TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2023-07-25, n. 202312637

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2023-07-25, n. 202312637
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202312637
Data del deposito : 25 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/07/2023

N. 12637/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02005/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2005 del 2023, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia:

- nota prot. -OMISSIS- del 18/11/2022 del Ministero della Cultura, Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, comunicata al ricorrente in data 23/11/2022, recante Municipio I - -OMISSIS-, -OMISSIS-. N.C.E.U.: -OMISSIS---OMISSIS- (512?), -OMISSIS-. Richiedente: -OMISSIS- -OMISSIS-. Intervento: Manutenzione straordinaria per diversa distribuzione spazi interni, realizzazione di pareti verdi su due pareti della chiostrina interna, chiusura corpo scala con vetrata e allungamento della corsa ascensore al piano quinto. Procedimento: Autorizzazione ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. 42/2004. Immobile tutelato ai sensi del D. Lgs. 22.01.2004 n. 42 m. e ss.mm.ii., Parte Seconda;

- nota prot.-OMISSIS- del 2/1/2023 del Ministero della Cultura, Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, inviata al legale del ricorrente in data 2/1/2023, recante Nota ns prot. -OMISSIS- del 23/11/2022 – Roma – Municipio-OMISSIS-, -OMISSIS-, NCEU -OMISSIS---OMISSIS- etc. – procedimento: Manutenzione straordinaria per diversa distribuzione 2 spazi interni, realizzazione di pareti verdi su due pareti della chiostrina interna, chiusura corpo scala con vetrata e allungamento della corsa ascensore al piano quinto – Diffida per la conclusione del procedimento. Immobile tutelato ai sensi del D. Lgs. 22.01.2004 n. 42 m. e ss.mm.ii., Parte Seconda;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2023 la dott.ssa F S C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, ultrasettantacinquenne, rappresenta di essere comproprietario di parte dell’edificio sito in Roma, -OMISSIS-, bene di interesse culturale tutelato ai sensi del d. lgs. n. 42/2004, insieme alla propria sorella, la Sig.ra-OMISSIS- -OMISSIS-, la quale risiede al quarto piano dello stabile ed è affetta da disabilità, oltre che “invalida con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta”. I medesimi hanno concesso in locazione il quinto piano dell’edificio, attualmente occupato da un salone di bellezza.

Il Sig. -OMISSIS- ha presentato alla competente Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma istanza di autorizzazione ex art. 21, d.lgs. 42/2004 per un intervento di manutenzione straordinaria “ per diversa distribuzione spazi interni, realizzazione di pareti verdi su due pareti della chiostrina interna, chiusura corpo scala con vetrata e allungamento della corsa ascensore al piano quinto ”.

2. Con nota del 18 novembre 2022, la Soprintendenza chiedeva documentazione integrativa, articolata in tre punti, sospendendo il procedimento fino alla data di ricezione della stessa. Le integrazioni richieste riguardavano: i) la certificazione attestante la disabilità del/dei residente/i al piano interessato, quanto alla richiesta di allungamento del vano corsa ascensore al piano quinto per abbattimento delle barriere architettoniche ai sensi della l. n. 13/1989; ii) la rappresentazione grafica degli interni 12 e 13 ubicati al terzo piano, essendo emersa una discrepanza tra l’elaborato predisposto dal tecnico incaricato e allegato alla richiesta di parere prot. n. -OMISSIS- del 29 luglio 2022 e quello allegato al nulla osta rilasciato dalla medesima Soprintendenza con prot. n. -OMISSIS- del 25 luglio 2009, citato dal tecnico; iii) tutta la documentazione attestante i passaggi “ che hanno interessato l’immobile in oggetto ”, che non era stato possibile ricostruire tramite il canale telematico -OMISSIS-.

Il tecnico di parte riscontrava per iscritto tale richiesta con l’invio dell’elaborato grafico corretto del refuso evidenziato nel secondo punto, mentre, con riferimento agli ulteriori due profili, rappresentava l’ultroneità degli atti richiesti ai sensi della normativa speciale di cui alla l. n. 13/1989 e richiamava i principi generali di cui alla l. n. 241/1990, diffidando l’amministrazione a concludere il procedimento nel termine di legge (cfr. doc. 4).

Con ulteriore nota prot. n. -OMISSIS- del 2 gennaio 2023, la Soprintendenza confermava la sospensione del procedimento, precisando ulteriormente le ragioni sottese alla richiesta della documentazione integrativa oggetto dei punti 1 e 3 della propria precedente nota.

3. Con ricorso notificato in data 23 gennaio 2023 e depositato il 7 febbraio 2023, il Sig. -OMISSIS- -OMISSIS- è insorto avverso le sopra citate note, chiedendone l’annullamento al fine di “ poter realizzare l’intervento di manutenzione straordinaria, per preservare il bene immobile, valorizzarlo, adeguandolo altresì alle necessità delle persone disabili ”, sulla scorta di due motivi così rubricati: i) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21, co. 4, 22 gennaio 2004, n. 42, dell’art. 4, co. 4, l. 9 gennaio 1989, n. 13, dell’art. 10, co. 3, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. mod. l. 11 settembre 2020, n. 120, dell’art. 3, l. 241/1990 e dell’1, co. 2, l. 241/1990 – Eccesso di potere per incongruità della motivazione, illogicità e sviamento ”, con riferimento alla condizione della residenza della persona disabile nell’unità immobiliare da raggiungere con l’allungamento del vano corsa dell’ascensore; ii) Eccesso di potere per perplessità, incongruità della motivazione e illogicità. Violazione e falsa applicazione degli art. 1, co. 2 e 2-bis, 6, co. 1, lett. b) e 18, l. 241/1990, dell’art. 21, co. 4, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e dell’art. 4, co. 4, l. 9 gennaio 1989, n. 13 ”, in ordine alla rappresentata difficoltà a ricostruire tramite il canale telematico -OMISSIS- “ i passaggi che hanno interessato l’immobile in oggetto ”.

4. Il Ministero della cultura si è costituito in giudizio eccependo, in via pregiudiziale, l’inammissibilità del gravame in quanto esperito avverso atti endo-procedimentali privi di effetti lesivi e chiedendone il rigetto nel merito.

5. Con ord. n. 1997/2023 del 12 aprile 2023, confermata dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare con ord. n. 2359/2023 del 9 giugno 2023, la Sezione ha accolto la domanda cautelare, ordinando alla Soprintendenza di “ pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione ex art. 21 d.lgs. 42/2004, dettagliando eventuali richieste di chiarimenti e/o integrazioni documentali con la specifica indicazione degli atti/documenti necessari al completamento dell’istruttoria, che non siano già in possesso di altre Amministrazioni, e motivando in ordine alle ragioni per cui tale documentazione risulta indispensabile al fine di valutare la compatibilità dell’intervento di cui trattasi con i valori culturali oggetto di tutela ”.

6. In data 7 giugno 2023 il ricorrente ha prodotto documentazione relativa ad interventi effettuati su immobile ubicato in -OMISSIS-, tra cui due autorizzazioni rilasciate dalla resistente amministrazione ai sensi dell’art. 21 d. lgs. n. 42/2004.

7. Alla pubblica udienza del 18 luglio 2023 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.

8. Va esaminata, in via pregiudiziale, l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse sollevata dall’Avvocatura nella memoria difensiva del 15 febbraio 2023, motivata in ragione della asserita natura endo-procedimentale delle note gravate, essendosi l’amministrazione limitata a chiedere documentazione aggiuntiva senza esitare il procedimento con un provvedimento sfavorevole all’interessato, col risultato che non sarebbe stata lesa la sua sfera giuridica.

L’eccezione va rigettata.

Le note di cui trattasi hanno sospeso il procedimento in attesa che l’istante dia riscontro all’integrazione documentale, formulando una richiesta istruttoria che, come meglio di dirà, risulta illegittima, in considerazione della sua ultroneità ed eccessiva genericità. Peraltro, la possibilità ( rectius , doverosità) di concludere il procedimento anche senza la suddetta documentazione era stata rappresentata (motivatamente) dall’interessato nella nota di riscontro del 7 dicembre 2022, con cui l’amministrazione era stata espressamente diffidata a definire l’iter con un provvedimento da adottarsi nel termine di legge, sicché la successiva nota ministeriale del 2 gennaio 2023, nel confermare la disposta sospensione e corroborare la richiesta di documentazione aggiuntiva con ulteriori precisazioni, comporta di fatto un’insuperabile situazione di “stallo”, in quanto reitera una richiesta cui l’istante non intende dare seguito, col risultato che l’iter resterebbe quiescente sine die .

La gravata richiesta di integrazione, pertanto, ha determinato un arresto procedimentale lesivo per gli interessi della parte, e come tale immediatamente impugnabile (sulla impugnabilità degli atti endo-procedimentali che abbiano l’effetto di interrompere l’iter cfr. ex multis Cons, Stato, sez. VII, 15 giugno 2023, n. 5923, secondo cui “ Siffatta regola generale – i.e., quella secondo cui “nel processo amministrativo non sono di regola immediatamente lesivi gli atti endoprocedimentali, che non esprimono la determinazione finale della pubblica amministrazione” - non opera soltanto in caso di: (…) atti interlocutori, idonei a cagionare un arresto procedimentale capace di frustrare l'aspirazione dell'istante al celere soddisfacimento dell'interesse pretensivo prospettato (…) ”).

9. Nel merito, il ricorso va accolto.

10. Un primo ordine di censure è diretto avverso la richiesta relativa alla produzione del certificato di residenza del soggetto disabile al piano interessato con precipuo riferimento all’intervento teso al superamento delle barriere architettoniche (allungamento del vano corsa ascensore al piano quinto), che la nota del 2 gennaio 2023 specifica essere “ motivata dal fatto che nell’immobile in oggetto risulta localizzato un centro benessere (…), con una destinazione d’uso commerciale e non residenziale ”: in relazione a tale punto, la parte deduce violazione e/o falsa applicazione di ben cinque disposizione di legge, sviluppando altrettante doglianze.

Tra esse, ritiene il Collegio che sia manifestamente fondata (e assorbente) quella tesa a contestare la violazione dell’art. 10, co. 3, lett. b) d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120.

Con tale disposizione è stato abrogato l’art. 8 della l. n. 13/1989, che così disponeva: “ Alle domande ovvero alle comunicazioni al sindaco relative alla realizzazione di interventi di cui alla presente legge, è allegato certificato medico in carta libera attestante l'handicap e dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dalla quale risultino l'ubicazione della propria abitazione, nonché le difficoltà di accesso ”.

In altri termini, il legislatore ha eliminato la prescrizione che imponeva l’onere di allegare sia la certificazione medica attestante lo stato di “handicap”, sia l’ulteriore documentazione che comprovasse l’ubicazione della casa di abitazione del soggetto disabile e l’esistenza di impedimenti fisici al relativo accesso.

Tale intervento rafforza la ratio di fondo che informa la normativa speciale in materia di superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati, che è quella di promuovere e agevolare al massimo grado interventi che abbiano la finalità di garantire idonee condizioni di accessibilità e di fruizione a tutti soggetti che versino in situazioni di disabilità in quanto portatori di monorazioni fisiche, ivi compresi, per quanto qui interessa, coloro che siano in condizioni di ridotta o impedita capacità motoria.

Rispetto ad essi, l’ostacolo fisico (ossia la “barriera architettonica”) si traduce in un impedimento materiale o comunque in una rilevante difficoltà di accedere all’edificio o a singole sue parti, risultando, come tale, lesivo dei diritti fondamentali sanciti a livello costituzionale: la “accessibilità” (ossia la “ possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia ”, secondo la definizione offerta dall’art. 2 del DM 14 giugno 1989, n. 236, recante “ Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e della eliminazione delle barriere architettoniche ”), infatti, è ispirata al generale il principio personalista che impronta la Carta Costituzionale, il quale pone come “ fine ultimo dell'organizzazione sociale lo sviluppo di ogni singola persona umana ” (cfr. Corte Cost., 10 maggio 1999, n. 167), traducendosi la mancanza di accessibilità abitativa in una disuguaglianza di fatto impeditiva dello sviluppo della persona e lesiva della dignità umana.

Tali principi, affermati con riferimento alle condizioni di accessibilità alla casa di abitazione, non possono tuttavia non valere in termini più generali: anche per un visitatore occasionale, infatti, l’ostacolo fisico concreta una lesione dei valori fondamentali della persona e della dignità umana, e dunque collide con interessi connotati da una forte rilevanza sociale (e non meramente individuale) e contemplati anche a livello sovranazionale (si veda ad es. la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18).

In tale ottica deve essere “calata” e interpretata la norma abrogativa di cui al d.l. n. 76/2020, con cui appunto è stata esclusa, quale presupposto necessario per conseguire il titolo abilitativo, la certificazione attestante la disabilità del soggetto che risiede nello stabile interessato dagli interventi (peraltro, sempre alla luce delle novità introdotte con l’art. 10, co. 3 d.l. n. 76/2020, ciascun partecipante alla comunione o al condominio è stato facoltizzato a realizzare “ a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 1102 del codice civile ”, rendendo dunque più agevole l’effettuazione degli interventi di superamento delle barriere architettoniche, di cui peraltro è stato espressamente escluso il carattere voluttuario ai sensi dell'articolo 1121, primo comma, del codice civile).

Oltretutto, nel caso di specie l’intervento di allungamento del vano corsa dell’ascensore fino al quinto piano garantirebbe sia al ricorrente, sia alla sorella affetta da disabilità, l’agevole raggiungimento della unità immobiliare di loro proprietà ivi ubicata, sicché appare vieppiù giustificata, nel caso di specie, l’esigenza di superamento delle barriere architettoniche.

Per completezza di ragionamento preme sono puntualizzare che è da intendersi tacitamente abrogato anche l’art. 81 del d.P.R. n. 380/2001, rubricato “certificazioni” (che recita “ Alle domande ovvero alle comunicazioni al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale relative alla realizzazione di interventi di cui al presente capo è allegato certificato medico in carta libera attestante l'handicap e dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, dalla quale risultino l'ubicazione della propria abitazione, nonché le difficoltà di accesso ”), ossia la disposizione del Testo unico dell’edilizia in cui è confluita la norma di cui all’art. 8 della l. n. 13/1989.

11. Essendo rimasto inottemperato il remand formulato dalla Sezione in sede cautelare, è necessario scrutinare nel merito anche il secondo ordine di censure, esperito avverso l’ulteriore oggetto della richiesta di integrazione documentale del 18 novembre 2022, relativo alla “ documentazione attestante i passaggi ” dell’immobile (segnatamente, singole particelle e subalterni “ a partire dai dati e dalle planimetrie catastali oggetto di concessione in sanatoria, incluso la graficizzazione della consistenza dell’immobile a seguito dei vari accorpamenti e/o frazionamenti susseguitisi nel tempo ”), rispetto al quale la successiva richiesta del 2 gennaio 2023 precisa che “ in applicazione dell’art. 6 comma 1 lettera b) l. n. 241/1990, il responsabile del procedimento ha accertato attraverso i canali istituzionali (-OMISSIS-) la incomprensibilità della consistenza dell’immobile in oggetto e conseguentemente, in virtù dei princìpi della collaborazione e buona fede che connotano i rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione, ha richiesto alla proprietà di fornire i necessari chiarimenti. Sempre in merito alla suddetta richiesta si fa altresì presente che la comprensione della consistenza immobiliare è la conditio sine qua non per la corretta definizione dell’istruttoria e ad oggi la consistenza dell’immobile non è comprensibile dalla banca istituzionale -OMISSIS- .

Ritiene il Collegio che siano fondate le censure dirette e denunciare l’incongruità e illogicità della richiesta con cui la Soprintendenza pretende dal ricorrente di attivarsi per produrre documentazione già depositata presso altra Amministrazione dello Stato, in violazione di alcuni dei principi generali di cui alla l. n. 241/1990, senza peraltro nemmeno “ indicare quali sarebbero i documenti di suo interesse e cosa intenda per «incomprensibilità della consistenza dell’immobile in oggetto» ”.

La gravata richiesta, infatti, da un lato si appalesa alquanto generica e vaga, e dunque non agevolmente comprensibile: il non meglio precisato riferimento alla “consistenza dell’immobile” e alla “incomprensibilità dei passaggi”, infatti, non permette di cogliere esattamente né quale sia la criticità rilevata, né, specificamente, quali siano le “singole particelle e subalterni” che ne sarebbero interessati, anche tenuto conto che, invece, per una ben precisa porzione dell’immobile (segnatamente, interni 12 e 13 al terzo piano) la nota del 18 novembre 2022 aveva esattamente segnalato una difformità tra la rappresentazione graficizzata nell’elaborato allegato alla richiesta di autorizzazione e quanto assentito con un nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza nel 2009, tanto da mettere l’interessato in condizione di rimediare alla rilevata imprecisione.

In secondo luogo, l’integrazione documentale è stata chiesta in violazione dell’art. 18, co. 2, l. 241/1990, secondo cui “ I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti ”. Peraltro, come correttamente evidenziato dal ricorrente, l’art. 6, co. 1, lett. b) della l. 241/1990, stabilisce che al il responsabile del procedimento accerta d’ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria.

La legge generale sul procedimento amministrativo, dunque, nel fissare il principio generale di completezza e adeguatezza dell’istruttoria (da contemperare peraltro con il divieto di aggravamento del procedimento di cui all’art. 1, co. 2), pone a carico dell’amministrazione lo specifico obbligo di espletare gli accertamenti di fatto che siano necessari ai fini dell’adozione del provvedimento conclusivo, senza gravare l’interessato con richieste ultronee e acquisendo da altre amministrazioni i documenti in loro possesso.

Ne deriva che, nel caso di specie, la Soprintendenza è tenuta a completare l’istruttoria mercé la ricostruzione della realtà fattuale e l’acquisizione, presso altre pubbliche amministrazioni, della documentazione da esse detenuta che ritenga necessaria (nel caso di specie, infatti, la gravata nota fa riferimento a “ i dati e dalle planimetrie catastali oggetto di concessione in sanatoria ”, ossia a documentazione che sicuramente è detenuta, quantomeno, dall’amministrazione comunale, in funzione del rilascio di un titolo edilizio), e solo in un secondo momento, ossia sulla scorta dell’insieme degli elementi, dati e documenti reperiti, potrebbe eventualmente chiedere all’interessato chiarimenti ulteriori, laddove si profilasse come indispensabile un supplemento di istruttoria al fine di esprimere le valutazioni istituzionalmente demandate alla sua sfera di competenza ( i.e. , formulare un giudizio di compatibilità dell’intervento di cui trattasi con i valori culturali oggetto di tutela ai sensi del d. lgs. n. 42/2004).

Ne consegue anche che è privo di pregio il richiamo, espressamente contenuto nell’ulteriore nota di precisazione del 2 gennaio 2023, ai “ principi della collaborazione e buona fede che connotano i rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione ”, che avrebbero legittimato la richiesta “ alla proprietà di fornire i necessari chiarimenti ”: tali principi, espressamente richiamati dall’art. 1, co. 2 bis della l. n. 241/1990, vanno comunque interpretati alla luce delle previsioni dettate dalla medesima legge e con gli ulteriori principi generali informatori dell’ agere amministrativo cui si è fatto cenno, che precludono la possibilità di “riversare” sull’interessato presunte carenze istruttorie e/o documentali, che è preciso obbligo dell’amministrazione colmare.

12. In conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento delle note gravate, con cui l’amministrazione ha sospeso il procedimento in attesa della produzione della documentazione in esse indicata, e fermo restando l’obbligo, in via conformativa e tenuto conto del disposto di cui all’art. 34, co. 1, lett. e) c.p.a. (secondo cui “ In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda: (…) dispone le misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato (…) ”), di concludere il procedimento avviato su istanza di parte all’esito di un’istruttoria informata alle coordinate ermeneutiche tracciate con la presente pronuncia.

13. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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