici già dichiarati disagiati non vengano a sguarnirsi proprio per effetto della pubblicazione di un nuovo bando e dei conseguenti trasferimenti che esso determina, è tuttavia necessario che la preclusione derivante dallo svolgimento di funzioni in un ufficio già dichiarato disagiato sia ragionevolmente limitata nel tempo. In caso contrario, infatti, resterebbero non legittimati anche i magistrati che, ad esempio, fanno parte di un ufficio dichiarato disagiato una sola volta 15 anni prima. Per tale ragione, nel bando del 2019 tale arco temporale è stato limitato a quattro anni, da intendersi necessariamente come decorrenti da quando la sede è stata individuata come “sede disagiata”.

La tesi propugnata dall’esponente non può dunque essere condivisa, laddove, si ripete, assume che, anche per chi proviene da sede dichiarata disagiata successivamente alla presa di possesso dell’istante, i quattro anni decorrano dalla data della detta presa di possesso del magistrato in un ufficio che a quella data era semplice sede “ordinaria”.

11. L’infondatezza del motivo di ricorso conduce al rigetto dell’impugnazione.

Sussistono tuttavia i presupposti di legge per compensare le spese di lite tra le parti in causa.

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