TAR Firenze, sez. I, sentenza 2012-07-16, n. 201201341

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2012-07-16, n. 201201341
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201201341
Data del deposito : 16 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01048/2011 REG.RIC.

N. 01341/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01048/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1048 del 2011, proposto dalla sig.ra T B, rappresentata e difesa dall'avv. P D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M M in Firenze, via dei Rondinelli 2;

contro

Comune di Siena, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. F P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M G in Firenze, via del Pellegrino 26;

nei confronti di

A V, rappresentata e difesa dall'avv. P G, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via Gino Capponi 26;
Elisa Lorenzini, n.c.;

per l'annullamento

della determinazione del dirigente del Servizio organizzazione e personale del 2 dicembre 1999 prot. spec. n. 1686 mediante la quale è stato bandito un concorso pubblico per titoli ed esami per l'assunzione di 10 unità di personale dipendente nel profilo di istruttore di polizia municipale (categoria C posizione economica iniziale C/1), e di tutti gli atti presupposti, connessi, e comunque consequenziali, e più precisamente:

- il bando della suindicata procedura concorsuale ed i verbali tutti della commissione esaminatrice;

- l’atto dirigenziale n. 2001AMOSP00000178/178 15.1.2001, emesso dal dirigente del Settore amministrativo, Servizio organizzazione e personale del Comune di Siena, pubblicato in data 19.1.2001, di “Approvazione degli atti della Commissione esaminatrice e conseguente assunzione a tempo indeterminato di n. 10 unità di personale nel profilo di ‘Istruttore di Polizia Municipale’”;

- gli atti tutti, comunque denominati, di programmazione delle assunzioni del Comune di Siena ed in particolare la deliberazione della Giunta Comunale 3.11.1999 n. 757 e la determinazione dirigenziale n. 357 del 2.12.1999 ove intese nel senso di aver voluto privilegiare la scelta dell'indizione di un concorso in luogo dello scorrimento della graduatoria di merito;

nonché per la condanna del Comune di Siena all’assunzione della ricorrente e al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all'annullamento degli atti impugnati, previa, ove occorrer possa, la pronunzia della nullità, e/o dell'inefficacia e/o della caducazione dei contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato stipulati dalle sigg.re Elisa Lorenzini e A V con il Comune di Siena per effetto della loro collocazione al nono e al decimo posto della graduatoria di merito di cui al concorso pubblico sopra detto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Siena e della contro interessata, si.ra A V;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2012 il dott. P G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 3 e depositato il 18 maggio 2011, la sig.ra T B dichiarava di voler riassumere, a norma dell’art. 11 cod. proc. amm., il giudizio da lei originariamente incardinato dinanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, e volto a veder accertato il suo diritto all’assunzione alle dipendenze del Comune di Siena, nel profilo di istruttore di polizia municipale, in virtù dello scorrimento della graduatoria del concorso per la copertura di due posti di operatore di polizia municipale bandito da quel Comune il 16 ottobre 1996. In particolare, la ricorrente – premesso di essersi collocata al ventesimo posto nella graduatoria degli idonei, approvata nel 1998 e avente efficacia triennale, e di essere stata pretermessa ai fini dell’assunzione quando, nel 1999, il Comune aveva indetto un nuovo concorso anziché attingere dalla graduatoria ancora efficace – riferiva che: il tribunale ordinario di Siena, in funzione di giudice del lavoro, con sentenza del 27 giugno 2003 aveva accolto la sua domanda, condannando l’amministrazione ad assumerla nel profilo professionale auspicato;
la pronuncia di prime cure era stata integralmente riformata dalla corte d’appello di Firenze con sentenza del 7 novembre 2005, avverso la quale ella aveva frapposto ricorso per cassazione;
la Suprema Corte, con sentenza a Sezioni Unite n. 2675 del 4 febbraio 2011, accogliendo il ricorso incidentale spiegato dal Comune di Siena, aveva cassato la sentenza impugnata e dichiarato appartenere la controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Ricostruito in tal modo lo svolgimento delle fasi processuali pregresse, la ricorrente trasferiva le proprie pretese dinanzi a questo T.A.R., cui chiedeva l’annullamento della determinazione n. 1686 del 2 dicembre 1999, recante l’indizione di un concorso per l’assunzione di dieci dipendenti nel profilo di istruttore di polizia municipale, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, in epigrafe meglio elencati;
nonché la condanna del Comune di Siena ad assumerla nel profilo dianzi indicato e al risarcimento dei danni, il tutto previa, ove occorrente, declaratoria di nullità e/o inefficacia dei contratti di lavoro subordinato stipulati dal Comune medesimo con le signore Elsa Lorenzini e A V, collocatesi rispettivamente al nono e al decimo posto della graduatoria di merito del menzionato concorso del 1999.

Per resistere alle domande così formulate dalla sig.ra Bettini si costituivano il Comune di Siena e la controinteressata Venanzi, mentre la Lorenzini rimaneva contumace.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 4 maggio 2012, preceduta dal deposito di documenti, memorie difensive e repliche.

DIRITTO

La ricorrente, sig.ra T B, riassume – a seguito della decisione n. 2675/2001, con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dichiarato trattarsi di controversia ricadente nella giurisdizione amministrativa – il giudizio inizialmente promosso dinanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, per sentir accertare il proprio diritto all’assunzione alle dipendenze del Comune di Siena nel profilo professionale di istruttore di polizia municipale. Ella in prima battuta si duole, chiedendone l’annullamento, della determinazione comunale di bandire, nel 1999, un concorso per l’assunzione di dieci unità di personale nel profilo di istruttore di polizia municipale, anziché attingere – come pure in passato aveva fatto – alla graduatoria ancora efficace di analogo concorso indetto nell’anno 1996, cui ella aveva partecipato collocandosi al ventesimo posto fra gli idonei (in virtù dello “scorrimento” di tale graduatoria, erano stati assunti i concorrenti dichiarati idonei fino all’undicesimo posto).

In via pregiudiziale, il Comune di Siena eccepisce peraltro la tardività del ricorso, avuto riguardo alla circostanza che il primo procedimento dinanzi al giudice ordinario è stato proposto dall’interessata il 17 maggio 2001, ben oltre la scadenza del termine decadenziale di sessanta giorni per l’impugnazione del bando davanti al G.A.. La ricorrente replica invocando la rimessione in termini per errore scusabile, secondo i principi consacrati nell’art. 37 cod. proc. amm., giacché a suo dire soltanto a partire dall’anno 2008 potrebbero ritenersi appianati, nella giurisprudenza ordinaria e amministrativa, i contrasti in ordine alla titolarità della giurisdizione in materia di procedure per l’assunzione alle dipendenze di enti pubblici.

L’eccezione è fondata.

Come la stessa ricorrente correttamente ricorda, all’indomani della sostituzione dell’art. 68 del D.Lgs. n. 29/1993 ad opera del D.Lgs. n. 80/1998, la giurisprudenza – in particolare, quella delle Sezioni Unite della Cassazione, giudice di ultima istanza sulla giurisdizione – si è orientata nel senso che, in materia di pubblico impiego privatizzato, la cognizione residualmente riservata dal legislatore al giudice amministrativo riguardi le sole controversie aventi ad oggetto le procedure concorsuali strumentali alla costituzione del rapporto di lavoro, dalla loro indizione e fino all’approvazione della graduatoria dei vincitori e degli eventuali idonei, con esclusione, quindi, di ogni attività successiva, a partire dall’adozione (o mancata adozione) dell’atto di nomina. In questa ottica, quando è stata chiamata a pronunciarsi sul tema specifico della stipula del contratto di lavoro con soggetti risultati idonei non vincitori di un precedente concorso, in forza dell’ultrattività delle graduatorie riconosciuta dallo stesso bando di concorso, ovvero da disposizioni normative, la giurisprudenza non ha potuto far altro che collocare la pretesa allo “scorrimento” della graduatoria al di fuori dell’ambito della procedura concorsuale, qualificandola in termini di vero e proprio diritto all’assunzione, come tale conoscibile dal giudice ordinario. L'operatività dello “scorrimento” presuppone, secondo il costante indirizzo della Corte di legittimità, la decisione dell'amministrazione di coprire il posto vacante o comunque disponibile, decisione che, una volta assunta, risulta equiparabile all'espletamento di tutte le fasi di una procedura concorsuale, di modo che il diritto all'assunzione sorge con il completamento di una fattispecie complessa, dove alla perdurante efficacia di una graduatoria concorsuale si assomma la decisione dell’amministrazione di avvalersene per coprire posti vacanti (fra le più risalenti si veda Cass. SS.UU., 29 settembre 2003, n. 14529, citata anche dalla ricorrente;
più di recente, Cass. SS.UU., 6 marzo 2009, n. 5588).

Tale impostazione non si è peraltro mai tradotta – tantomeno all’epoca dei fatti di causa – nell’affermazione, ad opera delle Sezioni Unite, della giurisdizione ordinaria nelle controversie aventi ad oggetto la rivendicazione del diritto all’assunzione per “scorrimento” a fronte della scelta amministrativa di indire un nuovo concorso. In effetti, le numerose massime giurisprudenziali che riconoscono la giurisdizione del G.O. sulle domande proposte da chi, vantando una determinata posizione nella graduatoria già approvata, pretenda di essere incluso nel novero degli ulteriori chiamati alla stipulazione del contratto di lavoro in forza del proprio diritto all'assunzione, senza porre in discussione le procedure concorsuali, non possono essere lette senza considerare che esse attengono, a ben vedere, a fattispecie concrete nelle quali alla copertura dei posti vacanti l’amministrazione non aveva provveduto mediante concorso aperto all’esterno (per tutte proprio cfr. SS.UU. n. 14529/2003, cit., relativa al caso di un’assunzione disposta mediante “scorrimento”, dalla quale lamentavano di essere state indebitamente escluse due delle candidate dichiarate idonee). Al contrario, in presenza della decisione amministrativa di indire un nuovo concorso, anziché procedere allo scorrimento delle graduatorie ancora efficaci, i giudici di legittimità non sembrano aver mai dubitato della possibilità che la situazione soggettiva del soggetto utilmente collocato in graduatoria degradasse ad interesse legittimo tutelabile in sede di giurisdizione amministrativa (così, sia pure in via di ipotesi, si esprimeva già Cass., sez. lav., 5 marzo 2003, n. 3252).

D’altro canto, una piana lettura dell’art. 68 co. 4 D.Lgs. n. 29/1993, poi trasfuso nell’art. 63 D.Lgs. n. 165/2001, non sembrava e non sembra lasciare spazio a soluzioni interpretative difformi, ogniqualvolta il petitum sostanziale implichi un intervento diretto del giudice sul provvedimento di indizione della nuova procedura concorsuale. Le disposizioni che sanciscono l’ultrattività delle graduatorie concorsuali non comportano infatti che, contravvenendole, l’amministrazione si trovi ad agire in una situazione di carenza di potere, e questo neppure ove le si ritenesse disposizioni imperative che obbligano l’amministrazione ad avvalersi dello “scorrimento” (idea affacciatasi nella giurisprudenza amministrativa e respinta, nella sua assolutezza, dalla recente Cons. Stato, A.P., 28 luglio 2011, n. 14): trattandosi pur sempre di una violazione di legge, l’eventuale prospettazione di un “diritto all’assunzione” equivale, nella sostanza, a richiesta di tutela nei confronti dell’illegittimo esercizio del potere amministrativo di addivenire alla copertura dei posti vacanti, potere rispetto al quale la situazione soggettiva del concorrente dichiarato idoneo si atteggia a interesse legittimo.

La conclusione secondo cui, essendo la configurabilità del preteso diritto all’assunzione consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione del nuovo concorso, la relativa tutela deve essere accordata dal giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63 co. 4 D.Lgs. n. 165/2001, si rinviene per la prima volta in Cass., SS.UU., 18 ottobre 2005, n. 20107, la quale altresì esclude che la decisione di bandire il concorso possa venire disapplicata dinanzi al giudice ordinario, secondo quanto previsto dal primo comma del medesimo art. 63, dal momento che il potere di disapplicazione del G.O. presuppone proprio che la controversia cada sopra un diritto soggettivo sul quale incide un atto amministrativo oggetto di cognizione incidenter tantum . L’orientamento è stato dapprima confermato da Cass., SS.UU., 25 luglio 2006, n. 16906, e 13 dicembre 2007, n. 26113 (la quale, in motivazione, evidenzia con chiarezza come appartenga alla giurisdizione amministrativa il petitum sostanziale avente ad oggetto la contestazione del potere della pubblica amministrazione di avviare il procedimento concorsuale per la copertura dei posti vacanti, pur in presenza di una graduatoria efficace di un precedente concorso, spettando invece al giudice ordinario la domanda, connessa ma diversa, di adempimento dell’obbligo asseritamente assunto dall’amministrazione con un atto nel quale si attestava che, in caso di rinuncia o di temporaneo impedimento di candidati vincitori, l'amministrazione stessa avrebbe dato corso all'utilizzo, eventualmente temporaneo, del personale dipendente risultato idoneo, attraverso lo scorrimento della graduatoria finale);
quindi ribadito dalle Sezioni Unite con la sentenza 18 giugno 2008, n. 16527 e dalla Sezione lavoro con la sentenza n. 5588/2009, cit., dopo che una decisione del 2007 sembrava aver fatto registrare un momentaneo revirement (Cass., SS.UU., 9 marzo 2007, n. 5397, la quale, per inciso, in motivazione ripete i principi già noti, e pare giungere all’affermazione della giurisdizione del G.O. più che altro in ragione della ritenuta infondatezza della censura che le era stata sottoposta in quell’occasione, e che si incentrava sull’appartenenza alla giurisdizione amministrativa, ex art. 63 co. 4 D.Lgs. n. 165/2001, non solo delle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche delle prove selettive dirette a permettere l'accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore).

Se, pertanto, la sentenza n. 2675/2011 con cui le Sezioni Unite hanno dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo nella presente causa si muove nel solco di un indirizzo consolidato, quel che importa sottolineare è che, sulla specifica questione in esame, non si registrano – a livello delle giurisdizioni superiori, che, stante la funzione nomofilattica rivestita, debbono considerarsi il riferimento necessitato di ogni scelta processuale diligente – i contrasti giurisprudenziali cui la ricorrente imputa la decisione, presa a suo tempo, di agire dinanzi al giudice ordinario dopo aver lasciato decorrere il termine per impugnare dinanzi al G.A. il bando di indizione del concorso del 1999. La scusabilità dell’errore commesso non può, del resto, essere ragionevolmente ancorata agli altri contrasti originati dall’interpretazione dell’art. 68 co. 4 D.Lgs. n. 29/1993, come sostituito dal D.Lgs. n. 80/1998, relativi a questioni differenti, mentre la pacifica riconduzione delle procedure concorsuali nell’ambito della giurisdizione amministrativa non lasciava adito a manifeste incertezze circa il criterio di riparto applicabile nell’ipotesi di petitum sostanziale diretto a investire l’esercizio di poteri autoritativi – la cui configurabilità, lo si ripete, non può essere negata – incidenti sul preteso “diritto” all’assunzione;
ed anche a voler ragionare in un’ottica di originaria pienezza della situazione soggettiva vantata dal concorrente dichiarato idoneo, non potendosi comunque parlare di diritto incomprimibile, l’azione amministrativa verrebbe pur sempre a confrontarsi con una posizione di interesse legittimo (oppositivo).

Si aggiunga infine che, trattandosi di un criterio di riparto fondato sulla canonica dicotomia fra diritti soggettivi e interessi legittimi, in caso di incertezza e in presenza di atti aventi indubbia natura provvedimentale si sarebbe dovuta, ragionevolmente e diligentemente, preferire la proposizione dell’azione impugnatoria dinanzi al G.A. nel rispetto del termine decadenziale all’uopo stabilito.

L’acclarata tardività dell’impugnazione determina l’irricevibilità delle domande volte, da un lato, alla caducazione degli atti impugnati e, dall’altro, all’adozione, ex art. 34 co. 1 lett. c) cod. proc. amm., di tutte le misure idonee a tutelare la situazione giuridica dedotta in giudizio, ivi compreso l’ordine al Comune resistente di immettere la ricorrente nei propri ruoli. Possono dunque essere tralasciate le rimanenti eccezioni pregiudiziali, per passare all’esame della domanda accessoria di risarcimento dei danni.

Com’è noto, l’art. 30 cod. proc. amm. ha definitivamente sancito l’autonomia, sul versante processuale, della domanda di risarcimento rispetto al rimedio impugnatorio, contestualmente affermando la rilevanza sostanziale, sul piano causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi. Tale disciplina, peraltro, è da ritenersi non innovativa, bensì ricognitiva di principi già evincibili dal sistema normativo antecedente all’entrata in vigore del codice (così Cons. Stato, A.P., 21 febbraio 2011, n. 3), di talché non ha soverchia importanza stabilire se nella presente controversia – trasferita dinanzi al giudice amministrativo in epoca successiva all’entrata in vigore del citato art. 30, ma avviata dinanzi al giudice ordinario in epoca ben antecedente – debba o meno farsi applicazione diretta della disposizione dettata dal codice processuale, posto che, cambiando la fonte, la regola di giudizio non cambierebbe.

Ne discende che, richiamando le medesime considerazioni già svolte in ordine alla inescusabilità dell’errore inizialmente commesso dalla ricorrente nella scelta dei mezzi di tutela esperibili, e tenuto conto del nesso di consequenzialità diretta fra la mancata tempestiva impugnazione del bando del 1999 e i danni dei quali si chiede il ristoro (corrispondenti al trattamento retributivo che la ricorrente avrebbe conseguito ed alla chance di carriera di cui avrebbe potuto beneficiare se fosse stata assunta), la domanda risarcitoria proposta si appalesa infondata sotto il profilo della riferibilità causale dei danni patiti al comportamento della stessa ricorrente. Non va inoltre sottaciuto che, quantomeno per il periodo dalla pubblicazione del bando di concorso alla sentenza del tribunale ordinario di Siena, l’esistenza del danno era già stata espressamente esclusa dal giudice ordinario tenuto conto degli emolumenti percepiti aliunde dalla ricorrente, con accertamento in fatto che, lasciata in disparte l’eccezione di giudicato sollevata dalla difesa del Comune, ben può essere recepito in questa sede.

Nonostante il carattere assorbente dei rilievi appena svolti, il collegio non intende sottrarsi a una valutazione circa la legittimità dell’operato dell’amministrazione resistente, per giungere stavolta a conclusioni sostanzialmente difformi da quelle espresse in primo grado dal giudice ordinario.

Che, a livello dell’ordinamento positivo, si sia realizzata un’inversione del rapporto fra la scelta di indire un nuovo concorso e la decisione di attingere dalle graduatorie ancora efficaci rappresenta l’approdo cui è pervenuta l’Adunanza Plenaria con la sopra citata sentenza 4 luglio 2011, n. 14, componendo un irrisolto contrasto giurisprudenziale: lo “scorrimento” delle graduatorie rappresenta oramai la regola generale, “mentre l’indizione di un nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico”. La stessa Adunanza Plenaria individua però alcuni casi “in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale, mediante nuove procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile, con il conseguente ridimensionamento dell’obbligo di motivazione”, e fra questi menziona l’ipotesi dell’intervenuta modifica della disciplina applicabile alla procedura concorsuale, rispetto a quella riferita alla graduatoria ancora efficace, con particolare riguardo all’esistenza di significative novità nel contenuto delle prove di esame e nei requisiti di partecipazione.

Nella specie, le prove d’esame del nuovo concorso indetto nel 1999 fanno appunto registrare un’apprezzabile e rilevante novità di contenuto rispetto a quelle del concorso a suo tempo sostenuto dalla ricorrente, consistente nella variazione delle materie previste per la prova orale e, segnatamente, nella sostituzione delle nozioni “sulla legislazione in materia di decentramento politico-amministrativa” e “in materia di urbanistica e lavori pubblici” con “nozioni elementari di criminologia, con riferimento ai problemi dell’immigrazione, della tossicodipendenza, del disagio sociale in genere”. La modifica è coerente con quanto enunciato nella determinazione 2 dicembre 1999 circa il processo, interno al Comune, di “riprofessionalizzazione dell’intero Corpo di Polizia Municipale” attraverso uno specifico e approfondito corso di formazione mirato alla qualificazione di tutto il personale già in servizio nel campo della sicurezza sociale, con la conseguente necessità di adeguare gli strumenti di reclutamento del personale alle rinnovate scelte di formazione e qualificazione del personale;
da cui, l’ulteriore esigenza di intervenire sulle prove d’esame della indicenda procedura selettiva, in modo da “finalizzare il concorso pubblico alla ricerca di candidati aventi cultura e preparazione corrispondenti a quelle volute dall’Ente e fatte oggetto del ridetto processo di riqualificazione professionale del Corpo”.

La delibera di indizione del concorso risulta, come si vede, tutt’altro che sprovvista di autonoma motivazione in ordine alla scelta di non procedere allo “scorrimento” della graduatoria. Ed è sufficiente osservare come la scelta di privilegiare il potenziamento delle competenze in materia di sicurezza sociale (indiscutibilmente connesse all’attività della polizia municipale), trascurandone altre, costituisca il riflesso in un indirizzo politico insindacabile, per inferirne la non irragionevolezza della scelta di ricercare, con le nuove assunzioni, personale munito di preparazione equivalente a quella del personale già in servizio, che sul tema specifico era stato coinvolto dall’amministrazione in specifiche iniziative finalizzate all’aggiornamento professionale. Né in contrario vale sostenere che l’amministrazione avrebbe comunque dovuto attingere dalle graduatorie, salvo garantire ai nuovi assunti la partecipazione ad iniziative analoghe a quelle già riservate al personale in servizio, trattandosi di scelte organizzative assolutamente discrezionali, comportanti oltretutto non secondarie valutazioni di ordine finanziario.

Esclusa l’illegittimità dell’impugnata determinazione dirigenziale 2 dicembre 1999, si conferma, a fortiori , l’infondatezza della pretesa risarcitoria.

Alla luce delle considerazioni esposte, vanno dichiarate irricevibili e infondate le domande proposte dalla ricorrente, sig.ra T B.

La complessità della vicenda processuale giustifica, nondimeno, la compensazione delle spese processuali fra tutte le parti in causa.

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