TAR Napoli, sez. III, sentenza 2019-12-09, n. 201905769

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2019-12-09, n. 201905769
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201905769
Data del deposito : 9 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/12/2019

N. 05769/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00968/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 968 del 2019, proposto da:
Ditta Individuale Azienda Agricola La Fattoria delle Farfalle di A V (di seguito: Azienda Agricola), in persona del titolare, legale rappresentante pro tempore, A V, rappresentato e difeso dagli avvocati G B, A E, con domicilio eletto presso lo studio G B in Napoli, largo F T, 71 ed il seguente recapito digitale: giovannibasile1@avvocatinapoli.legalmail.it;

contro

Comune di Torre del Greco, in persona del sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A L I e, F N, con il seguente recapito digitale: francesco.nappo@forotorre.it;

nei confronti

Bottiglieri Immobiliare S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Di Meglio, con il seguente recapito digitale, antonio.dimeglio@forotorre.it;

per l'annullamento:

a) del provvedimento prot. n. 838 del 14 dicembre 2018, notificato il successivo 17, col quale il Dirigente dell’

VIII

Settore del Comune di Torre del Greco ha ingiunto, ai sensi dell'art. 31 del d.p.r. n. 380/2001, a Bottiglieri Immobiliare s.r.l. (nella qualità di proprietaria) ed ai signori A V, Ascione Pasqualino e Pannico Anna (nella qualità di committenti) di provvedere alla demolizione delle opere abusive contestate;

b) di ogni altro atto alla stessa preordinato, presupposto, connesso, conseguente e collegato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Torre del Greco e di Bottiglieri Immobiliare S.r.l.;

Vista l’ordinanza cautelare n. 788 del 21 maggio 2019 di questo TAR;

Vista l’ordinanza di appello cautelare n. 3126/2019 del Consiglio di Stato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2019 il dott. Gianmario Palliggiano, presenti l’avv. Bruno Galante, per dichiarata delega orale dell'avv. G B, per la ricorrente, l’avv. Antonioluigi Iacomino per il Comune di Torre del Greco e l’avv. Antonio Di Meglio per la controinteressata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Riferisce il ricorrente, A V, di esercitare, in qualità di titolare dell’Azienda Agricola attività di piante ortofloricole su un fondo di proprietà della controinteressata Bottiglieri Immobiliare s.r.l., riportato in Catasto al foglio 12, p.lla 1054 del comune di Torre del Greco.

A A, padre del ricorrente, in data 31 dicembre 1998 presentava domanda per ottenere il permesso in sanatoria, ai sensi delle Leggi regionali n. 8 del 24 marzo 1995 e n. 7 del 21 marzo 1996, relativamente alle serre ubicate sul fondo sopra descritto per una superficie complessiva di mq 3.112,42.

La domanda era favorevolmente esaminata dall’amministrazione comunale con relazione illustrativa del 19 febbraio 2002 e col rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 105 del 15 dicembre 2004.

Il ricorrente riferisce che, in seguito, allo scopo di rendere il fondo maggiormente fruibile per l'esercizio dell'attività agricola, vi ha realizzato altre opere di carattere pertinenziale sul fondo, consistenti in un deposito, nella pavimentazione e nella recinzione.

E’ accaduto che, con provvedimento prot. n. 838 del 14 dicembre 2018, il Dirigente dell’

VIII

Settore del Comune di Torre del Greco, nel richiamare la relazione tecnica di sopralluogo prot. n. 81659 del 28 novembre 2018, ha ingiunto alla Bottiglieri Immobiliare s.r.l., nella qualità di proprietaria, e ad A V, Ascione Pasqualino e Pannico Anna, nella qualità di committenti, ai sensi degli artt. 27 e 31 d.p.r. 380/2001, la demolizione delle seguenti opere:

1) container in pannelli di alluminio avente una superficie di circa 36,00 mq;

2) manufatto in blocchi di lapil-cemento di circa 9,00 mq;

3) strutture in legno coperte da teloni plastificati aventi una superficie di circa 90,00 mq;

4) baracca di legno e copertura in lamiera grecata, di superficie circa 8,00 mq;

5) pavimentazione in massetto in calcestruzzo;

6) recinzione in rete metallica.

2.- Con l’odierno ricorso, notificato il 14 febbraio 2019 e depositato il successivo 7 marzo, A V, in qualità di titolare dell’Azienda Agricola ha impugnato il sopra menzionato provvedimento prot. n. 838/2018.

Resiste in giudizio il comune di Torre del Greco con memoria e documentazione depositate il 3 maggio 2019, chiedendo il rigetto del ricorso.

Anche la controinteressata si è costituita in giudizio e, con memorie depositate il 4 ed il 17 maggio 2019, ha argomentato per l’infondatezza e quindi il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 788 del 21 maggio 2019, la Sezione ha respinto l’istanza di misure cautelari provvisorie.

In sede di appello cautelare, il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3126/2019, ha accolto la richiesta di parte ricorrente.

La causa è stata quindi inserita nel ruolo dell’udienza pubblica dell’8 ottobre 2019, per essere quindi trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

1) violazione degli artt. 3, 6, 6-bis, 10, 22 e 31 d.p.r. 380/2001;
violazione del giusto procedimento e dell’art. 3 L. n. 241/1990;
eccesso di potere per erroneità, difetto d’istruttoria, dei presupposti e di motivazione.

Come dimostrato col deposito del permesso di costruire in sanatoria, gli impianti serricoli sono stati assentiti per consentire alla ditta ricorrente l'esercizio dell'attività di produzione di piante ortofloricole.

In particolare, riguardo alle serre l’amministrazione comunale ha ingiunto il ripristino dello stato originario dei luoghi (indicati sub 3 dell'ordinanza impugnata), senza considerare che le stesse sono state assentite col permesso di costruire in sanatoria n. 105 del 15 dicembre 2004. Per quanto concerne gli altri interventi contestati, il container e la baracca in legno sono stati inseriti nel fondo solo per esigenze del tutto temporanee nel corso dell'esecuzione dei lavori di realizzazione delle serre, tant’è che la società ricorrente, non avendo più interesse al loro mantenimento, avrebbe provvisto alla rimozione.

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche nella parte in cui sanziona, ai sensi dell'art. 31 d.p.r. 380/2001, opere aventi carattere pertinenziali, quali il deposito, la pavimentazione e la recinzione, per le quali non occorre il permesso di costruire, ma sarebbe sufficiente la Comunicazione inizio lavori asseverata (CILA) - ai sensi dell'art.

6-bis d.p.r. 380/2001, per effetto della modifica introdotta dall'art. 3, comma 1, lett. c), d. lgs. 222/2016 - che il ricorrente ha omesso di inoltrare. Tenuto conto che le sopra indicate opere sono già state realizzate, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto limitarsi ad irrogare, per i relativi interventi, la sanzione pecuniaria di € 1.000,00, prevista dal comma 5 del citato art.

6-bis d.p.r. 380/2001, per omessa comunicazione della CILA.

2) violazione degli artt. 3, 7, 8, 9, 10 e 21-octies l. n. 241/1990;
violazione del giusto procedimento;
eccesso di potere per manifesta ingiustizia.

L’amministrazione comunale, col provvedimento impugnato, avrebbe omesso di osservare le regole sulle garanzie partecipative previste dalla L. 241/1990, in particolare della comunicazione di avvio del procedimento.

2.- Il ricorso è infondato.

Va preliminarmente chiarito che il ricorrente - come da indicazioni dallo stesso rese nella memoria depositata il 17 maggio 2019 - ha inoltrato SCIA di pari data, deposita in allegato agli atti della causa, per rimuovere alcune tra le opere contestate con l’impugnata ordinanza di demolizione, per l’esattezza: container di mq 36 (sub 1);
manufatto in blocchi di lapil-cemento di mq 9 (sub 2), baracca in legno e copertura in lamiera di mq 8,00 (sub 4), pavimentazione in massetto di calcestruzzo di mq 100,00 (sub 5).

Il Collegio, nel prendere atto della presentazione della SCIA, rileva tuttavia che, agli atti della causa, anche per l’assenza di alcuna indicazione fornita a chiarimento sul punto dall’amministrazione comunale, benché costituita in giudizio, non vi siano elementi certi per comprendere se la segnalata attività di demolizione abbia avuto seguito e, quindi, se alcune delle opere abusive contestate siano state in concreto rimosse.

Al contrario, nella memoria depositata dal ricorrente si fa solo riferimento alla “volontà di demolire i manufatti contrassegnati nella medesima ordinanza sub 1 e sub 4”, dichiarazione che non solo lascia intendere che la rimozione non sia stata ancora eseguita ma che, peraltro, riduce di per sé riduce la portata della menzionata SCIA la quale contempla anche i manufatti di cui ai numeri 2) e 5) dell’ordinanza di demolizione.

3.- Ciò chiarito può nello specifico passarsi all’esame delle censure.

3.1.- Riguardo ai manufatti consistenti nella struttura in legno (deposito) di 90 mq (sub 3) e nella recinzione (sub 6), parte ricorrente non ne prova la regolarità urbanistico-edilizia, posto che il permesso di costruire in sanatoria n. 105 del 15 dicembre 2004, attiene esclusivamente all’impianto costituito dalle due serre per una complessiva superficie di mq 3.112,42 prima serra di mq 2.311,45 e seconda serra di mq 800,57.

Come già anticipato in fatto, il ricorrente rileva che, con istanza prot. n. 86595 del 31 dicembre 1998, A A, padre del titolare dell’azienda ricorrente, chiese la regolarizzazione tramite rilascio del permesso in sanatoria, ai sensi delle leggi regionali n. 8 del 24 marzo 1995 e n. 7 del 21 marzo 1996, degli impianti serricoli ubicati sul fondo.

Sostiene il ricorrente che con la domanda si intendevano sanare non solo le due serre ma anche il manufatto in legno, adibito a deposito, riportato sub D) nei grafici allegati.

Al fine di dimostrare quanto affermato e, pertanto, l’illegittimità della sanzione irrogata, la ricorrente ha depositato agli atti del giudizio ed in vista dell’udienza camerale (unitamente alla memoria del 15 maggio 2019) perizia asseverata nella quale sono state riportate le Norme tecniche di attuazione del PRG e del PTP.

Il tecnico di parte chiarisce inoltre che l’intervento di recinzione del fondo ricade in zona omogenea A2 (art. 8 del PRG), all’interno della quale non solo non è esclusa la realizzazione di siffatto intervento ma sarebbero comunque consentite “operazioni di restauro ed ammodernamento” delle strutture esistenti (comma 2), nonché “la costruzione di dipendenze e corpi accessori degli edifici esistenti”.

Nella relazione illustrativa - allegata all’istanza di sanatoria e resa parte integrante unitamente al progetto del permesso di costruire – era precisato che le serre sono costituite da strutture portanti in legno, con copertura in plastica e PVC di altezza al colmo variabile dai mt 3,20 ai mt 3,15 ed alla gronda dai mt 2,10 ai mt 2,30, con ancoraggio tramite interramento della base dei pali in apposite buche senza opere di fondazione;
inoltre “le attrezzature, le macchine, i concimi, i prodotti antiparassitari sono conservati in 1 struttura in legno/plastica situata in corrispondenza della serra 1 ed indicata alla lettera D dell’elaborato grafico” (cfr. relazione illustrativa pag. 2 ultimi tre righi e allegato grafico dove la struttura viene riportata sub D, allegati al permesso di costruire n. 105 del 15 dicembre 2004, depositato in atti).

La domanda è stata riscontrata favorevolmente col permesso di costruire in sanatoria n. 105 del 15 dicembre 2004, rilasciato per “la regolarizzazione ai sensi dell’art. 15 della L.R. n. 8 del 24 marzo 1995 e dell’art. 3 della L.R. n. 7 del 21 marzo 1996, degli impianti serricoli a ciclo interrotto ubicati in Via Sant’Elena n. 11 sul fondo agricolo individuato nel catasto terreni al foglio 12, p.lla 1054 (ex 142), in conformità del progetto presentato unitamente all’istanza di cui sopra ed allegato alla presente”.

3.2.- Le argomentazioni sopra illustrate, per quanto suggestive, non persuadono il Collegio.

In realtà, parte ricorrente ha sì allegato, agli atti della causa, la relazione illustrativa relativa per regolarizzare l’impianto serricolo ma non anche la domanda di sanatoria con gli allegati dai quali potrebbe aversi un elemento chiaro ed inconfutabile circa l’esatto oggetto della richiesta.

Al contrario, l’amministrazione comunale, sebbene si sia difesa in giudizio con memoria di stile, ha tuttavia depositato agli atti della causa, la relazione tecnica di sopralluogo prot. n. 81659 del 28 novembre 2018 e la relazione tecnica del settore prot. n. 24431 del 3 aprile 2019, le quali sul punto appaiono sufficientemente esaurienti per dipanare i dubbi.

In particolare, alla relazione tecnica di sopralluogo prot. n. 81659/2018 con allegata anche la documentazione fotografica, è precisato che le opere dei punti 1), 2), 3) e 4), dal confronto dei raster di Google Earth, risultano presenti in modo certo solo a partire dal 13 settembre 2007;
per il periodo pregresso è invece impossibile effettuare un confronto con i raster di datazione precedente a causa della scarsa nitidezza delle immagini.

Inoltre, nella relazione 24431/2019, si chiarisce che il citato permesso a costruire in sanatoria n. 105 del 2004 è relativo ad un impianto serricolo realizzato sulla particella di terreno individuata al N.C.T. al n.1054 (ex 142) e attualmente a seguito di frazionamento, p.lla 1304-1305-1306 del foglio 12 di proprietà Ascione.

Al contrario, le strutture realizzate abusivamente di cui al punto 3) dell’ordinanza di demolizione 838/R.O., sono situate sulla diversa p.lla 1056 del medesimo foglio 12, la cui proprietà non è dei ricorrenti ma della controinteressata società Bottiglieri.

Non a caso, quest’ultima, in data 13 marzo 2019, ha a sua volta presentato apposita SCIA (classificata al protocollo dell’ente al numero 18868 ed allegata agli atti della causa) per eseguire i lavori di demolizione e rimozione dei manufatti insistenti sulla propria particella n. 1056, lavori che, come da verbale del 25 marzo 2019, sono stati rinviati a data da destinarsi a seguito dell’opposizione sul sito da parte di soggetti estranei, identificati poi nel legale rappresentante della società ricorrente e nella di lui madre.

Tra l’altro, è proprio la controinteressata – e non la ricorrente - a depositare agli atti della causa l’elaborato progettuale allegato al permesso di costruire in sanatoria n. 105/2004 contenente gli stralci del PRG, aerofotogrammetrico e catastale nonché la planimetria d’insieme, la pianta stralcio ed il prospetto;
ebbene da tale elaborato non si evidenzia nella particella 1054 alcun manufatto aggiuntivo rispetto alle due serre.

3.3.- Non vi è quindi alcuna certezza in ordine alla circostanza, invocata dai ricorrenti, circa l’inclusione del manufatto adibito a deposito nella domanda di permesso in sanatoria dell’impianto serricolo,

Ne deriva che l’assunto circa la preesistenza del deposito non è affatto assistito da una valida prova, il cui onere incombe esclusivamente sull’interessato. Come osservato da consolidata e condivisa giurisprudenza, anche di questa Sezione, (cfr. sentenza del 27 agosto 2016 n. 4108), quale condizione di legittimità per l’irrogazione della sanzione, l’amministrazione comunale non deve fornire prova certa dell’epoca in cui l’opera è stata realizzata, essendo posto siffatto onere in capo al proprietario o al responsabile dell'abuso (cfr. sentenza 10 ottobre 2017, n. 4732, con riferimento specifico all'onere di provare la costruzione dell'immobile ad epoca anteriore alla legge n. 765/1967 cd Legge ponte).

Sotto il profilo urbanistico, il manufatto di cui al punto 3) dell'ordinanza impugnata, è un’opera che, per consistenza e dimensioni (mq 90 di superficie), costituisce a tutti gli effetti una nuova costruzione, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. 3.1) d.p.r. 380/2001, per la quale sarebbe stato necessario conseguire in via preventiva il permesso di costruire, di cui all’art. 10, comma 1, lett. a) menzionato d.p.r. 380/2001.

3.4.- A tacere dell’esistenza, nella zona sui cui insiste l’area interessata dagli interventi abusivi, dei numerosi vincoli – insistenti sul territorio comunale di Torre del Greco - per ognuno dei quali sarebbe stato necessario acquisire il preventivo nullaosta dell’autorità competente, preposta alla relativa tutela.

L’ordinanza infatti puntualmente riporta che il territorio comunale è assoggettato ai seguenti vincoli:

- idrogeologico, di cui all’art. 1 del R.D. n. 3267 del 1923;

- paesaggistico, di cui al D.M. del 20 gennaio 1964, con il quale l’intero territorio comunale, con esclusione della zona portuale, è stato dichiarato, ai sensi della L. n. 1497 del 1939 (ora d. lgs. 42 del 2004) di “notevole interesse pubblico;
vincolo riproposto con il D.M. del 28 marzo 1985, emanato in esecuzione del D.M. del 21 settembre 1984;

- norme di tutela del Piano Territoriale Paesistico dell’area del Vesuvio, approvato con Decreto del Ministero 4 luglio 2002;

- sismico, grado di sismicità S=9, come da D.M. del 7 marzo 1981, classificazione riconfermata con delibera di giunta regionale n. 5447 del 7 novembre 2002;

- di cui al D.M. del 25 maggio 1981, con il quale il comune è stato dichiarato, a seguito degli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981, “gravemente danneggiato”;

- derivanti dalla perimetrazione del Parco Nazionale del Vesuvio, come da D.M. 4 dicembre 1992, emanato in esecuzione della Legge 394/1991 (vincolo che non a caso ha comportato per gli stessi interventi abusivi, anche l’intervento del competente Ente Parco, con l’ordinanza impugnata col ricorso per motivi aggiunti);

- alle norme del “Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico per il territorio di competenza dell’Autorità di Bacino del Sarno”, adottato con Delibera del Comitato Istituzionale n. 2 del 4 aprile 2002.

3.5.- Non è poi condivisibile l’assunto della ricorrente circa la natura pertinenziale del deposito.

Secondo costante e condivisa giurisprudenza, anche di questa Sezione (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 14 marzo 2017, n. 1490). La nozione generale di “pertinenza” sul piano urbanistico-edilizio assume caratteristiche del tutto peculiari e meno ampie rispetto alla quella civilistica ricavabile dall’art. 817 c.c., data la specificità della materia e la differente finalità pubblica posta a base della relativa normativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 maggio 2010, n. 3127), tale da non consentire la realizzazione di opere soltanto perché destinate al servizio di un bene qualificato come principale

La pertinenza urbanistica è, dunque, configurabile quando vi sia un oggettivo ed inscindibile nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale e sempreché l’opera secondaria non comporti alcun maggiore carico urbanistico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2015, n. 406;
Idem, 5 gennaio 2015, n. 13).

Nel caso di specie, al contrario, si evince che la realizzazione del deposito occupante una superficie di circa mq 90, comporta, con tutta evidenza, incrementi di superficie e volumetria non irrilevanti sul piano urbanistico, escludendo in radice un rapporto pertinenziale.

Pertanto, l’intervento in questione non può comunque essere ricondotto alla nozione di pertinenza ma costituisce una nuova costruzione soggetta a permesso di costruire, portando ad un organismo edilizio in parte diverso, incidendo in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio, con conseguente assoggettamento alla sanzione di tipo demolitorio.

E ciò anche a prescindere da ogni ulteriore considerazione in ordine alla realizzazione di manufatti della specie senza preventiva autorizzazione paesaggistica, in zona soggetta ai sopra menzionati vincoli ambientali.

4.- Analogo discorso va condotto per gli altri manufatti sub 1), 2) e 4) dell’ordinanza di demolizione e dei quali il ricorrente ne predica, senza fornirne conferma, l’abbattimento volontario. Trattasi in ogni caso di unità edilizie che, rispetto al deposito, si presentano solo di dimensioni più ridotte ma non per questo non invasive sull’assetto del territorio, protetto da una molteplicità di vincoli, come sopra descritti, quand’anche per il container e la baracca può discutersi circa la loro pretesa destinazione solo temporanea.

In merito alla pavimentazione di cui al punto sub 5) dell’ordinanza di demolizione, si rammenta che secondo la Suprema Corte di Cassazione (Sez. III pen, sentenza n. 46598 dell’11 ottobre 2017), un basamento in cemento costituisce ‘costruzione’ in senso tecnico giuridico, trattandosi di un manufatto tridimensionale che comporta una ben definita occupazione del terreno e dello spazio aereo, per la cui realizzazione è necessario il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica, in considerazione del suo impatto sul territorio e sul paesaggio, la cui permanenza non può essere considerata irrilevante.

5.- Altrettanto non condivisibile è l’assunto del ricorrente inteso a derubricare la recinzione, altro manufatto sul quale permane la contestazione, quale opera libera – per la cui costruzione sarebbe sufficiente la CILA, ai sensi dell’art.

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