TAR Palermo, sez. I, sentenza 2020-10-16, n. 202002116
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Pubblicato il 16/10/2020
N. 02116/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00792/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 792 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da “Rizzotti trading” s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avv. G C T, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
contro
Presidenza della Regione siciliana e Assessorato regionale delle attività produttive, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via Valerio Villareale, n. 6, sono elettivamente domiciliati;
per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
- del D.D.G. n. 2948/1.S del 27 dicembre 2017, comunicato con nota prot. n. 9524 del 21 febbraio 2018, con il quale è stato quantificato il contributo definitivo a valere sul P.O. F.E.S.R. Sicilia 2007/2013, linea di intervento 5.1.3.A(c), ex 5.1.3.3, Centri commerciali naturali e imprese per la parte d’interesse;
- del D.D.G. n. 567 del 19 marzo 2015 per la parte d’interesse;
- occorrendo, in subordine, delle direttive e del bando allegati al D.D.G. n. 5900 del 19 dicembre 2011, con particolare riferimento all’art. 4, lett. d), terzo punto;
- occorrendo, delle “delibere di G.M.” allo stato sconosciute, connessi e consequenziali;
quanto ai motivi aggiunti:
- della nota prot. n. 574 del 7 gennaio 2020 e relativi allegati, con cui l’Assessorato regionale delle attività produttive ha rideterminato il contributo definitivo spettante alla ricorrente in base al programma di investimento proposto, con riferimento al bando di selezione di cui al P.O. F.E.S.R. Sicilia 2007/2013, linea di intervento 5.1.3.A(c), ex 5.1.3.3, Centri commerciali naturali e imprese aderenti, nella parte in cui nega e/o dichiara inammissibili talune voci di spesa in elenco, ammettendovi le rimanenti;
- occorrendo, in subordine, avverso le direttive ed il bando pubblico, coi relativi allegati, di cui al D.A. n. 422/GAB del 2 agosto 2011, al D.D.G. n. 5900 del 19 dicembre 2011 ed al D.D.G. n. 567 del 19 marzo 2015, in parte qua;
- avverso tutti gli atti presupposti, consequenziali e connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza della Regione siciliana e dell’Assessorato regionale delle attività produttive e i documenti allegati;
Vista l’ordinanza cautelare n. 485 del 4 giugno 2018;
Vista l’ordinanza cautelare n. 898 dell’8 ottobre 2018;
Viste le memorie delle parti;
Vista l’ordinanza collegiale istruttoria n. 2858 del 12 dicembre 2019;
Visti i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica dell’8 ottobre 2020, il consigliere A L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato.
FATTO
Con il ricorso introduttivo, notificato il 19 aprile 2018 e depositato il giorno 30 successivo, la società “Rizzotto trading” s.r.l., premesso di operare nel settore del commercio di mobili e articoli di arredamento e di fare parte del Consorzio centro commerciale naturale “Etnea” di Catania, esponeva di avere presentato istanza di partecipazione congiunta alla selezione, indetta con d.d.g. n. 5900 del 19 dicembre 2011, integrato con d.d.g. n. 567 del 19 marzo 2015, per la concessione di un contributo a valere sul PO FESR Sicilia 2007/2013, linea d’intervento 5.1.3.3 “Centri commerciali naturali e imprese aderenti”.
Rappresentava che, con d.d.g. n. 504 del 13 marzo 2013, era stata approvata la graduatoria delle istanze ammissibili, sulla base della quale, con d.d.s. n. 1382/8 del 19 giugno 2014, le era stato provvisoriamente concesso un contributo di € 24.969,35 (a fronte di una spesa ammissibile di € 49.938,70) e un’anticipazione di € 12.484,68.
A seguito della verifica della documentazione e delle voci di spesa, con d.d.g. n. 2948/1.S del 27 dicembre 2017, le era stato concesso un contributo sensibilmente ridotto rispetto a quello riconosciuto in via provvisoria ed era stata ordinata la restituzione di parte della somma precedentemente erogata e, in particolare, di € 2.100,26.
Tale riduzione era stata motivata con riferimento all’asserita presentazione di documentazione contabile irregolare.
Esposti i fatti, la ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, di tale decreto, nonché, occorrendo e in subordine, del bando, relativamente alle parti d’interesse, per il seguente unico articolato motivo:
Violazione e falsa applicazione: del decreto assessoriale n. 422/GAB del 2 agosto 2011;del d.d.g. n. 5900 del 19 dicembre 2011;della l. n. 241 del 1990;della l.r. n. 10 del 1991;della l.r. n. 32 del 2000;del d.P.R. n. 445 del 2000. Violazione e falsa applicazione dei principi: del favor partecipationis;di adeguatezza;di tassatività;del giusto procedimento;di buon andamento;di trasparenza;di correttezza;di economicità;di ragionevolezza. Eccesso di potere sotto i profili: dello sviamento;dell’illogicità. Carenza d’istruttoria. Difetto di motivazione. In subordine, violazione del principio del clare loqui dei bandi di concorso. Illegittimità derivata.
Per la Presidenza della Regione siciliana e l’Assessorato regionale delle attività produttive si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che ha depositato vari documenti.
Con ordinanza n. 485 del 4 giugno 2018, l’istanza cautelare è stata accolta ai fini del riesame.
Con ordinanza n. 898 dell’8 ottobre 2018, l’istanza cautelare è stata accolta ai fini della sospensione dei provvedimenti impugnati.
L’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria con cui, eccepito preliminarmente il difetto di legittimazione passiva della Presidenza della Regione siciliana, ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.
Anche la ricorrente ha depositato una memoria con cui ha preliminarmente rappresentato che, in esecuzione dell’ordine di riesame impartito da questo TAR, l’Amministrazione regionale, con nota prot. n. 42620 del 31 luglio 2018, aveva richiesto vari documenti finalizzati all’eventuale regolarizzazione dei titoli di spesa, che aveva prontamente depositato, ma non aveva concluso il procedimento. Fatta tale precisazione, ha insistito nelle proprie domande.
Con ordinanza n. 2858 del 12 dicembre 2019, sono stati disposti incombenti istruttori.
Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 26 febbraio 2020 e depositato il 2 marzo successivo, la società ricorrente rappresentava che il Dirigente del servizio 1S “commercio” del Dipartimento regionale delle attività produttive, in esecuzione dell’ordine di riesame impartito da questo TAR e previa attivazione del soccorso istruttorio, aveva adottato il provvedimento prot. n. 574 del 7 gennaio 2020 con cui aveva dato atto che, seguito di nuova istruttoria, era stato ridefinito il totale delle spese ammissibili in € 33.869,10 (piuttosto che € 49.938,70) e ricalcolato il contributo in € 16.934,55 (piuttosto che € 24.969,35).
Esposti i fatti, ha chiesto l’annullamento, vinte le spese, di tale provvedimento per i seguenti motivi:
Violazione ed elusione del giudicato. Violazione e falsa applicazione: del decreto n. 422/GAB del 2 agosto 2011;del d.d.g. n. 5900 del 19 dicembre 2011;della lex specialis;della l. n. 241 del 1990;della l.r. n. 10 del 1991;della l.r. n. 32 del 23 dicembre 2000;dell’art. 3 della l. n. 136 del 13 agosto 2010. Violazione dei principi: del favor partecipationis;di proporzionalità;di specificità;di adeguatezza;di tassatività;del giusto procedimento;del legittimo affidamento;di buon andamento;di trasparenza;di correttezza;di economicità;di ragionevolezza. Eccesso di potere sotto i profili: dello sviamento;dell’illogicità;del travisamento;della carenza di istruttoria;del difetto di motivazione. Violazione del principio del clare loqui. Illegittimità derivata.
Nella corretta esecuzione dell’ordine di riesame impartito da questo TAR, non avrebbero potuto essere messe in discussione ulteriori voci di spesa e avrebbe, comunque, dovuto garantirsi il contraddittorio preventivo.
Non sussistevano, comunque, i presupposti per la riduzione del contributo.
Alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2020, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, in applicazione degli ordinari criteri di riparto, va ritenuta sussistente la giurisdizione amministrativa, in quanto è stato impugnato un provvedimento di quantificazione definitiva del contributo concesso in via provvisoria, cosicché si verte nella fase antecedente a quella di attribuzione, con conseguente qualificazione della situazione giuridica soggettiva azionata quale interesse legittimo.
2. Sempre in via preliminare va dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza d’interesse, il ricorso introduttivo, il quale ha ad oggetto il decreto di concessione definitiva del finanziamento prot. n. 2948/1.S del 27 dicembre 2017, che è stato “superato” da quello prot. n. 574 del 7 gennaio 2020, impugnato con i motivi aggiunti, il quale è stato adottato, sulla base di una nuova istruttoria, in esecuzione dell’ordine di riesame impartito da questo TAR.
La ricorrente non ricaverebbe, pertanto, nessuna utilità dall’annullamento del primo provvedimento impugnato e non ha, conseguentemente, nessun interesse alla sua contestazione.
3. Sempre in via preliminare, in accoglimento della relativa eccezione sollevata dall’Avvocatura dello Stato, va estromessa dal giudizio la Presidenza della Regione siciliana, poiché priva di legittimazione passiva.
4. Ciò premesso, può procedersi all’esame dei motivi aggiunti, che sono infondati per le ragioni di seguito illustrate.
Come riportato nella parte in fatto, il Dipartimento regionale delle attività produttive, con provvedimento prot. n. 574 del 7 gennaio 2020, ha dato atto che, a seguito di nuova istruttoria, il totale delle spese ammissibili era stato rideterminato in € 33.869,10 (piuttosto che in € 49.938,70) e il contributo ricalcolato in € 16.934,55 (piuttosto che in € 24.969,35) con conseguente quantificazione del contributo ancora da erogare in € 4.449,87.
Tale provvedimento è stato motivato con riferimento alle seguenti circostanze:
1) natura della spesa: le fatture di cui al prospetto 2 afferivano a spese non rientranti nelle previsioni di cui al business plan ;
2) ammontare della spesa: la spesa ammissibile massima era di € 10.000,00, cosicché delle fatture di cui al prospetto n. 1 poteva essere ammessa solo quella n. 183 del 2013, per un importo pari a € 551,00, in quanto utile a raggiungere il massimale previsto;
3) modalità di pagamento: in applicazione dell’art. 3 della l. n. 136 del 2010, non erano ammissibili i pagamenti non effettuati con bonifico o assegno sul conto corrente dedicato dichiarato dall’impresa;
4) importo: in applicazione della lettera I del bando, non potevano essere ammessi titoli di spesa complessivi inferiori a € 250,00.
Tale determinazione è stata censurata da parte ricorrente sotto due distinti profili: in primo luogo poiché, nella corretta esecuzione dell’ordine di riesame impartito da questo TAR, non avrebbero potuto essere messe in discussione ulteriori voci di spesa e avrebbe, comunque, dovuto garantirsi il contraddittorio preventivo;in secondo luogo, poiché non sussistevano i presupposti per la riduzione del contributo.
Le censure sono infondate.
5. In merito al primo profilo, va richiamata la condivisa decisione della IV sezione del Consiglio di Stato n. 2475 del 14 maggio 2014 secondo cui l’ordinanza per “il riesame” determina solo l’effetto di obbligare la P.A. a rideterminarsi, ma lascia intatta la sfera di autonomia sostanziale e la responsabilità, per cui non dà luogo a un’inibitoria assoluta e consente l’adozione di una nuova decisione confermativa ovvero di una determinazione comunque non satisfattiva del privato;ne deriva che, se è vero che la pronuncia cautelare lascia impregiudicato il contenuto finale del provvedimento amministrativo successivo, tale tipologia di decisione non può costituire, di per sé, un formalistico elemento di illegittimità dei successivi provvedimenti di contenuto confermativi.
Nella specie, l’Assessorato regionale delle attività produttive ha legittimamente riesaminato il proprio provvedimento alla luce delle censure dedotte dalla ricorrente e si è rideterminata nel senso di farle proprie in parte e non ammettere alcune spese per motivi differenti rispetto a quelli in precedenza enunciati.
Trattasi di un modus procedendi legittimo, in quanto, per le ragioni dette, il remand non comprime il successivo potere dell’Amministrazione, che può ritirare e/o confermare in tutto in parte il proprio precedente provvedimento.
Per quanto riguarda l’omessa attivazione del contraddittorio preventivo, ci si può limitare a richiamare il principio della sanatoria dei vizi formali codificato nell’art. 21 octies della l. n. 241 del 1990, in quanto, per le ragioni che si esporranno, la determinazione contestata resiste alle censure dedotte.
6. Parimenti infondato, come detto, è il secondo profilo con cui parte ricorrente ha contestato nel merito il provvedimento impugnato, deducendo che:
1) le somme riferite alla realizzazione d’iniziative promozionali erano state utilizzate nel rispetto della previsione del business plan ;
2) non era previsto un limite di spesa di € 10.000,00.
3) la lex specialis non imponeva l’utilizzo del conto corrente dedicato per i pagamenti, relativamente ai quali era sufficiente la tracciabilità;non sarebbe, inoltre, stato applicabile l’art. 3 della l. n. 136 del 2010, il quale si riferirebbe, in ogni caso, a spese superiori a € 1.500,00.
5.1 In merito al primo e al secondo profilo, va rilevato che:
- la voce B.