TAR Catania, sez. I, sentenza 2021-11-26, n. 202103538

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2021-11-26, n. 202103538
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202103538
Data del deposito : 26 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/11/2021

N. 03538/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00240/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 240 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avv. ti C G, B R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- il Ministero dell’interno - Ufficio territoriale del Governo di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato presso i cui uffici distrettuali è per legge domiciliato, in Catania, via Vecchia Ognina, n. 149;

per l’annullamento

- provvedimento prot. n.-OMISSIS-emesso dalla Prefettura di -OMISSIS-;

- di tutti gli atti di accertamento disposti dal Prefetto di -OMISSIS- o da altre autorità di polizia nella parte in cui viene indicata la presenza del ricorrente in attività o fascicoli poi ritenuti rilevanti ai fini del giudizio prognostico.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno- Ufficio territoriale del Governo di -OMISSIS-;

Viste le memorie delle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il dott. G L G;

Udito nell’udienza pubblica del 7 ottobre 2021 l’avv. C. Gallo per la parte ricorrente;
nessuno presente per il Ministero dell’interno;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La domanda di annullamento veicolata con il ricorso in epigrafe riguarda il provvedimento, nella stessa epigrafe indicato, con il quale la Prefettura di -OMISSIS- ha applicato la misura interdittiva ai sensi degli artt. 84, commi 3 e 4, 89- bis , 91, comma 6 e 94 d. lgs. n. 159 del 2011, a carico della ricorrente, in capo alla quale emergerebbero – tra gli altri – i seguenti elementi:

a) è coniuge di-OMISSIS-, consigliere della ditta «-OMISSIS-- -OMISSIS-», destinataria di provvedimento interdittivo;

b) risulterebbero adottati numerosi provvedimenti interdittivi a carico di stretti familiari del predetto coniuge con intrecci tra legami familiari e interessi illeciti – ciò che troverebbe riscontro nell’operazione c.d. «-OMISSIS-» – fra il predetto-OMISSIS-, il padre -OMISSIS-, la madre -OMISSIS-, il fratello -OMISSIS-, lo zio -OMISSIS-, la zia -OMISSIS-, il cugino -OMISSIS- (-OMISSIS-) ed altri soggetti a questi vicini;

c)-OMISSIS- è stato tratto in arresto nell’operazione c.d. «-OMISSIS-» in quanto indicato, insieme al genitore -OMISSIS-, tra gli organizzatori dell’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffa aggravata e continuata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o altra utilità di provenienza illecita;

d) sarebbe pendente, nei confronti di-OMISSIS-, procedimento penale in relazione ai reati ex artt. 81 e 640- bis c.p.;

e) i coniugi -OMISSIS- e -OMISSIS- dimorano presso il nucleo abitativo del figlio e della nuora;

f) la ricorrente è socia della ditta «-OMISSIS-, -OMISSIS-», di cui è socio -OMISSIS-, a sua volta socio amministratore della -OMISSIS-».

2.- Con i due motivi in cui si articola il ricorso la ricorrente ha dedotto i vizi come di seguito esposti:

1) Violazione di legge (artt. 89, commi 3 e 4, 89-bis, 91, comma 6, 94, 84, comma 4, d. lgs. n. 159 del 2011;
art. 5, comma 3, decreto 14 marzo 2003);
eccesso di potere, difetto di motivazione e contraddittorietà. Sostiene la ricorrente che nessuna delle situazioni previste dalla legge quale elemento da cui desumere la permeabilità dell’impresa sussisterebbe. Il provvedimento sarebbe contraddittorio poiché nel 2018 il Comando provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS- aveva attestato l’assenza di elementi volti ad integrare cause di divieto, sospensione o decadenza ex art. 67 d. lgs. n. 159 del 2011;

2) Violazione di legge (artt. 91, comma 6 e 84, comma 4 d. lgs. n. 159 del 2011);
eccesso di potere, illogicità e contraddittorietà. In capo alla ricorrente non ricorrerebbero le ipotesi previste dall’art. 84 comma 4, né quella residuale dell’art. 91 comma 6 d. lgs. n.1 59 del 2011 in quanto la stessa non sarebbe stata colpita dai provvedimenti (anche non definitivi) indicati dalle predette disposizioni. Tutti gli episodi indicati quali elementi di pregiudizio nei confronti della ricorrente sarebbero riferiti a terzi soggetti con essa non conviventi, a società di cui la stessa non fa parte, a fatti penalmente rilevanti accaduti a soggetti terzi, e ad insussistenti frequentazioni con soggetti colti da provvedimenti di polizia.

Nessuna delle imprese colpite da interdittiva ed indicate dal Prefetto di -OMISSIS-, sarebbe socia dell’impresa agricola della ricorrente, né sarebbe titolare di rapporti di appalto o cointeressenze con la stessa.

La vera unica ragione per la quale il Prefetto di -OMISSIS- ha inibito l’attività economica della ricorrente sarebbe rinvenibile nell’appartenenza della stessa alla famiglia -OMISSIS- in quanto moglie del sig.-OMISSIS-, a sua volta nipote di tale -OMISSIS-, indagato per reati di mafia.

3.- Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno il quale, con articolata memoria, ha concluso per l’infondatezza delle avversarie pretese.

4.- All’udienza pubblica del 7 ottobre 2021, presente il procuratore di parte ricorrente che ha ribadito le proprie tesi difensive, il ricorso è stato posto in decisione.

5.- Il ricorso, alla stregua di quanto si dirà, deve essere accolto. L’approfondimento proprio di questa fase di merito induce a ritenere, diversamente da quanto evidenziato in sede cautelare, che l’informativa interdittiva di cui trattasi muova unicamente da una logica volta a massimizzare gli effetti dei rapporti parentali, ciò che è stato, anche recentemente, escluso dalla giurisprudenza del Giudice d’appello alla quale il Collegio intende qui uniformarsi.

6.- È stato, infatti, affermato che «il legame parentale non costituisce di per sé un indizio dell’infiltrazione mafiosa, specie laddove il parente deriva la propria presunta pericolosità dalla frequentazione di altri soggetti. La pericolosità sociale non si trasferisce infatti automaticamente da un parente all’altro ma occorre almeno ipotizzare che dal rapporto di parentela sia scaturita una cointeressenza in illeciti rapporti o compartecipazione in azioni sospette» (Cons. giust. amm. sic., sez. giur., n. 323 del 2021).

«Laddove il nucleo forte della motivazione del provvedimento prefettizio consista nella valorizzazione dei legami affettivi o parentali intercorrenti tra esponenti della compagine sociale e soggetti affiliati o vicini alle consorterie criminali, dovranno con chiarezza emergere gli elementi concreti che abbiano indotto l’Autorità a ritenere il predetto legame affettivo o parentale una via d’accesso agevolata alla gestione dell’impresa. A tal proposito, questo Collegio condivide e ribadisce le posizioni da tempo raggiunte nella giurisprudenza, nel senso che non può dedursi, dal mero vincolo parentale con un soggetto controindicato, non supportato da ulteriori elementi validi, la vocazione criminale del parente stesso: tuttavia, è anche vero che, se non si può scegliere la propria parentela, si può cionondimeno scegliere di prendere le definitive distanze da essa, ove ponga in essere attività non accettabili. Detto altrimenti, ben può il parente di un soggetto riconosciuto affiliato alle consorterie mafiose svolgere attività imprenditoriale, anche interfacciandosi con la committenza pubblica: a condizione, però, che sia chiara la sua distanza concreta e certa dal metodo e dal mondo criminale» (Cons. Stato, sez. III, 8 luglio 2020, n. 4372).

Ora, l’incedere argomentativo sugli elementi in fatto che la Prefettura ha posto alla base del provvedimento impugnato mostra che, in modo più o meno diretto, le considerazioni svolte muovono dalla mera sussistenza del rapporto di coniugio tra la ricorrente e tale-OMISSIS- i cui legami parentali con soggetti controindicati e talora destinatari di misure interdittive si riverbera, nell’architettura del provvedimento impugnato, spiegando effetti ostativi sulla posizione soggettiva della ricorrente.

Il provvedimento interdittivo laddove evidenzia la presenza di un addotto intreccio di legami familiari ed interessi illeciti tra il coniuge della ricorrente ed i suoi parenti e che i vincoli di parentela sarebbero «certamente rafforzativi della condivisione di intenti nonché della consapevolezza di contare su di un reciproco e continuativo sostegno», reca affermazioni non suffragate da concreti elementi, quantomeno con riferimento alla ricorrente, rispetto alla quale non è neppure accennato il rapporto inferenziale di ordine ostativo che deriverebbe da siffatto assetto di relazioni familiari (aspetto, questo, peraltro evidenziato anche dall’ordinanza cautelare emessa in grado d’appello, Cons. giust. amm. sic., sez. giur., n. 337 del 2021). In altre parole il provvedimento si risolve in un rischio infiltrativo che la prefettura ha correlato unicamente al rapporto di coniugio della ricorrente ed all’assetto parentale del marito.

7.- Alla luce delle suesposte considerazioni, poiché il provvedimento si basa esclusivamente su rapporti di (lontana) parentela fra il marito della ricorrente ed il ‘sospettato’ (di appartenenza ad una associazione di stampo mafioso), esclusa qualsiasi forma di amicizia e/o di convivenza e qualsiasi relazione di affari (che qui non viene in evidenza) fra quest’ultimo ed i primi, il ricorso va accolto con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento.

8.- L’alterno esito della vicenda contenziosa consente la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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