TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2014-10-24, n. 201400575

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2014-10-24, n. 201400575
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 201400575
Data del deposito : 24 ottobre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00388/2010 REG.RIC.

N. 00575/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00388/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 388 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
F M, rappresentato e difeso dagli avv.ti M C F e A T, con domicilio eletto presso la prima in Campobasso, via Scatolone, n. 13;

contro

Ministero della Difesa in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Campobasso, via Garibaldi, n. 124;

per l'annullamento

- con il ricorso introduttivo:

del provvedimento prot. n. 215/28 S.P. del 5.7.10 in pari data notificato con cui il Comando Provinciale Carabinieri di Campobasso adottava la sanzione disciplinare della "consegna di giorni 5" nei confronti del ricorrente, nonchè di ogni atto ad esso connesso, presupposto e consequenziale

- con i motivi aggiunti:

dei giudizi valutativi nr.46 e 47 formulati nei confronti del ricorrente e notificati in data 1° marzo 2011.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa in persona del Ministro p.t.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2014 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con nota del 18 marzo 2010 (prot. n. 99/4), l’ufficio personale del Comando Legione Carabinieri Molise informava il Comandante Provinciale di aver ricevuto una nota con cui la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona comunicava, ai sensi del’art. 129 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (recante le norme di attuazione al codice di procedura penale), l’esercizio dell’azione penale a carico dell’allora Comandante della compagnia dei carabinieri di Termoli F M.

Il Comandante Provinciale in data 25 marzo 2010 chiedeva all’interessato di fornire chiarimenti sulla vicenda.

Con nota del 26 marzo 2010, in risposta alla richiesta di chiarimenti del proprio superiore, il Capitano M dichiarava:

1) di “non essere a conoscenza dell’iniziativa assunta dalla Procura di Sulmona ed oggetto di comunicazione ex art. 129 att. c.p.p.”;

2) che il procedimento riguardava un presunto abuso edilizio relativamente ad un immobile di proprietà del ricorrente in Sulmona;

3) che a seguito dell’avvio dell’azione penale nei propri confronti aveva trasmesso esposto denuncia alla Procura della Repubblica di Campobasso nei confronti degli inquirenti della Procura di Sulmona, ipotizzando la sostituzione/falsificazione della documentazione edilizia relativa al proprio immobile.

Con nota del 17 aprile 2010 prot. n. 215/10, il Comandante Provinciale, pur prendendo atto dei chiarimenti ricevuti, avviava il procedimento disciplinare nei confronti del M, contestandogli la violazione dell’art. 52, co. 5 lett. b del Regolamento di Disciplina Militare (RDM) per non aver comunicato “di essere stato sottoposto ad indagine da parte della Procura di Sulmona” e “di aver presentato esposto-denuncia presso la Procura di Campobasso”. Ciò sulla base del fatto che, secondo quanto dichiarato dallo stesso ricorrente, egli era già a conoscenza, prima dell’esercizio dell’azione penale nei suoi confronti, di essere sottoposto ad indagine penale e che tale circostanza radicava di per sé l’obbligo di comunicare al proprio comando i fatti sopra citati, secondo quanto precisato dalla Guida Tecnica – Norme e procedure disciplinari (Parte Prima, let. B sub para n. 1), a mente della quale il militare in servizio, il quale resti coinvolto in un procedimento a suo carico, deve comunicarlo senza indugio alla propria Amministrazione.

Con la stessa lettera il Comandante Provinciale invitava il Capitano M a far pervenire le proprie giustificazioni entro trenta giorni, manifestando l’intendimento di concludere il procedimento entro 45 giorni non ritenendolo “particolarmente complesso”.

Con nota del 16 giugno 2010, il Capitano M formulava le proprie giustificazioni, evidenziando, tra l’altro, di aver assolto all’obbligo di cui all’at. 52, co. 5, del RDM, informando, già dal settembre 2008 (nota prot. n. 337/1 del 3 settembre 2008), il proprio comando della pendenza del procedimento penale in questione, dopo averne appreso l’esistenza.

Il M rilevava anche che a suo giudizio l’obbligo di informativa in questione non includeva anche quello di segnalare la proposizione di denunce da parte del militare. In ogni caso, non vi sarebbe alcuna influenza sul servizio svolto sia del procedimento penale a proprio carico che delle denuncia proposta;
né di tale influenza vi sarebbe stata alcuna specifica menzione nella contestazione degli addebiti.

Inoltre, secondo il M, qualora egli avesse comunicato la proposizione della denuncia avrebbe limitato l’effetto sorpresa e l’efficacia dell’azione investigativa.

Nonostante le giustificazioni ricevute, con provvedimento n. 215/28 S.P. del 5 luglio 2010, il Comandante provinciale premetteva che la lettera “asseritamente spedita per corriere il 3 settembre 2008” dal M “non è stata:

- inserita nelle pratiche impiantate dal 3 al 9 settembre 2008”;

- registrata nel sistema informatico DOCS-PA dopo la ricezione;

- inserita erroneamente nelle pratiche riferite a Lei ascritte (procedimenti penali, rimborsi spese legali, pratiche disciplinari) antecedenti al giorno 9 settembre”.

Pertanto, il M veniva ritenuto responsabile degli addebiti ascrittigli e gli veniva inflitta la sanzione di giorni 5 di consegna per la seguente motivazione: “Comandante di Compagnia distaccata ometteva, contravvenendo al disposto dell’art. 52 del RDM, di comunicare un procedimento penale instaurato nei suoi confronti dalla Procura della Repubblica di Sulmona, per una vicenda edilizia privata, nonché di una denuncia da lui presentata presso la Procura della Repubblica di Campobasso sull’operato della Polizia Giudiziaria incaricata delle indagini e della stessa Procura della Repubblica di Sulmona”.

Avverso tale provvedimento, il Maggiore M proponeva dapprima ricorso gerarchico notificato al Ministero della Difesa in data 5 luglio e respinto con provvedimento del 31 agosto 2010 (prot. n. 499/4) e, poi, ricorso giurisdizionale innanzi a questo Tribunale notificato in data 21 settembre 2010 e depositato in data 24 settembre 2010, sulla base dei seguenti motivi:

I) Eccesso di potere per irragionevolezza e difetto di motivazione, per eccessiva genericità ed indeterminatezza, per violazione e falsa applicazione di legge, per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Violazione e travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del Regolamento di Disciplina Militare, adottato con d.P.R. 18.7.1986, n. 545. Violazione e falsa applicazione della Circolare nr. DGPM/III/7/6681 datata 30/05/2001 del Ministero della difesa.

In primo luogo, il ricorrente afferma di aver trasmesso l’informativa ex art. 52 RDM, come dimostrerebbe la copia del frontespizio prodotto agli atti e munito di regolare protocollazione;
lo smarrimento o soppressione della stessa da parte dell’ufficio non potrebbe essergli contestata.

In ogni caso, osserva ancora il ricorrente, l’art. 52 lett. b) del RDM prevede l’obbligo di comunicazione per i soli eventi “che possono avere riflessi sul servizio” e che, in base alla circolare DGPM/III/7/6681 del 30 maggio 2001, devono raggiungere la consistenza del rinvio a giudizio, mentre nel caso di specie si è adottato l’approccio più ampio, illegittimamente seguito nella Guida Tecnica, secondo cui andrebbe comunicata la semplice pendenza del procedimento penale anche se ancora nella fase delle indagini preliminari. Infine, non si potrebbero considerare rilevanti, ai fini dell’obbligo di comunicazione, anche reati che, come quello ascritto al ricorrente, hanno scarsa significatività sugli obblighi di servizio e sono riferiti ad un ambito territoriale diverso da quello in cui il militare esercita le proprie funzioni.

II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 4 della l. 241/1990 nonché dell’art. 8 D.M. 8 agosto 1996 n. 690.

Il provvedimento sarebbe altresì illegittimo, in quanto adottato oltre il termine di 90 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare che secondo il ricorrente dovrebbe coincidere con la richiesta orale di chiarimenti del 25 marzo 2010 e non con la contestazione scritta degli addebiti del 17 aprile 2010;

III) Eccesso di potere per eccessiva genericità ed indeterminatezza, per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 52, 57, 58 e 60 del d.P.R. 18.7.1986, n. 545. Violazione dell’art. 15 della l. 11.7.1978, n. 382 (norme di principio sulla disciplina militare). Violazione dell’art. 5 l.R. 31.7.1993, n. 13 nonché articolo 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per violazione di Regolamento (artt. 417 e 421 Regolamento Generale dell’Arma dei Carabinieri).

Non sarebbe oggetto dell’obbligo di comunicazione anche la denuncia proposta dal ricorrente nei confronti della Procura della Repubblica di Sulmona, trattandosi di un procedimento penale in cui il M riveste una posizione attiva che non può considerarsi oggetto della previsione di cui all’art. 52, co. 5, del RDM. Inoltre la denuncia, di cui non è stata data comunicazione, riguarda un’Autorità che opera al di fuori dell’ambito territoriale di competenza della compagnia dei Carabinieri di Termoli di cui il M era comandante e, dunque, non avrebbe rilievo sul sevizio svolto. In ogni caso l’evento che, secondo il provvedimento impugnato, avrebbe dovuto formare oggetto della comunicazione, era strettamente collegato alle vicende relative al procedimento penale a proprio carico e quindi assorbito in quel preteso obbligo di comunicazione, peraltro già assolto;
ostava, poi, alla comunicazione, secondo il ricorrente, anche la necessità di preservare il segreto istruttorio.

Il provvedimento gravato sarebbe ulteriormente illegittimo per mancata specificazione dei parametri impiegati per commisurare la sanzione irrogata che, in quanto particolarmente severa, avrebbe dovuto essere più dettagliatamente giustificata;
a ciò si aggiunga la disparità di trattamento con altre ipotesi analoghe sanzionate con la più mite misura del richiamo.

IV) Eccesso di potere per violazione dei principi normativi relativi alla semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi. Violazione dell’art. 1 d.P.R. 1199/1971 in materia di ricorso gerarchico.

L’Autorità che ha deciso il ricorso gerarchico sarebbe sovraordinata rispetto a quella che avrebbe dovuto correttamente deciderlo e dunque sarebbe incompetente. In ogni caso nessuna comunicazione in merito è mai pervenuta al ricorrente, sebbene sussista un obbligo in tal senso nell’ordinamento dell’Arma dei Carabinieri.

Con atto depositato in data 3 dicembre 2010, si è costituito il Ministero della Difesa eccependo in limine l’inammissibilità del ricorso in quanto già definito in sede di ricorso gerarchico con decisione comunicata al ricorrente in data 3 settembre 2010, prima dunque della notifica del ricorso introduttivo. Inammissibili sarebbero poi anche le censure proposte in sede giurisdizionale ma che non figuravano nel ricorso gerarchico. Quanto all’asserita violazione della competenza sul ricorso gerarchico deciso dal Comandante interregionale anziché da quello regionale a cui era stato trasmesso, come vorrebbe il ricorrente, l’Amministrazione invoca la circolare n. 311/1401965 dell’8 giugno 1985 del Comando Generale dei Carabinieri secondo cui il ricorso gerarchico avverso provvedimenti sanzionatori irrogati ad ufficiali devono essere definiti dall’autorità sovraordinata al Comandante di Corpo secondo quanto precisato nella nota del Comando Generale dell’Arma dell’8 giugno 1985, in quanto quest’ultimo, partecipando alla fase di formazione del provvedimento sanzionatorio, non ricoprirebbe quella posizione di terzietà necessaria a decidere il ricorso.

Nel merito l’Amministrazione rinvia alla motivazione della decisione di rigetto del ricorso gerarchico, producendo, tra l’altro, la nota dell’8 marzo 2006 concernente l’utilizzo della Posta Elettronica Certificata e la circolare del 13 giugno 2006 del Comando Generale dell’Arma recante le nuove regole per le comunicazioni interne conseguenti all’introduzione di un nuovo sistema informativo, nella quale si precisa che: “tutto il carteggio ordinario (escluso quello permanente e quello classificato) dovrà essere trattato e archiviato con il sistema DOCSPA”. La nota 8 marzo 2006 stabilisce, tuttavia, che, comunque, le lettere concernenti “argomenti delicati” possono continuare ad essere trasmesse in via ordinaria in doppia busta.

Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 27 aprile 2011 e depositato il 26 maggio 2011, il ricorrente ha preliminarmente contestato l’ammissibilità della costituzione dell’Amministrazione, in quanto avvenuta oltre il sessantesimo giorno dal perfezionamento della notificazione ai sensi dell’art. 46 del codice de processo amministrativo. Il M ha quindi impugnato i giudizi valutativi nn. 46 e 47 formulati nei propri confronti e notificati in data 1° marzo 2011, in quanto ritenuti consequenziali e connessi.

Secondo il ricorrente tali giudizi sarebbero illegittimi per i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 1 e dell’art. 2 comma 2 del d.P.R. n. 213/2002 (regolamento sui documenti caratteristici del personale dell’Esercito, Marina, Aeronautica, Arma dei Carabinieri).

Secondo il M, sarebbe stato violato l’obbligo di astensione di cui al d.P.R. 8 agosto 2002, n. 213, in quanto la valutazione sarebbe stata operata da ufficiali sottoposti a procedimenti penali connessi alla sua attività investigativa;
a ciò si aggiunga l’adozione da parte della Procura di Campobasso di un decreto di sequestro della documentazione relativa alla sanzione disciplinare contestata con il ricorso introduttivo a carico del compilatore dei giudizi valutativi impugnati;

2) eccesso di potere per violazione e falsa applicazione del capitolo 3, paragrafo nr. 5 della circolare el Segretario Generale della Difesa del 30/10/2006 recante “Istruzioni sui documenti caratteristici delle forze armate”. Illogicità manifesta.

Sussiste un obbligo di astensione dal giudizio da parte del valutatore in ogni situazione in grado di creare un conflitto di interessi, in cui cioè il valutatore possa anche astrattamente avere un interesse personale nel procedimento.

I giudizi espressi nei rapporti impugnati sarebbero poi del tutto illogici in quanto non terrebbero conto dell’alto rendimento garantito dal ricorrente nel corso del periodo di valutazione, soprattutto nell’esercizio delle funzioni di Polizia Giudiziaria.

Con atto depositato in data 19 agosto 2011, l’Amministrazione ha preliminarmente contestato l’ammissibilità dei motivi aggiunti, in quanto asseritamente privi di effettiva connessione oggettiva e soggettiva con il ricorso introduttivo, atteso che la sanzione disciplinare impugnata non si pone in rapporto di presupposizione con i rapporti valutativi contestati con i motivi aggiunti, senza contare la diversità delle censure proposte avverso tali atti.

In ogni caso, il semplice coinvolgimento, come avvenuto nel caso di specie, del compilatore e del revisore in indagini preliminari non costituirebbe presupposto sufficiente a radicare l’obbligo di astensione dalla valutazione. Nel merito i rapporti valutativi sono connotati da un ampia discrezionalità dell’amministrazione e sono soggetti al sindacato del giudice amministrativo solo entro i ristretti limiti della manifesta abnormità. In ogni caso, l’Amministrazione evidenzia che la Compagnia dei Carabinieri di Termoli non rientra nell’ambito dei Servizi di Polizia Giudiziaria che si trovano ad operare alle dipendenze dirette dell’autorità giudiziaria, ma costituisce un’articolazione alle dipendenze del Comando Generale e sono quindi investite di compiti ulteriori rispetto a quelli di polizia giudiziaria, sui quali il M è stato correttamente valutato, riportando giudizi di livello inferiore.

Con ulteriori memorie difensive depositate in data 11 novembre 2011 e 15 febbraio 2012, l’Amministrazione della Difesa ha ulteriormente illustrato le proprie deduzioni, insistendo sull’inammissibilità dei motivi aggiunti, tenuto conto dell’autonomia dei rapporti valutativi rispetto alla sanzione disciplinare oggetto del ricorso introduttivo ed insistendo per il resto nelle eccezioni già precedentemente proposte. Il Ministero convenuto, in particolare, sostiene che gli obblighi di astensione siano tassativamente previsti nel d.P.R. n. 213/2002, con la conseguenza che non essendo realizzatasi nella fattispecie alcuna delle condizioni ivi contemplate, non potrebbe ravvisarsi alcun obbligo siffatto.

Con memoria depositata il 14 maggio 2014, il ricorrente ha ribadito le censure proposte con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti.

All’udienza del 19 giugno 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

Riveste carattere preliminare lo scrutinio dell’eccezione sollevata dall’Amministrazione resistente secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile in quanto oggetto di impugnazione con ricorso gerarchico.

Il rilievo è privo di pregio.

La proposizione sulla medesima questione di un ricorso gerarchico, peraltro definito precedentemente alla notifica del ricorso introduttivo, non ha alcun effetto sull’ammissibilità o procedibilità del presente giudizio, atteso che, per un verso, la proposizione del rimedio interno non preclude di percorrere la strada giurisdizionale, mentre l’omessa impugnazione del provvedimento di reiezione del ricorso gerarchico non rende inammissibile il gravame introduttivo, poiché tale provvedimento risulta confermativo di quello originario (sul punto cfr. Cons. Stato Ad. Plen. Sentenze n. 16 del 24 novembre 1989 e n. 17 del 4 dicembre 1989;
da ultimo in termini cfr. TAR Molise, 10 ottobre 2014, n. 522) al quale, benché non definitivo, deve ricondursi la reale efficacia lesiva della sfera giuridica soggettiva del dipendente sanzionato (cfr. Consiglio Stato, sez. I, 25 novembre 1998, n. 2321).

Non a caso, quando l'interessato, pur in presenza di una decisione gerarchica di rigetto, si limiti a dedurre, in sede di (tempestivo) ricorso giurisdizionale o di ricorso straordinario, le situazioni soggettive lese dal provvedimento di base, il ricorso giurisdizionale o straordinario non può essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse a causa dell’omessa impugnazione della decisione gerarchica (o se si vuole improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse), atteso che quest'ultima, in funzione di accertamento, non possiede una autonoma lesività, né immuta l’oggetto del contendere, che si concreta nell’atto di base, per cui non appare indispensabile una sua contestuale impugnazione (cfr. T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 5 luglio 2007 , n. 1318). Ciò in quanto la decisione gerarchica di rigetto si correla al procedimento impugnato non come rinnovazione del provvedimento precedente, ma come conferma della sua validità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 1996 , n. 1010). Ne consegue l’infondatezza del rilievo.

Sempre in via preliminare occorre esaminare l’eccezione, sollevata dal ricorrente, di inammissibilità della costituzione dell’Amministrazione in quanto avvenuta oltre il sessantesimo giorno dal perfezionamento della notificazione, in asserita violazione dell’art. 46, co. 1, c.p.a..

L’eccezione è infondata.

Il termine previsto dall’art. 46 c.p.a. ha carattere ordinatorio e quindi nessuna decadenza consegue al mancato rispetto dello stesso.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha infatti precisato che: “- l’art. 46, comma 1, dispone che le parti intimate “possono” e non “devono” costituirsi entro il termine e non prevede, se il termine sia decorso, la decadenza dal potere di costituirsi (nel medesimo articolo, al comma 2, è stabilito che l’amministrazione nello stesso termine “deve” produrre gli atti e documenti ivi previsti);
- mentre, quando nel codice si è ritenuto l’effetto decadenziale ovvero la perentorietà dei termini, ciò di norma è stato richiamato espressamente (articoli 41, comma 2, 45, comma 1, 52, comma 1, nonché 54, comma 1, in relazione all’art. 73, comma 1), dovendosi perciò ritenere, in linea di principio, l’applicazione dell’art. 152 c.p.c. ai sensi del rinvio esterno di cui all’art. 39 del codice;
- non sembra inoltre che dalla normativa vigente risulti una disciplina nettamente diversa da quella precedente, come richiamato nella relazione finale al codice (luglio 2010), in cui si indica che “per quanto riguarda la costituzione delle parti intimate, sono stati ribaditi i termini, ordinatori, già in atto previsti…”;
ed in effetti nella normativa antecedente il termine per la produzione di memorie, di cui all’art. 23, comma 4, della legge n. 1034 del 1971, era ritenuto perentorio mentre era qualificato ordinatorio quello per la costituzione delle parti intimate” (Cons. Stato, Ad. pl., 25 febbraio 2013, n. 5).

Deve quindi ritenersi che l’Amministrazione si sia tempestivamente costituita.

Può dunque passarsi allo scrutinio del ricorso introduttivo.

Carattere logicamente preliminare riveste l’eccezione di tardività della sanzione impugnata, in quanto asseritamente adottata oltre il termine di 90 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare che, secondo il ricorrente, coinciderebbe con la richiesta verbale di chiarimenti del Comandante provinciale in data 25 marzo 2010, con la conseguenza che il procedimento avrebbe dovuto concludersi entro il 24 giugno 2010, mentre il provvedimento disciplinare è stato adottato e notificato in data 5 luglio 2010.

Il motivo è infondato.

E’ opportuno premettere che il procedimento oggetto di causa origina da una informativa effettuata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona ai sensi dell’art. 129 del lgs., a mente del quale: “quando esercita l'azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, il pubblico ministero informa l'autorità da cui l'impiegato dipende, dando notizia dell’imputazione…”.

Ricevuta tale comunicazione, il Comandante provinciale ha ragionevolmente ritenuto, prima di procedere formalmente, di chiedere chiarimenti all’interessato al fine di assumere ulteriori informazioni sula vicenda e, presumibilmente, verificare la sussistenza dei presupposti per avviare un procedimento disciplinare.

Lo stesso ricorrente afferma espressamente nella nota del 26 marzo 2010 che egli intende rispondere alla richiesta di chiarimenti del comando provinciale e, infatti, con tale appunto egli si limita a riportare i fatti relativi al procedimento penale in corso a proprio carico, senza addurre specifici argomenti giustificativi. Il ricorrente, invece, è ben consapevole che l’effettiva contestazione degli addebiti è stata operata dall’Amministrazione con la nota del 17 aprile 2010, atteso che con la propria memoria del 17 giugno successivo egli afferma di voler produrre giustificazioni riferite all’atto del 17 aprile e non, invece, alla semplice richiesta orale del 25 marzo 2010.

Le comunicazioni (precedenti a tali date) intercorse tra il ricorrente e i propri superiori, in quanto avvenute immediatamente dopo la ricezione dell’informativa della Procura non costituiscono parte del contraddittorio procedimentale, ma devono, invece, ritenersi ancora strumentali alla fase di accertamento dell’effettiva sussistenza di una violazione da contestare.

Tali considerazioni sono in linea con l’orientamento secondo cui “la mera richiesta di informazioni e chiarimenti rivolta ad un dipendente pubblico su fatti specifici relativi al suo comportamento, non configura gli estremi di un atto di contestazione di addebito disciplinare, essendo distinti, per la diversità della loro funzione, gli atti di mera indagine preliminare circa i comportamenti assunti dal personale nell’ambito del servizio da quelli recanti la contestazione vera e propria” (TAR Lazio, sez. II, sentenza n. 39/2007).

Nella fattispecie la contestazione degli addebiti è stata effettuata il 17 aprile 2010, a meno di un mese di distanza dal ricevimento dell’informativa da parte della Procura ai sensi dell’art. 129 del d.lgs. n. 271/1989 e dai chiarimenti ricevuti dal ricorrente.

Ne consegue che l’adozione del provvedimento sanzionatorio deve considerarsi tempestiva, in quanto avvenuta entro un breve lasso temporale e comunque nei 90 giorni dalla contestazione degli addebiti.

Può dunque passarsi allo scrutinio del primo motivo di ricorso.

Il ricorrente lamenta l’illegittimità della sanzione in quanto egli avrebbe correttamente adempiuto all’obbligo di informativa di cui all’art. 52, co. 5, lett. b) del RDM con la comunicazione recante protocollo 337/1 datata 3 settembre 2008. Non avrebbero pregio le considerazioni esposte dall’Amministrazione nel provvedimento gravato secondo cui la comunicazione del ricorrente avrebbe dovuto essere inserita nel sistema informativo DOCS-PA dopo la ricezione. In ogni caso, prosegue il ricorrente, l’art. 52, comma 5, lett. b) del Regolamento Disciplina Militare non sarebbe applicabile alla fattispecie, trattandosi di procedimento penale riguardante fatti non attinenti al servizio e concernenti un ambito territoriale diverso da quello in cui il ricorrente svolge la propria attività.

Il motivo è fondato.

In base all'art. 52, comma 5, del D.P.R. 18 luglio 1986 n. 545 (recante "Approvazione del regolamento di disciplina militare, ai sensi dell'art. 5, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382.) "il militare deve (...) dare sollecita comunicazione al proprio comando o ente: b) degli eventi in cui fosse rimasto coinvolto e che possono avere riflessi sul servizio”.

Secondo l’orientamento a cui il collegio ritiene di aderire, tale obbligo di comunicazione è la proiezione del dovere di ogni appartenente alle forze dell’ordine di tenere sempre un comportamento irreprensibile, conforme alla dignità delle proprie funzioni, in qualsiasi circostanza, anche fuori dal servizio: per tale ragione l’Amministrazione deve essere portata a conoscenza di fatti che possono avere riflessi sul servizio svolto, ledendo il prestigio dell’istituzione.

Il suddetto regolamento di disciplina militare, all’art. 10 impone infatti al militare di "astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possano comunque condizionare l'esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell'istituzione cui appartiene ..." e di "essere di esempio nel compimento dei doveri, poiché l'esempio agevola l'azione e suscita lo spirito di emulazione".

L’ordinamento richiede al personale appartenente alle forze dell’ordine di assumere, anche nell’ambito privato, un comportamento improntato alla massima correttezza, imparzialità e cortesia, mantenere una condotta irreprensibile, operando con senso di responsabilità, nella piena coscienza delle finalità e delle conseguenze delle proprie azioni in modo da riscuotere la stima, la fiducia ed il rispetto della collettività, la cui collaborazione deve ritenersi essenziale per un migliore esercizio dei compiti istituzionali, e deve astenersi da comportamenti o atteggiamenti che arrecano pregiudizio al decoro dell'Amministrazione (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. III, 15 gennaio 2013, n. 111;
nello stesso senso cfr. TAR Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 22-07-2011, n. 1040).

Se questa è la ratio dell’istituto, deve ritenersi che l’obbligo di informativa di cui al citato art. 52 RDM ricorra anche nel caso di coinvolgimento in procedimenti per reati non collegati all’esercizio delle funzioni, ma riferibili alle attività svolte dal militare anche al di fuori dei propri compiti istituzionali, purché si tratti di ipotesi di reato che esprimano un disvalore suscettibile di pregiudicare la percezione dell’immagine del militare e del corpo di appartenenza;
disvalore che deve ritenersi implicito nei casi, come quello di specie, di coinvolgimento in procedimenti penali concernenti reati edilizi, trattandosi di fattispecie perseguibili d’ufficio ed in cui il soggetto passivo è unicamente l’Amministrazione (cfr. Cass. 26 luglio 2012, n. 30483) e, pertanto, suscettibili di influire sull’immagine e il decoro del militare e sulla sua stessa credibilità nell’attività di contrasto di condotte di tale natura.

Per le stesse ragioni, la circostanza che le condotte ipotizzate a carico del ricorrente fossero state poste in essere in un contesto territoriale diverso da quello in cui il M esercitava le proprie funzioni, non faceva venir meno l’obbligo di segnalazione, posto che l’illustrata ratio dell’istituto, incentrata sulla verifica della moralità del militare, prescinde dall’ambito territoriale in cui i comportamenti sono stati commessi.

Deve poi ritenersi che l’obbligo di informativa di cui all’art. 52, co. 5, lett. b) RDM sussista anche precedentemente alla richiesta di rinvio a giudizio, diversamente la previsione perderebbe significato, atteso che l’ente di appartenenza dovrebbe comunque essere informato dal PM ai sensi dell’art. 129 del lgs. n. 271/1989, come avvenuto nella fattispecie. Sembra quindi più coerente assegnare alla previsione di cui all’art. 52, co. 5, lett. b) RDM un significato più ampio che valga a radicare l’obbligo di informativa gravante sul militare anche con riguardo alla fase delle indagini preliminari, sempre, tuttavia, che egli sia stato formalmente informato della pendenza di un procedimento a proprio carico, non potendosi ipotizzare un obbligo di riferire notizie che non trovino un minimo di riscontro in comunicazioni formali dell’Autorità.

Ciò, del resto, è quanto può dedursi dalla Guida tecnica recante “Norme e procedure disciplinari” (Direzione Generale per il Personale Militare - 10 giugno 2008 - Panunzi) che al paragrafo 8 in cui illustra le incombenze del militare sottoposto a procedimento penale, impone la trasmissione anche “delle informative ricevute dall’Autorità” sul presupposto, dunque, che formali comunicazioni siano state eseguite.

Stabilito che, in linea astratta, il coinvolgimento in procedimenti penali relativi a fattispecie di tipo edilizio rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 52, comma 5, lett. b) RDM, e che quindi l’obbligo di informativa ivi sancito sussisteva effettivamente, occorre verificare se nel caso di specie il comandante M abbia violato la previsione in questione.

Il collegio ritiene che il ricorrente abbia assolto tale obbligo.

E infatti, risulta agli atti che il Comandante M ha effettuato una comunicazione al Comando Provinciale (recante prot. n. 337/1) in data 3 settembre 2008, recante l’indicazione prodotta dal sistema di protocollazione telematico che si trattava di una comunicazione eseguita ai sensi dell’art. 52 RDM e materialmente consegnata (secondo quanto attestato nella dichiarazione resa dall’Appuntato S T) presso gli uffici del comando provinciale a distanza di poco tempo dall’ispezione della Polizia Giudiziaria di Sulmona con la quale il ricorrente ha acquisito la cnoscenza di un procedimento penale proprio carico (eseguita nel mese di luglio 2008).

Benché il ricorrente non abbia chiarito le ragioni per le quali non ha rappresentato tale circostanza ai propri superiori già con la nota del 26 marzo 2010 (con cui aveva fornito al comandante provinciale i chiarimenti da questi richiesti il giorno precedente), le eccezioni sollevate a tale riguardo dall’Amministrazione nel provvedimento gravato, non colgono nel segno, in quanto con esse non si contesta il dato storico della trasmissione dell’informativa, ma le modalità con cui essa è stata eseguita. In particolare, secondo l’Amministrazione, essa non sarebbe stata: “inserita nelle pratiche impiantate dal 3 al 9 settembre 2008;
registrata nel sistema informatico DOCS-PA dopo la ricezione” e sarebbe stata acclusa erroneamente nelle pratiche relative allo stesso M “anteriori al giorno 9 settembre”. Secondo quanto ulteriormente precisato nella decisione sul ricorso gerarchico n. 499/4 del 31 agosto 2010 richiamata dalla resistente, il Comandante M non avrebbe osservato le previsioni della circolare n. 48/CFS/1-5 del 13 giugno 2006 e di quella 55/20-7-3 dell’8 marzo 2006 sul necessario utilizzo per le comunicazioni interne degli strumenti telematici.

Invero, rileva il collegio, che la prima delle circolari citate prevede che “tutto il carteggio ordinario (escluso quello permanente e quello classificato) dovrà essere trattato e archiviato con il sistema DOCSPA” e la firma con PEC, mentre le istruzioni sul carteggio ordinario, prodotte dalla resistente, prevedono al punto 49 che “le lettere del carteggio ordinario riguardanti argomenti delicati possono essere chiuse in doppia busta”.

Se ne desume che le nuove modalità di trasmissione elettronica delle comunicazioni non abbiano eliminato del tutto la forma cartacea, che continua a poter e dover essere utilizzata, nel caso di comunicazioni ritenute, da parte del mittente, “delicate”.

Ritiene il collegio che le informazioni oggetto della comunicazione prevista dall’art. 52 RDM abbiano un contenuto oggettivamente sensibile che ne giustificava la trasmissione, in base alle previsioni testè citate, attraverso le tradizionali forme di comunicazione. Del resto, la stessa Amministrazione ha inviato in “doppia busta” la nota del 18 marzo 2010 con cui l’Ufficio personale informava il comandante provinciale dell’esercizio dell’azione penale nei confronti del ricorrente.

Non può poi addebitarsi al militare segnalante la circostanza che la comunicazione, nonostante sia stata trasmessa al Comando provinciale non sia poi stata inserita correttamente, trattandosi di aspetti concernenti il trattamento della posta che sfuggono al controllo e alla sfera di azione del ricorrente, in quanto interni all’organizzazione dell’Amministrazione.

Quanto fin qui rilevato conduce all’illegittimità della sanzione gravata, nella parte in cui contesta al Comandante M la mancata comunicazione del procedimento a proprio carico.

Tuttavia, la motivazione del gravato provvedimento contesta al ricorrente anche la mancata informativa della denuncia querela “presentata presso la Procura della Repubblica di Campobasso sull’operato della Polizia Giudiziaria incaricata delle indagini (a proprio carico) e della stessa Procura della Repubblica di Sulmona”.

Secondo il ricorrente, e si passa quindi allo scrutinio del terzo motivo di ricorso, l’obbligo di informativa di cui all’art. 52 RDM riguarderebbe solo i procedimenti penali in cui il segnalante si trovi nella posizione di indagato e non anche quelli avviati su iniziativa o segnalazione del militare.

Ritiene il collegio che anche tale motivo sia fondato.

Giova richiamare la disposizione della lettera b) del comma 5 dell'articolo 52 RDM che richiede la comunicazione di eventi in cui il militare "fosse rimasto coinvolto e che possono avere riflessi sul servizio".

Secondo la giurisprudenza, la disposizione in questione “sembra, nella prima ipotesi, considerare il militare nella condizione di colui che abbia subito l’evento, mentre, nella seconda ipotesi, sembra attribuire all’apprezzamento dell’interessato la prima valutazione circa la possibilità che l’evento possa avere riflessi sul servizio, e lo stesso debba essere conseguentemente comunicato”. La proposta lettura della norma di servizio si rivela così compatibile innanzitutto con il principio di legalità che deve da una parte, sempre governare il potere disciplinare ed a maggior ragione quando ricorra l’atipicità delle infrazioni disciplinari e che, dall'altra, permette che la legge possa imporre limitazioni all'esercizio dei diritti, ma con la garanzia che spettano comunque quei diritti riconosciuti a tutti i cittadini dalla Costituzione (cfr. TAR Calabria, 1° aprile 2009, n. 321;

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