TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2014-02-28, n. 201402405

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2014-02-28, n. 201402405
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201402405
Data del deposito : 28 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08894/2007 REG.RIC.

N. 02405/2014 REG.PROV.COLL.

N. 08894/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8894 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da C L, rappresentato e difeso dall'avv. G T, con domicilio eletto presso G T in Roma, largo Arenula, 34;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Presidenza del Consiglio dei Ministri;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

dei seguenti atti impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio: - nota del Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Politiche del Personale dell'Amministrazione civile e per le Risorse Strumentali e Finanziarie - Direzione Centrale per le Risorse Umane, Area I, prot. n. A/1199, pervenuta alla Prefettura di Ancona in data 9 luglio 2007, con la quale è stata respinta la domanda di partecipazione al bando di mobilità per il personale della carriera prefettizia, presentata dal dott. C L, dirigente di fascia in servizio presso la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Ancona, adducendo quale motivazione che "i posti di funzione inseriti nel predetto bando di mobilità possono essere ricoperti esclusivamente da dirigenti appartenenti alla carriera prefettizia";
- Bando di mobilità per la carriera prefettizia ai sensi del decreto ministeriale 3 dicembre 2003 di data 21 maggio 2007, ove interpretato nel senso di consentire l'accesso ai posti di funzione inseriti nel bando ai soli dirigenti della carriera prefettizia;
- decreto del Ministero dell'Interno del 28 marzo 2007 (‘Modificazioni ed integrazioni al d.m. 4 dicembre 2003, di individuazione dei posti di funzione da conferire ai dirigenti dell'Area I di seconda fascia nell'ambito dell'Amministrazione civile dell'Interno’) ove, nell'individuare gli uffici di livello dirigenziale non generale da attribuire ai dirigenti dell'Area I di seconda fascia nell'ambito dell'Amministrazione civile dell'Interno, fosse interpretato nel senso che i "dirigenti" siano esclusivamente quelli provenienti dal ruolo prefettizio;
- nonché, di tutti gli atti presupposti, antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi;

dei seguenti atti impugnati con memoria recante motivi aggiunti depositata il 22 settembre 2010: - dando di mobilità per la carriera prefettizia ai sensi del decreto ministeriale 3 dicembre 2003 trasmesso con circolare n. 24 del 9 luglio 2010 prot. n. M/6156, ove interpretato nel senso di consentire l'accesso ai posti di funzione inseriti nel bando ai soli dirigenti della carriera prefettizia;
- D.M. 3 dicembre 2003 ove, nel destinare i viceprefetti e viceprefetti aggiunti ai dipartimenti e alle prefetture - uffici territoriali del Governo, fosse interpretato nel senso che i "dirigenti" siano esclusivamente quelli provenienti dal ruolo prefettizio.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2014 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente ha impugnato gli atti relativi alla procedura di mobilità per il personale della carriera prefettizia, avviata con bando del 21 maggio 2007.

Avverso tali atti, l’interessato ha proposto censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili deducendo, in particolare: la violazione dell’art. 3 l.n. 241/90, affermando il difetto, la carenza, l’incongruità e la perplessità della motivazione del provvedimento di rigetto della domanda di partecipazione al bando di mobilità per il personale della carriera prefettizia;
la violazione dei principi del giusto procedimento, di partecipazione e di contraddittorio ed, in particolare, la violazione degli artt. 7, 8 e 10 l.n. 241/90;
la violazione dei principi di pubblicità e trasparenza e la carenza di istruttoria;
la violazione dell’art. 10-bis l.n. 241/90, non avendo ricevuto il preavviso di rigetto che avrebbe dovuto precedere il provvedimento di diniego;
la violazione della disciplina di riferimento di cui agli artt. 11 e ss. del D.Lgs. n. 300/99, 10 D.Lgs. n. 303/99, 37 D.Lgs. n. 139/2000, 10 l.n. 131/2003, 5 D.Lgs. n. 343/2003 e dei decreti del Ministero dell’Interno 18.11.2002, 4.12.2003 e 28.03.2007.

Con memoria recante motivi aggiunti depositata il 22 settembre 2010, il C ha impugnato gli atti della procedura di mobilità per il personale della carriera prefettizia, avviata con bando trasmesso con circolare n. 24 del 9 luglio 2010 prot. n. M/6156, ritenuti viziati per le medesime ragioni per le quali era stato impugnato il precedente bando del 2007 (ed i relativi atti connessi), evidenziando che (come per la precedente procedura di mobilità), l’Amministrazione aveva omesso di considerare i dirigenti appartenenti al ruolo degli ex Commissariati di Governo equiparati ai dirigenti inseriti nel ruolo dei viceprefetti, continuando ad assegnare incarichi dirigenziali al solo personale prefettizio.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti, sostenendone, nel merito, l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

A sostegno delle proprie ragioni, l’Amministrazione ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l’infondatezza delle censure contenute nel ricorso.

Con ordinanza del 22 novembre 2008 n. 5387, il TAR ha accolto la domanda cautelare proposta dal ricorrente.

Con ordinanza del 12 febbraio 2009 n. 787, il Consiglio di Stato ha, però, accolto l’appello proposto avverso la citata ordinanza n. 5387/2007, respingendo la domanda cautelare proposta dal C.

Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive difese.

All’udienza del 13 febbraio 2014 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Il Collegio, preliminarmente, accoglie l’eccezione con la quale la difesa erariale ha affermato l’inammissibilità dei motivi aggiunti depositati il 22 settembre 2010, rilevando che il C ha contestato due diverse procedure di mobilità, le quali avrebbero dovuto costituire oggetto di due separati ricorsi.

In effetti, dagli atti di causa emerge che il ricorrente ha proposto il ricorso introduttivo del giudizio per impugnare gli relativi alla procedura di mobilità per il personale della carriera prefettizia, avviata con bando del 21 maggio 2007 e, poi, con memoria recante motivi aggiunti depositata il 22 settembre 2010, ha impugnato gli atti della procedura di mobilità per il personale della carriera prefettizia, avviata con bando trasmesso con circolare n. 24 del 9 luglio 2010 prot. n. M/6156.

Le due procedure di mobilità sono diverse e distinte, come emerge, tra l’altro, dal fatto che attengono a posti diversi tra loro che, all’esito delle procedure stesse, sono stati assegnati a soggetti diversi i quali avevano (nell’ambito di ciascuna delle due procedure) manifestato interesse a concorrere per la copertura dei posti.

Quindi, attraverso lo strumento processuale dei motivi aggiunti, l’interessato ha avviato un giudizio diverso da quello instaurato mediante il ricorso introduttivo della causa.

Peraltro, la causa ha avuto inizio (nel 2007) prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 104/2010 (con il quale è stato approvato il codice del processo amministrativo), che consente il cumulo di domande nello stesso processo (cfr. art. 32) e, quindi, si applica al caso di specie la disciplina contenuta nella legge n. 1034/1971.

In casi del genere – come correttamente rilevato dalla difesa erariale – questa Sezione I-Ter ha già avuto modo di affermare (cfr. sentenza 31 ottobre 2012, n. 8926) l’inammissibilità di motivi aggiunti proposti per contestare atti diversi e non connessi a quelli impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio, appartenenti a procedimenti distinti e con controinteressati diversi, richiamando il disposto dell'art. 21 della legge n. 1934 del 1971 (applicabile al caso di specie ratione temporis), il quale prevedeva che, mediante l’istituto dei motivi aggiunti, avrebbero potuto essere proposte domande nuove purché connesse a quelle già proposte con il ricorso introduttivo del giudizio (con norma, peraltro, identica a quella oggetto dell’art. 43, co. 1, c.p.a.). Tale norma, infatti, laddove prevede ‘motivi aggiunti’ in relazione a tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, va interpretata nel senso che devono sussistere profili di connessione tra i provvedimenti, inerendo gli stessi alla medesima vicenda procedimentale o a vicende procedimentali strettamente connesse Toscana Firenze, sez. III, 16 marzo 2009, n. 427). La ratio dello strumento processuale dei motivi aggiunti è da individuarsi nell'esigenza di apprestare un rimedio semplificato finalizzato a consentire l'integrazione delle censure prospettate, non tanto nei confronti del primo provvedimento, ma nei riguardi dell'intero esercizio del potere che ha comportato la lesione della situazione soggettiva nel suo insieme e, quindi, ad arricchire (senza limiti e preclusioni irragionevoli) il thema decidendum, così come prospettato e definito con l'atto introduttivo del giudizio, con la contestazione di provvedimenti riconducibili alla medesima vicenda lesiva censurata con il ricorso principale (Consiglio Stato, sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6463).

Nel caso di specie, invece, con lo strumento processuale dei motivi aggiunti, il ricorrente ha impugnato gli atti di due diversi procedimenti di mobilità e, quindi, le contestazioni mosse avverso gli atti relativi alla procedura del 2010 vanno dichiarate inammissibili.

Anche ove si volesse superare le considerazioni appena espresse, va considerato che sia il ricorso introduttivo del giudizio, che i motivi aggiunti, vanno considerati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, posto che il C, all’esito delle procedure di mobilità e delle conseguenti assegnazioni dei posti di funzione ai controinteressati - non risulta aver impugnato gli atti successivi a quelli originariamente impugnati ed, in particolare, le graduatorie adottate all’esito delle due procedure di mobilità indicate, rese pubbliche mediante pubblicazione via intranet, previa pubblicazione telegrafica agli uffici centrali e periferici (cfr. l'articolo 5 del DM 3 dicembre 2003, in relazione a ciascuno dei due bandi impugnati, che rinvia all'allegato A per la formazione delle graduatorie;
cfr. anche doc 12 dell’Amministrazione resistente).

Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che nei procedimenti di tipo selettivo, l'impugnazione di provvedimenti endoprocedimentali ritenuti lesivi deve successivamente estendersi agli ulteriori atti pregiudizievoli – quale, in particolare, l’approvazione definitiva della graduatoria -, determinandosi, altrimenti, l'inutilità dell'eventuale decisione di accoglimento del ricorso proposto contro gli atti presupposti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 settembre 2012, n. 1347,e 8 settembre 2008, n. 4241).

Alla mancata impugnazione della graduatoria (che, nella fattispecie, non si è verificata né in relazione alla procedura di mobilità del 2007, né per quella del 2010) e dei successivi provvedimenti con i quali sono stati attribuiti i posti di funzione cui aspirava il C, consegue la sopravvenienza di carenza di interesse all'accoglimento delle censure proposte avverso gli atti delle due procedure selettive, stante l'impossibilità che la eventuale decisione favorevole possa comportare la caducazione delle graduatorie.

Ne consegue che le contestazioni mosse dal ricorrente vanno dichiarate improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Come rilevato dall’Amministrazione resistente, a conclusioni diverse non si potrebbe giungere neanche affermando di mantenere un interesse alla pronuncia sul ricorso e sui motivi aggiunti a fini risarcitori, considerata - ex artt. 34 c.p.a. e 1227 c.c. - la mancata impugnazione delle graduatorie delle due procedure e dei provvedimenti di attribuzione dei posti di funzione cui aspirava il C.

Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso introduttivo del giudizio va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, mentre i motivi aggiunti oggetto della memoria depositata il 22 settembre 2010, devono essere dichiarati inammissibili.

Ciò a prescindere dal fatto che, come affermato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza cautelare n. 787/2008: - il Ministero dell’Interno non risulta aver violato le previsioni di cui al D.M. 4 dicembre 2003 (in tema di uffici di livello dirigenziale da attribuire ai Dirigenti dell’Amministrazione civile dell’Interno), atteso che la procedura di cui è causa risulta, altresì, fondata sulle previsioni di cui al D.M. 3 dicembre 2003 (in tema di destinazione dei Dirigenti della carriera prefettizia ai Dipartimenti del Ministero dell’Interno ed agli Uffici Territoriali del Governo);
- non appare condivisibile l’asserita equiparazione (affermata da parte ricorrente) fra i Dirigenti dei soppressi Commissariati di Governo (l.n. 400 del 1988, tabella “C”) ed i Dirigenti della carriera prefettizia, a ciò ostando la previsione di cui al comma 1 dell’art. 4 del d.lgs. 139 del 2000;
- la tesi del ricorrente non risulta confortata neppure dal disposto di cui al comma 3-ter dell’art. 10 del d.lgs. 303 del 1999, atteso che il “ruolo dirigenziale” ivi menzionato non sembra essere quello dei Dirigenti della carriera prefettizia, bensì quello dei Dirigenti dell’Amministrazione Civile dell’Interno.

Sussistono gravi ed eccezionali motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

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