TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2015-06-25, n. 201508698

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2015-06-25, n. 201508698
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201508698
Data del deposito : 25 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01104/2014 REG.RIC.

N. 08698/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01104/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1104 del 2014, proposto da:
S.r.l. Petromarine Italia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. L L, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, Via Costabella, 23;

contro

Comune di Pomezia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti G P e Luigi Leoncilli, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, Via Antonio Chinotto N. 1;
Regione Lazio, n.c.;

per l'accertamento

dell'obbligo del Comune di Pomezia di procedere alla stipula della convenzione attuativa del programma integrato di intervento denominato "P.I.I. per la riconversione dell'ex stabilimento industriale Tacconi", proposto dalla Soc. Petromarine Italia S.r.l., adottato con deliberazione C.C. n. 77 del 15 dicembre 2009;

e per la condanna

del Comune di Pomezia al risarcimento dei danni subiti e subendi a causa dell’inerzia dell’Amministrazione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pomezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2015 il Consigliere Solveig Cogliani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I – Con il ricorso indicato in epigrafe, la Società istante, premesso che con deliberazione del Consiglio comunale del 2009 n. 77, il Comune resistente adottava, ai sensi della l. n. 179 del 1992 e della l. reg. Lazio n. 22 del 1997, il Programma Integrato di Intervento in variante al P.R.G., per la riconversione dell’ex stabilimento industriale Tacconi, proposto dalla Società medesima, ed autorizzava il Sindaco alla stipula della Convenzione relativa, come da allegato schema e che con la determinazione dirigenziale n. 56/DIR 11 del 21 novembre 2012, il medesimo Comune prendeva atto dell’intervenuta approvazione in via tacita del predetto Programma, esponeva di aver sollecitato con note del 2 aprile e 30 luglio 2013, l’Amministrazione alla sottoscrizione della convenzione urbanistica predetta. Tuttavia, l’Amministrazione rimaneva inerte.

Pertanto, la Società istante proponeva ricorso censurando il comportamento dell’Amministrazione per violazione dell’art. 2, l. n. 241 del 1990 e s.m.i., nonché del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost..

Conseguentemente, l’istante chiedeva dichiararsi l’obbligo del Comune a procedere entro trenta giorni alla stipula della convenzione in argomento.

Chiedeva, altresì, l’accertamento del diritto alla liquidazione dei danni subiti per effetto dell’inerzia del Comune.

Si costituiva il Comune interessato rilevando che la valutazione dell’impatto urbanistico ed ambientale dell’iniziativa per cui è causa non avevano consentito la prosecuzione nel procedimento amministrativo.

Con sentenza non definitiva n. 5243 del 2014, questo TAR, evidenziato che la pronunzia di questo giudice non poteva, nella specie, spingersi sino al punto di sostituirsi all’Amministrazione, accoglieva in parte il ricorso, ordinando al Comune di Pomezia di concludere il procedimento.

In ordine, poi, all’ulteriore domanda di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 117, comma 6, del codice del processo amministrativo rimetteva al rito ordinario la definizione della domanda risarcitoria.

II – In ottemperanza all’ordine del giudice, la città di Pomezia, produceva le note redatte dal settore tecnico, nel settembre 2014, dalle quali emergeva, a seguito dell’analisi del P.I.I. per la riconversione dell’ex stabilimento industriale Tacconi, tra l’altro, che:

l’area oggetto di intervento ricade in zona agricola, adiacente alla zona archeologica e all’aeroporto di Pratica di Mare, lontana dai tessuti urbani consolidati;
dal confronto dell’elaborato grafico del Programma con la tav. n. 3 del vigente P.R.G. approvato con d.G.R. n. 4246 del 20 novembre 1974, si riscontrava la sovrapposizione del lotto oggetto di intervento con una strada di piano e relativo vincolo di rispetto;

l’area destinata a verde pubblico attrezzato e a parcheggio pubblico ricade nella fascia di rispetto della viabilità e le aree contigue ai bacini idrici risultano a rischio frana,

Sicchè appariva necessaria una rimodulazione della proposta progettuale e si riteneva altresì doversi procedere all’annullamento della deliberazione del C.C. n. 77 del 2009 di adozione del P.I.I..

Con memoria per l’udienza di discussione, il Comune resistente esponeva che si era reso necessario porre in essere una serie di verifiche sull’attività svolta da alcuni funzionari del settore urbanistico, sì da richiedere l’intervento della Procura della Repubblica di Velletri, che addirittura comportava l’emissione di misure cautelari .

Attese, dunque, le problematiche sopra specificate (di cui alle note del 26/29 settembre 2014) oltre a quelle di natura giudiziaria, l’Amministrazione riteneva essere suo interesse di coinvolgere anche la Regione Lazio nella valutazione complessiva dell’intervento. Invocava, dunque, la facoltà di esercizio del potere di autotutela.

A seguito del deposito delle memorie delle parti la causa era trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 25 febbraio 2015.

DIRITTO

I – In via del tutto preliminare, deve osservarsi che il giudizio può essere definito, prescindendo da quanto depositato in atti dall’Amministrazione in data 23 febbraio 2015 (comunicazione della Regione Lazio prot. 626025 avente ad oggetto “iniziative di conservazione e valorizzazione del Patrimonio geologico nel territorio del comune di Pomezia, Relazione di sopralluogo e proposte di tutela”), e dallo stesso deposito documentale del 26 gennaio 2015, stante l’eccezione di tardività esperita dalla difesa di parte ricorrente.

II – Ancora, deve precisarsi che l’odierno giudizio – come correttamente evidenziato da parte ricorrente – attiene unicamente alla pretesa risarcitoria in ordine al silenzio serbato per lungo tempo dall’Amministrazione, in ordine alla stipula della convenzione, sì da richiedere l’intervento del giudice.

III – Svolta siffatta precisazione, questo Tribunale, nella richiamata sentenza nel giudizio avverso il predetto silenzio, ha avuto modo di precisare che tra l’adozione del Programma di Intervento e la convenzione esiste solo un principio di pregiudizialità giuridica del primo rispetto alla seconda, sicchè la stipulazione dell'atto convenzionale non costituisce una attività vincolata, ma l’esercizio di un potere discrezionale.

Si precisava, infatti, che “La convenzione deve essere considerata, … come un atto negoziale tipico, nel quale l'incontro delle volontà trova formalizzazione, “sulla base della esistenza e della permanenza (almeno fino al momento della sottoscrizione finale) dei (presupposti) fatti, atti e stati sulla cui base si è originariamente mossa la volontà di convenire determinate pattuizioni”. (Consiglio di Stato, n. 3217 del 2010)”.

IV – Orbene, da quanto emerge in atti, è evidente che l’Amministrazione nella specie ha scientemente deciso non solo di non addivenire alla stipula della Convenzione, ma addirittura di incidere in autotutela sull’atto presupposto, in quanto sono emerse gravi problematiche riguardanti l’atto stesso e la vicenda nel suo complesso, anche a non considerare le condotte penalmente rilevanti, che risultano sottoposte all’attenzione del giudice penale (come la stessa ricorrente sostanzialmente riconosce nella propria memoria da ultimo prodotta).

V – Con riferimento al potere di autotutela invocato dall’Amministrazione resistente in ordine all’originario P.I.I., vanno svolte brevemente alcune considerazione di carattere generale.

L’autotutela amministrativa è sempre stata uno strumento di affermazione della legalità, anche se la giurisprudenza ha spesso precisato che il perseguimento dell’interesse alla legalità non è sufficiente a determinare l’annullamento dell’atto illegittimo.

In particolare, si è affermato che l’esercizio del potere di autotutela deve essere volto al perseguimento di un interesse pubblico specifico, sì da rendere necessaria anche la comparazione dell’incidenza dell’interesse pubblico sugli interessi privati coinvolti.

Tuttavia, non sono mancati casi in cui la giurisprudenza (Consiglio di Stato , sez. V, sentenza 23.04.2014 n° 2047) ha evidenziato il ricorre di ipotesi di cd. annullamento doveroso o necessitato - in cui il ripristino della legalità violata assume valore preponderante di talché l’interesse pubblico che giustifica l’annullamento in autotutela è sussistente «in re ipsa», in quanto v’è la prevalenza di taluni interessi, considerati particolarmente rilevanti, e consistenti, appunto, nel rimuovere le illegittimità emerse (nella specie si trattava di una verifica compiuta dall’autorità prefettizia ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267).

Orbene, con riferimento alla fattispecie, non può che rilevarsi la legittimità dell’operato della p.a. nel sottoporre a verifica la precedente attività nell’ambito dei relativi evidenziati profili di grave problematicità (cfr. le note del settembre 2014 in cui sostanzialmente si evidenziano ed oppongono ragioni di diniego della stipula della convenzione e di illegittimità della delibera a monte).

Ne discende, altresì, che non può ritenersi che la precedente adozione del P.I.I. – successivamente come detto sottoposto a verifica - possa costituire il presupposto per l’accoglimento della pretesa risarcitoria svolta dalla ricorrente in ordine alla mancata tempestiva stipula della convenzione, che ne sarebbe stata conseguenza attuativa.

La detta pretesa va quindi respinta, dovendosi al riguardo ulteriormente considerare e ribadire quanto segue:

la genericità ed indeterminatezz della richiesta risarcitoria stessa ela mancata rigorosa dimostrazione del danno subito (anche da mero ritardo);

le problematicità rilevate in ordine alla carenza ed inadeguatezza della proposta progettuale da ritenersi non illogicamente ostative alla stipula della convenzione e determinanti carenza di dolo o colpa grave nel comportamento della p.a.;

il generico riferimento ad un indennizzo ex art. 2 bis l. n. 241 del 1990, contenuto in memoria non notificata;

l’inconferenza del rimando, in assenza di attività probatoria della ricorrente (cui la stessa è da ritenersi onerata), ad una valutazione equitativa del danno;

l’inconferenza della richiesta di risarcimento per ritardo di stipula di una convenzione urbanistica, cui poi la p.a. ha deciso motivatamente di non procedere;

il fatto che la ricordata sentenza parziale n. 5243 del 2014 non reca in sé alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita e non può pertanto costituire presupposto per l’accoglimento della pretesa risarcitoria anche riferita al “danno da ritardo”.

VI – Le spese di lite seguono la soccombenza e, pertanto, la parte ricorrente è condannata al pagamento, a favore del Comune resistente, delle stessa complessivamente determinate in euro 1000,00 (mille/00).

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