TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2017-11-07, n. 201705224

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2017-11-07, n. 201705224
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201705224
Data del deposito : 7 novembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/11/2017

N. 05224/2017 REG.PROV.COLL.

N. 03832/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3832 del 2011, proposto da N P, rappresentato e difeso dall'avvocato E I, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, corso Umberto I n. 75,

contro

Comune di Napoli in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Municipale, domiciliata in Napoli, piazza Municipio,

per l'annullamento

della disposizione dirigenziale del comune di Napoli n.98/2011 che ha respinto la domanda di condono edilizio.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli in Persona del Sindaco P.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2017 la dott.ssa M B C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Il ricorrente Nicola POLVERINO, nella qualità di responsabile e proprietario del terreno sito in Napoli, via Vicinale Soffritto, n. 72, ha impugnato la disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n . 98 del 22 marzo 2011, di reiezione della domanda di condono ai sensi della legge n. 724 del 1994 per la realizzazione del secondo piano del fabbricato ivi edificato, e ne ha ordinato la demolizione.

Avverso la reiezione del cd. “secondo condono” deduce eccesso di potere per la mancata valutazione dell’istanza di condono precedente;
violazione della normativa urbanistica ed edilizia (art. 40 l. n. 47 del 1985), poiché il bene è stato trasferito per asta fallimentare;
erroneità della declaratoria di inammissibilità della domanda di condono, dovendo comunque l’amministrazione pronunziarsi nel merito;
mancanza dell’acquisizione del parere della C.E.I.;
difetto di istruttoria.

2.Avverso la sanzione demolitoria lamenta la mancata esitazione della domanda di condono del 1986;
la violazione delle norme sul giusto procedimento;
erronea applicazione dell’art. 27 t.u. n. 380 del 2001;
la carenza motivazionale per non essersi ben individuato l’“iter” logico alla base del provvedimento né l’interesse pubblico alla demolizione: l’ente avrebbe, quindi, dovuto evidenziare gli specifici profili di interesse pubblico sottesi al provvedimento.

3. Si è difesa l’amministrazione comunale che insiste per la reiezione dell’impugnazione.

4. Avverso l’avviso di perenzione la parte ha manifestato interesse alla decisione ed all'udienza pubblica del 19 luglio maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.

1.2. Giova in via preliminare evidenziare che il terreno in questione:

- rientra in “Zona F, sottozona Fa – componenti strutturanti la conformazione naturale dei territori destinate a parco naturale” - della variante generale al PRG;

- è soggetto a vincolo archeologico fin dal Dm 25 gennaio 1958, nonché al vincolo paesaggistico con d.m. del 22.6.1967 e d.m. 28.3.1985, ai sensi dell’art.157 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n.42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”;

- fa parte del piano territoriale paesistico Agnano- Camaldoli, come zona di protezione integrale, e rimaneva nel perimetro Zona B del “Parco Regionale Metropolitano delle colline di Napoli” approvato con delibera G.R. Campania n. 855 del 10 giugno 2004;

- è stato oggetto di acquisizione comunale per effetto della contestazione della lottizzazione abusiva, fra l’altro, sulla particella su cui insiste il terreno, con provvedimento di sospensione delle opere abusive in corso, adottato con disposizioni dirigenziali n. 291/1 e 292/1 dell’8 luglio 2015.

Quest’ultima circostanza, che in astratto potrebbe privare in radice il ricorso della legittimazione attiva e dell’interesse alla decisione in quanto determina la perdita della proprietà del fondo da parte dell’odierno ricorrente, non è allo stato suscettibile di produrre con certezza gli evidenziati effetti processuali in quanto la vicenda lottizzatoria è ancora sub judice (i ricorsi n. 5474/14 e 5477/14 sono stati trattenuti in decisione dalla Sezione nella medesima udienza del 19 luglio 2017).

Nel caso di rigetto dei medesimi, la posizione del ricorrente diventerebbe ancora più debole.

2. Ciò premesso l’impugnazione del diniego di condono si rivela infondata.

2.1. L’amministrazione comunale ha infatti dichiarato l’istanza inammissibile nella parte in cui, pur essendo stata presentata in data 25 gennaio 2007 (prot. n. 12866), la stessa fa riferimento ai presupposti previsti dalla legge n. 724 del 1994.

Ad avviso del ricorrente tale normativa dovrebbe comunque trovare applicazione in quanto, ai sensi dell’art. 40 della legge n. 47 del 1985, l’acquisto tramite asta fallimentare (con decreto di assegnazione n. 242/1997 depositato dal tribunale di Napoli in data 27 settembre 2006), avrebbe l’effetto di riaprire i termini per fruire del condono del 1994.

La tesi non persuade.

Ai sensi dell'art. 40, l. 28 febbraio 1985 n. 47, gli immobili sottoposti ad esecuzione (definizione ampia nella quale rientrano l'esecuzione individuale così come quella concorsuale) possono essere sanati in un termine diverso dalle normali scadenze per le richieste di condono edilizio: tale termine decorre solo dalla emissione del decreto di trasferimento, a conclusione della procedura esecutiva immobiliare, sicché, in presenza di una tale situazione, per il combinato disposto degli artt. 40 e 44, l. n. 47 del 1985, il termine per la presentazione delle domande di sanatoria, normalmente previsto dal precedente art. 35, rimane aperto fino alla chiusura della procedura esecutiva, purché le opere abusive rientrino nelle previsioni di sanabilità della presente legge e le ragioni di credito per le quali si proceda siano anteriori alla legge di sanatoria.

Secondo la giurisprudenza, «il rinvio operato dalle successive leggi speciali di sanatoria edilizia alla disposizione di cui all’art. 40, comma 6, della legge n. 47/1985 deve essere necessariamente inteso, alla luce della lettera e della ratio del comma considerato e del suo inquadramento sistematico, come un rinvio “mobile” alla norma, che lega la propria operatività al parametro temporale definito dalla legge di condono edilizio di volta in volta applicata, mentre non apparirebbe congruo un rinvio “fisso” all’originario termine di entrata in vigore della legge n. 47/1985» (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 9 giugno 2010, n. 16525;
si veda anche TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 26 luglio 2016, n. 8565).

Ciò posto, la condizione legittimante la presentazione dell’istanza di sanatoria, ammessa eccezionalmente nei centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile derivante da procedure esecutive, che l’art. 40, comma 6, della legge n. 47/85 individua nel fatto che le ragioni di credito per cui si procede o si interviene in executivis nei confronti del precedente proprietario siano «di data anteriore all'entrata in vigore della presente legge» deve, quindi, intendersi riferita alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria della quale consente l’applicazione.

Nel caso di specie, la procedura concorsuale risale al 1997 ed il trasferimento del cespite è avvenuto a seguito di asta fallimentare nel 2006.

La norma in esame, di stretta interpretazione perché ampliativa dell’ambito di applicazione di una disciplina già di per sé eccezionale, impone all’istante di provare in modo rigoroso i presupposti della sua applicazione, mentre il richiedente, nell’ambito del procedimento di condono, non ha offerto alcun serio elemento probatorio in grado di dimostrare che le ragioni del credito fossero pre-esistenti al 1994, onde la decisione di ritenerne inammissibile il richiamo al condono di cui alla legge n. 724 del 1994 appare ineccepibile, tenuto anche conto che l’apertura della procedura fallimentare tre anni dopo l’entrata in vigore della legge n. 724 rende improbabile la sussistenza dei requisiti richiesti dal citato articolo 40.

In ogni caso perfino in sede processuale la parte si è limitata a sostenere, con il supporto di una mera e-mail del curatore fallimentare, che nell’ambito del fallimento vi fossero ragioni di credito sorte in data anteriore all’entrata in vigore della legge n. 724 del 1994, ma tale evidenza cartolare non è affatto idonea ad integrare la prova di quanto affermato dal ricorrente.

Sul punto vale rammentare che il principio cd. dispositivo con metodo acquisitivo – operante nel processo amministrativo - trova ragione di essere in riferimento solo ad atti e documenti formati ovvero custoditi dall’Amministrazione, per i quali, non essendovi un immediato e generalizzato accesso da parte del privato, più difficile potrebbe risultare l’assolvimento dell’onus probandi nei rigorosi termini di cui all’art. 2697 c.c. Il ricorrente, in tali ipotesi, è tenuto solo ad allegare un principio di prova, spostandosi, per il resto, a carico dell'amministrazione l'onere di fornire la prova contraria alle deduzioni esposte in domanda e di dimostrare la legittimità dell'atto impugnato.

Viceversa, in tutti i casi – com’è quello di specie - nei quali sono nella piena disponibilità della parte gli elementi atti a sostenere la fondatezza della domanda giudiziale azionata, la regola generale dell'onere della prova trova integrale applicazione pure nel processo amministrativo. Il suddetto principio – già introdotto in via pretoria – trova oggi formale consacrazione nell’art. 64 (comma 1°) del d.lgs.

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