TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-06-24, n. 202107603

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-06-24, n. 202107603
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202107603
Data del deposito : 24 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/06/2021

N. 07603/2021 REG.PROV.COLL.

N. 11296/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11296 del 2020, proposto da
L C, rappresentato e difeso dall'avvocato M D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Mordini 14;

contro

Corte dei Conti, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, Presidenza della Repubblica, non costituiti in giudizio;

nei confronti

A C, rappresentato e difeso dall'avvocato Piero Sandulli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 265 del 15 ottobre 2020, assunta nell'Adunanza straordinaria del 13 ottobre 2020, con la quale “il Presidente di Sezione A C è [stato] nominato Procuratore Generale della Corte dei conti”;
del decreto del Presidente della Repubblica del 19 ottobre 2020;
di ogni altro atto connesso a quelli impugnati in via principale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Corte dei Conti, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di A C;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 28 aprile 2021 la dott.ssa Francesca Petrucciani in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 4 del d.l. 28/2020, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della l. 25 giugno 2020, n. 70, cui rinvia l’art. 25 d.l. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe è stata impugnata la delibera n. 265 del 15 ottobre 2020, adottata a seguito dell’adunanza del 13 ottobre 2020, con cui il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti ha nominato il controinteressato Procuratore generale della Corte dei conti.

Il ricorrente ha esposto che secondo quanto stabilito dall’interpello per la nomina a Procuratore generale, deliberato dal Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti nell’adunanza del 26 giugno 2020, per la nomina dovevano applicarsi i criteri previsti dall’art. 32, commi 1 e 3, della delibera n. 231 del 5 novembre 2019, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla delibera del 1° giugno 2020 n. 136.

Tale disposizione prevedeva, alla lett. a), un meccanismo predefinito per la valutazione dell’anzianità nel ruolo di Presidente (“1 punto per ogni anno e tanti dodicesimi di punto per quanti sono i mesi eccedenti un anno intero”) e, alla lettera b), un “punteggio discrezionale, da attribuire con giudizio motivato (…) sulla base di una valutazione di prevalenza della particolare attitudine alle funzioni da assegnare, desumibile dall'insieme delle doti culturali e dalla natura e varietà delle attività svolte, delle funzioni analoghe esercitate e degli incarichi ricoperti, nonché delle assegnazioni aggiuntive svolte e della partecipazione ai collegi delle Sezioni Riunite in qualità di estensore, le une e gli altri come risultanti dal fascicolo personale d'ufficio, dall'audizione dei candidati (…) dal documentato curriculum prodotto dall'interessato, che dovrà contenere tutti gli elementi necessari per le valutazioni del Consiglio ed al quale vengono allegati tre provvedimenti ritenuti significativi dal candidato sulla qualità del lavoro svolto, dalle autorelazioni e dai dati di monitoraggio acquisiti dalla competente Commissione consiliare”.

Tale punteggio discrezionale doveva essere attribuito, ai sensi dell’art. 18, comma 5, della delibera 52/CP/2019, a scrutinio segreto.

Nella adunanza straordinaria del 29 luglio 2020, il ricorrente e gli altri Presidenti di Sezione che avevano presentato istanza di partecipazione alla procedura concorsuale erano stati sentiti in audizione, come stabilito dal bando, ma il Consiglio di presidenza non aveva provveduto alla nomina;
a seguito della nomina del nuovo Presidente della Corte dei Conti veniva disposta per la seduta del Consiglio di presidenza del 13 ottobre 2020 una seconda audizione dei candidati, all’esito della quale era stato nominato Procuratore generale il Presidente di Sezione della Corte dei conti A C;
la delibera di nomina veniva poi adottata in data 15 ottobre 2020, sebbene il verbale della seduta consiliare fosse stato approvato solo successivamente, in data 4 novembre.

Nella delibera veniva premesso che occorreva “ privilegiare il magistrato che abbia svolto significative funzioni all'interno sia della Procura Generale sia delle Procure regionali, perché si impone la necessità di un'approfondita conoscenza delle funzioni requirenti che implica anche quella delle complesse attività e delle problematiche che concernono l'attività istruttoria delle Procure ”, dando così prevalenza alla “ varietà delle funzioni svolte con un riguardo primario alle funzioni requirenti ”;
si dava quindi atto che “ all'unanimità dei componenti, il Consiglio ha deliberato di attribuire il punteggio discrezionale al Presidente di Sezione A C, il quale ha raggiunto un risultato complessivo superiore a quello riportato dagli altri candidati, ottenuto sommando il punteggio di anzianità con quello discrezionale ”;
la nomina era stata motivata evidenziando che “ il profilo del Presidente A C coincide con quello sopra delineato per le esperienze maturate, in misura prevalente rispetto agli altri candidati, avendo svolto le proprie funzioni non solo presso le Procure regionali - in specie con l'attivazione della neoistituita Procura regionale per la Calabria, con lo svolgimento delle funzioni di Procuratore regionale per la Toscana e di Vice procuratore generale presso la Procura Lazio per numerosi anni - ma in principal modo presso la stessa Procura generale per un lasso di tempo, oltre un decennio a tempo pieno e quattro anni in aggiuntiva, superiore agli altri candidati acquisendo, perciò, un'approfondita conoscenza delle funzioni requirenti, sia a livello periferico sia a livello generale e partecipando alla funzione di coordinamento presso il servizio coordinamento Procure regionali, avendo contribuito, infine, in maniera considerevole alla stesura del Codice di giustizia contabile, in qualità di componente della Commissione ex art. 20, comma 4, della legge n. 124 del 2015, e cumulando un'esperienza professionale anche nella funzione del controllo ex art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259 in enti di elevata complessità ”.

Il ricorrente aveva formulato istanza di accesso, prendendo conoscenza degli atti della procedura, che ha impugnato per i seguenti motivi:

I - Violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, lett. a) della delibera n. 231/2019: omessa valutazione della “anzianità nella qualifica di Presidente di Sezione”. Sviamento ed eccesso di potere.

La delibera impugnata aveva omesso di considerare il criterio principale che la norma regolamentare citata e riprodotta nel bando poneva a base della scelta da effettuare per l’individuazione del Procuratore Generale, ovvero “l’anzianità nella qualifica di Presidente di Sezione”, che il comma 1 dell’art. 32, stabilisce essere il primo criterio valutativo da tener presente nella scelta.

Benché, quindi, il bando di concorso richiamasse espressamente i criteri contenuti nella delibera n. 231/CP/2019, all’art. 32, commi 1 e 3, il Consiglio di Presidenza non aveva fatto corretta applicazione delle indicate disposizioni regolamentari.

Nella fattispecie il criterio della “anzianità nella qualifica di Presidente di Sezione” di cui al richiamato comma 1, lett. a), era stato pretermesso nella valutazione effettuata, in quanto il controinteressato occupava solo il sesto posto (con punti 5,67) nella graduatoria di anzianità dei candidati con qualifica di Presidente di Sezione, laddove il ricorrente si trovava al primo posto (con punti 9,42). Il Presidente C vantava quindi, in suo favore, una differenza di 3,75 punti in più, corrispondenti ad una maggiore anzianità di servizio nelle funzioni direttive di 3 anni ed otto mesi in più rispetto al controinteressato.

Inoltre, svolgendo il ricorrente funzioni direttive da un lasso di tempo (febbraio 2011) considerevolmente maggiore rispetto al controinteressato (ottobre 2014), aveva evidentemente maturato una più lunga esperienza nell’organizzazione e gestione di uffici direttivi, parametro che costituiva uno dei criteri previsti per l’attribuzione del punteggio discrezionale ai sensi dell’art. 32, comma 1, lett. b1), criterio che – unitamente a quello dell’anzianità nella qualifica ex lett. a) – il Consiglio di Presidenza avrebbe omesso di valutare.

Inoltre, il criterio di selezione fondato sull’esercizio “delle funzioni requirenti” non era previsto né dalla norma regolamentare citata, né dal bando della procedura per il posto di Procuratore generale, sicché non avrebbe potuto essere elevato a criterio discretivo per la nomina;
la delibera avrebbe quindi assolutizzato un criterio di prevalenza non previsto, quanto meno in detti termini, né dalla delibera n. 231/CP/2019, né dall’interpello.

La concessione del punteggio discrezionale nella misura massima e all’unanimità (1,50 per nove componenti del consesso) in applicazione aveva quindi vanificato il criterio principale dell’anzianità di servizio nella qualifica direttiva.

II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, lett. b) della delibera n. 231/2019. Errata interpretazione ed illegittimità manifesta nell’attribuzione del punteggio discrezionale.

Se, come detto, l’art. 32, comma 1 lett. a) imponeva di considerare l’anzianità di servizio nell’esercizio delle funzioni direttive con l’attribuzione di un punteggio automatico (“1 punto per anno …), la lett. b) dello stesso comma 1 prevedeva, in aggiunta, l’attribuzione di un “punteggio discrezionale” da riconoscersi “con giudizio motivato” sulla base di criteri concorrenti ivi analiticamente indicati, da valutarsi tutti congiuntamente e non alternativamente.

Nello specifico, invece, l’attribuzione dell’intero punteggio discrezionale esclusivamente al controinteressato, non avendone usufruito alcun altro dei candidati, si sarebbe basata sulla isolata ed illegittima “supervalutazione” di un solo criterio sul quale – in deroga al proclamato criterio della “varietà delle funzioni svolte”, solo formalmente richiamato – si sarebbe sostanzialmente incentrata la scelta.

Nella fattispecie l’effettivo ed unico criterio che aveva orientato il Consiglio nella “valutazione di prevalenza della particolare attitudine alle funzioni da assegnare” sembrava essere stato, infatti, quello delle “funzioni analoghe esercitate”, individuate nello specifico in quelle “requirenti”.

Tuttavia, inquadrando tale disposizione nel contesto dell’ordinamento della carriera della magistratura contabile, l’analogia delle funzioni avrebbe dovuto essere considerata avendo riguardo alla dicotomia tra funzioni di controllo e giurisdizione, costituzionalmente riconosciuta, poiché la carriera dei magistrati contabili era stata da sempre suddivisa nelle due aree del controllo e della giurisdizione, mentre l’area “giurisdizionale” era unica e comprendeva indistintamente sia le funzioni giudicanti che quelle requirenti.

Pertanto, “le funzioni analoghe” alle “funzioni da assegnare”, cui faceva riferimento l’art. 32, comma 1, lett. b) del regolamento, sarebbero le funzioni giurisdizionali, e non esclusivamente quelle requirenti.

Non solo, ma avrebbero dovuto essere considerate le sole “funzioni giurisdizionali direttive”, vale a dire quelle svolte con la qualifica di Presidente di Sezione, tenuto conto che la lettera b1) del comma 1 dell’art. 32 faceva espresso riferimento “alle capacità organizzative dimostrate nell’esercizio delle funzioni direttive … di cui il candidato abbia dato prova nelle precedenti assegnazioni da Presidente di Sezione”.

Al riguardo, il dott. C aveva svolto funzioni giurisdizionali sia in primo grado che in Procura Generale quando ancora non aveva la qualifica di Presidente di Sezione e, nel periodo in cui aveva rivestito l’incarico di Procuratore Regionale della Toscana, aveva la qualifica di vice procuratore generale (alias consigliere), sicché anche tale funzione non poteva rilevare, trattandosi all’epoca di incarico semi-direttivo;
successivamente, dal momento della promozione a Presidente di Sezione (16.12.2014), il controinteressato non aveva più svolto funzioni giurisdizionali di tipo requirente, ma solo quelle giudicanti, al pari del ricorrente.

III. Omessa valutazione comparativa, indebita attribuzione del punteggio discrezionale, ulteriore violazione e falsa applicazione dei criteri previsti dall’art. 32, comma 1, lett. b) della delibera n. 231/2019. Disparità di trattamento.

Gli ulteriori criteri di valutazione richiamati dall’art. 32, costituiti dalle “doti culturali” del candidato, “dalla natura e varietà delle attività svolte”, “dagli incarichi ricoperti”, “dalle assegnazioni aggiuntive svolte” sarebbero stati solo formalmente evocati nella delibera n. 265/2020, non essendo stati in concreto utilizzati ai fini della motivazione della nomina.

Nella delibera mancava, altresì, ogni riferimento alla “partecipazione ai collegi delle Sezioni Riunite in qualità di estensore”, altro dei criteri previsti dalla fonte regolamentare per l’attribuzione del punteggio discrezionale, mentre il ricorrente era stato anche co-relatore ed estensore nel supremo Collegio contabile.

Ancora, nel provvedimento impugnato difettava qualsiasi riscontro della sussistenza in capo al controinteressato “dei criteri di capacità, laboriosità e diligenza fissati nella delibera n. 74/CP/2014 con particolare riferimento all’ultimo quinquennio”, che costituivano un ulteriore requisito richiesto dalla lettera b) della citata norma regolamentare per l’attribuzione del punteggio discrezionale.

IV. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, lett. b-1) e b-2) della deliberazione n. 231/2019. Disparità di trattamento.

Per l’attribuzione del punteggio discrezionale l’articolo 32, comma 1, lett. b), disponeva che dovesse tenersi conto dei criteri di cui alle lettere b1) e b2) e, quindi, delle “capacità organizzative dimostrate nell’esercizio di funzioni direttive …”, ex b1), e della “capacità professionale…”, ex b2).

Dalla delibera 265/2020 non emergeva, invece, alcun dato conoscitivo sulle “capacità organizzative” dimostrate dal controinteressato “nell’esercizio di funzioni direttive”;
né avrebbe potuto assumere rilievo, al riguardo, la partecipazione del controinteressato “alla funzione di coordinamento presso il servizio coordinamento Procure Regionali” durante la pregressa esperienza dal medesimo svolta (da referendario fino a consigliere) presso l’ufficio di Procura generale, in quanto tale funzione era esclusiva pertinenza dell’Organo di vertice della Procura che la gestiva in prima persona, proprio per la rilevanza esterna e su base nazionale che la stessa rivestiva.

Quanto alla partecipazione alla Commissione per la redazione del nuovo Codice di giustizia contabile, richiamata in favore del controinteressato, il ricorrente ha rilevato di essere stato componente della stessa Commissione di cui all’articolo 20, comma 4, della legge n. 124 del 2015, ricostituita per la stesura del “correttivo” del codice di giustizia contabile, di cui al decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114 e, per di più, correlatore e coestensore della delibera delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n. 6 del 2018, che aveva individuato le modifiche da sottoporre alla Commissione di cui sopra.

Allo stesso modo, quanto all’esperienza professionale maturata nell’Area del controllo ex art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259, anche il ricorrente aveva svolto le funzioni di magistrato delegato al controllo in vari enti, tra i quali la RAI s.p.a..

V. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del Regolamento del Consiglio di Presidenza (del. n. 52/2019).

La delibera n. 265/2020 del 15.10.2020 sarebbe illegittima anche laddove, in coda alla parte motiva, recita “Vista la sintesi dell’adunanza del 13 ottobre 2020 ...”: nel caso specifico, infatti, la sintesi dell’adunanza del 13 ottobre 2020 recava solo il nome del vincitore della procedura concorsuale, mentre il verbale della suddetta adunanza era stato redatto successivamente ed approvato nella seduta consiliare del 4 novembre.

Tuttavia, ai sensi dell’art. 21, comma 3 del Regolamento anzidetto, il verbale delle sedute non pubbliche del Consiglio doveva riportare, tra le altre cose, “la motivazione collegiale delle deliberazioni adottate”, di tal che avrebbe dovuto essere approvato prima dell’adozione del provvedimento finale.

Si sono costituiti la Corte dei Conti e il controinteressato A C eccependo l’inammissibilità del ricorso, con riferimento alla insindacabilità delle valutazioni di merito del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, e chiedendone, comunque, il rigetto.

All’udienza del 28 aprile 2021, mediante collegamento da remoto in videoconferenza, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Deve preliminarmente essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso.

Lo scrutinio delle deliberazioni per il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi, da parte degli organi di autogoverno, deve infatti ritenersi ammissibile, purché entro i confini funzionali propri del sindacato giurisdizionale consentito, ossia – in generale - in relazione al riscontro dell'esattezza dei presupposti di fatto, del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni, e, in definitiva, dell'esistenza, congruenza e ragionevolezza della motivazione, senza per questo trasmodare in un diretto apprezzamento che si estrinsechi in una valutazione specifica di merito. Il sindacato giurisdizionale di legittimità su tali deliberazioni è, quindi, consentito nella misura in cui assicuri la verifica del corretto e completo apprezzamento dei presupposti giuridico-fattuali costituenti il quadro conoscitivo considerato ai fini della valutazione, la coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni cui è pervenuta la deliberazione, la logicità della valutazione, l'effettività della comparazione tra i candidati, la sufficienza della motivazione (Tar Lazio, Sez. I, sentenze nn. 1866/2021, 14074/2019;
Cons. Stato, Sez. IV, 11.2.16, n. 607).

Nella specie, le censure proposte, pur afferendo anche a considerazioni che impingono nel merito della valutazione, sollevano comunque, così come prospettate, profili di illegittimità e difetto di motivazione che, come tali, non possono ritenersi inammissibili ma devono essere vagliate nel merito.

Con il ricorso in epigrafe è stata impugnata la delibera del 15 ottobre 2020 con cui il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, all’esito dell'adunanza del 13 ottobre 2020, ha nominato il Procuratore generale della Corte dei conti nella persona del controinteressato.

Come stabilito dal relativo interpello, i criteri per la nomina erano quelli previsti dalla delibera n. 231/CP/2019 del 5 novembre 2019 e, in particolare, dall’art. 32, commi 1 e 3, di tale delibera, secondo cui ad ogni candidato sono attribuiti due punteggi, uno per l’anzianità, pari a “ 1 punto per ogni anno e tanti dodicesimi di punto per quanti sono i mesi eccedenti un anno intero ” ed uno discrezionale “ da attribuire con giudizio motivato (…) stabilito in punti 1,00 per ciascun componente del Consiglio di presidenza. Il punteggio discrezionale viene attribuito sulla base di una valutazione di prevalenza della particolare attitudine alle funzioni da assegnare, desumibile dall'insieme delle doti culturali e dalla natura e varietà delle attività svolte, delle funzioni analoghe esercitate e degli incarichi ricoperti, nonché delle assegnazioni aggiuntive svolte e della partecipazione ai collegi delle Sezioni Riunite in qualità di estensore, le une e gli altri come risultanti dal fascicolo personale d'ufficio, dall'audizione dei candidati, ove prevista nel bando, dal documentato curriculum prodotto dall'interessato, che dovrà contenere tutti gli elementi necessari per le valutazioni del Consiglio ed al quale vengono allegati tre provvedimenti ritenuti significativi dal candidato sulla qualità del lavoro svolto, dalle autorelazioni e dai dati di monitoraggio acquisiti dalla competente Commissione consiliare ”.

Ai fini dell’assegnazione del punteggio discrezionale è quindi previsto che ciascun membro del Consiglio attribuisca personalmente ad un solo candidato il punteggio di 1,50, come precisato per la nomina del Procuratore generale dal terzo comma della disposizione citata.

Pertanto, il punteggio complessivo riportato dai candidati deriva in parte da una attività vincolata di mera ricognizione della anzianità maturata nell’una o nell’altra area istituzionale;
e, per l’altra parte, dalla valutazione individuale dei componenti, ognuno dei quali attribuisce il punteggio aggiuntivo a sua disposizione al candidato ritenuto in possesso di maggiore attitudine alla funzione da assegnare.

In tal modo, il punteggio fisso riportato è correlato allo stato di servizio maturato in una certa area, mentre il punteggio discrezionale dipende dal fatto che questo stato di servizio (per la natura degli incarichi assolti e per il suo coniugarsi con doti culturali e di versatilità professionale) denoti attitudine al nuovo incarico.

Se, quindi, nella prima ricognizione il servizio prestato rileva in modo unitario e sotto un profilo essenzialmente quantitativo, in sede (di attribuzione del punteggio) discrezionale tale servizio va scrutinato analiticamente ed in termini qualitativi, onde verificare in chiave prognostica se lo stesso sia espressivo di migliore attitudine alla nuova funzione (T.a.r. Lazio, sez. I, sentenza n. 5667/2009, con riferimento ad analoga modalità di attribuzione dei punteggi per precedenti nomine).

Sulla base dei soli punti assegnati per l’anzianità il ricorrente è risultato collocato al primo posto della graduatoria parziale, con 9,42 punti, mentre il Pres. C ha ottenuto il sesto posto, con punti 5,67;
i componenti il Consiglio di Presidenza hanno però espresso la loro preferenza nei confronti del Pres. C, ciascuno attribuendogli i punti 1,50 previsti in sede di interpello, per un totale di 13,50 punti;
in tal modo il controinteressato è risultato collocato al primo posto con 19,17 punti (5,67+13,50).

Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso è stato lamentato che il Consiglio di Presidenza avrebbe indebitamente pretermesso, nell’operare la comparazione tra i candidati ai fini della nomina, il criterio dell’anzianità nella qualifica di Presidente di Sezione, cui andrebbe assegnato rilievo decisivo.

Tuttavia, come sopra accennato, la disciplina prevista per la nomina non prevede affatto la prevalenza del criterio dell’anzianità, in quanto il citato art. 32 della deliberazione 231/CP/2019 stabilisce che ad ogni candidato debba essere assegnato un doppio punteggio, in parte derivante dall’anzianità di ruolo, in parte dall’attribuzione discrezionale del coefficiente previsto (1,50 punti) da parte di ciascun componente del Consiglio di Presidenza, sulla base di una molteplicità di fattori;
nella fattispecie la differenza del punteggio discrezionale ha assorbito il divario del punteggio per anzianità, nel rispetto dei criteri previsti, che risultano equiordinati.

Con riferimento a tale modalità di assegnazione dei punteggi si è già espressa la giurisprudenza di questo Tribunale e del Consiglio di Stato, rilevando come “ricostruendo in chiave funzionale il senso delle norme, può in sintesi dirsi che il punteggio complessivo dei candidati deriva per una parte da una attività vincolata di mera ricognizione della anzianità maturata nell'una o nell'altra area istituzionale;
per l'altra parte dalla valutazione individuale dei componenti, ognuno dei quali attribuisce il punteggio aggiuntivo a sua disposizione al candidato che ritiene in possesso di maggiore attitudine al posto-funzione da assegnare” (Tar Lazio, Roma, 16 giugno 2009, n. 5667).

Quanto, poi, al fatto che il punteggio aggiuntivo sia stato assegnato da tutti i componenti dell’organo ad un unico candidato, il Consiglio di Stato ha osservato, a fronte di analoga situazione, che l’unanimità dei consensi dei votanti nell’attribuzione del punteggio discrezionale non palesa alcuna illegittimità ma, anzi, denota una considerazione consapevole, in sede di espressione del voto, delle risultanze emergenti dal fascicolo personale dei candidati, sulla cui base il Consiglio di Presidenza conferisce l’incarico (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 1509/2006 ).

Pertanto, considerato che, sulla base delle disposizioni regolamentari e di bando richiamate, al Consiglio di Presidenza non è attribuito un potere di procedere “all’assegnazione” del posto prescindendo dai dati numerici emergenti dalla graduatoria, appare chiaro come la delibera, nella parte in cui afferma di procedere alla individuazione del magistrato a cui conferire l’incarico, ha un mero valore ricognitivo della sussistenza, in capo al nominato, del miglior risultato conseguito all’esito del calcolo automatico dell’anzianità e del punteggio discrezionale, senza che alcuna delle due componenti possa avere precedenza sull’altra.

Con un secondo ordine di censure è stato contestato che la delibera impugnata, nel motivare le ragioni di preferenza, affermando di dover privilegiare “ il magistrato che abbia svolto significative funzioni all’interno sia della Procura Generale sia delle Procure regionali, perché si impone la necessità di un’approfondita conoscenza delle funzioni requirenti che implica anche quella delle complesse attività e delle problematiche che concernono l’attività istruttoria delle Procure ”, avrebbe introdotto surrettiziamente un criterio non previsto dalla normativa e confliggente con l’assetto della carriera dei magistrati della Corte.

Anche tale censura è infondata.

Nella fattispecie il bando per la selezione del Procuratore Generale prevedeva che si dovesse tenere conto, nell’assegnazione del punteggio, anche della “ capacità professionale nelle materie di competenza della Sezione di cui si tratta, acquisita in tutta l'attività di magistrato della Corte dei conti, da accertare mediante valutazione dell'attività svolta nel settore e della completezza dell'esperienza professionale acquisita attraverso la partecipazione in senso ampio alle attività del settore stesso ”, ovvero, trattandosi di interpello per la nomina del Procuratore generale, nell’ambito degli uffici requirenti.

La rilevanza particolare delle funzioni svolte rispetto al posto da ricoprire costituisce quindi un criterio espressamente applicabile alla procedura in questione, affatto estraneo rispetto alla valutazione rimessa al Consiglio di Presidenza;
ciò, del resto, risponde alla logica esigenza di individuare, mediante la valutazione discrezionale dell’organo a ciò preposto, la figura che meglio rispecchia le attitudini necessarie per il ruolo da assegnare, tanto più a fronte di incarichi apicali come quello in esame.

Dal verbale della seduta del 13 ottobre 2020 risulta espressamente l’enunciazione, quale criterio da seguire nella scelta, dell’« esperienza maturata in Procura generale, perché le funzioni del Procuratore generale sono molto precise, dettagliate e dettate dalle norme;
in questo senso, la maggiore esperienza maturata nella Procura generale potrebbe essere il criterio giusto per orientare la scelta, più delle questioni che attengono ad altre funzioni che però non sono l'oggetto principale delle funzioni di un Procuratore generale
» (come emerge dalle dichiarazioni del Cons. Chiarenza, poi condivise da tutti i componenti del Consiglio).

Allo stesso modo il Presidente della Corte dei conti, nel suo intervento, ha evidenziato che « la scelta del Procuratore generale è sicuramente più complessa per le rilevantissime funzioni che questa figura è chiamata a svolgere e che si riflettono anche all’esterno, sull'intero territorio nazionale … si dovrebbe privilegiare un collega forte di un’esperienza svolta sia nell’ambito della Procura generale sia in quello delle Procure regionali, in quanto le funzioni del Procuratore generale implicano un’approfondita conoscenza delle funzioni requirenti, che non si limitano esclusivamente all’attività che viene svolta con il deposito dell’atto di citazione, ma che comprendono anche complesse attività in fase istruttoria che spesso sfuggono a quei colleghi che non hanno svolto attività requirente » (pag. 35 del verbale).

Va anche evidenziato che l’aver svolto funzioni requirenti non è stato certo l’unico aspetto considerato ai fini della scelta, essendo stati soppesati anche tutti gli altri elementi del percorso professionale degli interessati, secondo quanto disposto dal citato art. 32, e le attività svolte nel corso della carriera, sicché, anche sotto tale profilo, la doglianza deve essere disattesa.

Con il secondo motivo è stata contestata, altresì, l’illegittima individuazione, nel contesto ordinamentale della Corte dei Conti, delle funzioni analoghe come “funzioni requirenti”, anziché come “funzioni giurisdizionali” tout court , da contrapporre alle funzioni di controllo.

Al riguardo si osserva che, pur nella correttezza della ricostruzione operata dal ricorrente della carriera dei magistrati della Corte, ripartita essenzialmente tra funzioni giurisdizionali e funzioni di controllo, l’avere il Consiglio di Presidenza dato rilievo, nell’ambito delle omologhe funzioni giurisdizionali da valutare ai fini del conferimento dell’incarico, alla sottocategoria delle funzioni giurisdizionali requirenti, trattandosi di nomina del Procuratore generale, costituisce una esplicazione del potere discrezionale attribuito all’Organo consiliare del tutto logica e ragionevole, che non travalica in alcun modo l’ambito di valutazione tipico dell’attività esercitata.

Viene in rilievo, in merito, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “le deliberazioni degli organi di autogoverno, o di amministrazione, delle magistrature in ordine ai requisiti attitudinali di più candidati al medesimo posto sono espressione di un’ampia valutazione discrezionale, in quanto esse esprimono valutazioni complessive che tendono ad individuare sia il totale e sintetico carattere delle prestazioni rese dal candidato, sia la sua maggiore o minore idoneità a ricoprire il posto a cui lo stesso aspira, per cui il sindacato del giudice amministrativo non può che arrestarsi agli aspetti formali del procedimento ovvero intervenire nelle ipotesi in cui le conclusioni raggiunte dall’Amministrazione siano affette da macroscopica illogicità od evidente ingiustizia o, infine, si pongano in contrasto con le risultanze documentali in atti” (Tar Lazio, Roma, sez. I, 7 settembre 2020, n. 9341;
Consiglio di Stato, 11 dicembre 2017, n. 5828).

L’ampiezza dei poteri discrezionali dell’Organo di autogoverno, infatti, delimita gli spazi di sindacato del giudice amministrativo, a cui restano preclusi sia il riesame delle valutazioni effettuate dall’Organo, sia il sindacato sulla maggiore o minore attitudine dei candidati, una volta che sia stata acclarata la logica consequenzialità della compiuta valutazione consiliare.

Così delimitato l’ambito della valutazione spettante al Tribunale, non può non rilevarsi che l’individuazione, sotto il profilo dell’attitudine a rivestire l’incarico messo a concorso, delle funzioni requirenti, nell’ambito della più ampia categoria delle funzioni giurisdizionali, come “funzioni analoghe” a quelle da ricoprire, non solo non evidenzia alcuna illogicità ma, anzi, si palesa più che appropriata e congruente rispetto alle finalità, prese di mira dalla normativa che disciplina tali nomine, di individuare il soggetto più adeguato a svolgere il ruolo oggetto del concorso.

Al riguardo si consideri, altresì, che la stessa delibera che ha fissato i criteri di valutazione costituisce, al pari di quelle di contenuto analogo adottate, per il conferimento degli incarichi direttivi, dal Consiglio Superiore della Magistratura, non un atto di natura regolamentare, cioè un atto normativo, ma “un atto amministrativo di autovincolo nella futura esplicazione della discrezionalità dell’organo consiliare a specificazione generale di fattispecie in funzione di integrazione o anche suppletiva dei principi specifici espressi della legge, vale a dire soltanto una delibera che vincola in via generale la futura attività dell’organo di governo autonomo” (così, tra le altre, Cons. Stato, sez. V, I febbraio 2021, n. 913;
16 novembre 2020, n. 7098;
Tar lazio, sez. I, sentenze nn. 3533/2021 e 2994/2021).

Esso non reca, cioè, norme giuridiche, limitandosi a porre “criteri per un futuro e coerente esercizio della discrezionalità valutativa dell’organo di governo autonomo: sicché un successivo contrasto con le sue previsioni non concretizza una violazione di precetti, ma un discostamento da quei criteri che, per la pari ordinazione dell’atto e il carattere astratto del primo, va di volta in volta giustificato e seriamente motivato” (così Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 2020, n. 3213;
Id., sez. V, 15 luglio 2020, n. 4584).

Nella specie, la considerazione delle funzioni requirenti svolte, oltre a non presentare, come detto, indici di irragionevolezza, è stata dal Consiglio di Presidenza dettagliatamente motivata, con le notazioni sopra riportate, sicché, anche sotto tale profilo, non sono ravvisabili i vizi denunciati.

Né coglie nel segno la tesi secondo cui, ai fini della nomina, si dovrebbero considerare, in modo ancor più circoscritto, le sole “funzioni giurisdizionali direttive”, vale a dire quelle svolte con la qualifica di Presidente di Sezione, direttive essendo le funzioni del Procuratore generale.

Tale interpretazione dell’art. 32 comporterebbe, infatti, una sovrapposizione tra i due criteri dell’anzianità e del merito che invece costituiscono, come sopra evidenziato, due diversi parametri che compongono il punteggio finale;
così costruito il sistema di valutazione, non avrebbe senso considerare, ai fini della lett. b), la medesima anzianità nelle funzioni direttive che costituisce il presupposto dell’assegnazione del punteggio automatico previsto dalla lett. a), poiché in tal modo i due punteggi verrebbero assegnati sulla base dello stesso criterio, che verrebbe considerato due volte.

La ratio della disposizione è invece proprio quella di far confluire in un unico punteggio due differenti valutazioni, quella dell’anzianità nelle funzioni direttive, mediante un coefficiente matematico, e quella attitudinale del complesso dell’attività svolta durante il percorso di carriera, come indice della adeguatezza a ricoprire il posto, mediante il punteggio discrezionale.

Tant’è che proprio la lett. b1) del comma 1 dell’art. 32, citata dal ricorrente, fa riferimento, come uno dei subcriteri di assegnazione del punteggio discrezionale, “alle capacità organizzative dimostrate nell’esercizio delle funzioni direttive … di cui il candidato abbia dato prova nelle precedenti assegnazioni da Presidente di Sezione” e, quindi, ad un dato attitudinale espresso nel periodo in cui si sono ricoperte le funzioni direttive, e non alla mera anzianità di servizio.

Con la terza e quarta doglianza, che possono essere esaminate congiuntamente, il ricorrente ha dedotto che gli ulteriori criteri di valutazione richiamati dall’art. 32, costituiti dalle “doti culturali” del candidato, “dalla natura e varietà delle attività svolte”, “dagli incarichi ricoperti”, “dalle assegnazioni aggiuntive svolte” sarebbero stati solo formalmente evocati nella delibera n. 265/2020, non essendo stati in concreto utilizzati ai fini della motivazione della nomina;
dalla delibera non emergerebbe, inoltre, alcuna menzione delle “capacità organizzative” dimostrate dal controinteressato “nell’esercizio di funzioni direttive”, dalla data di promozione alla qualifica di Presidente di Sezione e negli uffici dal medesimo diretti con tale qualifica.

In merito deve rimarcarsi che, a fronte dell’attività discrezionale del Consiglio di Presidenza nell’individuazione del profilo più adeguato al ruolo da ricoprire, è precluso al giudicante ogni sindacato nel merito delle determinazioni riservate all’Amministrazione, dovendo il vaglio giurisdizionale limitarsi a verificare se le stesse siano – o meno – inficiate da profili di abnormità o illogicità, che nella specie non è dato ravvisare.

Dalla lettura della delibera impugnata emerge infatti come, nel corso dell’adunanza del 13 ottobre 2020, si è proceduto, in primo luogo, all’audizione dei candidati, condotta dal Presidente della Corte e consistita, per ciascuno degli aspiranti, in una sintetica esposizione della propria esperienza professionale presso la Corte dei conti, integrata, di volta in volta, su domanda del Presidente stesso o di altri componenti, dall’illustrazione di questioni tecniche e programmatiche riguardanti il funzionamento della Corte o le funzioni del Procuratore generale.

Ultimate le audizioni sono state esaminate le carriere professionali dei singoli candidati e all’esito di un’approfondita discussione i Consiglieri hanno proceduto a esprimere, con voto segreto, le singole preferenze, sulla base delle quali, tenuto conto anche del punteggio parziale già conseguito per anzianità, è stato individuato il magistrato da nominare.

La lettura del verbale della seduta del 13 ottobre 2020 dimostra che sono stati ampiamente esaminati i profili dei candidati e che su tale base i componenti il Plenum, all’unanimità, hanno assegnato il punteggio discrezionale ai fini della nomina al Pres. C.

Diversi, infatti, sono stati i profili menzionati nel corso della discussione dai componenti del Consiglio di Presidenza, poi sussunti nella motivazione a base della nomina, in base ai quali a questi avrebbe dovuto essere attribuito il posto di Procuratore generale della Corte dei conti, quali “ le esperienze maturate, in misura prevalente rispetto agli altri candidati, avendo svolto le proprie funzioni non solo presso le Procure regionali - in specie con l'attivazione della neoistituita Procura regionale per la Calabria, con lo svolgimento delle funzioni di Procuratore regionale per la Toscana e di Vice procuratore generale presso la Procura Lazio per numerosi anni - ma in principal modo presso la stessa Procura generale per un lasso di tempo, oltre un decennio a tempo pieno e quattro anni in aggiuntiva, superiore agli altri candidati acquisendo, perciò, un'approfondita conoscenza delle funzioni requirenti, sia a livello periferico sia a livello generale e partecipando alla funzione di coordinamento presso il servizio coordinamento Procure regionali, avendo contribuito, infine, in maniera considerevole alla stesura del Codice di giustizia contabile, in qualità di componente della Commissione ex art. 20, comma 4, della legge n. 124 del 2015, e cumulando un'esperienza professionale anche nella funzione del controllo ex art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259 in enti di elevata complessità ”.

Al riguardo deve anche evidenziarsi che secondo la giurisprudenza in materia la norma sul punteggio discrezionale richiede “solo l’esternazione delle ragioni in base alle quali il singolo componente ritiene prevalente l’attitudine dell’uno o altro candidato, non imponendo quindi ad ogni consigliere di procedere ad un confronto analitico fra i vari curricula”. È cioè sufficiente una motivazione che si limiti essenzialmente a “rendere ostensibili in positivo i titoli attitudinali del candidato ritenuto prevalente”, mentre la comparazione tra i candidati in competizione ben “può risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti sopra indicati, con la conseguenza che ove risulti documentalmente avvenuta la presa in esame, per ciascun candidato, dei tratti essenziali e qualificanti dei rispettivi curricula professionali, nonché la valutazione ponderata degli stessi in rapporto allo specifico oggetto di conferimento, ben può ritenersi adeguatamente soddisfatto l’onere di comparazione” (Tar Lazio, sez. I, sentenza n. 6599/2008, che richiama Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 2006, n. 6181, riguardante la copertura di un posto presso una Sezione giurisdizionale centrale di appello, e Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2289, sull’incarico di Procuratore generale aggiunto).

Nella fattispecie, inoltre, viene in rilievo l’orientamento giurisprudenziale in materia di motivazione degli atti degli organi collegiali, per cui la motivazione dell'atto deliberativo collegiale può legittimamente essere desunta dalle opinioni espresse dai singoli componenti dell'organo, che costituiscono esplicazione delle ragioni addotte per suffragare il contenuto della votazione, nel corso della trattazione di ciascun affare sottoposto all'esame dell'organo collegiale (Cons. Stato, Sez. IV, 17.11.15, n. 5236).

Quanto al fatto che non si sarebbe potuto tenere conto della partecipazione del controinteressato “alla funzione di coordinamento presso il servizio coordinamento Procure Regionali”, trattandosi di funzione di esclusiva pertinenza dell’Organo di vertice della Procura, si osserva che il controinteressato era stato a ciò delegato dal Procuratore generale, sicché tale aspetto rientrava tra le attività svolte nel corso della carriera e l’averne tenuto conto non palesa alcuna incongruenza.

Alle stesse conclusioni deve addivenirsi con riferimento alla partecipazione alla Commissione per la redazione del nuovo Codice di giustizia contabile, legittimamente richiamata nell’esame del profilo professionale, senza che tale notazione possa in alcun modo essere inficiata dal fatto che il ricorrente sia stato componente della stessa Commissione di cui all’articolo 20, comma 4, della legge n. 124 del 2015, ricostituita per la stesura del “correttivo” del codice di giustizia contabile, circostanza che non comporterebbe in ogni caso una sua prevalenza sotto tale profilo.

Quanto, poi, all’attribuzione discrezionale di un elevatissimo punteggio esclusivamente al controinteressato, contestata nelle memorie conclusive, che avrebbe comportato in violazione dei “criteri di giudizio” normativamente previsti (ex art. 32, lett. b) e, contestualmente, al mancato riconoscimento di analogo punteggio discrezionale, anche minimo, al ricorrente, si rileva che, come sopra accennato, tale circostanza è dipesa proprio dal meccanismo di assegnazione dei punteggi che disciplina la procedura, secondo il quale ciascuno dei membri del Consiglio di Presidenza assegna il punteggio discrezionale di 1,50 punti (quindi non modulabile) al candidato ritenuto, secondo i criteri riportati, da preferire;
nella fattispecie tutti i componenti dell’organo hanno assegnato tale punteggio, all’unanimità, al controinteressato, e ciò ne ha comportato la nomina con il punteggio superiore ottenuto dalla somma del punteggio discrezionale e di quello per anzianità.

Tale meccanismo, peraltro, è quello che è stato sempre utilizzato per il conferimento degli incarichi direttivi nell’ambito della Corte dei Conti, ed è stato già oggetto di esame, come si evince dalla giurisprudenza citata, in precedenti contenziosi, all’esito dei quali è stata ritenuta legittima, in ragione di tali presupposti, anche l’unanime assegnazione del punteggio (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 1509/2006);
in proposito questo Tribunale ha rilevato che, in questi casi, ciascun membro del Consiglio provvede solo ad attribuire il punteggio discrezionale, da cui poi l’organo collegiale trae la conclusione matematica e necessitata dell’individuazione del candidato che, avendo ricevuto la migliore valutazione numerica, risulti assegnatario del posto (Tar Lazio, sez I, sentenza n. 5068/2017);
la possibilità che la valutazione dell’anzianità venga “neutralizzata” da quella della professionalità è evenienza collegata alla sola ipotesi in cui tutti o quasi tutti i componenti il Plenum attribuiscano i punti 1,50 allo stesso candidato, come si è verificato nel caso sottoposto all’esame del Collegio (Tar Lazio, sez. I, sentenza n. 11569/2015).

Quanto, infine, all’ultimo motivo, relativo all’approvazione del verbale della seduta successiva alla data della deliberazione di nomina, la censura, dedotta in via esclusivamente formale, deve ritenersi come tale inammissibile, non avendo comportato alcun pregiudizio agli interessi del ricorrente.

Il ricorso deve quindi essere respinto.

Ricorrono, tuttavia, in considerazione della peculiarità della vicenda, le ragioni che giustificano la compensazione delle spese di lite.

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