TAR Milano, sez. III, sentenza 2020-04-17, n. 202000650

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2020-04-17, n. 202000650
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202000650
Data del deposito : 17 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/04/2020

N. 00650/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00696/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 696 del 2019, proposto da
G L M, rappresentato e difeso dall'avvocato F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Via Cino del Duca, n. 5;

contro

AGENZIA NAZIONALE PER L'ATTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI E LO SVILUPPO D'IMPRESA s.p.a. - INVITALIA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati M L C e F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del provvedimento INVITALIA prot. 0125385/ININN-GRINV del 19 dicembre 2018, notificato a mezzo p.e.c. in pari data, avente ad oggetto «Contratto di sviluppo LUNGOLIVIGNO (Prot. CDS_000503) Comunicazione conclusione fase accesso», limitatamente alla parte in cui, con riferimento al progetto di investimento proposto dalla ricorrente, dispone che lo stesso «non risulta ammissibile alle agevolazioni in quanto alla data di presentazione della domanda di accesso la ditta non si trovava nelle condizioni previste dall'art. 4 comma 9 lettera c) del DM 9.12. 2014»;

di ogni altro atto ad esso presupposto, connesso ovvero consequenziale – ancorché non conosciuto – in quanto lesivo della posizione della ricorrente e nei limiti di cui all'interesse dedotto in giudizio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'Impresa s.p.a. - INVITALIA;

Vista l’istanza di trattazione congiunta presentata ai sensi dell’art. 84, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio ai sensi dell’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020 del giorno 7 aprile 2020 il dott. S C C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il sig. Gian Luigi Martinelli, odierno ricorrente, esercita, nel territorio del Comune di Livigno, una attività commerciale operante nel settore turistico.

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. Lazio-Roma, il sig. Martinelli ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con cui INVITALIA s.p.a. ha disposto la non ammissibilità della sua partecipazione alla procedura volta all’erogazione delle agevolazioni economiche previste dall’art. 43 del decreto-legge n. 112 del 2008. Le agevolazioni richieste, ammontanti ad euro 6.424.200, sarebbero state finalizzate al finanziamento di un programma di sviluppo che la società Lungolivigno s.p.a., in qualità di soggetto proponente, ha inserito in una proposta di Contratto di Sviluppo inoltrata al Ministro dello sviluppo economico ai sensi dell’articolo 4, comma 7, del d.m. 9 dicembre 2014 (attuativo del citato art. 43 del d.l. n. 112 del 2008), cui il ricorrente ha aderito unitamente ad altri sette operatori. Il programma prevede la realizzazione di opere di ristrutturazione di strutture alberghiere esistenti nonché la realizzazione di un centro benessere di superficie pari a 1.000 mq., per un investimento complessivo di euro 32.121.000, suddiviso fra i nove partecipanti alla procedura, che si prefigge di attuare un incremento occupazionale pari a complessive 88 unità, distribuite nelle diverse strutture oggetto del programma, in modo da aumentare la capacità ricettiva del distretto turistico di 308 posti letto.

L’esclusione del ricorrente è stata disposta in quanto lo stesso non risultava soddisfare il requisito di cui all’art. 4, comma 9, lett. c), del d.m. 9 dicembre 2014, il quale dispone che le imprese beneficiarie dei contributi previsti dal citato art. 43 del d.l. n. 112 del 2008 debbono versare in regime di contabilità ordinaria ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 600 del 1973.

Il T.A.R. Lazio-Roma, con ordinanza n. 4141 del 28 marzo 2019, ha dichiarato la propria incompetenza in favore del T.A.R. Lombardia.

La causa è stata quindi riassunta dinanzi a questo T.A.R.

Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, INVITALIA s.p.a.

La Sezione, con ordinanza n. 528 dell’8 maggio 2019, ha accolto l’istanza cautelare ai fini del riesame.

In prossimità dell’udienza di discussione del merito le parti hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni. Hanno inoltre depositato istanza di trattazione congiunta ai sensi dell’art. 84, secondo comma, del d.l. n. 18 del 2020.

Tenutasi, in data 7 aprile 2020, la camera di consiglio ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio deve innanzitutto esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata dalla parte resistente, la quale sostiene che – siccome il provvedimento impugnato avrebbe carattere vincolato – di esso dovrebbe conoscere il giudice ordinario.

In proposito si osserva quanto segue.

Per stabilire quale sia il giudice munito di giurisdizione in materia di contributi pubblici ed agevolazioni economiche pubbliche, la giurisprudenza utilizza diversi indici. Si distingue innanzitutto fra fase genetica e fase esecutiva del rapporto per affermare che – se la controversia riguarda la revoca dell’agevolazione già attribuita, disposta perché il beneficiario è ritenuto inadempiente rispetto alle obbligazione assunte dinanzi alla pubblica amministrazione erogatrice – la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, e ciò in quanto, una volta erogato il contributo, le posizioni delle parti in ordine alla corretta esecuzione delle prestazioni ad esso correlate hanno consistenza di diritto soggettivo/obbligo.

Per ciò che concerne la fase genetica, il criterio utilizzato è quello della natura del potere attribuito alla pubblica amministrazione. Pertanto, sussiste la giurisdizione ordinaria quando alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei presupposti necessari all’attribuzione del beneficio economico, senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione, atteso che in questi casi la posizione del soggetto inciso è di diritto soggettivo. Sussiste invece la giurisdizione del giudice amministrativo allorché l’amministrazione sia chiamata ad esercitare un potere discrezionale (cfr. Cass. civ., sez. un., 13 ottobre 2011, n. 21062;
id., 17 gennaio 2013, n. 150).

Nel caso in esame, il potere in concreto esercitato non ha carattere esclusivamente vincolato in quanto il procedimento di elargizione dell’agevolazione disciplinato dall’art. 9 del d.m. 9 dicembre 2014 si articola in diverse fasi alcune delle quali caratterizzate dalla sussistenza di valutazioni discrezionali: accanto alla fase di verifica dei requisiti fissati dalla suddetta norma, che non comporta apprezzamenti discrezionali, vi è infatti la fase di valutazione del programma di sviluppo finalizzata ad accertane la rispondenza ai criteri di selezione stabiliti preventivamente dal Ministero dello Sviluppo economico nonché la fase di valutazione del merito della proposta ai sensi del comma 8 del succitato art. 9, fasi queste che si caratterizzano invece per la presenza di valutazioni discrezionali.

Del resto non pare possibile al Collegio, ai fini dell’individuazione del Giudice munito di giurisdizione, spezzettare il procedimento per assegnarne talune fasi alla cognizione del giudice ordinario ed altre a quella giudice amministrativo. Quando l’amministrazione è chiamata a compiere valutazioni discrezionali, il potere da essa esercitato ha comunque natura discrezionale, e ciò anche nel caso in cui taluni suoi segmenti siano puntualmente disciplinati dalle norme di riferimento.

Si deve ritenere in questo quadro che, contrariamente da quanto sostenuto dalla parte resistente, la presente controversia appartenga alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Si può ora passare all’esame del merito.

Con una prima censura, dedotta nell’unico articolato motivo ricorso, l’interessato osserva che INVITALIA s.p.a., per escludere che egli, al momento di proposizione della domanda di agevolazione, versasse in regime di contabilità ordinaria, ha dato decisivo rilievo a quanto indicato nelle sue dichiarazioni dei redditi relative agli anni 2016-2017 nelle quali si è – a suo dire per mero errore – fatto riferimento al regime di contabilità semplificata. La parte deduce in proposito l’assoluta irrilevanza della dichiarazione reddituale ai fini dell’individuazione del regime contabile operante, essendo quest’ultimo dipendente in via esclusiva dalle circostanze tassativamente previste dalla legge. Vengono in proposito richiamati l’art. 18, comma 8, del d.P.R. n. 600 del 1973, l’art. 1 del d.P.R. n. 126 del 2003 e l’art. 1 del d.P.R. n. 442 del 1997, dai quali si evincerebbe che, per individuare il regime contabile operante, occorrerebbe verificare in concreto quale tipologia di contabilità tenga l’impresa, indipendentemente da quanto indicato nella dichiarazione dei redditi. Ciò premesso, parte ricorrente rileva che, per gli anni 2016 e 2017, sarebbero state in concreto predisposte le scritture contabili di cui all’art. 14 del d.P.R. n. 600 del 1973, previste per le imprese che versano in regime di contabilità ordinaria. Dovrebbe dunque considerarsi integrato, a differenza di quanto ritenuto da controparte, il requisito di cui all’art. 4, comma 9, lett. c), del d.m. 9 dicembre 2014.

Con altra censura, sempre contenuta nell’unico motivo ricorso, viene dedotta la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 in quanto, a dire dell’interessato, il provvedimento impugnato non recherebbe alcuna motivazione sulle ragioni per le quali l’Amministrazione non ha ritenuto di valutare positivamente le sue osservazioni introdotte in sede procedimentale.

Ritiene il Collegio, rivendendo la propria posizione espressa in sede cautelare, che queste censure siano infondate per le ragioni di seguito esposte.

Come anticipato, la presente controversia ha ad oggetto la concessione dei benefici economici pubblici relativi ai “Contratti di sviluppo” di cui all’art. 43 del d.l. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni con la legge n. 133 del 2008. Trattasi di interventi volti a favorire l'attrazione degli investimenti e la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa rilevanti per il rafforzamento della struttura produttiva italiana, gestititi – in base alla lett. b), secondo comma, del citato art. 43 – da Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa s.p.a. (INVITALIA s.p.a.).

Il procedimento amministrativo finalizzato all’erogazione di tali benefici è disciplinato dal d.m. 9 dicembre 2014, attuativo del ridetto art. 43, il quale all’art. 4, comma 9, prevede, quale requisito indefettibile per poter ottenere le agevolazioni ivi previste, che i soggetti interessati versino, al momento di presentazione della domanda, in regime di contabilità ordinaria. La finalità della disposizione è evidentemente quella di assicurare che possano risultare assegnatari del beneficio solo quei soggetti per i quali sia possibile far affidamento sui dati contabili dagli stessi dichiarati posto che i dati delle imprese che versano in regime di contabilità semplificata non sono agevolmente verificabili.

Per comprendere se un operatore economico versi in regime di contabilità ordinaria o semplificato occorre far riferimento agli artt. 14 e 18 del d.P.R. n. 600 del 1973. La prima norma indica le scritture contabili che debbono essere tenute dalle imprese che versano in regime di contabilità ordinaria: a) libro giornale e libro degli inventari;
b) registri prescritti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto;
c) scritture ausiliarie nelle quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumerne chiaramente e distintamente i componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito;
d) scritture ausiliarie di magazzino;
e) registro dei beni ammortizzabili e registro riepilogativo di magazzino;
f) libri sociali obbligatori di cui ai nn. 1 e seguenti dell'art. 2421 del codice civile.

Il successivo art. 18, primo comma, stabilisce che determinate imprese che non superino le soglie di ricavi ivi previste sono esentate dall’obbligo di tenuta delle suddette scritture e possono limitarsi a tenere la contabilità semplificata prevista dai commi successi, salva la facoltà, prevista dal comma 8, di optare per il regime ordinario, opzione che ha effetto <<…dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e, in ogni caso, per il periodo stesso e per i due successivi>>.

L’art. 1, primo comma, del d.P.R. n. 442 del 1997 stabilisce poi che l'opzione e la revoca dei regimi contabili <<…si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili>>.

Parte ricorrente valorizza quest’ultima disposizione per sostenere che INVITALIA s.p.a. – onde verificare se fosse o meno integrato il requisito di cui al ridetto art. 4, comma 9, lett. c) del d.m. 4 dicembre 2014 – non avrebbe dovuto limitarsi al dato formale costituito dall’indicazione contenuta nella sua dichiarazione dei redditi, ma avrebbe dovuto accertare nel concreto quale tipo di contabilità essa avesse tenuto al momento di proposizione della domanda.

Ritiene il Collegio, rivendendo la propria opinione espressa in sede cautelare, che questa argomentazione non sia condivisibile. Si deve infatti ritenere che la disposizione invocata dal ricorrente – volta a disciplinare i rapporti fra contribuente ed amministrazione finanziaria – non possa trovare piana applicazione nei procedimenti concorsuali (quali quelli di attribuzione di finanziamenti pubblici ed agevolazione economiche pubbliche), governati da soggetti diversi dall’amministrazione finanziaria e dove vengono in rilievo esigenze di speditezza della procedura, di certezza e di garanzia della parità di trattamento dei concorrenti.

In questi particolari procedimenti non è possibile addossare all’amministrazione procedente il gravoso compito di accertare in concreto quale sia il regime contabile dei concorrenti, posto che trattasi di accertamento che esula dalle sue specifiche competenze e che appesantirebbe di molto il procedimento. Si deve pertanto ritenere, per salvaguardare le esigenze di cui sopra, che il concorrente debba farsi carico delle responsabilità connesse alle proprie dichiarazioni di scienza espresse nelle dichiarazioni dei redditi e nelle comunicazioni che egli è comunque tenuto a rendere all’amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 442 del 1997. E’ pur vero che, per quanto concerne il profilo fiscale, le dichiarazioni dei redditi hanno valore meramente dichiarativo e non costitutivo-negoziale, ma ciò non confligge con le conclusioni cui si è appena giunti atteso che il loro valore decisivo nei procedimenti concorsuali estranei all’ambito tributario si giustifica proprio in virtù del principio di autoresponsabilità funzionale alla garanzia delle esigenze di rapidità, certezza e parità di trattamento delle parti spiccatamente avvertite in tali procedimenti.

Appare dunque evidente, in questo quadro, come INVITALIA s.p.a. abbia correttamente escluso l’ammissibilità della partecipazione del ricorrente alla procedura di cui è causa posto che la domanda di agevolazione è stata inoltrata in data 22 gennaio 2016 e che è incontestato che, nella sua dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2016, egli ha dichiarato di versare in regime di contabilità semplificata (solo dopo aver ricevuto il preavviso di rigetto, nel quale si evidenziava la mancanza del requisito di cui si discute, il ricorrente ha rettificato la suddetta dichiarazione).

Diviene a questo punto agevole affrontare la censura che lamenta la mancata esternazione delle ragioni che hanno indotto INVITALIA s.p.a. a non valutare positivamente le osservazioni introdotte dall’interessato in sede procedimentale.

Si osserva a questo proposito che, una volta constatata la carenza del requisito di cui si discute, parte resistente, in applicazione dell’art. 4, comma 9, lett. c), del d.m. 9 dicembre 2014, non poteva far altro che disporre l’inammissibilità della partecipazione del ricorrente alla procedura in corso. Si può quindi ritenere dimostrato il fatto che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere contenuto dispositivo diverso da quello in concreto adottato, con conseguente applicabilità alla fattispecie dell’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990 il quale, come noto, impedisce in queste ipotesi l’annullamento giurisdizionale dell’atto.

Anche questa censura non può pertanto trovare accoglimento.

In conclusione, per le ragioni illustrate, il ricorso deve essere respinto.

La novità e la complessità delle questioni affrontate induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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