TAR Palermo, sez. I, sentenza 2018-04-20, n. 201800924

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2018-04-20, n. 201800924
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201800924
Data del deposito : 20 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/04/2018

N. 00924/2018 REG.PROV.COLL.

N. 03054/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3054 del 2017, proposto da:
G G, rappresentato e difeso dall'avvocato R C, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria di questo TAR, sito in Palermo nella Via Butera n.6;

contro

- l’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Palermo, via Alcide De Gasperi. 81;
- l’UFFICIO ELETTORALE CENTRALE CIRCOSCRIZIONALE DI MESSINA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

Antonietta Amoroso, Mario Briguglio, Santo Catalano, Patrizia Causarano, Roberto Corona, Carmelo Currenti, Silvana Foti, Marco Antonio Pettimato, Valentina Zafarana, Leonardo Russo, Francesco Mazzeo, Carlo Fanara, Antonino De Luca, Alberto Laspada, Antonella Papiro, Angelo Raffa, Ferdinando Croce, Antonio D'Aveni, Giuseppe Galluzzo, Simone Magistri, Davide Paratore, Maria Rosa Recupero, Gabriella Regalbuto, Chiara Sterrantino non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- dei verbali dell'Ufficio Centrale Circoscrizionale di Messina, con i quali sono stati erroneamente ed illegittimamente ammessi i candidati e le liste “Movimento 5 Stelle”, “Diventerà Bellissima” e “Idea Sicilia/Popolari Autonomisti M Presidente”, a partecipare alle elezioni per il rinnovo dell'A.R.S. del 5.11.2017:

- del verbale di proclamazione degli eletti all'Assemblea Regionale Siciliana nella circoscrizione di Messina, con cui sono stati erroneamente ed illegittimamente proclamati alla carica di deputati regionale Z V, D L A e G G;

- conseguentemente correggere il risultato elettorale in favore del ricorrente, primo classificatosi nella lista n. 8 Cento passi per la Sicilia - C F Presidente, nella Circoscrizione di Messina, attribuendogli il seggio, proclamandolo eletto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Assemblea Regionale Siciliana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il dott. S Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. Con ricorso, depositato il 28 dicembre 2017, il signor G G ha esposto:

- di essersi candidato, alle elezioni tenutesi il 5 novembre 2017, alla carica di deputato dell’Assemblea regionale siciliana, per il collegio elettorale circoscrizionale della provincia di MESSINA, con la lista n. 8 “Cento passi per la Sicilia- C F Presidente”;

- di avere ottenuto un numero di preferenze pari a 3.741 mentre la sua lista di appartenenza “Cento passi per la Sicilia- C F Presidente” ha ottenuto nel medesimo collegio circoscrizionale 15.556 voti, senza assegnazione di alcun seggio;

Successivamente alla proclamazione ha constatato che taluni candidati (presentatisi alle elezione in varie liste come indicate nel ricorso) non avevano dichiarato l’insussistenza delle cause di incandidabilità previste dall’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 31 dicembre 2012 (c.d. legge Severino), come imposto dal successivo art. 9, ma si erano limitati a fare riferimento alla circostanza “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni”. E che taluni di detti candidati sono risultati proclamati eletti all’Assemblea Regionale Siciliana.

Il ricorrente - precisato di avere presentato tale dichiarazione - sostiene che ove tali candidati fossero stati legittimamente esclusi dalla competizione elettorale, il risultato elettorale sarebbe stato ben differente e che nell’attribuzione degli 8 seggi spettanti al Collegio di Messina un seggio avrebbe dovuto essere attribuito alla sua lista “Cento passi per la Sicilia- C F Presidente” ed egli sarebbe risultato eletto deputato.

Ha al riguardo prospettato un conteggio ai fini della c.d. prova di resistenza.

Ha pertanto chiesto l’annullamento, vinte le spese:

- dei i verbali dell’Ufficio Centrale Circoscrizionale di Messina nella parte in cui ha erroneamente ed illegittimamente ammesso i candidati e, quindi, le liste Movimento 5 Stelle, Diventerà bellissima e Idea Sicilia/Popolari autonomisti M Presidente a partecipare alle elezione per il rinnovo dell’A.R.S. del 5.11.2017:

- del verbale di proclamazione degli eletti all’Assemblea Regionale Siciliana nella circoscrizione di Messina, con cui sono stati erroneamente ed illegittimamente proclamati alla carica di deputati regionale Z V, D L A e G G appartenenti a liste che non potevano essere ammesse;

nonché la correzione del risultato elettorale con la sua proclamazione a deputato regionale in quanto primo classificatosi nella lista n. 8 “Cento passi per la Sicilia- C F Presidente” nella Circoscrizione di Messina.

1.2. Il gravame è affidato ad un unico indistinto motivo di ricorso, così rubricato: “Illegittima ammissione di liste in difetto di requisito indispensabile come previsto dalla legge regionale 29 del 1951 (artt. 15 e 16bis) e dal decreto legislativo 235 del 2012, in particolare dagli articoli 7 e 9.

Illegittimità dell’atto di proclamazione di eletti di candidati di liste che non potevano essere ammesse. Difetto dei presupposti”.

Sostiene in sintesi che i candidati controinteressati (appartenenti a varie liste) avrebbero dovuto essere cancellati dalle rispettive liste di appartenenza in quanto avevano omesso di produrre la dichiarazione di accettazione della candidatura completa delle indicazioni richieste dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 235/2012;
a loro volta le rispettive liste avrebbero dovuto essere escluse dalla competizione elettorale perché non più composte da un numero sufficiente di candidati (come imposto dall’art.3ter della L.Reg. n.29/1951 - ndr).

Posto che talune liste avrebbero dovuto essere escluse dalla competizione elettorale perché non più composte da un numero sufficiente di candidati, non si sarebbe dovuto tenere conto dei voti conseguiti dalle liste “Movimento 5 Stelle” (53.038 voti), “#Diventerà Bellissima” (21.874 voti);
Idea Sicilia/popolari e autonomisti (16.168 voti) e dalla lista esclusa dal riparto dei seggi (Alternativa Popolare/Centristi per Micari/ Siciliani Liberi – Voti 13.952);
con la conseguenza che dal totale dei voti (273.616) riportati da tutte le liste, si otterrebbe il numero dei voti utili a determinare la cifra provinciale che sarebbe pari a 167.584.

Considerati gli 8 seggi assegnati alla provincia di Messina ed i voti utili di cui sopra (167.584) il quoziente elettorale circoscrizionale modificato riferito alla provincia di Messina sarebbe di 20.948 voti. E in virtù di detti riconteggi il ricorrente sarebbe risultato proclamato eletto.

1.3. Con decreto presidenziale n. 24 del 5 gennaio 2018, è stata fissata l’udienza per la discussione della controversia, onerando il ricorrente delle notifiche di rito.

1.4. Successivamente con istanza depositata il giorno 9 gennaio 2018 il ricorrente ha chiesto l’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami del ricorso e del D.P. n. 24 del 5.1.2018, come già richiesto in seno al ricorso e per le motivazioni ivi esposte.

1.5. Con decreto presidenziale n.26 del 09/01/2018 l’istanza è stata rigettata “Considerato che, essendo l’istanza di integrazione del contraddittorio mediante pubblici proclami già contenuta nel ricorso in epigrafe, su di essa deve pronunciarsi il Collegio alla già fissata udienza di trattazione”.

1.6. L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per l’Assemblea regionale siciliana;
ha depositato vari documenti ma non ha prodotto scritti difensivi.

1.7. Il ricorrente risulta aver notificato il ricorso soltanto ai controinteressati Z V, B M e C F, nessuno dei quali, però, si è costituito in giudizio.

1.8. Alla pubblica udienza del 19 aprile 2018, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.

2. La controversia ha ad oggetto le elezioni regionali 2017, che il ricorrente assume essere illegittime, in quanto tutti i candidati contemplati nel ricorso (appartenenti a varie liste) avrebbero dovuto essere cancellati dalle rispettive liste di appartenenza (e dunque esclusi) per non avere reso espressamente la dichiarazione imposta dall’art. 9 del d.lgs.vo n. 235 del 2012;
con la conseguenza che anche le rispettive liste avrebbero dovuto essere escluse dalla competizione elettorale perché non più composte da un numero sufficiente di candidati come imposto dall’art.3 della L.Reg. n.29/1951.

Si è, in particolare, verificato che tali soggetti, confidando nella modulistica e nelle indicazioni date in proposito dall’Amministrazione regionale, avevano dichiarato “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni”.

Gli uffici elettorali circoscrizionale li avevano ammessi alla competizione elettorale e, successivamente allo svolgimento delle elezioni, aveva acquisito i rispettivi certificati del casellario giudiziale, da cui non erano risultate condanne ostative.

3. Così ricostruiti i fatti di causa, può, prescindersi dall’esaminare la richiesta di notificazione per pubblici proclami formulata dal ricorrente, in quanto il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni che si illustreranno.

4. Invero, la sezione si è già pronunciata in senso sfavorevole al ricorrente su questioni identiche con varie sentenze, tra cui le nn. 464 e 470 del 24 febbraio 2018, dalle quali non intende discostarsi e le cui ampie motivazioni vengono di seguito ritrascritte.

5. La questione di diritto che il Collegio è chiamato a risolvere per la definizione del presente ricorso può riassumersi nei seguenti termini: se al momento della presentazione della candidatura e della allegata autodichiarazione, era necessario un espresso riferimento alla norma sopravvenuta (i.e. art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012) o se, invece, era sufficiente l’indicazione delle disposizioni previgenti (i.e. art. 15 della l. n. 55 del 1990), con rinvio alla successive modificazioni ed integrazioni, anche tenuto conto delle indicazioni date dalla Regione e dell’assenza di condanne ostative.

5.1. Come noto, con il d.lgs.vo n. 235 del 31 dicembre 2012, meglio conosciuto come “legge Severino”, è stato approvato il testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.

L’art. 7 di tale decreto ha, in particolare, ampliato l’elenco dei reati ostativi alle candidature regionali, mentre l’art. 9 ha previsto:

- al comma 1, che, in occasione della presentazione delle liste per le elezioni regionali, ciascun candidato deve rendere, unitamente all’accettazione della candidatura, una dichiarazione sostitutiva attestante l’insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all’art. 7;

- al comma 2, che gli uffici preposti all’esame delle liste dei candidati, entro il termine previsto per la loro ammissione, devono cancellare dalle liste i nomi dei candidati per i quali manca la dichiarazione sostitutiva di cui al comma 1 e di quelli per i quali venga, comunque, accertata, dagli atti o documenti in possesso dell’ufficio, la sussistenza di alcuna delle predette condizioni di incandidabilità.

5.2. In ordine all’interpretazione di tale disposizioni e di quelle di cui ai successivi artt. 10 e 12 (che contengono una disciplina identica relativamente alle elezioni degli enti locali) si registrano in giurisprudenza due diversi orientamenti.

a) Secondo un primo, maggiormente rigoroso, espresso nella decisione della V sezione del Consiglio di Stato n. 5224 del 29 ottobre 2013, riferita proprio a una controversia in materia di elezioni regionali, la dichiarazione “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, l. n. 55/1990 e successive modificazioni” non è incompleta, ma è mancante, in quanto non contiene l’attestazione dell’assenza di cause di incandidabilità previste dalla vigente disciplina. Si ritiene, pertanto, che tale requisito non è colmabile dall’assenza in concreto di tali cause, tanto più che quelle di cui al d.lgs.vo n. 235/2012 sono diverse e maggiori di quelle di cui al precedente art. 15 della l. n. 55/1990.

In senso analogo (seppur con riferimento a elezioni comunali) si è espressa sempre la V sezione nella decisione n. 2388 del 9 maggio 2014 con la quale - per un caso di dichiarazione richiamante l’abrogato disposto di cui all’art. 58 del T.U.EE.LL., anziché quello di cui all’art. 10 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 - si è affermato che: errori del genere determinano una non emendabile violazione delle forme sostanziali del procedimento elettorale;
l’erroneo riferimento al parametro normativo inficia irrimediabilmente un requisito sostanziale della dichiarazione di accettazione della candidatura nella misura in cui il riferimento a una norma abrogata, da un lato, non consente di ricomprendere le ulteriori ipotesi ostative alla candidatura previste da quella sopravvenuta, dall’altro, vanifica la responsabilità penale assunta dal dichiarante. Si è, conseguentemente, precisato che viene in rilievo una dichiarazione incompleta e non meramente irregolare, in relazione a un requisito essenziale (relativo all’elenco delle ipotesi delittuose dichiarate insussistenti), che non può essere integrato successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle candidature, pena la violazione della par condicio e la violazione dell’interesse pubblico alla necessaria concentrazione e celerità delle fasi del procedimento elettorale.

b) Al precedente orientamento si contrappone quello più sostanzialista espresso nella decisione della III sezione del Consiglio di Stato n. 1983 del 16 maggio 2016, relativa a elezioni comunali, nella quale si è affermato che le dichiarazioni dei candidati, anche se contengono l’erroneo richiamo all’abrogato art. 58 del T.U.EE.LL. non possono considerare “inesistenti” o “carenti”. Si è, infatti, in presenza di un contenuto semplicemente incompleto, in quanto è incontestabile che i candidati, al di là dell’erroneo riferimento normativo, hanno manifestato la loro volontà di certificare l’assenza, in via generale, delle cause ostative all’incandidabilità, nella consapevolezza delle conseguenze amministrative e anche penali che ne conseguono.

Nello stesso senso si è espressa la stessa sezione nella decisione n. 2123 del 23 maggio 2016, in cui si è precisato che non osta alla qualificazione come incompleta la diversità e, comunque, la non perfetta coincidenza delle cause di incandidabilità previste dall’art. 10 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 rispetto a quelle previste dall’art. 58 del TUELL.

Si è, altresì, affermato che l’interpretazione accolta, ispirata al favor partecipationis, consente la più ampia partecipazione alla competizione elettorale, garantendo, sostanzialmente, il rispetto degli artt. 10 e 12 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 e consentendo, al contempo, l’ineludibile rispetto dei diritti politici costituzionalmente garantiti.

5.3. Il collegio, dopo attenta riflessione, ritiene di aderire al secondo orientamento, in quanto maggiormente rispondente al principio di strumentalità delle forme che governa il procedimento elettorale.

Prima di procedere all’illustrazione delle ragioni in base alle quali si è addivenuti a tale decisione, va chiarito che non rileva che i precedenti della III sezione del Consiglio di Stato sono riferiti alle elezioni comunali piuttosto che a quelle regionali atteso che identica è la disciplina contenuta, relativamente alle elezioni regionali, negli artt. 7 e 9 e, per quanto riguarda quelle comunali, negli artt. 10 e 12.

Con riferimento poi ai richiami a disposizioni non applicabili alle elezioni regionali, deve rilevarsi che da un’attenta lettura delle decisioni si evince che il riferimento è operato per rafforzare la motivazione, la quale è incentrata principalmente sull’affermazione (chiara e netta) che la dichiarazione resa dal candidato con riferimento alla norma abrogata (art. 58 del TUELL corrispondente all’art. 15 della l. n. 55 del 1990), piuttosto che a quella vigente (art. 10 del d.lgs.vo n. 235 del 2012) doveva considerarsi non mancante, ma incompleta e, pertanto, consentiva la successiva regolarizzazione.

Deve, peraltro, rilevarsi che la valenza sistematica attribuita all’art. 17 può essere estesa anche alle elezioni regionali.

Tale disposizione prevede, infatti:

- al comma 1, che sono abrogati, tra gli altri, gli artt. 58 e 59 del TUELL e l’art. 15 della l. n. 55 del 1990;

- al comma 2, che i richiami agli artt. 58 e 59 del TUELL, ovunque presenti, si intendono riferiti, rispettivamente, agli articoli 10 e 11 del presente testo unico.

Orbene, è evidente che il legislatore ha inteso fare riferimento ai richiami contenuti in testi normativi e non anche nelle dichiarazioni rese dai privati;
è, altrettanto, evidente che il presupposto implicito è che gli artt. 10 e 11 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 si pongono in linea di continuità con le corrispondenti disposizioni contenute negli abrogati artt. 58 e 59 del TUELL.

Se così è, non può che ritenersi che anche l’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 (che è identico al successivo art. 10) è la naturale continuazione dell’art. 15 della l. n. 55 del 1990 (che corrisponde agli artt. 58 e 59 del TUELL) e che alla fattispecie in esame può essere estesa l’affermazione fatta dal Consiglio di Stato secondo cui tale rapporto deve ragionevolmente orientare l’interprete anche nel valutare le dichiarazioni erroneamente rese dai candidati con riferimento a una norma che l’art. 17 ha inteso, oltre che abrogare, interamente sostituire, già sul piano normativo.

Sotto questo profilo, va rilevato che, pur non potendosi ritenere che l’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 possa qualificarsi come “successiva modifica” dell’art. 15 della l. n. 155 del 1990, in quanto lo stesso è stato espressamente abrogato, deve, comunque, ritenersi che tra le due norme vi sia un rapporto di continuità, che consente di estendere la dichiarazione riferita alla norma abrogata a quella sopravvenuta.

5.4. Per quanto riguarda il richiamo all’art. 33, ultimo comma, del d.P.R. n. 570 del 16 maggio 1960, va precisato che lo stesso prevede che la commissione elettorale, entro il ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione, si riunisce per udire eventualmente i delegati delle liste contestate o modificate, ammettere nuovi documenti e deliberare sulle modificazioni eseguite.

Trattasi di una disposizione, riferita alla fase di presentazione delle liste nelle elezioni degli enti locali, alla quale corrisponde, relativamente alle elezioni regionali, l’art. 16 bis della l.r. n. 29 del 20 marzo 1951, aggiunto dall’art. 20 della l.r. n. 7 del 3 giugno 2005, i cui commi 8 e 9 prevedono, rispettivamente, che: in tutti i casi in cui l’ufficio centrale circoscrizionale rilevi irregolarità meramente formali, che si palesano tali da poter essere rapidamente sanate tramite una opportuna correzione o integrazione della documentazione prodotta, invita i delegati delle liste interessate a regolarizzare la documentazione presentata, entro il termine tassativo delle ore 09,00 del giorno dopo;
l’ufficio centrale circoscrizionale torna a riunirsi alla scadenza dell'ulteriore termine breve fissato ai sensi del comma 8, per ammettere nuovi documenti e per udire eventualmente i delegati delle liste e deliberare seduta stante.

Trattasi, a ben vedere, di una disposizione sovrapponibile, la quale, però, non può trovare applicazione nella fattispecie in esame, in cui si contesta non la fase di ammissione, ma quella di proclamazione degli eletti.

5.5. Precisato che gli uffici elettorali nulla hanno contestato in ordine alle dichiarazioni rese dai candidati e che il ricorrente non ha documentato che siano stati presentati ricorsi avverso tali determinazioni, va rilevato che non si pone più un problema di integrazione delle dichiarazioni, ma di verifica del possesso dei requisiti normativamente richiesti da parte dell’ufficio elettorale.

Ed è proprio nell’esercizio di tale potere che gli Uffici elettorali circoscrizionali hanno provveduto ad acquisire i certificati del casellario giudiziale di tutti coloro che avevano presentato la propria candidatura e hanno verificato che nessuno aveva subito condanne ostative. D’altra parte con nota del 5 ottobre 2017, l’Ufficio centrale regionale aveva diramato agli Uffici provinciali la missiva prot. n. 116/2017 del 5 ottobre 2017, con cui la Corte dei Conti per la Regione Sicilia – Sezione Giurisdizionale aveva comunicato che non risultavano “a carico di alcuno dei candidati sentenze di condanna per accertata responsabilità di cui all’art. 248, comma 5, del d.lgs.vo 18 agosto 2000 n. 267”.

Conseguentemente, anche sotto questo profilo, può applicarsi il principio di diritto affermato dalla III sezione del Consiglio di Stato che, adattato alla fattispecie in esame, può essere espresso nel senso che le dichiarazioni, correttamente verificate dall’Ufficio elettorale, erano regolari, sicché correttamente le liste indicate dal ricorrente sono state ammesse alla competizione elettorale e i controinteressati proclamati eletti.

5.6. Accertato che i precedenti della III sezione del Consiglio di Stato contengono principi applicabili alla fattispecie in esame, va rilevato che, come anticipato, l’orientamento espresso nelle stesse è condiviso dal collegio in quanto maggiormente in linea con il principio di strumentalità delle forme il quale, come noto, impone di attribuire valore preminente al favor partecipationis in tutti quei casi in cui la certezza sul rispetto della finalità, alla quale la forma è preordinata, è comunque raggiunta.

Tale principio ha rilievo fondamentale nel procedimento elettorale relativamente al quale è stato condivisibilmente affermato che l’invalidità delle operazioni può essere ravvisata solo quando la mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento dello scopo che connota il singolo atto, mentre non possono comportare l’annullamento delle operazioni le mere irregolarità, ossia quei vizi da cui non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera espressione del voto (ex plurimis, Consiglio di Stato, III, 23 maggio 2016, n. 2119 e V, 15 maggio 2015, n. 2920).

Essendo, peraltro, il procedimento elettorale preordinato alla formazione e all’accertamento della volontà degli elettori (anche in considerazione della rilevanza costituzionale della disciplina del diritto di voto ai sensi dell’art. 48 Cost.), si è ritenuto che producano tale effetto invalidante solo quelle anormalità procedimentali che impediscano l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con effettiva e radicale diminuzione delle garanzie di legge. Le altre anormalità, invece, quali le omissioni di adempimenti formali ovvero le irregolarità comunque inidonee ad alterare in modo irrimediabile il canone della genuinità del voto nel suo complesso, costituiscono delle mere irregolarità tutte le volte che non incidano negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, id est l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli adempimenti (Cons. Stato, V, 15 luglio 2016, n. 3166 con richiamo a decisione della medesima sezione 19 giugno 2012, n. 3557).

Come rilevato nella decisione della III sezione del Consiglio di Stato n. 2119 del 23 maggio 2016, il principio in questione risulta, inoltre, corroborato dalle considerazioni fatte dalla Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo, rispettivamente, nella sentenza n. 1 del 13 gennaio 2014 e in quella n. 58278 del 16 marzo 2006.

Nella prima è stato evidenziato che le disposizioni sui sistemi elettorali sono ragionevoli se stabiliscono «oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento» di obiettivi legittimi, il che comporta che le medesime disposizioni possono comportare l’esclusione delle liste solo quando siano violate chiare previsioni che precisino le formalità da seguire e le conseguenze derivanti nel caso di loro violazione.

Nella seconda, si è evidenziato che la legislazione elettorale dei singoli Stati deve tendere a procedure volte a determinare l’effettiva volontà del popolo, il che comporta che l’esclusione di una lista può essere disposta solo quando la legge la preveda chiaramente.

5.7. La fattispecie in esame presenta, peraltro, delle peculiarità che inducono, anche su un piano di giustizia sostanziale, a propendere per una soluzione che consenta di ritenere non carente la dichiarazione rese dai controinteressati.

Dagli atti di causa risulta, infatti, che nel “modello di dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di deputato regionale in una lista provinciale” approntato dal servizio V elettorale del Dipartimento delle autonomie locali dell’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica risultava espressamente previsto che il candidato “dichiara, inoltre, di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall'art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni” senza alcun riferimento all’art. 7 della d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Risulta, altresì, che la medesima Amministrazione, il 5 ottobre 2017, aveva pubblicato un comunicato stampa in cui aveva confermato che la dichiarazione sostitutiva “resta(va) definita nel modello allegato alle istruzioni” e che come tale sarebbe stata accettata dagli uffici elettorali, fermo restando “i poteri di verifica degli stessi uffici elettorali della Sicilia circa le cause di incandidabilità previste dalla normativa regionale come anche dalla normativa nazionale vigente” e sotto quest’ultimo profilo si era espressamente rinviato alle disposizioni contenute nell’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Dunque la stessa Amministrazione ha fatto applicazione dei principi affermati dalla III sezione del Consiglio di Stato, ritenendo che la dichiarazione riferita all’art. 15 della l. n. 55 del 1990 e successive modifiche era idonea a ricomprendere anche le cause ostative di cui all’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Ne consegue che i candidati hanno fatto ragionevolmente affidamento sulle indicazioni provenienti dall’Autorità preposta alla gestione delle elezioni, risultando per tabulas l’assenza di alcun intento fraudolento di eludere le stringenti prescrizioni della legge Severino, come dimostrato dall’accertata assenza di condanne ostative risultanti dai certificati del casellario giudiziale.

6. In conclusione alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è infondato e va respinto.

7. Sussistono giustificate ragioni, in considerazione della peculiarità della vicenda contenziosa, per compensare tra le parti le spese di lite.

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